28.12.11

Il paradosso del vampiro

Sarà che nel profondo mi rendo conto che se la figura del vampiro ha sempre avuto un fascino prepotente su di me ci dev'essere un motivo valido. Non sono una da motivi futili, non nelle passioni.
Passione e orrore, dal mio punto di vista, vanno abbastanza di pari passo. Entrambe le cose nascono dal profondo. Come ciò che amiamo, anche ciò che ci spaventa ha un'origine di cui spesso non conosciamo nulla. E anche qui entrambe le cose sono spesso legate tra loro da fili invisibili.
Ho letto un passaggio in un libro di Stephen King (Danse Macabre) con cui sono d'accordo. Lui afferma che una storia dell'orrore sia per sua natura allegorica, simbolica (poi lo nega, ma si sa, ha avuto problemi con l'alcool anche lui); non solo, ma ci dà la possibilità di esercitare (testuali parole, non esorcizzare come ci piace tanto dire) emozioni che la società ci impone di tenere sotto controllo.
C'è chi afferma che la figura del vampiro abbia a che fare con il sesso. Certo, in buona parte della letteratura contemporanea è esplicito, mentre in quella meno recente è tutto allusivo e soprattutto fermo alla fase orale. Ma liquidare il mio interesse per i vampiri con spiegazioni psicologico/letterarie così superficiali non mi basta.
Devo dire che la morte ha sempre esercitato un certo interesse in me. Non timore, proprio curiosità. Capire cosa si è quando non si è più nel proprio corpo, sapere se si sente ancora ansia, angoscia, dolore... Capire se ci si sente più liberi. Ho sempre valutato il vampiro come un non-morto, più raramente l'ho considerato un immortale. Curioso che esista un morto immortale che si nutre di sangue, che di per sè è vita. Un morto che per restare vivo insegue la vita.
E mi domando come mai in certa letteratura ci siano dei vivi disposti a morire per vivere in eterno. Proprio la duale coesistenza di vita e morte nel vampiro comporta una riflessione sulla moda attuale e sul fatto che ci si identifichi col vampiro o con colui/colei che vuole diventare tale.
Chi, sano di mente, vorrebbe diventare vampiro? Se si esclude il fatto che in questo modo si evita la vecchiaia (ma poveri chirurghi plastici...), quale diamine di vantaggio può avere quella condizione?
Vivere da non-morti cacciando prede e bevendo sangue per l'eternità? Che noia mortale! A meno che non sia che già viviamo come non morti e già inseguiamo la vita in cose inutili come l'immortalità.
Siamo all'esatto contrario dell'idea di "Highlander - l'ultimo immortale", in cui il premio finale è la vita da mortale. Cosa ci ha fatto cambiare idea?
Perché, tra l'altro il mio interesse per i vampiri non è mai stato di tipo immedesimativo (parola complicata), almeno negli ultimi anni. Ma il fascino che il paradosso del morto immortale che insegue la vita sembra persistere. Nonostante tutto.
Forse è davvero il livello simbolico quello da indagare, capire il perché del mio bisogno di sangue. Del bisogno che ho di immaginare queste creature, di seguirne le avventure in film e serial (dal più serio al più sconclusionato dei vampiri), leggere saghe intere, sognare ad occhi aperti vampiri che vivono tra noi (e anche qui ce ne sarebbero parecchi, solo che non sono morti) più o meno nascosti.
Vorrei avere delle spiegazioni in più, ma non ne ho idea. Ci devo riflettere ancora, mentre sono in vacanza, e continuare a godere della magnifica visione, onirica e non, che mi deriva da questa ossessione.

Nessun commento: