31.7.11

Al lavoro! (Ma quello buono)

Ecco, le vacanze sono arrivate.
Dopo aver pensato più che altro a rilassarmi e mettermi nel mood giusto per affrontare tutto quello che vorrei fare, dopo aver iniziato a muovermi verso i cambiamenti, prendendomi cura di me, scegliendo un percorso, cambiando i contatti col mondo esterno e godendomi già da oggi la mia bellissima città...
Tocca cominciare a scrivere, ma seriamente per tutto il tempo possibile, e terminare il romanzo.
Però le cose stanno cambiando davvero e non so se tornerò più la stessa.
Venerdì compio gli anni e sarà già una nuova persona quella che affronterà il sabato...
A tutti, per chi passa e chi non passa perché è in vacanza, un augurio di buon agosto.
Per me lo sarà.

26.7.11

Gente distratta e che si vuol far male

Quelli che non salutano perché vivono su un altro pianeta.
Sono diversi da quelli che non salutano e basta. Almeno hanno la fantasia dalla loro parte. Non sarà molto, ma visto che l'educazione manca a entrambe le categorie...
Quelli che sbagliano e ti danno la colpa.
Quelli che passano la vita a dimostrare di essere meglio di te e quelli che invece già danno per scontato di esserlo. Si può essere più ridicoli di così?
Quelli che ti invidiano. O che danno consigli per mascherare il loro senso di inferiorità. Nient'altro da fare? Che so, uno sguardo allo specchio?
Quelli che "se hai bisogno di parlare, chiamami" anche se non le senti da dieci anni. E di che cavolo ti devo parlare? E... "Fatti coraggio"...? Cosa?
Ma insomma, dove vivi?
Tu parli e non ti ascoltano nemmeno. Hanno già ragione loro o non hanno un neurone pronto in tutto il cranio. Tu parli e quando hai finito ricominciano da capo. Tu parli e loro pensano che tu stia mentendo.
Tu parli e son convinti che tanto alla fine l'avranno vinta loro. Poi, puntualmente, la ragione ce l'hai tu. Ma passa inosservato e si riparte daccapo.
Ti interrompono. Ti chiedono mille volte la stessa cosa e tu sei costretta a chiedere loro mille volte la stessa cosa, solo che la tua è semplicemente corretta. Ti chiedono, soprattutto. E non restituiscono, non ringraziano, non ascoltano la risposta, non ti degnano di rispetto, considerazione.
Poi ripetono mille volte gli stessi errori e piangono a dirotto, poi fingono che tutto vada bene, poi si arrabbiano e ti insultano, poi ripartono e ricominciano a fare gli stessi errori.
Ti riempiono lo spazio con roba inutile, le pagine di frasi d'altri copiate e incollate senza averle dentro. Citano cose di cui non sanno nulla e si riempiono la bocca di luoghi comuni, frasi fatte, perbenismo spinto, paraocchi per la vita. Parlano d'amore scambiandolo per qualsiasi altra cosa.
Mi sembra la fiera dell'est. Sarei un po' stufa di essere presa in mezzo in questo delirio. Ho bisogno di una pausa. No, di uno stop. Uscire dal tunnel. Davvero, basta.
- Disclaimer: non sono pazza, non sto meditando gesti estremi, sono innocua ma sfortunatamente pensante...

24.7.11

Ultimo lavoro acrilico

Coppia, acrilici su cartoncino preparato

Punto... e virgola.

