28.12.11

Il paradosso del vampiro

Sarà che nel profondo mi rendo conto che se la figura del vampiro ha sempre avuto un fascino prepotente su di me ci dev'essere un motivo valido. Non sono una da motivi futili, non nelle passioni.
Passione e orrore, dal mio punto di vista, vanno abbastanza di pari passo. Entrambe le cose nascono dal profondo. Come ciò che amiamo, anche ciò che ci spaventa ha un'origine di cui spesso non conosciamo nulla. E anche qui entrambe le cose sono spesso legate tra loro da fili invisibili.
Ho letto un passaggio in un libro di Stephen King (Danse Macabre) con cui sono d'accordo. Lui afferma che una storia dell'orrore sia per sua natura allegorica, simbolica (poi lo nega, ma si sa, ha avuto problemi con l'alcool anche lui); non solo, ma ci dà la possibilità di esercitare (testuali parole, non esorcizzare come ci piace tanto dire) emozioni che la società ci impone di tenere sotto controllo.
C'è chi afferma che la figura del vampiro abbia a che fare con il sesso. Certo, in buona parte della letteratura contemporanea è esplicito, mentre in quella meno recente è tutto allusivo e soprattutto fermo alla fase orale. Ma liquidare il mio interesse per i vampiri con spiegazioni psicologico/letterarie così superficiali non mi basta.
Devo dire che la morte ha sempre esercitato un certo interesse in me. Non timore, proprio curiosità. Capire cosa si è quando non si è più nel proprio corpo, sapere se si sente ancora ansia, angoscia, dolore... Capire se ci si sente più liberi. Ho sempre valutato il vampiro come un non-morto, più raramente l'ho considerato un immortale. Curioso che esista un morto immortale che si nutre di sangue, che di per sè è vita. Un morto che per restare vivo insegue la vita.
E mi domando come mai in certa letteratura ci siano dei vivi disposti a morire per vivere in eterno. Proprio la duale coesistenza di vita e morte nel vampiro comporta una riflessione sulla moda attuale e sul fatto che ci si identifichi col vampiro o con colui/colei che vuole diventare tale.
Chi, sano di mente, vorrebbe diventare vampiro? Se si esclude il fatto che in questo modo si evita la vecchiaia (ma poveri chirurghi plastici...), quale diamine di vantaggio può avere quella condizione?
Vivere da non-morti cacciando prede e bevendo sangue per l'eternità? Che noia mortale! A meno che non sia che già viviamo come non morti e già inseguiamo la vita in cose inutili come l'immortalità.
Siamo all'esatto contrario dell'idea di "Highlander - l'ultimo immortale", in cui il premio finale è la vita da mortale. Cosa ci ha fatto cambiare idea?
Perché, tra l'altro il mio interesse per i vampiri non è mai stato di tipo immedesimativo (parola complicata), almeno negli ultimi anni. Ma il fascino che il paradosso del morto immortale che insegue la vita sembra persistere. Nonostante tutto.
Forse è davvero il livello simbolico quello da indagare, capire il perché del mio bisogno di sangue. Del bisogno che ho di immaginare queste creature, di seguirne le avventure in film e serial (dal più serio al più sconclusionato dei vampiri), leggere saghe intere, sognare ad occhi aperti vampiri che vivono tra noi (e anche qui ce ne sarebbero parecchi, solo che non sono morti) più o meno nascosti.
Vorrei avere delle spiegazioni in più, ma non ne ho idea. Ci devo riflettere ancora, mentre sono in vacanza, e continuare a godere della magnifica visione, onirica e non, che mi deriva da questa ossessione.

27.12.11

Vacanza di Natale...

Ebbene sì, sono in vacanza. E per un po', visto che il lavoro scarseggia.
Che ne avessi bisogno è più che vero. L'anno scorso non ho avuto tregua e a volte mi pesa. Spesso, diciamo. Come ogni anno in questo periodo viene automatico fare una sorta di bilancio, sale la malinconia, vien voglia di emozioni buone e di divano e coccole.
Mai come quest'anno sono stata bene e contenta di me. Anche senza un motivo preciso. Non ho pubblicato niente, non ho finito il romanzo che sto scrivendo (molto a rilento) e non ho iniziato quello che mi riproponevo di iniziare. Mi imbottisco di vampiri, più che altro perché la realtà è ben peggiore da tollerare. Il mondo com'è continua a non piacermi e ho seri dubbi che migliorerà qualcosa.
Ho le mie solite quantità di idee e nessuno stimolo a scriverle. Un po' mi manca il tempo, anche. Quando arrivo dal lavoro, dopo aver cucinato e mangiato e sparecchiato, aver dato uno sguardo alla posta a al maledetto facebook... Non so, ho più voglia di buttarmi sul divano e immergermi in un libro o in un film o in una serie tv a casaccio. Il che potrebbe essere del tutto normale.
Ma ho bisogno di una svolta, ancora. Così ne approfitto in questo periodo di vacanza e svolto. Forse ne parlerò in modo più dettagliato. Forse no, in fondo a volte le cose personali è bene che restino tali.
Intanto ho qualche bel sogno che finirà in uno scritto, prima o poi.
Sì, nonostante le cose non siano sempre a posto e spesso vedere amiche e amici in difficoltà mi fa stare in pensiero, posso dire che sono serena. E detto da me...
;P

19.12.11

Lugano addio...

No, non proprio addio.
Il viaggio di questo weekend mi ha lasciato molto. Pensieri che ancora devo visualizzare chiaramente. La bellezza del lago con le luci di natale a riflettere nella notte fredda, il risveglio con le montagne imbiancate, una sala piena di immagini familiari. Quello che si ascolta.
Bello.
E Domodossola, subito dopo. Piacevole, fredda e calda allo stesso tempo.
Ma troppi pensieri, molte parole piene di significato.
Un rientro tranquillo, sogni raccontati, collegamenti con altre vicende. La meraviglia di ascoltare i miti greci e di ricollegarli alla propria vita. Cose a cui pensare, appunto.
E confessare di aver sognato di essere strega, un tempo. Di averlo desiderato fortemente.
Bello.
E il risultato pare sia segnato sul mio volto. E ringrazio. Perché sono fortunata, molto.
Perché incontrare una persona speciale e farne il proprio maestro non succede ogni giorno. A persone come me non capita quasi mai, perché son difficile, fin troppo.
Forse non provo stupore, ma avere conferme è per me molto importante. E ne ho in continuazione.

13.12.11

Un solo istante



Conserverò il tuo cuore in uno scrigno.
Lascerò che si raffreddi tra le mie mani, al calore del fuoco. Guarderò le lacrime scure disegnare graffiti sulla mia pelle bianca, poi del tuo sangue ne farò un vestito per danzare.
Aspetterò la notte e l'aria fredda e ballerò con la Dea rossa della grotta in tuo onore.
Non terrò la tua pelle, che ho tanto agognato, nè della tua testa farò un souvenir. Mi basta la memoria e la parola per tramandare l'idea di te, amore.
Mi basta che tu sia mio adesso, un solo istante. 
Un solo colpo, rapido. Preciso, studiato. Poi penserò al cibo, al mio corpo, dopo aver santificato il tuo. E racconterò ai bambini di te. Della tua pelle, dei tuoi capelli, del tuo viso e dei tuoi occhi.
Di quanto una tua sola parola mi faceva sospirare.
La memoria e la parola, solo di questo ho bisogno.
E del tuo cuore nello scrigno.

7.12.11

Immagini

Alla finestra della casa di collina, Natale.
Nel vetro il riflesso delle luci del salone, il giallo del cappello della lampada da pavimento e del rivestimento dei divani rende ambrata ogni cosa. La garza delle tende bianco latte attenua di poco il riflesso.
Fuori, mentre davanti c'è lo spettacolo di Torino vista dall'alto senza nebbia e illuminata a festa, nel buio del giardino fanno capolino le luci dell'albero di Natale che il nonno ha montato con il giardiniere qualche tempo prima.
La cena del 24 sta per finire, tutti sono a tavola tranne me, che resto impalata davanti alla porta finestra a guardare tutte quelle luci nel buio immaginando astronavi che vengono a portarci via. Le vetrate trasmettono un po' del freddo che c'è fuori, ma dentro ho caldo. La neve è al suo posto, il balcone, il giardino, la città... Tutto è al suo posto.
C'è lo zio arrivato da Milano, la famiglia al tavolo grande di noce imbandito con servizio e tovaglia belli. Tovaglia bianca ricamata a mano e servizio bianco con fiori rosa e bordi oro, i bicchieri di cristallo, le candele.
Alla mia destra, nascosta dietro le tende, la scatola del fortino western che riceverò come regalo mi si svela. Non hanno fatto in tempo a impacchettarla, grossa com'è forse non hanno nemmeno trovato la carta. La vedo, la riconosco ma la guardo solo nel riflesso della finestra. Perché anche stavolta non darò a vedere che so.
Io sono attenta a non deludere chi fa di tutto per non deludere me.
Sorrido a me stessa nel vetro. Sto bene.
Le voci al mio fianco, sulla sinistra un po' più in là, sono rilassate, tranquille, rassicuranti.
Domani sarà diverso. Ma oggi sto bene.

5.12.11

Parentesi quadra

Che siccome io non parlo mai di politica o di società sembrerà ancora più strano, ma di più.
Mia madre è mancata l'anno scorso a 72 anni compiuti e lavorava ancora. I suoi contributi nonostante una vita di lavoro non potevano assicurarle una pensione degna di nota (praticamente la sociale - tanto valeva fare la casalinga) e lei sarebbe andata avanti ancora, se il tumore non se la fosse portata via.
Io non ho mai pensato di poter avere la pensione. Ho iniziato a lavorare seriamente, con tutto regolare, superati i 30 anni. Più facile morire prima. Che a 70 anni, io che per campare cucio lenzuola a 7,43 €/h lordi, non ci vedrò più un tubo o avrò le mani deformate dall'artrite e il tunnel carpale distrutto. Ho visto le colleghe, altroché.
Non ho mai avuto grande interesse per il sistema che ci governa, tendo all'anarchia - anche se ho sempre pensato che sia adatta solo a un popolo civile e noi non lo siamo - ma sono dell'idea che nessun governo democraticamente eletto avrebbe rischiato di scontentare il proprio elettorato per sistemare le cose con provvedimenti spiacevoli.
Siamo sempre noi a pagare?
Vero, ma lo saremo sempre. Lo eravamo anche prima. Perché in un paese dove si pensa che il più furbo faccia bene a farsi i suoi interessi a discapito di tutti gli altri non si può fare diversamente. Chi è meno avvantaggiato o meno furbo, o semplicemente più onesto, paga e pagherà sempre.
Quindi mi preparo.
E faccio il mio dovere anche quando mi pesa perché penso sia giusto. C'è chi si lamenta dell'ici. Io non potrei nemmeno comprarla una casa, se lo volessi. Non mi farebbero un mutuo. Per fortuna non ho bisogno di possedere una casa per viverci e sono ben contenta di pagare un affitto per un bene che consumo.
Non ho una carta di credito, non ho un'auto, non mi manca nulla. Non compro vestiti firmati e non ho l'ultimo telefono uscito. Non ho la pay tv.
La vita mi ha insegnato che quello che ho oggi potrei non averlo domani, così ho imparato a dare la giusta importanza alle cose. Mi dispiace che molta gente abbia sempre meno soldi, che ci sia disoccupazione, che l'equità non sia mai raggiunta, mi dispiace.
Non credo sia questione di governo, di schieramento. Quello che ci colpisce è un difetto culturale. In senso ampio. Che forse deriva anche da un impoverimento scolastico, ma non solo. E non voglio dare la colpa alla tv del biscione. L'ho guardata anche io e non sono finita lobotomizzata. Questione che lasciare che qualcun altro pensi al posto nostro, aspettare che qualcuno faccia il miracolo e ci renda felici (e possibilmente ricchi), che a fare fatica siano sempre gli altri, non porta molto lontano.
Santoni e predicatori non ci salveranno. Tirare su le maniche ancora una volta forse sì. O comunque potremmo dire di averci provato.
I nostri genitori, che sono venuti su con la guerra e con fatica, avevano imparato una lezione che noi abbiamo presto dimenticato. Più comodo, più bello lasciarsi cullare dall'illusione che da ora in poi tutto andrà a posto da solo.
Credo che dipenda davvero solo da noi non trasformare questo mondo in un inferno, ma ho seri dubbi che ne siamo capaci.
E da qui tornerò a dire le mie solite quattro storie.

28.11.11

Buon sangue


Mick St.John
C'era un tempo in cui una figura immortale popolava le mie fantasie e le notti insonni.

Il fascino del vampiro, creatura della notte raffinata quanto crudele, sensuale e brutale, mi attirava più degli altri mostri.


Finora sono stati un po' la mia ossessione. Non riesco a starne lontana, sia quando si tratta di libri che quando si parla di film e telefilm, sia che siano seri, sia che siano decisamente divertenti, restano uno dei miei svaghi preferiti.
Victoria



Nelle mie notti insonni dotate di lettore dvd mi sono sbizzarrita a seguire film e telefilm. Già lo sapete, se seguite da un po'. Oggi, mentre i miei gusti cominciano a cambiare, voglio ricordare quelli a me più cari e aggiungere qualche piccola new entry. Poca roba, ma essenziale.

Josef Kostan
James


Continuo ad amare i cattivi della saga di Twilight, bellissimi e ormai defunti James e Victoria.


Eric Northman


 Il mio affetto per Josef e Mick  di Moonlight resta intatto anche se non esistono seguiti alle loro avventure.






Continua il mio amore per True Blood, incontrastato nonostante l'inizio della quarta stagione mi abbia lasciata un po' perplessa (ma so che mi rifarò in seguito, ne ho viste delle belle). A Eric si è aggiunto il suo creatore Godric, vampiro suicida, e la spettacolare Jessica, che amo da subito.

Jessica Hamby


Godric



 







Mi diverto con The Vampire Diaries anche se trovo improbabili le pettinature di Damon e insopportabili le sue smorfie, comunque il ragazzo ha degli occhi che bastano a nascondere il cielo, ed è cattivello anche lui, quando vuole.


Damon Salvatore








Black Hat








Si è aggiunto alla lista l'ex sacerdote vampiro conosciuto come Black Hat nell'universo di Priest, film vampirico solo fino a un certo punto, più un western fantascientifico bizzarro e con una chiesa inquietante. Il posto nel mio cuore spetta a Paul Bettany, ma non essendo vampiro qui non ci sta.



E la piccola Eli, quello che un tempo era Elias, dall'universo ghiacciato di Lasciami entrare, la poesia pura riguardo ai vampiri. Niente di più dolce e letale.
Eli
   

24.11.11

Too high...

Aspettava con ansia di vedere il suo filmino.
La ragazzina di nove anni con un orribile caschetto biondo ordinato e liscio non riusciva a stare ferma. Il suo ennesimo tentativo registico con la telecamera super 8 della madre era appena arrivato dal negozio dove l'avevano sviluppato e arrotolato a dovere.
Il proiettore scattò, col suo trrrrr fastidioso e lo schermo bianco che fino a poco prima aveva brillato di milioni di diamanti cominciò a mostrare i primi fotogrammi.
Un bianco e nero con mano salda. Il prato dietro alla casa in montagna, una panoramica dei dintorni, luogo di giochi e lotte selvagge con altri coetanei. Poi lo stacco. Lo stesso panorama da una prospettiva differente. Poche immagini e la madre del caschetto biondo cominciò a tremare. Mentre il filmino andava avanti il sospetto che la figlia fosse una pazza scriteriata si trasformò in certezza. Le riprese, una ad una, raccontavano del gruppo di decenni che si riuniva nel cortile della casa di Jovenceaux colto nel compiere una delle tante missioni.
Il condominio in costruzione al di là del prato era grande. L'ingresso della combriccola era avvenuto dal piano dei garage, da lì avevano preso le rampe che ancora non erano scale piano dopo piano, sempre più in alto. Sfiorato con le mani i mattoni nudi e camminato deliziosamente in bilico sulla tromba delle scale. Poi si erano avventurati agili come scimmiette su per le impalcature e si erano divertiti sul tetto, a cinque piani dal suolo.
La giovane regista si era allungata oltre il limite delle tegole e aveva ripreso il suolo, i macchinari, le pale e i secchi degli operai che ogni giorno tranne la domenica lavoravano in quel luogo.
Uso perfetto di zoom e messa a fuoco. Mano sempre ferma, equilibrio totale.
La ragazzina nel suo caschetto era così contenta dell'opera che quasi non capiva il disappunto materno, come se l'apprensione fosse ingiustificata. In effetti lo era. Lei era lì, la telecamera e il filmino erano sani e salvi, nessuno del gruppo si era fatto male.
Ma da quel momento capì che non avrebbe mai più potuto documentare le sue fughe verso l'alto. Tante ce ne erano state prima, tante ce ne sarebbero state. Perchè il mondo visto da sopra fa molta meno paura.

21.11.11

Le notti insonni di Paola Jekyll e Clara Hyde

Non ci siamo.
Quando vai a letto alla mezza e tre ore dopo sei lì che fissi il soffitto, coccoli le gatte, vai fino in bagno, poi torni, poi ti giri e ti rigiri con le cose più assurde in mente... non va.
Non ho preoccupazioni di alcun tipo (se non una scarsa voglia cronica di lavorare e qualche speranza di pubblicare un primo romanzo), niente di urgente, niente di intollerabile. Eppure l'insonnia mi ha riacchiappata.
Tra sabato e domenica, soprattutto, quando ho ceduto alla maledetta e ho lasciato che i pensieri assurdi corressero liberi tra i due neuroni che girano inseguendosi nell'acquario del mio cranio.
Così ho deciso di non perdere il blog collettivo di recensioni cinematografico/televisive che ho su Splinder (che pare chiuderà a breve, ma c'è ancora tempo) come precedentemente pensavo. Allora ho pensato anche che avrei dovuto correggere l'intestazione. Così non andava. Era riferita alla mitica proiezione della "Corazzata Potemkin" di Fantozzi. Ma siccome "Lo sguardo della madre e la carrozzina" come titolo di blog era un po' lungo avevo optato per "L'occhio e la culla" per associazione di immagini... Poi il sottotitolo del blog che citava il commento di Fantozzi al film avrebbe chiarito. Ma no, non mi piaceva più. Tutta questa storia erano le mie idee di qualche anno fa, ora volevo un titolo nuovo. Così è partito "Recinzioni selvagge - blog a recensioni sparse", qui su Blogspot.
Con molta calma lo devo mettere a posto, inserire i nominativi degli altri partecipanti, riordinare i post, insomma ricominciare anche se parte del materiale già ce l'ho. Ma mi piace. In fondo ho sempre e ancora voglia di raccontare il mio mondo in tutte le sfaccettature possibili. Anche se avendo da lavorare, da scrivere, leggere, vedere film, telefilm, amici, maestri... beh, il tempo è poco.
Ma il pensiero vagava, l'altra notte. Ed ecco che appare una nuova scena del romanzo che sto terminando, una cosa che mancava, nei dettagli precisi e nell'atmosfera sfumata e confusa che doveva avere. E che ancora non ho scritto. Mi porterà avanti verso il finale, ancora una volta guidata dal sogno, come tutto questo romanzo fin dall'inizio. Perchè proprio mentre la mia Jane si risvegliava intontita, io ricominciavo a dormire.
Pacifica.

18.11.11

Inutile

Lamentarsi...
Spesso e volentieri quello che si ha, si merita. O s'è cercato.
Bisognerebbe smettere di aspettare che altri risolvano i nostri problemi.
Bisognerebbe smettere di aspettarsi miracoli che non possono avvenire.
Smettere di credere che a pagare debba sempre essere qualcun altro.
Smettere di evitare di fare la scelta giusta per comodo.
Evitare di pensare che il proprio bene sia diverso da quello degli altri.
Cominciare a immaginare una vita diversa.
Questo ci vorrebbe.
Ma è faticoso, e noi non siamo gente che ama faticare.

10.11.11

La mia prossima me

Se qualcuno mi chiedesse di immaginare la mia prossima vita io vedrei questo:
Vorrei essere ombra e cattedrale, avere radici profonde, nutrirmi della terra e danzare al soffio del vento.
Piangere lacrime di pioggia, avere il tempo di crescere e di osservare il mondo.
Non avere padrone, solo la spinta della Vita che mi possiede.
Essere Vita io stessa.
Sentire in modo diverso il tempo che passa, lasciarmi andare mentre intorno la realtà cambia. Vorrei amare il sole e sussurrare alla luna mentre tutto ondeggia frusciando.
Guardare il cielo coi piedi in terra, esserci come natura e non come pensiero.
Avere linfa, foglie e rami. Nodi e radici. Forme non umane, non inventate dalla mente.
Non vorrei altro. La calma e la pazienza del seme che cresce nonostante tutto. L'amore e la condivisione del tutto con tutto il resto.
E niente memoria, solo cicatrici sul mio tronco su cui chiunque altro possa inventare storie. Solo piccole incisioni casuali a cui affidare la mia storia, segni indelebili come i miei, ma senza il ricordo del dolore.
Solo Vita.


