30.7.13

Quasi

Come in un sogno, mi affaccio alla finestra e ascolto i rumori della città a sette piani di distanza.
Oggi piangevo e non so perché, colta da un senso di spossatezza che poco ha a vedere con una reale stanchezza fisica.
Un tempo, anni fa, riuscivo a eguagliare la fatica mentale con quella fisica uccidendomi di danza. Poi dormivo, e lo facevo bene. La carenza di danza mi ha resa insonne e la carenza di sogni mi affatica. Erano anni, però, che non mi capitava di sognare di volare. Ma è successo ancora pochi giorni fa. Sono sogni che adoro; soprattutto quando volo nei boschi di notte.
Stanotte voglio volare.
Ho aperto le finestre, tutte. Vedo le montagne lasciare il loro profilo alla luce del sole che se ne va, la collina illuminarsi piano, le finestre bianche, gialle e arancio.
Silenzio.
Il più totale, se non calcoliamo il ticchettare delle dita sulla tastiera.
Tra poco, forse, mi metterò a scrivere al portatile. Ho delle scene del nuovo romanzo che premono e non ancora lo stato mentale giusto per riprendere il fantahorror in mano.
Solo una pallida luce albicocca a rischiarare la casa, gatte e cane che ogni tanto si spostano per trovare una nuova posizione comoda.
Ci sono quasi.
Quello che aspetto sta arrivando. Non so cos'è, ma lo sento. Devo solo respirare e reagire al meglio delle mie capacità. Ma questo lo so fare. Sono le attese che mi uccidono. Attese e sensazioni che non so controllare.
Ho aperto ogni finestra, voglio aria. Come questo inverno volevo la luce.
Ora ho tutto. Quasi.

26.7.13

Progetti di vacanza

Manca una sola settimana, quindi si parte con tutte le cose che vorrei fare (e che non riuscirò a fare tutte) con un mini programma.
Devo:
1 - Finire il fantahorror
2 - Leggere i romanzi del torneo
3 - Studiare per il romanzo appena iniziato
4 - Leggere qualcosa che mi faccia stare bene
5 - Scrivere il più possibile, perché il tempo è poco e le idee son sempre troppe.
Perché poi dovrò...
1 - Rivedere il fantahorror
2 - Affrontare la delusione di non essere tra i 10 finalisti del torneo
3 - Cominciare a dare forma al romanzo nuovo
4 - Leggere qualcosa che mi faccia stare bene
5 - Scrivere ancora, perché di tempo ce ne sarà ancora meno.
E ancora:
1 - Cominciare la rottura di balle dello spedire manoscritti
2 - Aspettare Marzo '14 per ributtare lo stesso romanzo al torneo, spacciandolo per un romanzo d'avventura
3 - Rivedere il romanzo nuovo
4 - Leggere qualcosa che mi faccia stare bene
5 - Scrivere sempre, o non respiro.
Qualcosa non vi è chiaro?

P.S: dall'insistenza con cui a certe ore della notte il citofono di Lady Giuliva scalpita, mi sa che abbiamo un povero perdente nel "gioco del lettone Ikea"... Chi sarà il povero escluso? Joy Trivella? Ahhhantonio? Il nuovo mohicano?  Faremo un poster.

UH! Secondo P.S: Devo anche rivedere qualche racconto e buttarlo nella pagina a fianco, così al rientro avrete qualcosa da fare, girando da queste parti.

25.7.13

Angela

Ricordava tutto.
L'umidità calda e soffocante della miniera, la polvere che restava appiccicata addosso lavata via dalle docce forzate dopo ogni turno, gli stracci con cui si coprivano. L'odore di quello che i militari fumavano, la paglia ammuffita su cui era stata costretta a dormire fin da bambina. Le molte madri che aveva avuto dopo la sua. Le botte, le esplosioni, la coda alla mensa, la fame. Ricordava l'aria fresca sotto ai canali di aerazione e le uniformi color deserto dei suoi aguzzini. Il buio intermittente tra una lampada e l'altra nelle gallerie, i minerali che estraevano senza sosta giorno dopo giorno.
E ricordava Paul. Nei suoi occhi, davanti a lei dopo oltre dieci anni, lei rivedeva la schiavitù. E come quegli occhi azzurri l'avevano lasciata andare nella penombra del campo base dopo che aveva assassinato il Comandante. Quegli occhi azzurri che ora sapeva aver pagato al posto suo. Paul era stato uno di loro, armato e vestito, ben nutrito e ricco. Eppure lo avevano reso schiavo, come era stata lei.
Ora Paul sapeva.
Angela abbassò lo sguardo.