Ho fatto un passo strano, indietro.
Difficilmente riprendo un libro in mano dopo averlo letto, ma mi sono resa conto che dopo aver visto l'ultimo film erano troppe le cose del libro che non ricordavo. Sì, ho ricominciato Harry Potter e i doni della morte. Non che io mi vergogni delle mie letture (e riletture) poco impegnate. Contemporaneamente sto leggendo L'atlante del desiderio come indicato a lato nella sezione "Now reading" e al lavoro tento di leggere L'itinerante di K-hell-Imar, scritto da un conoscente (ma il poco tempo a disposizione dato il livello di stanchezza e la mole di ordini da evadere al più presto...).
Come sempre riesco a star dietro a tutti e tre i libri senza grosse difficoltà.
Per il resto sono svogliata, il desiderio di cambiamento che è nell'aria si rafforza ogni giorno di più e non so fino a dove mi porterà. Ma stavolta sento che è diverso, non è solo la stanchezza.
Per ora aspetto venerdì e la fine del lavoro. Comincerò le vacanze finendo il libro di Jack & Jane, anche se il titolo non sarà quello. Manca poco, anche se ora devo tirare tutti i fili fino alla conclusione che sia il più plausibile possibile. Poi ho almeno due progetti (e quando mai si tratta di uno solo?) che ho iniziato a mettere giù. Devo solo capire a quale dare la precedenza. Una è una storia molto personale, l'altra pura fantasia. E dovrei rimettere mano ai racconti del torneo dell'anno scorso (già che li ho scritti, tanto vale renderli presentabili) e al famoso "tascabile" (180 pagine di puro caos che devo per forza sia rimaneggiare che finire, perché in quella storia ci credo).
E vorrei dipingere un po'. Visto poi che il mio fornitore di acrilici è aperto tutto agosto, perché non approfittarne? E rilassarmi, leggere, passeggiare, vedere film, stare con gli amici che restano in città come me.
In realtà vorrei anche ricominciare a fare un minimo di movimento, perché eccetto la mia ora buona di camminata al giorno non sto più facendo niente. Ma più vado avanti più è difficile che io riesca a fare sport. Per come è struttrata la mia giornata non avrei tempo se non dopo le 22 e non è orario... Poi, è anche l'ora in cui finalmente riesco a scrivere, leggere, dipingere, vivere. Quindi... boh.
Il punto della situazione è che il cambiamento spinge, ma la virgola della situazione è che non ho la più pallida idea di come si evolverà la vitaccia. Il che è divertente, specie se come me non si è abituati a fare progetti. Infatti di progetti non ne ho, solo un mare di idee...

14.7.11

L'altra donna (o una delle altre)

Più tardi fecero l'amore.