9.11.11

Un anno e nuove sensazioni

Ci sono parti di noi che tendiamo a non vedere.
Mia mamma diceva sempre di fare attenzione a mettere il fondotinta o qualsiasi crema da viso anche sotto alla linea della mascella e vicino alle orecchie, perché molte donne non lo fanno e hanno perennemente in faccia l'effetto Pierrot (o clown in alcuni casi). Diceva che anche vicino alle orecchie era la mia faccia, anche il collo e il decolletè erano miei e che come curavo l'aspetto del viso avrei dovuto fare attenzione al resto.
Ci sono parti della nostra anima che tendiamo a non voler vedere, perché ci fanno sentire inadeguati al comune sentire. Come dire che i neonati sono brutti o che i vecchi puzzano. O che non proviamo i sentimenti giusti davanti a un episodio.
Credo che in quest'anno parte della mia vita si sia liberata di quell'altra parte di me che si costringeva a fare sempre attenzione a non disturbare. Mi sento più leggera e in qualche modo più vera. Ho gettato un fardello che portavo dietro da una vita, ho deciso di non punirmi più per aver contato troppo sulle mie capacità.
Forse è anche questo che mi ha fatto scattare quella molla che mi serviva a tornare magra. Dieta senza fatica, come dicevo tempo fa: "non privazione, ma mutazione". Una cosa che mi ha cambiato perfino i gusti alimentari, a parte la frutta che continuo a mangiare solo occasionalmente. Che per ora mi ha portata a metà dell'opera, ma che la settimana scorsa mi ha dato una bella soddisfazione.
Sì, perché incontrare un conoscente che non vedevo da oltre 25 anni e non solo essere riconosciuta, ma pure sentirmi dire che è impressionante quanto il tempo non sia passato per me... Embè: sputaci sopra.
Anche se in parte era un "complimento" piacioso mi ha fatto molto piacere, visto che 25 anni fa ero una ragazzina...
Insomma, a parte la nostalgia di mamma quest anno è stato portatore di grosse e buone novità.
E ora che il movimento s'è innestato ne vedremo delle belle...

31.10.11

I feel like I'm in love

Non so quando è cominciato tutto ciò, so solo che non ha ragione d'essere o che se una ragione c'è ancora non la conosco.
Da qualche mese ho le farfalle nello stomaco, come si usa dire. No, non è a causa della dieta. Non ho fame e non c'è un reale senso di vuoto. C'è, invece, un'emozione intensa e conosciuta.
Mi ritrovo a sospirare romanticamente senza ricordare il pensiero che ha portato al sospiro. Mi sento liquida e serena, sorrido senza motivo.
Ripeto, non c'è apparente motivo per tutto ciò. So solo che non dipende da persone esterne, è tutto dentro di me. Ed è bellissimo.
Sarà il cambiamento che aspettavo e che sentivo arrivare? Non lo so.
So che, come ogni volta che sono stata innamorata, tutto mi diventa sostenibile, leggero e ininfluente.
E se un nuovo amore c'è forse è solo amore per me stessa, finalmente. (ma questo è un pensiero troppo razionale in una sensazione del tutto irrazionale)
Sono i suoni che mi accompagnano, i pensieri, i sogni, tutte le piccole cose che vengono naturali.
C'è il disinteresse per le cose vuote e una diversa intensità, meno dolorosa, per le cose che meritano. Cambio pelle, davvero. Sono almeno vent'anni che non sto così.
Perchè anche l'ultima volta che mi sono innamorata era tutto più doloroso, più sofferto. Oggi no.
E voglio godermi il momento.

29.10.11

Riflessione sconclusionata sui cambiamenti in amore

Con il nuovo amore rifioriscono i desideri.
Si liberano i sogni,
si tinge la vita di altri colori.
La metamorfosi del corpo e dell'anima,
inevitabile passaggio,
diventa evidente.
Un nuovo respiro,
aria fresca e pulita,
purifica il sangue.
Cambiano le cellule.
A volte ci si trasforma,
o si migliora soltanto,
ci si evolve.
Che sia angelo o mostro,
il nuovo amore porta vita,
movimento, danza.
E inevitabilmente, ancora,
porta distruzione e lacrime,
e rancore.

(Non so. Ieri sera meditavo su come spesso la coppia nuova che sorge dopo una separazione sia positiva rispetto alla situazione precedente. La persona che si reinnamora in qualche modo torna se stessa, o migliora, o comunque vive diversamente rispetto alla "sedentarietà" del rapporto precedente. Non ho mai creduto alla "persona giusta". Esistono interazioni più o meno riuscite. Ci sono coppie improbabili che funzionano perfettamente e coppie perfette che non hanno probabilità.
 A volte le persone con cui siamo più conflittuali sono stimolanti e ci impediscono di dare tutto per scontato.
Che poi è la ragione per cui buona parte dei rapporti finiscono in tragedia.
Poi c'è l'amore. E chi lo capisce cos'è? Quella cosa che fa impazzire corpo e mente, che davvero ti trasforma, che fa fare cose impossibili e respirare, e sognare.
Ma cosa ha fatto finire l'amore che c'era prima? Che fine ha fatto quell'amore? Perché l'altra persona non s'è accorta che quell'amore se ne stava andando? Perché ci deve sempre essere qualcuno che soffre mentre qualcun altro rifiorisce?
E perché, soprattutto, io mi sento rifiorire senza che nella mia vita sia cambiato alcunché?)

24.10.11

Universo

Ho creato un universo per poterti amare.
Ti ho dato un volto, un nome, una storia.
Dei sentimenti, una missione, la vita.
E ti ho amato in ogni istante con tutta me stessa,
laggiù.
Più di quanto avrei potuto fare qui,
più di quanto mi avresti permesso,
di quanto ci fosse concesso.
E ti amo ogni volta che torno,
ogni volta che vedo il tuo volto
e ne scrivo i tratti con la mente.
Ogni volta che sento la tua voce pronunciare
le parole che ho inventato per te,
ma che sono indiscutibilmente tue.
Non ho potere sui tuoi pensieri,
nemmeno là.
Lascio che tu mi ami come sai
senza forzare il destino,
dipingo il nuovo mondo
nei colori che sono i miei,
faccio in modo che tu esista
solo per poterti amare.

23.10.11

Piano solo (armonie notturne in città)

La città ha un che di magico nella notte.
Mentre cammino con la mia amica mi vengono in mente milioni di cose e la conversazione sembra schizofrenica, ma mi fa sentire bene. Le strade non sono ancora piene, si riempiono mano a mano che camminiamo e quasi non le vediamo. Siamo prese dai discorsi sulla musica, sull'energia, sui sogni, su quegli sguardi che ti segnano.
Le spiego quel che so della mia città, le racconto aneddoti e buffi episodi della mia vita che emergono da soli mentre incrociamo i luoghi dove sono cresciuta. In ogni senso.
Dove mi sono innamorata, dove ho ballato specchiandomi nelle vetrate, dove non sono mai entrata.
E, come capita con solo alcune delle persone che si incontrano nella vita, lei capisce perfettamente di cosa parlo quando apro bocca.
Che sia questione di emozioni o di linguaggio musicale, o di differenze che si percepiscono.
Ci guardiamo intorno e pensiamo che la nostra generazione è ancora adolescente. Molti di noi sembrano ancora ragazzini, non so se cresceremo mai. Non so se saremo mai dei veri adulti e nemmeno se mi piacerebbe esserlo. No, forse non voglio crescere. Non voglio invecchiare.
Non voglio smettere di pensare che in qualsiasi momento potrei decidere di essere me stessa al 100% e ciò sarebbe folle se io lo facessi da adulta. Perché so che in quel 100% ci sono molti sogni e milioni di altre cose che non si addicono a una vecchia signora.
No, non sarò mai una vecchia signora.
Torino di notte, ma forse ogni città fa lo stesso effetto a chi la ama, porta fuori una parte di me che non esce spesso. Mi sento più viva, più tranquilla, in armonia con tutto e allo stesso presente chiara e lucida.
Il che non capita spesso, si sa.
Così aspetto che Silvia ritorni a trovarmi da Rieti e che finalmente si fermi per più di una notte, per poterle mostrare altri angoli nascosti della mia città.

18.10.11

Hands up!

I cittadini del disordine avevano inseguito le tre ragazze per un poco, certi che non si potessero abbandonare delle fanciulle in strada nel cuore della notte. Ma le avevano viste decise, allegre e attente, quindi avevano proseguito per la loro strada.
Non appena furono scomparsi un'auto scura prese a seguire quella delle tre giovani reduci da una spassosissima e sudaticcia serata in discoteca. Scatenate dall'inizio alla fine non avevano smesso di ballare nemmeno per un istante, o una pipì. Ora tornavano a casa.
I ragazzi a bordo dell'auto scura guardavano con aria felina le occupanti dell'auto che seguivano. Fiutavano la preda, tentavano la zampata a ogni semaforo, ma loro non cedevano. Come gazzelle saltavano da una corsia all'altra per evitare di affiancarsi agli inseguitori. Ma era dura. Quelli non mollavano.
Le tre ragazze decisero di tentare una mossa da film, una accelerata a un giallo, una svolta a sinistra senza freccia e via. Sembrava fatta.
Purtroppo i predatori non avevano intenzione di mollare la preda. Dopo un paio di minuti si ritrovarono perse nell'inseguimento. L'autista, la più anziana tra loro, non voleva far capire agli inseguitori la loro destinazione. Erano pur sempre tre ragazze che tornavano a casa sole solette nella notte torinese...
E a casa non c'era anima viva ad aspettarle. Guai a scendere dall'auto con quelli in circolazione. Quindi continuarono a farsi inseguire tentando in ogni modo la fuga, la distanza.
Alla fine, nonostante tutto, gli inseguitori si stavano dimostrando davvero un po' troppo tenaci. Insomma, ti affianchi una, due, tre volte e nessuna nell'auto ti calcola minimamente... Magari non interessa l'articolo, magari stai sbagliando qualcosa, magari hai incrociato tre stronze che non meritano un tale spreco di tempo e benzina, no?  Chiunque avrebbe mollato. Questi no.
Mentre l'autista faceva slalom tra un senso unico e un controviale, giunte in Corso Principe Eugenio erano disperate. Al fianco dell'autista, una ragazza con lunghi capelli castani lisci e grandi occhi verdi, il secondo pilota stava frugando nel cassettino. La ragazza dietro suggeriva possibili traiettorie di fuga, con il suo carrè rosso fuoco e il total look dark. All'improvviso, la ragazza che frugava nel cassettino gridò: "ferma l'auto!"
L'autista, abituata al tono autoritario della sorella, trovò il primo posto possibile nel controviale del corso, dopo aver fatto tre volte il giro di uno stupidissimo isolato. Gli altri, pensando di avercela fatta finalmente, fermarono l'auto scura proprio davanti al muso di quella delle ragazze. Non se lo aspettavano, ma dall'auto scese una delle tre, l'ampio impermeabile tra il grigio e l'argento, con delle spalle decisamente improbabili e un carrè di ricci scuri a incorniciare un volto perfettamente ovale con occhi grandi e scuri e delicate labbra rosa scuro. La ragazza scese decisa e si diresse verso lo sportello del passeggero. Dentro, i ragazzi ridevano.
Come il passeggero fece per aprire la portiera, la ragazza estrasse la pistola scura dalla tasca dell'impermeabile e intimò: "su le mani e fuori il bottino!"
I ragazzi scapparono, le tre ragazze tornarono piangendo dal ridere a casa e non dormirono affatto. La pistola giocattolo del figlio dell'autista aveva fatto il suo effetto. E la ragazza con l'impermeabile era stata davvero grandiosa.
Ecco, questa è stata una delle volte in cui ho rischiato la vita... insomma, quasi.

