8.8.11

Limiti e attitudini

Ieri a cena ho partecipato, poco come al mio solito, a una discussione su una tendenza molto attuale.
La necessità di "fare una prestazione".
Comunque la si guardi é decisamente la strada che viene proposta di continuo. Il non sprecare tempo, il fare sempre al meglio, sempre meglio, sempre di più. Correre anche quando si può camminare.
Non so perché funzioni così. Forse vogliono farci produrre sempre più e sempre più in fretta, condizionandoci anche nel tempo libero e nelle cose che dovrebbero darci gioia.
Un tempo, mio padre mi disse che per il mio senso di inferiorità io tendevo a non competere. Forse faceva comodo a lui pensarlo, in quel momento, perché mi stavo rifiutando di fare scelte che non mi somigliavano. Eppure, da paffuta e goffa fanciulla, mi sono iscritta a un corso professionale di danza. L'ambiente meno competitivo del mondo, no? Che poi preferissi fare da mascotte alla classe avanzata piuttosto che tentare di eccellere nella mia è un altro discorso. Mi ritengo una persona umile. Non mi vanto delle mie qualità e non passo il tempo a far notare agli altri quello che non hanno. Certo, magari qualche volta parte lo sfottò per qualche errore nell'esprimersi, alla fine è inevitabile che in qualcosa ci si caschi.
Però non sono competitiva, a meno che non ci siano questioni personali di sfida diretta da parte di qualcuno. insomma, una volta mi sono lanciata da uno scoglio (nuoto malissimo e non so tuffarmi, più che altro per essermi spaventata da piccola) decisamente alto solo per smentire un cretino...
Ho anche scelto di fare un lavoro al di sotto delle mie possibilità, giusto per non dover dimostrare tutti i giorni che me la cavo, per non dover sgomitare, per evitare sforzi. Non che mi abbia evitato problemi, visto che comunque altre persone pensano di dover dimostrare di essere meglio di me è ovvio che nel gioco in qualche modo io ci sia finita. Ma non partecipo molto.
Son quelle cose che mi bloccano nel fare sport con mio marito, per esempio. Lui se va in bici ci deve andare in salita; se si cammina in montagna deve arrivare al rifugio. Qualsiasi cosa si faccia bisogna raggiungere l'obbiettivo.
A volte mi chiedo se non sia una mia pecca quella di ritenere l'obbiettivo una cosa sopravvalutata rispetto al piacere di fare una cosa per farla. Passeggiare in montagna mi piace, ma se a un certo punto sono stanca e non ho più voglia di proseguire mi piace l'idea di fermarmi e godermi il paesaggio, la sosta, l'aria fresca, i prati, le nuvole, il silenzio, il cielo così vicino.
Forse faccio lo stesso anche quando scrivo. Mi piace, lo faccio di continuo, ma non mi ammazzo per pubblicare ad ogni costo. Spesso non stampo nemmeno il lavoro per sottoporlo a qualcuno. Perché in fondo l'ho fatto per me. Mica per altri. Non per dimostrare che scrivo e che sono brava, se lo sono.
La mia attitudine è quella del restare in balia della corrente, passare morbida sulle cose, non tentare di modificarle, non forzare mai nulla. Perché ci sono sorprese anche nelle cose lente, anche nel non arrivare al fondo, anche nel non soddisfare un desiderio. Ci sono sorprese ovunque uno si fermi a guardare...

2 commenti:

monicabionda ha detto...

Sorella!

PaolaClara ha detto...

E lo so... lo so...
Bacio