Dopo aver riaccompagnato gli amici il pilota l'aveva portata a casa sua, dove erano stati molte altre volte negli anni passati. Questa volta si erano fermati in salotto, un living con un ampio divano angolare foderato in pelle scura. Non l'aveva mai portata in salotto, prima di allora il divano lo occupava il padre di lui che guardando la tv nemmeno la vedeva passare mentre si infilava nella stanza del pilota, lunga e stretta. La stanza di lui bambino e ragazzino, poi la stanza del "suo" Lui. Ora la casa intera era del pilota.
Lui aveva acceso la tv e si era seduto alla sinistra di lei. La ragazza bionda stava seduta in punta al suo posto, tesa più del solito.
"Perché mi hai chiamata?" Gli chiese all'improvviso. In effetti la telefonata era arrivata dopo la mezzanotte e lui era passato a prenderla circa tre quarti d'ora dopo per accompagnare gli amici.
"Stavamo guardando le vecchie foto ed è spuntata la tua... quella che mi hai mandato nell'88"
"E allora?"
"Mi è venuta voglia di vederti..."
Mtv trasmetteva video che nessuno di loro conosceva. Il pilota la baciò e cominciò a cercare la sua pelle. La ragazza bionda gli accarezzò la schiena dalla pelle vellutata e lasciò che lui l'avvolgesse in quella coltre soffice che erano i suoi baci. Quando lui la baciava niente contava più. I pantaloni blu di lei rimasero sul divano mentre loro lentamente scendevano verso la moquette in un abbraccio unico. La camicia verde petrolio con le sue sfumature grigio-blu non impediva ai riccioli che ricoprivano il pavimento di raschiarle la pelle mentre si muovevano piano.
Poi il buio. I ricci di lui scompigliati e parole sussurrate. E ancora quella domanda. "Perché?"
"Avevo voglia di fare l'amore con te..."
Come se lei non ne sapesse niente di desideri. E del desiderare lui, sempre e comunque.
E ancora dopo, mentre si rivestivano, lei aveva notato una scarpina sotto al divano. Una scarpina di tela, numero venticinque, probabilmente. L'aveva presa e, tenendola tra due dita della mano sinistra, l'aveva mostrata al pilota. Lui aveva sorriso, aiutandola ad alzarsi per poi prendere le chiavi dell'auto. Stava per riaccompagnarla. Come sempre.
"E' di mio figlio." Le disse. Lui non aveva figli. La ragazza bionda lo sapeva, ne era praticamente certa. Dal suo viso era chiara la sorpresa, forse anche il disappunto. "Del figlio della mia donna..." Corresse il tiro. Ma non aggiunse altro. Lei raccolse la sua borsa e fece finta che non fosse importante. Avrebbe pianto a casa, come aveva fatto ogni volta negli anni precedenti, con tutte le donne precedenti, per quelle che sapeva esserci e per quelle di cui nemmeno sapeva l'esistenza.
Nel riaccompagnarla, il pilota cambiò discorso. Non c'erano mai le parole giuste per la loro storia. Quando c'erano non andavano a tempo una con l'altra. C'erano momenti di unione totale o di lontananza incolmabile. C'erano speranze e paure e chissà quanto altro. Non c'era molto da dire, in effetti.
Troppo complicato stare insieme, avrebbe detto lui in futuro. Perché un futuro, ancora, ce l'avevano.