17.10.11

Segui la regola per non avere regole

Sono sempre stata una persona indipendente, forse non sempre razionale ma responsabile e riflessiva. Ho sempre avuto una certa insofferenza per le regole e per l'autorità. Nella mia mente un uomo civile non ha bisogno di regole per vivere nella società, perché da solo comprende quali siano le azioni corrette e quali no.E da solo agisce per il bene comune (o della maggioranza, perché accontentare tutti sarebbe altro che utopia...).
Il problema è che noi siamo come bambini ineducati.
Non pensiamo affatto agli altri. Pensiamo che sia fighissimo evitare le regole, notoriamente fatte per quello. Per non essere rispettate. A noi piace sentirci furbi, fare ciò che ci pare e non dover dare spiegazioni.
Come bambini ineducati pensiamo che tutto ci sia permesso e che una mano divina ci sia posata sul capo per cui a noi andrà sempre bene. Da che mondo è mondo gli adolescenti violano le regole, solo che al giorno d'oggi mi sembra che siamo diventati tutti adolescenti cresciutelli e ce ne andiamo in giro facendoci i fatti nostri senza il minimo pensiero.
Come bambini ineducati pensiamo di essere i più bravi. I migliori, i più furbi. Quelli cui non capita mai nulla.
Peccato che poi capiti sempre qualcosa e che a pagare siano tutti quelli che vengono dopo. Penso soprattutto a tutti i pipponi che ci tocca sorbire su caschi, caschetti, cinture, giubbottini fosforescenti che tra un po' ci toccherà indossare anche da pedoni perché qualche idiota sale in macchina pensando di giocare a SuperMario Cart. O qualche cretino viaggia a mille all'ora in bici sui marciapiedi e ti sbuca davanti mentre svolti l'angolo. O qualche furbone viaggia in contromano perché tanto deve fare solo mezzo isolato.
O qualcuno che va in moto sulla pista ciclabile, tanto è lo stesso.
Peccato che non ci rendiamo conto che per sentirci furbi noi facciamo un danno alla collettività che avrà sempre più regole da seguire e sanzioni sempre più alte anche per piccole sviste.
Non sarebbe più furbo seguire un po' meglio e con un minimo di intelligenza almeno le regole base in modo da non averne sempre di nuove e sempre più rigide?
Così, per dire.

15.10.11

Amore e suoi significati

- Ti amo
- Non è vero.
- Sì. In un certo modo.
- In un certo modo non significa nulla. O si ama o non si ama.
- E' così?
- Sì.
- In questo caso ci devo pensare.

John Lindqvist, Lasciami entrare, pag. 63

13.10.11

La data di scadenza della gratitudine

Si può fare come a Natale e ringraziare per i doni ricevuti, essere grati finché il dono ci riempie il cuore e compilare una nuova lista dei desideri per cui essere grati la volta successiva?
Si può essere consapevoli di quanto la Vita ci regala senza mettere i paraocchi, senza considerare solo ciò che abbiamo davanti ma restando aperti a ogni nuova opportunità?
Per alcune persone la gratitudine ha una durata infinita, per un dono ricevuto bisogna ringraziare a vita e tenerselo stretto anche quando non ha più significato. Come se una volta raggiunto un obbiettivo non ci fosse motivo per desiderare altro senza essere degli ingrati.
Eppure il cambiamento è quello che fa muovere il mondo.
Se ricevo un mazzo di fiori io sono grata del regalo. Ciò non mi impedisce di gettare il tutto nell'immondizia quando i fiori appassiscono. Allo stesso modo considero le piccole fortune di ogni giorno.
Penso a quanto sono fortunata, dopotutto. Ho una famiglia (piccola e pelosa per lo più), una casa, un lavoro. Posso mangiare, comprarmi le cose di cui ho bisogno, vestirmi, divertirmi, vedere gli amici, comprare una marea di libri e di questo mi sento grata. Quando ci penso, so che la Vita se la merita un po' di gratitudine. Ma poi mi chiedo se ci sia il modo di stare ancora meglio. Per qualcuno io sono un'ingrata.
E può essere vero. Perché io penso che la gratitudine abbia una data di scadenza e che per quanto sia utile sentirsi grati per ciò che si é e ciò che si ha questo non deve fermare la nostra vita, limitarla in alcun modo. Senza questo si perde ogni prospettiva. Solo che fossilizzarsi su un dono ci toglie ancor di più la visuale d'insieme; l'attaccamento ai piccoli benefici ci impedisce di vederne di nuovi, di cambiare, di volare via verso qualcosa di meraviglioso.
Perché qualcosa di meraviglioso c'è. Appena più in là. Qualcosa che tra un anno o due vorremo cambiare, ma che ci farà sentire fortunati ed estremamente grati. Per un po'...

11.10.11

Raita della casa

La recente dieta mi ha portata a sperimentare cosine poco caloriche per condire la mia dose di verdurame e anche altri alimenti. Che l'olio proprio non va bene. Essendo la mint raita una delle cose che amo di più nella cucina indiana ed essendo spesso sprovvista di menta ho pensato di trovare delle alternative di cui questa ha suscitato entusiasmo sia in casa che al lavoro. Beh, tranne che per quelli che non amano cipolla e simili...
Si inizia con un bel vasettone di yogurt greco, quello da 170 grammi, che vista la dieta prendo magro, ma che è anche buono in versione 2% e intero.
Si trita per ogni vasettone circa 1/4 di cipolla rossa e un mini spicchio d'aglio con la mezzaluna (ma c'è chi giura di aver usato il tritatutto con successo) fine fine fine, ma che dico... finissimo.
Si mescola allo yogurt aggiungendo sale e pepe quanto basta, et voilà.
Certo se avete il terrore di uccidere con l'alito potete lasciar perdere. Io per lo più me ne frego, visto che digerisco da dio e che di solito la mangio in compagnia, come la bagna caoda...
Io la uso con i pomodori, con i finocchi, il sedano e con hamburger o tacchino arrosto, ma chiunque può sperimentare nuovi abbinamenti. Come anche nuovi mix con lo yogurt. Che mi dicono sia ottimo coi cetrioli (greco, ovvio).
Mi mette di buonumore, un po' come i film dell'orrore e il vento forte. E tutto funziona alla grande.

5.10.11

Fantasmi (quella che sorride)

Capita in questi giorni che io mi guardi allo specchio e veda lei. No, non che la somiglianza sia tale da confonderci. Solo lo scintillio della solitudine, o quel fondo di tristezza che nei suoi occhi si notava tanto. Lo vedo nei miei, soprattutto quando sono stanca.
Poi, per carità. Sto vivendo un buon periodo. Le cose cambiano e ne sono felice.
Non mi sento come lei. Mi manca, ma mi manca soprattutto il vederla serena. Non lo è stata per tanto tempo che a volte guardo le foto in cui sorride e mi sembra strano che ne fosse capace. Troppo dura la vita.
In ogni caso il fatto è che inevitabilmente ci somigliamo sempre più. Solo che io sono quella che sorride.

4.10.11

Lezione balinese

Mio padre nuotava tranquillo poco al largo in un punto imprecisato di Bali. All'improvviso una corrente inaspettata cominciò a portarlo via dal suo percorso, trascinandolo sia verso il fondo che lontano dal punto in cui si trovava. Colto di sorpresa, lui cominciò a lottare contro la corrente. Una bracciata, due, tre. Fatica e la paura di non farcela. Ma l'acqua era forte, molto più di lui. Si stava stancando, sempre di più. Sapeva che non ce l'avrebbe fatta a resistere, non così. Quindi si disse: "Ok. Non ce la faccio." e si lasciò andare. Rilassò tutti i muscoli nell'attesa del peggio e fu proprio allora che il suo corpo cominciò a galleggiare. Come un tronco o una tavola da surf. Sempre più leggero finché non se ne tirò fuori.
Credo sia questo il modo di sopravvivere alla vita. A qualunque dolore, qualsiasi prova. Lasciandosi andare senza resistere, senza insistere più di tanto. Seguendo la corrente e la forza che trascina al fondo. In quei momenti la Vita resiste e porta in luoghi sconosciuti, inaspettati. Più belli del previsto.
Basta solo lasciarsi andare e non avere paura di perdere.

26.9.11

Seguo la pelle

Non conosco altro modo. Non ne vorrei un altro.
Io seguo la pelle, al massimo lo stomaco. Seguo il brivido e la sensazione. Non mi interessa capire, non subito. Soppesare se una cosa valga la pena o meno in base a ragionamenti non fa per me. Io lo so, semplicemente, perché la pelle me lo dice.
Mi piace sentire. Toccare o percepire. Lasciare che i brividi guidino il mio sapere. Che le parole svolgano il loro lavoro di creare mondi in cui perdersi senza per forza comprenderli. Il suono, come una carezza.
La voce, come un pugno. O come un bacio, come il profumo di una rosa.
Quando seguo la mente cado nei suoi trabocchetti e perdo me stessa. La pelle non tradisce mai. Non può farlo. Forse ho scelto un modo pericoloso di ascoltare, attraverso al pelle tutto è più immediato. Diretto, doloroso o estremamente piacevole.
Questo mi guida. Questo mi rende ciò che sono, questo e poco altro.
Un tocco gentile, la morbidezza, la forza. Lo scorrere liscio delle cose. Seguo la pelle, non so che altro fare.

22.9.11

Dubbi e ancora dubbi...

Quando si dice che le domande sono più importanti delle risposte...
No, va bene. Porsi delle domande, ok. Fatto sta che son lì che ci penso e ci ripenso. A tutto e a di più.
Uno:
Se mi facessi regalare un e-reader? Perché prima o poi mi toccherà affrontare questa cosa e ammettere che forse è più comodo portarsi dietro una libreria in uno spazio minimo. Come il cambio tra vhs e dvd. Non che lo spazio libero in casa sia durato granché, vista la mia fame di film e serie tv. Però, volendosi spostare... Boh? Il dubbio è amletico, io amo i libri, le pagine, l'odore, le copertine rigide, la sovracoperta, tutti i risvolti da leggere... perchè poi io leggo anche le scatole dei cereali, figuriamoci se non sfrutto ogni foglio possibile.
Due:
Di conseguenza. Vedo molti conoscenti scrittori che cominciano ad affidarsi all'e-book per la pubblicazione dei loro libri. E mi domando se anche io dovrei farci un pensierino, prima o poi. Se il premio di un nuovo torneo fosse la pubblicazione in e-book, dovrei lasciarmi allettare? Davvero il futuro è lì? E poi? Se già è praticamente impossibile conoscere il numero delle copie vendute, come si potrà sapere se ci sono guadagni, se sarò una esordiente a vita; se nessuno tra quelli che incontro sul tram avrà in mano un mio libro (come già accade, ovviamente) potrò illudermi che l'abbiano in borsetta?
Tre:
Il Torneo. (Perché i pensieri e i dubbi si formulano con una certa coerenza, almeno a volte.) Ecco, siccome l'anno prossimo vorrei riprovarci comincio a vagliare le ipotesi. Che mando? Il romanzo pronto? E se poi non è abbastanza commercial-commerciabile perdo un'altra occasione, in più con 'sto fatto dei commenti dei giudici ho paura di prendermela, perché quel romanzo è più personale del dovuto. O mando il romanzo che sto finendo? Ma quello potrebbe già essere valido da spedire per il mondo, tentando una scalata al successo che non dipende dal giudizio dei partecipanti al torneo...
E se riuscissi a terminare anche il "seguito" di quello pronto? Seguito che non necessariamente è da collegare al primo, che tratta di un argomento più serio pur partendo da un normale percorso di educazione sentimentale, che potrebbe in fondo anche essere un romanzo "di denuncia". Dovrei mandarlo? O il fatto che sia toccante, di nuovo personale e un po' particolare... Boh?
Quattro:
Devo cercarmi un agente? Perché i suggerimenti degli addetti ai lavori parlano di cose che io non ce la faccio a seguire. Andare a tutte le presentazioni possibili, cercare di conoscere editori, scrittori, giornalisti, chiunque. Rompere le palle. Fare la PR di me stessa. Io che alle feste sto nell'angolo buio. Io che non riesco a dire a una conoscente che incontro per strada che ho pubblicato un libro, che ne sto portando in giro un altro e che sono lanciatissima. Io che mi limito a dire che sto bene. Che non disturbo. Certo, l'agente vuole soldi. Ma io mica ci perdo, insomma. Se riesco a pubblicare qualcosa e devo dare una percentuale a qualcuno per avermi aiutata sarà mica denaro sprecato? Come se avessi una segretaria, la dovrei ben pagare. Insomma, io non ho tempo di scrivere, quando posso fare anche la PR?
Cinque:
Domani sera... pizza napoli o diavola? O marinara? Che sono a dieta e sto maledettamente bene con me stessa, ma allo stesso tempo me la voglio godere, la vita!

