18.10.17

Energia

Non ho mai avuto il physique du role.
Quando mi sono iscritta al corso di danza professionale ero già troppo grande, in ogni senso. L'età ovviamente, avrei dovuto iniziare con la sbarra a cinque o sei anni e non a undici, la corporatura e le doti necessarie. Tutto over size.
Gli insegnanti mi vedevano arrivare e mi guardavano come per dirmi che avrei fatto meglio a fare un altro sport, certo non danza classica.
Certo non la ballerina professionista.


Le mie amiche e compagne erano quasi tutte più magre, con collo lungo e spaccate perfette. Io arrancavo, certo, ma dopo qualche anno a farmi il c**o seguendo un doppio corso invece di uno singolo, ero una delle poche a ricordarmi a memoria le coreografie di più di una parte per volta, o a distanza di mesi, o anni. Non sarei mai diventata una star, ma una buona professionista sì.
Solo che invece di pensare ai miei punti di forza, e ne avevo, mi sono sempre concentrata sulle mie mancanze.

Qualche anno fa parlavo con un amico che mi ha conosciuta all'epoca e mi sono resa conto che l'immagine che avevo di me non era esattamente quella che vedevano gli altri.
Delusa per il fatto di non poter mai colmare quel divario - "troppo grassa, troppo seno, poco elastica" - ho sempre pensato a me come a una mascotte che quelle brave si portavano dietro e non mi sono nemmeno accorta dei miei cambiamenti. Né dell'energia che avevo.
Ero convinta, per esempio, di trarre energia dal rapporto con la mia amica Raffaella - energia che in parte buttavo nella lotta estenuante col mondo per convincerlo della mia esistenza - mentre quell'energia era la mia.

Ci è voluto un amico a farmelo capire. Eppure allora al mattino lavoravo in negozio con mia madre, il pomeriggio mi sparavo tre lezioni da un'ora e mezza di danza e la sera, tre o quattro volte a settimana, riuscivo ancora ad andare a ballare in discoteca (o a insegnare, il poco che ho avuto modo di fare; o a esibirmi dove potevo), o cantare, o inventare coreografie nella mia stanza. E pensavo di essere una "mollacciona"...

Poi ho iniziato a fare pole.
Ovviamente non ho il physique du role. Sono massiccia, ho molto seno (e da quando ho smesso con la danza è pure aumentato), non sono flessibile e soprattutto non ho l'età. Insomma, se cercate immagini di pole dancers di sicuro non sono come me. Per dirla tutta sono perfino alta (anche se ci sono alcune atlete più alte di me, sicuramente), tanto che nelle foto a fine workshop con la maggiorparte delle insegnanti con cui ho lavorato, io sembro sempre il doppio di loro.
E me le immagino, quando mi vedono arrivare - quasi cinquantenne, sovrappeso e leggermente fuori luogo - e non sapendo niente di me danno per scontate un sacco di cose. Sì, perché io poi non li dimostro i miei anni e di certo loro non immaginano quanta fatica io faccia, a volte. Loro vedono una trentacinquenne cicciotta che nemmeno fa le spaccate o si inarca in un ponte e che fa uno sforzo immane per seguire le altre ragazze.

Stavolta, però, ho imparato a non guardare - entro un certo limite - quello che mi manca e a concentrarmi su quello che sono. Ci sono alcune figure che probabilmente non farò mai (non ho voglia di farmi male tentando contorsionismi che non sarei riuscita a fare nemmeno a sedici anni) e figure che per le mie caratteristiche sono più congeniali. Probabilmente non  eseguirò mai un "Rainbow Marchenko" e sarò felice ugualmente, perché posso fare mille altre cose che mi vengono meglio. Così posso esibirmi ugualmente, ballare, senza disperarmi per quello che non ho.
Le ragazze con cui studio spesso mi dicono di ammirarmi. Per passione, costanza, sforzo, miglioramenti, per quello che so fare. Quest'anno mi è capitato di ricevere i complimenti di due ottimi atleti della pole con cui ho avuto il piacere di imparare. Non me lo aspettavo, perché non capita spesso e di certo non pensavo di sentirmi dire che sono una brava ballerina alla mia età - e semi distrutta su tacco 17, dopo una gara e dopo un workshop - tanto che ci ho messo un po', entrambe le volte, a metabolizzare.