11.7.11

Mi piace

La notte, le stelle, la luna piena vista dal bosco.
Il tramonto e l'alba, i colori del cielo e delle nuvole. Camminare all'ombra. Il pelo degli animali, le lenzuola di raso e di cotone, le scarpe aperte e i tacchi alti. La biancheria sexy, il pizzo nero, ballare e canticchiare. Depeche Mode, Linkin Park, Dire Straits, Duran Duran, Massive Attack, Skunk Anansie, Muse, Incubus, Metallica, Adele, Elisa, Alanis Morissette e George Gershwin. Il pianoforte, la chitarra, il sassofono e le percussioni.
Il caffè, l'arancia, la liquirizia, il cioccolato fondente, la menta, il gelato al cocco e ai frutti di bosco. La Nutella, sempre. La focaccia unta e salata, la pizza sottile, la pasta corta, le costine di maiale con poca carne e le lasagne come le faccio io. Il nero, il viola, l'arancio, il blu e il marrone. I capelli lunghi o cortissimi. I Gulab Jamun dello Swagat di Delhi, il Baigan Bartha del Namaste, il chicken tikka, in cheese naan e il lassi al mango. Gli occhi scuri e gli occhi verdi. I ragazzi coi capelli scuri e con un bel sorriso. I musicisti. I libri che sanno raccontare storie che mi portano via. I thriller e i fantasy. I film di fantascienza e quelli horror a sfondo religioso.
Guardare il mare, lampi e tuoni in una notte d'estate, la neve fitta d'inverno e i colori della collina in autunno. Il gorgonzola con la pasta ma anche con il melone. Il salame a grana fine, il patè di olive nere e il pesto. Aglio e cipolla crudi. Le patate fritte, la birra, il Nero d'Avola, il Teroldego, il Primitivo e il Negramaro. I Negramaro.
I ricordi belli o brutti che siano, l'età adulta e la forza dell'adolescenza. I numeri dispari, soprattutto il 5, il 9, il 13, il 15, il 39 e il 69. Sognare e farlo anche a occhi aperti. La forza della vita, la sua energia, il modo bizzarro in cui si evolve e il fatto che finisce - anche se per ricominciare con una nuova forma.
Le serie tv, i personaggi che non saranno eroi, quelli che lo sono loro malgrado e i cattivi. Voldemort, Piton, Draco Malfoy e la sua famiglia. E Sirius Black, ma Gary Oldman sempre e comunque. Kate Winslet, Charlize Theron, Rachel Weisz e Angelina Jolie. Vampiri, licantropi e alieni. Maghi e streghe, castelli medievali e cavalieri coraggiosi. I nativi americani, le piramidi egizie e quelle Maya. Atlantide. I corsari dei libri e dei film. Tarzan di Edgar Rice Burroughs, i fratelli Hunt di Willard Price. Il Canada, l'Australia e l'Irlanda. I capelli rossi e il verde delle colline.
Torino. Bodhgaya. I sorrisi indiani. I colori che si vedono solo là. Il Dio delle Piccole Cose di Arundhati Roy. I libri di John Connolly e le sue visioni inquietanti. Il film The Gift, Donnie Darko, Star Wars (episodi 4, 5, 6 non rimasterizzati), Frankenstein Jr, The Rocky Horror Picture Show, Alien, Stand By Me e La Sconosciuta.
Lo Stephen King delle Torre Nera, di It, di Rose Madder, di Dolores Claiborne e dei racconti. Il James Cameron di Terminator e di The Abyss. Terry Gilliam. Tornatore. I Coen.
De Niro, Morgan Freeman, Kevin Spacey, Edward Norton, Johnny Depp con Tim Burton. Dean Winchester, Dexter, Eric Northman, Gil Grissom, Sayid, il pivello di NCIS e Abby.
Pistole e coltelli, spade e fucili. Poteri magici, bamboline voodoo e filtri d'amore. Leggere le carte.
Amabili Resti, il libro più del film. Il Signore degli Anelli, Viggo Mortensen e Orlando Bloom. Elizabethtown e le storie di amori improbabili. Gli amori impossibili. L'uomo che visita i miei sogni. Certe mani. Le labbra morbide di Jensen Ackles, le lentiggini, la fossetta sul mento. Six Feet Under e la storia tra Claire e Gabriel con tanto di piede mozzato.
Vedere vecchie esibizioni di pattinaggio artistico su ghiaccio. I Duchesney nel 1990 con Missing.
La leggerezza che tutto ciò mi evoca e che a me manca. La leggerezza...

10.7.11

Micaela (intro)