19.9.11

Calcoli

Sono in lutto da 24 anni.
Lo sono perché ho perso me stessa in qualche modo, uccisa da un errore e dal peso inconsapevole che questa cosa ha portato nella mia vita. Lo sono da troppo tempo.
Sto perdendo peso. Era ora. Il mio abito da "vedova" era fatto di ciccia e infelicità, ma sono stufa. Sto costruendo qualcosa ormai da qualche tempo ed è ora che io esca allo scoperto. Con tutto ciò che sono, senza più timore o pigrizia, o inutili piagnistei.
Non sono più una vittima. Lo sono stata, ho lasciato che altri mi trattassero come tale, mi sono punita abbastanza. Io, inflessibile giudice di me stessa, incapace di perdonarmi qualsiasi pecca. Ora basta.
Non sono perfetta, mai stata. Sono ciò che sono e tanto mi basta, qualsiasi cosa voglia dire. Se sono un mostro, allora lo sarò in piena luce. Ma non credo. Sono solo diversa da quello che la gente si aspetta da me.
Ora indosserò i miei vestiti neri e ricomincerò a sorridere, a vivere i miei sogni uno a uno. Magari ci vorrà del tempo, magari succederà naturalmente. Loro son sempre stati con me, li avevo solo relegati in un angolo col cappello da asino, affinché non disturbassero il mio vagare straziata dal dolore di averli persi. La mente che mente a se stessa senza ritegno, la mente che fa il suo lavoro per sopravvivere e poi ti catapulta indietro e ti mostra la realtà.
Ognuno porta il lutto a modo suo. Impedirmi di vivere è stato il mio.

13.9.11

Duel

"The first cut won't hurt at all,
the second only makes you wonder,
the third will drive you on your knees,
you start bleeding I start screaming..."
(Propaganda)*

La ragazza bionda non era più bionda. Non era nemmeno più una ragazza, non dentro. Aveva una sorta di "vecchiezza" simile a quella dei reduci del Vietnam. Come se avesse visto troppo e tentato di rimuovere il più possibile. Aveva smesso di sognare ed era tornata a una realtà che non le era mai appartenuta e che non sarebbe mai stata del tutto sua. Ospite di un universo Fringe parallelo in largo anticipo su tutti gli altri. Senza ricordi propri che non scorressero in bianco e nero e senza audio, privi di qualsiasi emozione.
Era una studentessa universitaria. Almeno 15 chili più del suo vecchio peso, senza luce negli occhi e con la pesantezza che le piegava la schiena.
Camminava da un luogo imprecisato verso Palazzo Nuovo, per l'ennesima lezione inutile. Fu mentre passava davanti al tabacchino che l'ombra di un ragazzo conosciuto anni prima le passo davanti. Solo l'ombra, perché lui non era che quello. L'ombra di un ragazzo che cantava in playback in cantina.
Magro più del dovuto, con braccia ossute che sbucavano da una camicia stazzonata e non necessariamente pulita e terminavano in grandi mani non del tutto stabili. Mani vibranti.
La studentessa avrebbe tirato avanti, convinta in cuor suo di aver visto davvero solo un'ombra del suo passato, ma lui la riconobbe e la richiamò al presente. Lui era vero.
Il vampiro era cenere, sepolto in un campo assolato poco dopo il loro ultimo incontro a tre. Lei era scomparsa, qualche volta aveva attraversato il loro territorio a testa bassa per non incrociarli più, crisalide inversa di una farfalla che era stata in gioventù.
Il cantante era ossa. Pelle, ossa e capelli solcati d'argento a poco più di vent'anni. Consumato dalla sua stessa vita finché non era diventata assenza di vita. La ragazza con l'anima nera era ferma davanti a lui, che non dava cenno di vedere le differenze (perché a volte non sono così importanti, in fondo), a bocca aperta. Lui per poco non l'abbracciò, fermandosi solo per la rigidità improvvisa di lei. Era passato il tempo, lo era da tempo.
Le offrì un passaggio su una 127 blu notte che puzzava di cenere e Arbre Magique insieme, bruciata dalle sigarette e piena di polvere come il fantasma che la guidava.
In poco più di dieci minuti il loro incontro si consumò e con lui tutte le promesse di una notte in cantina e di una lontana fiera al Palazzo del Lavoro nel 1985. Non si videro più.
L'immagine di quell'ombra, comunque, rimase impressa in quella giovane donna mentre lei, larva in involuzione, tentava di ritornare a una fase normale di sviluppo e mettere di nuovo le ali.
Segreti non più segreti, parole che scivolano via, ferite che a volte guariscono e a volte no.
Destini. Terribili scelte. Il duello tra la vita e la morte.

*(Il primo taglio non fa male per niente,
il secondo ti stupisce soltanto,
il terzo ti fa crollare sulle ginocchia,
tu cominci a sanguinare, io comincio a gridare)

12.9.11

E parliamo pure di scuola

In terza elementare avevo già imparato che "sciopero" voleva dire che non si andava a scuola e mettevo avvisi falsi sul diario per restarmene a casa.
I primi due anni erano stati un inferno, volevo starne fuori. Poi ho imparato a falsificare le firme e a farmi le giustificazioni. Non mi è mai servito per coprire brutti voti o note, ma pur di evitare anche solo un giorno di scuola ero disposta a impegnarmi  a fondo. Poi mia madre ha capito e ha cominciato a farmi saltare qualche giorno quando si vedeva che ne avevo bisogno. Mai quando c'erano interrogazioni o compiti in classe, preferivo affrontare quelle che passare una mezza giornata coi compagni. Tranne qualcuno, certo, ma non si trattava tanto di antipatia nei loro riguardi. Solo che non mi ci trovavo. Preferivo starmene da sola a casa a disegnare o a giocare con i Lego, o leggere (più avanti), ascoltare musica, ballare in salotto, sognare chiusa in un armadio.
Non ho quasi mai avuto problemi a scuola. Se escludiamo la prima media, quando dopo la morte di mio nonno Piero ci siamo spostati a Moncalieri per stare con la nonna Mity (che però ha ben pensato di lasciarsi morire e non appena s'era concluso il trasloco s'è partito con il nuovo funerale) e io ho continuato a frequentare la scuola a Torino perchè non volevano sradicarmi da un posto dove almeno conoscevo due o tre persone. Quell'anno a Marzo mi sono ritirata e ho ripetuto da sradicata altrove.
Altri tre anni di sofferenza in cui, essendo illuminata, mia madre mi concedeva un certo numero di assenze se io mantenevo buone le medie dei voti. No problem. Voti alti, ottimo rendimento anche senza fare i compiti, esami ogni anno (scuola privata non parificata = esami ogni anno come privatista) passati senza alcuna difficoltà.
Mai avuto particolare bisogno di studiare. Infatti non ne sono capace. Il primo anno di superiori fatto direttamente da privatista, con matematica e latino a settembre senza aprire un libro, il secondo con esame schizofrenico (dal 2 all'8 a seconda della materia, facendo solo quel che avevo voglia di fare) ha segnato uno stop. Non perché non fossi in grado, solo perché mi scocciava perdere del tempo facendo qualcosa che non volevo fare.
Poi mi sono diplomata, sono anche stata un po' all'università. Ma non mi piaceva.
Colpa mia, lo so. In quattro anni un paio di numeri telefonici e due "amiche". Metà esami dati con una buona media, nessuna voglia di continuare.
Non sono una di quelle che si sognano la maturità. Mai successo. Non è stato un trauma, solo una rottura. E quando oggi tutti si emozionavano all'idea del primo giorno di scuola io non riuscivo a fare altro che smorfie di disgusto. Non tornerei indietro nemmeno se ciò significasse non lavorare.
Perché, diciamocelo, anche lavorare non è tutto 'sto divertimento...

10.9.11

Esattamente

Un anno fa mia mamma compiva 71 anni.
Noi eravamo appena tornati dall'India e avevo da poco saputo che la collega (l'unica con me in laboratorio, operata a maggio con tutte le sfighe possibili a seguito) non sarebbe tornata presto perché ancora non stava bene. Ero già stanca dopo poco più di una settimana di lavoro e preoccupata per la sensazione opprimente che avevo da inizio anno.
Eravamo in ritardo, dovevamo portare mia mamma a cena fuori al nostro ristorante preferito, per cui le abbiamo telefonato chiedendole di aspettarci fuori dal portone. Quando siamo arrivati era lì, in piedi, sofferente. Fino d allora non mi aveva detto di non riuscire a camminare bene, di non riuscire a fare le scale normalmente, che non dormiva nel suo letto da più di un mese ma sul divano in sala, al piano terra. In macchina aveva male a ogni curva e a ogni sbalzo.
La cena non siamo riusciti a finirla, dopo il primo lei non stava bene e siamo tornati da lei con un pacchetto preparato con funghi al cartoccio e un altro con la torta.
Da lì a pochi giorni è cominciato il delirio, con lei che faceva resistenza a qualsiasi tentativo di aiutarla e che ci incasinava sempre di più. Che stava sempre peggio e che nel giro di nemmeno due mesi se n'è andata.
Certo sapere ieri che la mamma dell'altra collega è stata ancora male non mi ha migliorato l'umore e il paragone è stato immediato. Malinconia, un tocco di tristezza e stasera la festeggeremo come fosse qui. Perché in fondo ancora c'è. Come se non fosse mancata un solo giorno in quest anno.
Un bacio, mamma.

29.8.11

Il punto qual è...