E poi mi accorgo di quanta energia ci metto, di quanta ne vedono gli altri e mi domando cosa avrei potuto fare a sedici, venti anni, con l'energia di allora, se non mi fossi preoccupata di non avere l'immagine giusta, di non avere doti eccezionali e se mi fossi semplicemente concentrata su quello che potevo dare. Quanto tempo sprechiamo a cercare di essere "vincenti" secondo i canoni altrui? Non sarebbe più vincente essere ciò che siamo, ma esserlo al 100%?

5.10.17

Frammenti

Cammino, il sole autunnale batte tiepido sulle mie spalle.
"Non ci sarà 2018" mi dico, non so perché.

Le mie premonizioni funzionano così.
All'improvviso mi ritrovo più leggera, come sospesa, i passi non pesano sulla strada, mi sembra che il tempo si fermi anche se lo so che sta andando avanti come sempre. Solo una sensazione, peraltro piacevole, di assenza dal mondo.
Penso a mia madre, l'anno in cui è mancata era successa una cosa simile - con largo anticipo -mentre andavo a lavorare. Sapevo che stava cambiando qualcosa, che era definitivo, ma non sapevo cosa. E in effetti, a febbraio non potevo nemmeno immaginare di perderla il 2 novembre. Quella sensazione di "catastrofe" mi ha appesantito tutto l'anno. Io sì, sento le cose... ma non le vedo, non so riconoscerle. La mia emotività mi porta sempre a pensare che la premonizione riguardi qualcosa di cui mi preoccupo in quel momento; non ho la lucidità sufficiente per avere un "messaggio" completo. (Qui, da cazzeggiatrice immensa, mi viene in mente Ralph Supermaxieroe con il suo costume privo di manuale di istruzioni)
Quindi mi agito, quindi non so, mi aspetto un disastro dopo l'altro in ogni direzione possibile tranne quella giusta.



"Non ci sarà 2018"
Ok, stavolta è diverso. Non ho quel senso di angoscia. Mi sento leggera.
Posso pensare che sia un messaggio favorevole, che la sensazione della fine imminente (ma fine di cosa?) sia in realtà la soluzione di qualcosa invece di un nuovo dramma. Posso pensare che, al momento, il mio stato mentale è talmente in modalità di resa che qualsiasi messaggio arrivi non mi possa spaventare. Posso pensare, una volta tanto, di essere abbastanza consapevole da non preoccuparmi delle premonizioni. Il "pre" implica attesa e devo solo attendere.

Inoltre ci sono milioni di cose su cui non ho e non avrò mai il controllo. Trovo davvero inutile sprecare il tempo per controllare la mia vita. Sono alla deriva sotto molti punti di vista. So cosa sento, so quanto valgo, so cosa non voglio ma non ho alcun controllo sulla direzione. Tutto mi sembra possibile e al contempo impossibile. Inutile dire che non ho mai creduto negli "obbiettivi" da perseguire con ogni energia; piuttosto sono da "flusso" - non ondivaga - e in cerca di un talento vero. Non voglio costruirmi a immagine di un modello non mio. Non devo dimostrare molto a chicchessia, semmai a me stessa. Quindi ecco. Non ho intenzione di crucciarmi per questa sensazione, che ancora dura. Non voglio cercare i segni del destino, voglio arrivare semplicemente fino lì e vedere cosa capita.

Mi scoccia di aver comprato un'agendina, però. L'ho fatto senza motivo, un'agenda del 2018 presa a inizio settembre. Se ora il 2018 non ci sarà ho sprecato i soldi inutilmente.

Poi, ecco, in questi momenti di trance, mi vengono in mente frammenti di mille discorsi e frasi d'amore senza destinatari. E il bisogno di scrivere. Che non soddisfo perché sono arrabbiata. Quanta energia si spreca nei progetti... Se poi almeno interessassero a qualcuno, oltre che a me.
Sì, l'ho detto: è un periodo di resa.
Sono qui stremata che attendo la fine del mondo. Se anche potessi, non muoverei un dito per far andare le cose come voglio. Basta con i deliri di onnipotenza. Non salverò il mondo, già tanto se in qualche modo salvo me stessa, finalmente leggera...