Il nuovo lavoro le piaceva.
Non le era ancora ben chiaro come l'avessero trovata e selezionata, perché proprio non ricordava di aver mandato un curriculum a un'agenzia pubblicitaria, soprattutto non a quella direttamente collegata a una delle case farmaceutiche più potenti del paese. Non le erano mai piaciuti i medici, forse perché ricordava di essere stata malata da piccola e non li frequentava volentieri. Non assumeva nemmeno farmaci a meno che non fosse strettamente necessario.
Ma se ne era quasi scordata. Il nuovo capo era un personaggio bizzarro e non la trattava mai come altri avevano trattato la propria segretaria. Lui era addetto alle pubbliche relazioni dell'azienda. Il che significava feste, cene, tutto tranne che lavorare seriamente. Micaela stava imparando molto da Dan e lui le aveva lasciato intendere che le prospettive di un avanzamento di carriera, magari fino a prendere il suo posto in futuro, erano tutte a suo favore.
Ciò nonostante, quando Dan le aveva chiesto di andare alla festa della Corporate al posto suo, Micaela non aveva accolto l'idea con entusiasmo. Dan festeggiava il diciannovesimo anniversario di matrimonio e non voleva rinunciare a una cena a lume di candela con la donna che lo aveva reso quel che era: ricco, affascinante e soddisfatto della vita. Non che fosse un matrimonio perfetto, certo, ma il loro funzionava anche grazie alle attenzioni che Dan si era imposto nei riguardi della moglie Sabine. Non era importante il fatto che lui la tradisse ogni tanto, se allo stesso tempo la faceva sentire sempre l'unica donna della sua vita.
Micaela aveva imparato i loro modi, i ritmi con cui abitualmente vivevano e conosceva fin dal primo giorno ogni avventura che Dan, quarantasettenne atletico e dal sorriso perfetto, riusciva a viversi senza rimorso. Le loro uscite in coppia erano sempre per gli eventi di maggiore spicco, ma stavolta, alla Corporate, sarebbe dovuta andare la segretaria. Collaboratrice, se si badava a come Dan la presentava da qualche tempo.
Quel giorno Micaela era nervosa.
Era la prima volta che doveva prendere il posto del capo in un ricevimento importante, soprattutto quando a darlo era il presidente della Corporate in persona. Quell'uomo era un vero mistero. In pochi lo avevano conosciuto personalmente, se si escludevano i diretti collaboratori e qualche fortunato partner. Il sig. Richards non era mai stato fotografato e di lui si sapeva talmente poco che sembrava essere una legenda metropolitana vivente. L'occasione per il party era una nuova iniziativa di beneficenza da parte della Corporate a cui tutti i maggiori partecipanti erano stati invitati formalmente. Dan era uno di loro. La loro azienda aveva partecipato volentieri donando una cifra imbarazzante, più per farsi pubblicità che per altro.
Micaela aveva rovistato nell'armadio fin dalla mattina. Non trovava un abito adatto alla situazione. E dire che e aveva. Non voleva dare nell'occhio, in modo che nessuno potesse riportare a Dan qualcosa di sconveniente. Un abito troppo lungo, troppo eccentrico, troppo elegante, troppo colorato... no. Doveva trovare qualcosa di invisibile. Per scivolare nell'ambiente e uscirne senza difficoltà una volta svolto il suo compito. La presenza fisica per almeno un paio d'ore di buffet e chiacchiere. Era tutto ciò che Dan le chiedeva. L'invito stampato in oro su un cartoncino panna le avrebbe dato l'accesso ai piani alti. Non importava se accanto al suo nome c'era la falsa professione di P.R. , un invito così richiedeva l'abbigliamento adatto. Una camicetta di seta perla, sexy ma non indiscreta, un cardigan nero e un bel pantalone dello stesso colore. Raffinata ed essenziale.
Forse l'ultima volta che si era vestita così era stata la sera in cui aveva rotto con Samuel. Un anno e qualche mese di relazione tormentata, cinque minuti per terminarla. Come tutte le sue relazioni recenti.
Aveva bisogno di cambiare ambiente. Forse non avrebbe conosciuto il principe azzurro alla Corporate, ma le era ormai chiaro che con i creativi pseudo-intellettuali non andava d'accordo.
Lasciò in portineria il biglietto che aveva per il concerto dei Draidem in modo che Andie, la collega segretaria del capo del personale, potesse andare al posto suo. Peccato. I Draidem erano decisamente meglio di un party in cima a un grattacielo. Aspettava il concerto da una settimana, avrebbe visto volentieri lo show e ballato davanti al palco come una groupie Invece...
La limousine dell'azienda la aspettava sotto casa. Buffo vedere un'auto simile in quel quartiere. Micaela salì e sospirando si diresse al party.

6.7.11

David (intro)