Bene, sono finite le ferie. No, non è un bene, in effetti.
Lasciamo perdere.
Ma le cose si muovono. Venerdì mattina sono andata all'Ikea. Dovevo farlo a inizio mese, ma ero troppo stanca per pensare a mobili, vernici, tende etc. Invece venerdì no. Forse per non pensare al fatto che dovevo tornare al lavoro, forse perché ero stufa di vedere la casa messa così. Al di là delle cose aggiunte, sono molto fiera di quelle che ho eliminato.
Roba che mi portavo dietro da almeno 20 anni senza alcun motivo. Tipo i trofei vinti ballando (vinti, vabbè, chiamiamoli ricordi di esibizioni passate), quadri fatti al mezzo punto alle medie (che stavano in un baule da una vita), specchi dipinti che mi hanno regalato a quindici anni, un puzzle da 1500 pezzi con un bellissimo disegno del segno del leone (più recente, era appeso in cucina, ma ora quella parete libera non c'è più), abiti, attrezzi, stoffe inutili, il baule in legno da ferroviere. E così via.
Poi ho aggiunto 3 mobili in cucina, eliminato il tavolo con gli sgabelli alti che tanto non usavamo mai, spostato alcuni dei vecchi mobili e riadattato l'arredamento. Ho reso l'ingresso più simile a quello che desideravo quando abbiamo messo su casa, manca ancora qualcosa, ma mi sto avvicinando.
Manca qualcosa, ma in definitiva c'è quel senso di leggerezza che si prova quando si svolta.
E la svolta la sento vicina. Un po' come l'anno scorso sentivo il peso di ciò che mi aspettava (poi puntualmente avverato), ora sento che sta arrivando qualcosa.
Ma stavolta è qualcosa di buono.

24.8.11

Delle cose che faccio e di quelle che farei

Vorrei imparare a tirare con l'arco, a sparare con la pistola e a maneggiare spada e pugnale.
Non per difesa o offesa, giusto per sapere cosa si sente. Mi piacerebbe più di ogni altra cosa. Un po' come mi piaceva la fitboxe, che senza picchiare nessuno mi sentivo bene, forte e tranquilla.
Ci pensavo oggi mentre leggevo il libro di Miki Monticelli (è uno young adult fantasy, ma bello bello) e mi venivano in mente le pagine Facebook di Laurell K Hamilton, che va a sparare davvero e che è simpatica, matura il giusto ma ancora giocosa. Mi è venuto in mente Clive Barker che va ad assistere alle autopsie per "divertimento". Insomma, se si scrive di un mondo bisogna sapere come si vive in quel mondo. Anche se è un mondo inventato.
Vorrei avere il tempo di fare queste cose, averne anche il coraggio e la costanza di imparare davvero.
Mi piacerebbe poter diventare uno dei miei personaggi. A piacimento.
Vorrei che fosse possibile diventarlo pian pianino.
Intanto scrivo. Cose che mi tengono sveglia la notte perché sono personali. Lo so, avrei dovuto finire prima una cosa, ma fa troppo caldo e quello che scrivo viene giù a goccioloni. Il che è ben diverso dalle note che vengono giù quando mi metto a parlare di Jane e del suo mondo, soprattutto ora che la storia volge al termine e che mi piace. Quanto mi piace.
Ma c'è qualcosa che cambia davvero, obbiettivi più chiari e quel morso che mi ha messa in moto già una volta: Forse la passione è rinata, forse sono tornata a vivere, forse sono libera di essere chi voglio essere adesso più di prima, più di un anno fa, più che mai.
Mi sono resa conto che davvero qualcosa è cambiato e che non importa se per ora lo vedo solo io.
Si fotta, il mondo.

22.8.11

Apologia di amore insano, ovvero...

Twilight e la meraviglia dell'essere adolescenti.


Traggo ispirazione dalle recenti e inutili comparazioni tra le saghe di Harry Potter e Twilight, che a mio avviso nulla hanno in comune tranne l'antipatia di fondo dei protagonisti principali.
Il mio pensiero va alla saga dei vampiri più redditizia del mondo e a quello che mi ha lasciato dopo una accurata lettura e dopo la visione di ogni film che è stato tratto finora dai romanzi della Meyer. Premetto: io adoro i vampiri. Chi mi conosce lo sa.
Per questo quando ho letto Twilight ero certamente ben disposta. Mi piacciono le storie romantiche, anche. Il libro, primo della serie, mi ha lasciato addosso la sensazione di essere tornata a diciassette anni, di poter provare quel tipo di amore ancora adesso che sono una persona adulta (almeno anagraficamente).
Bellissimo quando nel nostro respiro non c'è altro che il desiderio di un altro essere umano, quando ciò che sentiamo è così forte che ci sembra indistruttibile, giusto e meraviglioso. Cosa che normalmente non è.
A quell'età mi sentivo così ogni volta. Mi piaceva sentirmi così, mi dava una forza che altrimenti non sentivo. Leggere Twilight mi ha riportata a quel sentire, mi ha fatta reinnamorare dell'amore e del romanticismo, perché non c'è niente di più forte di un amore impossibile e niente di più romantico di un amore che sfida la morte.
E va bene, per carità. Va bene a diciassette anni se in più ci si rende conto che si tratta di un libro.
Perché più avanti si va nella storia più si comprende che quell'amore non è sano.
Romantico, sì.
Ma come può essere sano un amore che fa tendere alla morte? Un amore che fa stare male, che fa impazzire, che fa deprimere, rinunciare alla vita? Quale amore sano porta a questi estremi?
Credo sia bello leggere di sentimenti struggenti, immergersi in ambienti e in storie così coinvolgenti. Credo sia bello quel primo libro, una sorta di Giulietta e Romeo versione horror (sempre se non è già horror a sufficienza la tragica storia dei due innamorati di Verona), l'amore e la morte. Il romanticismo puro.
Poi nella vita una farebbe meglio a scegliersi un lupacchiotto innamorato, caldo e vivo.
Credo non sia un modello positivo, per quanto romantico. Credo che l'amore sia una cosa differente, dovrebbe far battere il cuore e non far sperare che non batta più. Non è una questione di anima. Non si perde l'anima per amore. Si arricchisce ogni volta.
Se poi devo anche prendere in considerazione il resto della saga, trovo che al di là dell'idea geniale e della buona scrittura con cui è iniziata sia stata in seguito sfruttata in malo modo. La Meyer è talmente romantica che non riesce a prendere delle decisioni e a deludere qualcuno. Sistema tutti come nelle favole e tutti vissero vampiri e contenti. L'operazione commerciale contro tutto il resto, contro la creatività e contro la realtà delle cose: la vita non funziona mai in questo modo.
Lo so, sto parlando di una serie di libri. Credo che però in ogni cosa che si scrive ci sia la realtà, se non ci fosse non ci catturerebbe. Certo, le occasioni sono inventate, ma una buona storia racconta sempre qualcosa di vero. Altrimenti non funziona.
Il segreto di Twilight è quello di raccontare quel tipo di amore con le parole giuste e con le sensazioni vere che un amore di quel tipo provoca. Il suo segreto è quello di rendere perfettamente l'idea della potenza di quelle sensazioni nella vita di un'adolescente. Di farle rivivere, di farle sognare.
Che è, in definitiva, sia il suo più grande difetto e pregio allo stesso tempo.
(Bisogna comunque fermarsi al primo libro, perché a mio parere tutto quello che segue è inessenziale)

17.8.11

Italians do it better...

Forse nessuno avrà notato che mi piacciono i telefilm.
Guardo serie tv da quando sono piccola e se potessi collezionerei tutto e di più per poter rivedere ogni episodio di ogni serie già vista e ancora cose nuove.
Nella mia ricerca di cofanetti dvd (perché mi piace averli e vederli quando voglio invece che aspettare gli orari variabili e improbabili dei palinsesti tv) mi imbatto in bizzarre singolarità. Che variano dalla strana distribuzione temporale (un cofanetto che esce adesso negli USA, da noi arriva forse tra due anni), alle versioni del cofanetto in questione.
L'ultima di oggi: cercavo il cofanetto della seconda stagione di True Blood.
In patria è già uscita la terza stagione da qualche mese, stagione di cui esistono già una versione francese e una tedesca, da noi è disponibile solo la prima e la seconda arriverà a fine settembre. Non solo, ma se la seconda serie nell'edizione inglese costa poco più di 19€, qui in Italia la pagheremo (prezzo Amazon.it) ben 34,94€ e non capisco perché. In confronto il cofanetto doppio con le prime due stagioni, sempre in versione Inglese, costa meno che il solo cofanetto italiano della seconda serie.
In entrambe le versioni sono 5 dvd, stesso numero di puntate. Variano le lingue disponibili, in quella inglese sembrano esserci più sottotitoli, per quella italiana è segnalato solo italiano senza alcun sottotitolo (ma magari una volta uscito si potranno conoscere maggiori dettagli).
E Amazon pare avere il primato del prezzo, perché andando a guardare per esempio il sito della Fnac si scopre che pre-ordinandolo si pagano solo €37, mentre il prezzo di vendita ufficiale sarà poi di circa €43.
Tutto contro €19,06 della versione inglese.
Stessa cosa dicasi della prima stagione, che su Amazon ho pagato la stessa cifra e che sui siti Feltrinelli e Fnac costa rispettivamente €42,21 e €55,99.
Ok, non credo sia il doppiaggio a pesare così tanto sul totale. Non sarà la confezione, non sarà l'IVA, una parte sarà il ricarico del venditore. Ma una differenza simile nei prezzi secondo me non ha giustificazione.
Mi domando se da ora in poi dovrò andare a comprarmi i cofanetti direttamente in lingua originale, visto che non produco denaro, ma lo guadagno con fatica e noia.

16.8.11

Incubo di una notte di mezza estate

Ragni bianchi e mollicci, enormi, umidi e aggressivi.
Non solo, ma anche mutaforma. Sono dappertutto e ogni angolo della casa (montagna o campagna) è ricoperto da ragnatele bagnate e gocciolanti. Cercano di mordere, quasi fossero mannari (la Hamilton mi insegna che si può ;P) e volessero renderti simile a loro. Assumono le sembianze di qualcuno che ami e aspettano, non nella tela, di coglierti di sorpresa. Hanno zanne ricurve, in realtà, perché nel momento in cui aprono la bocca sembrano più serpenti che insetti. E se li buchi rilasciano liquido, come palloncini gonfiati d'acqua, ma la loro pelle è estremamente elastica, come una membrana sottile.
Sono forti, ma più che altro schifosi.
E come ti risvegli con l'impressione di avere ancora addosso quella membrana, quel liquido e un corpo molle che pesa addosso... non è che un sollievo.
Soprattutto quando l'ultimo ragno aveva l'aspetto di tua madre e per salvarti dalle sue fauci "viperose" hai lottato con tutte le tue forze. Soprattutto ora, soprattutto se poi mentre ti svegli ti stai dicendo: "ragno porta guadagno". La mente umana è davvero bizzarra, a volte.
No, va beh, sempre...

15.8.11

Che ( e non sta per Che - intendo Guevara)

Non va. L'umore non va.
Vorrei fermare il tempo e respirare un po'. Invece non lo posso fermare, mi manca l'aria.
Che io non mi senta felice non è una novità. Io non credo che esista una cosa così. Ma almeno un minimo di pace, un po' di quiete, nessuno che mi chiede di fare cose, nessuno che si aspetta da me qualcosa che non ho voglia di "produrre".
Non ho voglia di ascoltare, non ho voglia di palare, di camminare, di cucinare, stirare, lavare, lavorare.
Vorrei uscire dal corpo e vagare in mondi che non siano questo. Questo non mi piace, mi ha stufata, mi annoia, delude, stanca.
Qualcuno conosce un portale per un'altra dimensione?