Stava consumando il suo pasto.
Alzò la bocca dalla donna bionda che aveva attirato a sè dopo aver assaggiato un bel ragazzo castano, che ora stava fissando il vuoto seduto su un divanetto al fondo della stanza. Intorno a loro molti dei suoi fratelli facevano quello per cui erano venuti. Mangiavano, sottomettevano e uccidevano.
David si guardò attorno e vide per un attimo quello che da fuori un ragazzo qualsiasi avrebbe visto. Donne e uomini che si divertivano, che si appartavano, si lasciavano andare su ogni superficie disponibile. Molti di loro erano straordinariamente affascinanti, gli altri erano solo umani. La donna tra le sue braccia ansimava, persa in un sogno erotico da cui lui s'era estraniato. Non andava bene per loro. Non era abbastanza forte, la donna. Poteva servire a sfamare gli altri, ma per il suo scopo serviva qualcuno di più adatto.
Lei lo aveva mandato al grattacielo della Corporate per un motivo preciso, altrimenti avrebbe potuto nutrire il suo gruppo a una qualsiasi delle feste in città. Doveva trovare una ragazza in particolare, questo lo sapeva, ma intanto aveva già procurato qualche elemento utile. I suoi avevano portato via tre donne e un paio di ragazzi il cui profilo genetico poteva andare bene. Ma della sua preda ancora non c'era traccia.
Si diresse verso una ragazza appena arrivata a metà della stanza in cui si trovavano. La musica era attenuata dalla presenza di trenta persone, la luce soffusa rendeva tutto più adatto al loro lavoro. Dietro alla ragazza la luce dorata proveniente dal corridoio la rendeva un bersaglio facile. Aveva lunghi capelli rossi e un vestito di seta leggero. Il suo profumo si sentiva fin da dove era David.
Cominciò a pensare. Vide la ragazza dai capelli rossi sorridere e muoversi verso di lui, ondeggiando come se stessero ballando insieme. Sì, voleva vederla ballare. La prese tra le sue braccia pochi istanti dopo, quando l'ebbe raggiunta. Lei si lasciò cullare, spingendo i lombi contro il corpo di David, provocante. Era così che la voleva. La baciò, spingendo la lingua tra le labbra di lei e rilasciando la saliva. Lei ricambiò il bacio, lasciando che lui esplorasse il suo corpo con le mani. David richiamò la saliva, che inondò le papille gustative con l'essenza della ragazza. Succhiò, finché si rese conto che era rimasto poco. Il gusto, comunque, era buono.
Lasciò la ragazza nelle mani di un altro dei suoi. Poteva finirla lui.
Si avvicinò al tavolo da biliardo, per vedere se qualcuna tra le umane era la sua vittima designata.
Poi la sentì. L'aria stessa si riempì del suo odore. Delizioso misto di agrumi e legni, una presenza intensa e appetitosa. Si voltò a guardarla e percepì la sua essenza senza averla assaggiata. Era lei.
David usò la mente per farla avvicinare, ma si rese conto di essere anche lui in movimento per raggiungerla. Una attrazione simile non l'aveva mai provata.
Allungò una mano per prenderla, lei si lasciò tirare tra le sue braccia. Aveva capelli scuri, lunghi, e occhi verdi attenti e vivaci. La baciò, senza aspettare di creare qualche trucco speciale. Lei ricambiò il bacio. David usò la saliva, per poi richiamarla e assaporare la donna, ma qualcosa di strano lo colpì. Il sapore era di gran lunga il migliore che avesse mai assaggiato, ma c'era qualcosa nel sottofondo che gli sembrava...
Con il primo sorso seppe il suo nome. Micaela. Era lei.
Ancora una sorpresa.
Micaela lo vedeva. Vedeva il suo aspetto, o meglio vedeva i suoi cambiamenti d'aspetto. Nessuna lo aveva mai visto per quello che era. Che era ancora. Non aveva mangiato abbastanza per avere una forma stabile, anche se dopo quell'assaggio si sentiva molto più, come dire, reale.
Il fatto che lei lo vedesse, comunque, era segno di immunità. O di qualcosa di diverso. Aveva già preso degli immuni, nessuno aveva cominciato a vederlo dopo il contatto. Gli immuni vedevano comunque.
Allora perché questa volta era diverso?

1.7.11

Der Kommissar

Il ragazzo era fermo al centro del locale, una cantina adattata in modo da contenere una band o una festa tra adolescenti. Nessuno dei presenti era maggiorenne e se non si fosse trattato di una festa di capodanno fatta di sabato sera, probabilmente non sarebbero stati lì, non così tardi. Fortuna che nessun adulto aveva deciso di scendere a dare un'occhiata, così la birra e qualche superalcoolico facevano bella mostra di sè sul tavolo improvvisato vicino all'ingresso.
Quasi tutti gli invitati stavano seduti lungo le pareti, dove erano stati abilmente piazzati divanetti scomodi e sedie pieghevoli. Perché si supponeva che gli adolescenti ballassero, e a quell'epoca lo facevano sempre.
Ora, però, stavano tutti fissando il ragazzo al centro della stanza, di spalle all'ingresso, proprio dietro all'asta del microfono. La musica era alta, ma non tanto da dare fastidio. Le pareti insonorizzate facevano il loro lavoro, quando la porta era chiusa. Una breve intro e via.
L'imitazione perfetta, con un sinc incredibilmente realistico facevano sembrare il ragazzo un vero cantante. Il vero interprete della canzone. Non era così.
Gli invitati sorridevano commentando, mentre lui continuava il suo show, il suo cavallo di battaglia dell'epoca.
Non era male. Capelli scuri e mossi con quel tanto di gel che basta a tenerli a posto, corti dietro e un po' più lunghi sopra alla testa. Occhi verdi e il viso ovale che tradiva la giovane età. Anche il fisico, sebbene già si notasse il futuro uomo che viveva lì dentro, lasciava intorno a sè l'idea che il bambino fosse andato via da poco. Diciassette anni, tanta musica, qualche spinello in compagnia.
Un gruppetto di ragazze vociava a un volume appena più alto rispetto al resto dei presenti, tentando di attirare l'attenzione dello showman.
In un angolo, stretta alle spalle dalle braccia di un altro diciassettenne dall'aspetto più maturo, una ragazza che non sembrava appartenere al gruppo osservava senza fiatare. Le piaceva il modo di muoversi del ragazzo, sciolto e spigliato, senza timore. Lo conosceva e sapeva per certo che non era sempre così. Lui era più timido, imbarazzato nei movimenti quotidiani, un imbranato. Molto dolce, ma imbranato.
Non come il coetaneo che la stringeva, baciandole il collo scoperto e mordicchiandole i lobi.
Si domandò perché fosse lì. Non andava d'accordo con il padrone di casa e non conosceva buona parte degli invitati. Non andava particolarmente d'accordo nemmeno con il vampiro che aveva alle spalle. Ma era divertente, lo erano sia lui che il ragazzo che stavano guarando mentre si esibiva.
Era tardi. Lei lo fece presente al suo accompagnatore mostrandogli  l'orologio che portava al polso e rimase nel suo angolo mentre lui andava a recuperarle il cappotto. Si era vestita bene, fin troppo rispetto al'occasione, ma le piaceva esagerare.
Continuò a guardare lo spettacolo, mentre la canzone andava verso la fine. Il ragazzo aveva un paio di jeans di marca, neri, fermati con una bella cintura dello stesso colore e con fibbia vistosa, una camicia a righe verticali tra il grigio e il nero e un bel gilet nero buttato sopra. Al collo uno di quei lacci da cowboy portato come cravatta. Lei, tacco dieci, era tutta in bianco tranne le scarpe e la cintura comprata da Inferno, principale spacciatore di abbigliamento punk-dark della città. Quel solo pezzo così particolare faceva spiccare il suo corpicino sottile ma ricco di curve. Pelle nera e catene. Come la sua anima.
Quando il suo cappotto arrivò, nero come la notte e lungo fino ai piedi, lei lasciò che il suo vampiro innamorato l'aiutasse a infilarlo, poi gli lasciò la mano affinchè lui potesse guidarla fuori. Non salutò nessuno, solo un cenno con la mano e un sorriso al cantante dagli occhi verdi mentre usciva dalla porta. Lui non le aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno per un istante.
Fu proprio in quel momento che il ragazzo sbagliò...