12.8.11

Perduto

Un brivido mi risveglia dal sonno. Ho paura.
La donna che nel mio sogno ha incontrato La Morte ha i tratti di un'attrice francese vista nel film di Eastwood. Credo ci sia un collegamento, ma il sogno mi ha spaventata e non ci faccio caso, non subito. Le due occasioni in cui le due donne si sono incontrate cominciano a sfuggirmi, so solo che la seconda volta una aveva un mantello nero e, come sempre, non era minacciosa. So anche che nell'attimo in cui siamo salite in auto era notte e l'auto era un enorme fuoristrada. Alto e con al centro del volante la scritta GMC, in diagonale su una figura mitologica o su un fulmine. I fari dell'auto illuminavano la strada mentre prendevo velocità. Forse in discesa e comunque a dispetto delle auto che viaggiavano sulla stessa strada. Avevamo fretta, una fretta terribile. La strada era sterrata e alcune pietre brillavano sotto la luce dei fari.
Ora sono sveglia e devo decidere se addormentarmi di nuovo. Se proseguire con il sogno, soprattutto. Mi chiudo in posizione fetale e affronto il ritorno del sonno senza preoccuparmi.
Dopo solo immagini confuse, nessun filo logico. Qualche frase sconnessa che tutto sommato non mi resta impressa. Non dovevo lasciare scappare questo sogno. So che mi sarebbe servito, come altri. Forse tornerà, forse l'ho perduto per sempre. Dovrei tentare di recuperarlo, un tempo ero in grado di riprendere i sogni da un certo punto in poi cambiandone i lati negativi o imparando i dettagli così bene da poter ripetere il sogno per intero notte dopo notte, finché non diventava un film con una trama comprensibile.
Ho perduto un sogno. Una cosa grave se penso alla mia natura.
Una cosa buffa se poi, digitando gmc su google trovo un fuoristrada di cui nulla sapevo prima d'ora e che stanotte ho guidato in discesa in una corsa follle.

11.8.11

Mangio per noia

Sì.
E per nervoso, per riempire un vuoto che si é creato da tempo.
Quando ballavo non mangiavo in questo modo. A quel tempo la passione mi nutriva più del cibo e avevo energia per tutto, ne avevo per ogni singola ora, tanto che dovevo stremarmi fisicamente per poter dormire e riposare davvero. Avevo un fuoco dentro che non riuscivo a bloccare, qualcosa che mi divorava e che allo stesso tempo mi rigenerava.
Dopo è crollata ogni cosa. Non c'è più stato un sogno, una speranza, un alito di vita. Solo il lungo e lento protrarsi di una vita fatta in un modo che non volevo. Finché non mi sono accorta di quello che stavo facendo. Ma non potevo rimediare e niente, niente tranne una piccola cosa, mi ha fatta sentire di nuovo viva quanto allora.
Ora scrivo.
Pubblicare una raccolta di poesie mi ha dato la speranza di farcela a ricostruire una vita dopo il crollo dell'universo intero. Il mio mondo interiore non aveva più un sole. Non c'era più la danza, e la consapevolezza di aver rinunciato (sebbene il motivo fosse profondo) per punirmi non ha migliorato la sensazione. Mi manca la vita.
La vita vera, quella fatta di passione. Passione.
Mi manca quella sensazione. Mi fa sembrare tutto insensato, tutto meno importante, meno bello, meno prezioso. Non ho motivazioni.
Non ne ho per dimagrire, nè per lottare. Sono di nuovo stanca. Anche se non mi stanco. Dormo sei ore a notte e cammino, lavoro, cammino e lavoro in casa, poi scrivo, poi sogno mondi che non ci sono e che scriverò in seguito.
Mi chiedo come facciano gli altri. Mi chiedo per quale motivo vivano, per quale facciano figli, per quale lottino, per quale diavolo di motivo siano felici. Mi chiedo se ci sono persone davvero felici o se in molti sorridono aspettando che la felicità arrivi. Che si presenti tra un jeans di marca e una serata nel locale più in. Che giunga durante una "vasca" in Via Roma o mentre si sbronzano un sabato sera. Mi chiedo se anche gli altri mangino per riempire quello stesso vuoto, se si sentano zombies anche loro sognando di diventare vampiri un giorno e almeno beneficiare di una causa per cui sopravvivere oltre all'affollamento di centri commerciali e outlet. Mi chiedo se davvero ci sia un futuro per tutti noi o se, sotto sotto, ci vada bene così. Meno fatica, meno lotta, meno pensieri.
Niente vita.

8.8.11

Limiti e attitudini

Ieri a cena ho partecipato, poco come al mio solito, a una discussione su una tendenza molto attuale.
La necessità di "fare una prestazione".
Comunque la si guardi é decisamente la strada che viene proposta di continuo. Il non sprecare tempo, il fare sempre al meglio, sempre meglio, sempre di più. Correre anche quando si può camminare.
Non so perché funzioni così. Forse vogliono farci produrre sempre più e sempre più in fretta, condizionandoci anche nel tempo libero e nelle cose che dovrebbero darci gioia.
Un tempo, mio padre mi disse che per il mio senso di inferiorità io tendevo a non competere. Forse faceva comodo a lui pensarlo, in quel momento, perché mi stavo rifiutando di fare scelte che non mi somigliavano. Eppure, da paffuta e goffa fanciulla, mi sono iscritta a un corso professionale di danza. L'ambiente meno competitivo del mondo, no? Che poi preferissi fare da mascotte alla classe avanzata piuttosto che tentare di eccellere nella mia è un altro discorso. Mi ritengo una persona umile. Non mi vanto delle mie qualità e non passo il tempo a far notare agli altri quello che non hanno. Certo, magari qualche volta parte lo sfottò per qualche errore nell'esprimersi, alla fine è inevitabile che in qualcosa ci si caschi.
Però non sono competitiva, a meno che non ci siano questioni personali di sfida diretta da parte di qualcuno. insomma, una volta mi sono lanciata da uno scoglio (nuoto malissimo e non so tuffarmi, più che altro per essermi spaventata da piccola) decisamente alto solo per smentire un cretino...
Ho anche scelto di fare un lavoro al di sotto delle mie possibilità, giusto per non dover dimostrare tutti i giorni che me la cavo, per non dover sgomitare, per evitare sforzi. Non che mi abbia evitato problemi, visto che comunque altre persone pensano di dover dimostrare di essere meglio di me è ovvio che nel gioco in qualche modo io ci sia finita. Ma non partecipo molto.
Son quelle cose che mi bloccano nel fare sport con mio marito, per esempio. Lui se va in bici ci deve andare in salita; se si cammina in montagna deve arrivare al rifugio. Qualsiasi cosa si faccia bisogna raggiungere l'obbiettivo.
A volte mi chiedo se non sia una mia pecca quella di ritenere l'obbiettivo una cosa sopravvalutata rispetto al piacere di fare una cosa per farla. Passeggiare in montagna mi piace, ma se a un certo punto sono stanca e non ho più voglia di proseguire mi piace l'idea di fermarmi e godermi il paesaggio, la sosta, l'aria fresca, i prati, le nuvole, il silenzio, il cielo così vicino.
Forse faccio lo stesso anche quando scrivo. Mi piace, lo faccio di continuo, ma non mi ammazzo per pubblicare ad ogni costo. Spesso non stampo nemmeno il lavoro per sottoporlo a qualcuno. Perché in fondo l'ho fatto per me. Mica per altri. Non per dimostrare che scrivo e che sono brava, se lo sono.
La mia attitudine è quella del restare in balia della corrente, passare morbida sulle cose, non tentare di modificarle, non forzare mai nulla. Perché ci sono sorprese anche nelle cose lente, anche nel non arrivare al fondo, anche nel non soddisfare un desiderio. Ci sono sorprese ovunque uno si fermi a guardare...

3.8.11

A photograph of you (five years is a long time)

La ragazza con l'anima nera si guardò attorno. Aveva accettato l'invito del vampiro che aveva frequentato un tempo, una di quelle serate piene di ricordi e sottile nostalgia, e che svogliatamente come un tempo ora frequentava di nuovo. Una storia di passaggio come altre, uscendo da una relazione complicata e avendo perso l'unico uomo che avesse mai amato fino ad allora. Ma l'idea era stata del cantante. Gli era sembrato bello rivedersi, dopo i cinque anni passati e soprattutto dopo essere stato lui a suggerire al vampiro di richiamare quella ragazza.
Ora stavano entrando, lei e il vampiro, in un cortile del centro. Camminarono sul selciato scomodo fino a un portone dall'altra parte del cortile, salirono delle scale buie e odorose di muffa e bussarono a una porta al primo piano che sembrava fatta per gli abitanti di Lilliput.
Il cantante aprì la porta, sorridendo. Non era più l'adolescente morbido di un tempo, eppure i suoi occhi continuavano a mostrare la stessa sognante dolcezza. Jeans neri, una camicia grigia a righe tono su tono, un laccio scuro al collo, bracciali in pelle nera, i capelli scuri e mossi domati da una noce di gel e un pizzo intorno alle labbra ben disegnate. Anche il vampiro sfoggiava un pizzetto, in quel periodo, ma i suoi capelli erano lunghi e lisci. Certo non aveva il fisico del suo amico. Tra i due quello che si era arrotondato era lui.
La ragazza sembrava ancora più bella di prima, più matura, più bionda e più pensierosa.
Non sembrava felice.
Quando infine si decisero a entrare, il cantante li fece sedere su un divano e una poltrona, mentre lui ne occupava un'altra. Offrì birra fredda al punto giusto e del fumo al suo amico, ben sapendo che lei non avrebbe partecipato. Partì la sfilza dei ricordi, dei racconti dettagliati di ogni anno, di ogni avventura, ogni cosa.
Il cantante parlò di una vita parallela, notturna, che lo stava consumando. Ne andava fiero, da una parte. Dall'altra sembrava quasi che volesse parlarne per esorcizzarla. Se ne vantava, ma con gli occhi reclamava una vita diversa, un amore diverso.
La ragazza lo guardava con un velo di dispiacere. Come se fosse colpa sua. Essere lì ad assistere cominciò a sembrarle una tortura, mentre il vampiro non faceva una piega. Lui, svaccato sul divano, continuava a bere e fumare senza sosta, quasi senza ascoltare. Il cantante aveva anche smesso di rivolgersi a lui mentre parlava, ma pur amando i suoi occhi verdi la ragazza sapeva che lui non avrebbe avuto scampo.
Guardandolo non potè fare a meno di desiderarlo ancora, in un modo più fisico rispetto a cinque anni prima, sapendo che quello era il modo con cui il suo affetto a volte trovava una via. Ma non c'era modo di cambiare le cose. Aveva scelto il vampiro, sebbene fosse stata una scelta casuale. Se il cantante l'avesse chiamata, lei non avrebbe avuto dubbi. Ma non l'aveva mai fatto in quei cinque anni. E cinque anni sono tanti. Erano cambiati tutti e tre. Non c'era modo di aggiustare le loro vite, nessuna delle tre. Ognuno aveva il suo segreto, ognuno il suo dolore e il modo personale di risolverlo. A volte quello sbagliato.
Spesso.

Meno due

Un anno fa molto era diverso.
In questa casa c'erano 3 gatte, avevamo un tavolo più grosso su cui mangiare, un mobiletto ingombrante da spolverare, un obsoleto mobile tv. Stavamo pensando a cosa mettere in valigia per partire per l'India e a come tenerci in contatto con mia mamma che restava qui. Poi abbiamo festeggiato il mio compleanno tutti insieme. Mamma non stava già bene, ma fingeva di stare meglio per non preoccuparmi mentre io, fin dall'inizio dell'anno e senza motivo apparente, già sapevo che sarebbe stato un anno "definitivo". Così l'avevo scritto qui sul blog all'epoca. Quelle sensazioni che ogni tanto mi prendono.
Tra due giorni compio gli anni e mamma non c'è più. Abbiamo 3 gatte e un cane, un tavolo più piccolo, niente mobiletto ma una bellissima statua del Buddha, un nuovo mobile tv. Lavoro sempre nello stesso posto ma sono stanca di farlo. Ho iniziato un cambiamento che era già sottopelle l'anno scorso, perché non ho paura di fare il salto adesso. Non ho più motivi per nascondermi, nessuno da difendere. Posso togliere la corazza e riprendere le armi, partire alla conquista di ciò che è mio senza preoccuparmi di ferire mia madre con parole che non vuole sentire da me. Perché in un certo senso era la paura di ferirla ancora che mi frenava.
E adesso...

2.8.11

Estetica e genetica moderna

Eccomi in ferie e con un post frivolo.
Lo so non è da me, ma giuro che poi smetto. Insomma, posso smettere quando voglio... o no?
Guardo le foto di mia mamma. Guardo la gente in giro.
Come si è estinto il punto vita?
Magari è una perdita solo per me, ma giuro che ai fini dell'estetica generale è - era - importante. Non ci sono state glaciazioni, nessuna inondazione - insomma, non da causare l'estinzione di un carattere così comune negli anni 50/60 - qualche radiazione sì, cibo geneticamente modificato forse, cambio di abbigliamento (?). Non lo so. Sta di fatto che le donne come mia madre o della sua epoca comunque potevano vantare un punto vita, potevano avvalersi della legge del 90-60-90 che per anni ha ossessionato anche me e che per almeno un lustro ho potuto esibire. Un minimo di proporzione.
Qualcuno dà la colpa alla vita bassa che da un po' condiziona la nostra lista acquisti. Quello che indossiamo può cambiarci il fisico? Quindi da ora in poi corsetti stile Vittoriano per rimediare alla sproporzione?
Non so, credo sia più profonda la mutazione genetica. Le donne acquisiscono tratti maschili, gli uomini si depilano le sopracciglia... Una roba così.
La fine di una specie.
Cosa invece che colpisce anche il mio gentil consorte è la mancanza di bei fondoschiena da osservare. E non posso dargli torto. La fiera del basso. Basso e piatto perlopiù. Cioè... Va bene magre, ma accidenti! Un minimo di solidità lì dietro... Che diamine. Un gluteo sodo e sporgente. Un minimo, minimo di rotondità.
Sarà che anche lì il fatto di usare pantaloni talmente a vita bassa che si rischia di perderli per strada porta a indossare capi con almeno una taglia inferiore alla propria, con conseguente strizzamento verso il basso della massa muscolare non proprio tonica...
Che poi, benedetti produttori di jeans, e mettere le tasche posteriori in modo che non facciano sembrare quei fondoschiena ancora più rasoterra?
Che io mica posso dire di avere uno stacco di coscia, ma nel mio metro e sessanta tento di sfoggiare un abbigliamento che esalti le mie qualità. Mica tento di farmi più brutta, io.
Gamba corta? -> Vita alta
Gamba corta? -> Tacco
Gamba corta? -> Via gli stivali!
Mi dite che negli anni 70 si usavano i jeans a vita bassa? Certo, ma con zeppe vertiginose. E il pantalone a coprirle. Chi avrebbe notato una gamba corta, un sedere basso? Nessuno.
E basta con le cinquantenni sovrappeso che sfoggiano fuseaux bianchi. Si vede la cellulite (che, sì, si vede anche nelle ventenni coi pantaloncini, ma almeno loro hanno 20 anni), si vedono i rotoli, si vedono gli anni comunque. O non li dimostrate affatto, o è meglio cambiare look.
E ragazze, please. Un occhio allo specchio prima di uscire. Non importa essere alla moda se si risulta il clown della compagnia. Osate qualcosa di più. Staccatevi.
E ragazzi... i pantaloni stretti se siete privi di muscolatura... e molli che sembra vi portiate dietro un pannolone carico di robaccia... e le sopracciglia... per favore.
Fate un piacere a una povera anziana di 40 anni... Basta. Siate voi stessi, siete belli e giovani. Imparate a valorizzare il vostro aspetto, a volervi tanto bene da non sottostare a questo obrobrio. Davvero.
Vi parla una che non si è mai vergognata ad andare contro corrente e che ancora lo fa, nonostante tutto. Ma con stile. Perché lo stile è quello che conta. Ma non quello di chiunque altro, il vostro.

31.7.11

Al lavoro! (Ma quello buono)

Ecco, le vacanze sono arrivate.
Dopo aver pensato più che altro a rilassarmi e mettermi nel mood giusto per affrontare tutto quello che vorrei fare, dopo aver iniziato a muovermi verso i cambiamenti, prendendomi cura di me, scegliendo un percorso, cambiando i contatti col mondo esterno e godendomi già da oggi la mia bellissima città...
Tocca cominciare a scrivere, ma seriamente per tutto il tempo possibile, e terminare il romanzo.
Però le cose stanno cambiando davvero e non so se tornerò più la stessa.
Venerdì compio gli anni e sarà già una nuova persona quella che affronterà il sabato...
A tutti, per chi passa e chi non passa perché è in vacanza, un augurio di buon agosto.
Per me lo sarà.

26.7.11

Gente distratta e che si vuol far male

Quelli che non salutano perché vivono su un altro pianeta.
Sono diversi da quelli che non salutano e basta. Almeno hanno la fantasia dalla loro parte. Non sarà molto, ma visto che l'educazione manca a entrambe le categorie...
Quelli che sbagliano e ti danno la colpa.
Quelli che passano la vita a dimostrare di essere meglio di te e quelli che invece già danno per scontato di esserlo. Si può essere più ridicoli di così?
Quelli che ti invidiano. O che danno consigli per mascherare il loro senso di inferiorità. Nient'altro da fare? Che so, uno sguardo allo specchio?
Quelli che "se hai bisogno di parlare, chiamami" anche se non le senti da dieci anni. E di che cavolo ti devo parlare? E... "Fatti coraggio"...? Cosa?
Ma insomma, dove vivi?
Tu parli e non ti ascoltano nemmeno. Hanno già ragione loro o non hanno un neurone pronto in tutto il cranio. Tu parli e quando hai finito ricominciano da capo. Tu parli e loro pensano che tu stia mentendo.
Tu parli e son convinti che tanto alla fine l'avranno vinta loro. Poi, puntualmente, la ragione ce l'hai tu. Ma passa inosservato e si riparte daccapo.
Ti interrompono. Ti chiedono mille volte la stessa cosa e tu sei costretta a chiedere loro mille volte la stessa cosa, solo che la tua è semplicemente corretta. Ti chiedono, soprattutto. E non restituiscono, non ringraziano, non ascoltano la risposta, non ti degnano di rispetto, considerazione.
Poi ripetono mille volte gli stessi errori e piangono a dirotto, poi fingono che tutto vada bene, poi si arrabbiano e ti insultano, poi ripartono e ricominciano a fare gli stessi errori.
Ti riempiono lo spazio con roba inutile, le pagine di frasi d'altri copiate e incollate senza averle dentro. Citano cose di cui non sanno nulla e si riempiono la bocca di luoghi comuni, frasi fatte, perbenismo spinto, paraocchi per la vita. Parlano d'amore scambiandolo per qualsiasi altra cosa.
Mi sembra la fiera dell'est. Sarei un po' stufa di essere presa in mezzo in questo delirio. Ho bisogno di una pausa. No, di uno stop. Uscire dal tunnel. Davvero, basta.
- Disclaimer: non sono pazza, non sto meditando gesti estremi, sono innocua ma sfortunatamente pensante...

24.7.11

Ultimo lavoro acrilico

Coppia, acrilici su cartoncino preparato

Punto... e virgola.

Ho fatto un passo strano, indietro.
Difficilmente riprendo un libro in mano dopo averlo letto, ma mi sono resa conto che dopo aver visto l'ultimo film erano troppe le cose del libro che non ricordavo. Sì, ho ricominciato Harry Potter e i doni della morte. Non che io mi vergogni delle mie letture (e riletture) poco impegnate. Contemporaneamente sto leggendo L'atlante del desiderio come indicato a lato nella sezione "Now reading" e al lavoro tento di leggere L'itinerante di K-hell-Imar, scritto da un conoscente (ma il poco tempo a disposizione dato il livello di stanchezza e la mole di ordini da evadere al più presto...).
Come sempre riesco a star dietro a tutti e tre i libri senza grosse difficoltà.
Per il resto sono svogliata, il desiderio di cambiamento che è nell'aria si rafforza ogni giorno di più e non so fino a dove mi porterà. Ma stavolta sento che è diverso, non è solo la stanchezza.
Per ora aspetto venerdì e la fine del lavoro. Comincerò le vacanze finendo il libro di Jack & Jane, anche se il titolo non sarà quello. Manca poco, anche se ora devo tirare tutti i fili fino alla conclusione che sia il più plausibile possibile. Poi ho almeno due progetti (e quando mai si tratta di uno solo?) che ho iniziato a mettere giù. Devo solo capire a quale dare la precedenza. Una è una storia molto personale, l'altra pura fantasia. E dovrei rimettere mano ai racconti del torneo dell'anno scorso (già che li ho scritti, tanto vale renderli presentabili) e al famoso "tascabile" (180 pagine di puro caos che devo per forza sia rimaneggiare che finire, perché in quella storia ci credo).
E vorrei dipingere un po'. Visto poi che il mio fornitore di acrilici è aperto tutto agosto, perché non approfittarne? E rilassarmi, leggere, passeggiare, vedere film, stare con gli amici che restano in città come me.
In realtà vorrei anche ricominciare a fare un minimo di movimento, perché eccetto la mia ora buona di camminata al giorno non sto più facendo niente. Ma più vado avanti più è difficile che io riesca a fare sport. Per come è struttrata la mia giornata non avrei tempo se non dopo le 22 e non è orario... Poi, è anche l'ora in cui finalmente riesco a scrivere, leggere, dipingere, vivere. Quindi... boh.
Il punto della situazione è che il cambiamento spinge, ma la virgola della situazione è che non ho la più pallida idea di come si evolverà la vitaccia. Il che è divertente, specie se come me non si è abituati a fare progetti. Infatti di progetti non ne ho, solo un mare di idee...