(un piccolo anticipo su un prossimo lavoro, ma prossimo prossimo... ce ne sono altri, prima)

23.7.13

Stanca

Troppo per esprimermi correttamente.
Ho solo tanta voglia di mollare tutto e di chiudermi a dormire per qualche mese, finché non torna il fresco.
Non sono sicura di molto, ma so che so scrivere.
Ora non sono certa di aver voglia di continuare il teatrino della rincorsa all'editore. Non voglio pagare, non mi interessa pubblicare tanto per dire di averlo fatto e vendere 20 copie perché il libro non lo distribuiscono. Non voglio finire nel giro degli autopromotori che rompono e spammano chiunque. Quelli che si autopubblicano e poi ti chiedono un giorno sì e l'altro anche di comprare il loro romanzo, di cui di solito non ti importa un accidenti e che non mandi a quel paese solo per educazione.
L'unico romanzo in gara, ancora, è il "tascabile" al torneo di Gems. Da riscrivere daccapo, troppo semplice. Quindi non so nemmeno se vale la pena di proseguire. Poi mi toccherebbe pubblicarlo? Così com'è? E nel frattempo, come da regolamento, giudicare 15 opere altrui? La tentazione di mollare è tanta. Ma sarebbe forse stupido per una volta che ci arrivo, alla semifinale.
Perché intanto ne ho di cose da scrivere, oltre a quello...
Ho troppo da fare e nessuna voglia di fare quello che devo, come sempre.
Accidenti a me.

19.7.13

Sulla scrittura partendo dai consigli di uno che sa...

Ray Bradbury, chi non lo conosce si informi, dà le sue "regole" sulla scrittura... 
1 - Mettersi al lavoro - Tu non sai quello che si può fare fino a quando si tenta, ha detto Bradbury. Gli scrittori invece di chiedere che cosa devo fare? Devono domandarsi che cosa sono io? E iniziare a scrivere da quella risposta. 
Io sono una che tenta, e tenta ogni via...

2 - Visita la biblioteca spesso - La visita a una biblioteca è essenziale per diventare un buon scrittore, per Bradbury è un luogo pieno di sorprese, a volte è meglio sbarazzarsi del computer e di Internet. 
Mi manca, ma visito librerie e libri.

3 - Guardare buoni film - Bradbury dice che la visione di buoni film aiuta a migliorare la scrittura. 
Guardo decine di buoni film e di buone e cattive serie tv. Da sempre.
4 - Dieci cose che amo, dieci cose che odio - Bradbury consiglia di fare una lista di dieci cose che si amano, dieci cose che si odiano e dieci cose di cui si ha paura. Nella scrittura bisugan quindi esaltare ciò che si ama e uccidere ciò che si odia e fa paura. 
Il problema è che in realtà ho paura di meno di dieci cose e ne amo molte più di dieci. E odiare... uh... una marea.

5 - Scegliete con cura ciò che si legge - Bradbury sostiene che questa risorsa è fonte di creatività.    
Scelgo con il cuore e a volte con la mente, ma mi impongo di scegliere di tutto.

6 - Tenete lontano i vostri idoli - Va bene avere scrittori che si ammirano, ma si corre il rischio di copiarli sia consciamente che inconsciamente, quindi è essenziale trovare la propria identità. 
Non ho idoli, ma un sacco di buoni maestri. Non vorrei mai scrivere "come" loro, vorrei solo saper scrivere.

7 - Iniziate scrivendo brevi testi - L'ansia è comune in coloro che si avviano nel mondo della scrittura. Bradbury consiglia di essere pazienti e di non iniziare un romanzo: è preferibile partire scrivendo racconti brevi e imparare la l’arte. Se ci si imbarca sulla scrittura di un romanzo è difficile sapere come sarà il risultato finale Invece, se si scrive testi brevi, si può vedere il risultato alla fine della settimana e l’autostima ne trarrà beneficio. 
Ho iniziato qualsiasi cosa. Ma un racconto lo scrivo in una sera, un romanzo in un mese... se voglio.

8 - Scrivi la prima cosa che viene in mente - Bradbury, per combattere il blocco dello scrittore, aveva un cartello che diceva di non pensare proprio accanto alla macchina da scrivere. Se la mente è completamente vuota è perché si sta facendo qualcosa di sbagliato e non si sta divertendo e allora è consigliabile tornare alla linea di pensiero in cui eravate prima di perdere l'ispirazione. 
Non mi capita quasi mai. Lascio che le dita facciano quel che vogliono.

9 - Alimenta la tua fantasia - Una tecnica che Bradbury raccomanda di usare per mantenere la mente sveglia è quella di leggere un racconto, una poesia e un saggio ogni sera prima di andare a dormire: è un metodo utile per integrare le informazioni ed alimentare la creatività. 
Leggo in continuazione, mai una sola cosa per volta. E purtroppo la mia fantasia è fin troppo alimentata, quasi bulimica.

10 - Mantenete la distanza da persone che non credono in te - Bradbury consiglia di stare lontano dalle persone che non credono nel talento che avete.   
Devo imparare, ma ancora mi reputo troppo scarsa per capire in tempo chi crede in me e chi no...

11 - Non pensate a fare soldi - Vi disamorereste del mestiere. 
Mai nemmeno calcolato...

12 - Scrivete con uno scopo - Chiedetevi che cosa si vuole creare con la vostra scrittura. Ci sono persone che cercano di lasciare un messaggio, altri creano qualcosa di bello, un po 'di ritrarre una certa realtà. Lo scopo di Bradbury è stato quello di essere amato per quello che ha fatto. 
Vorrei solo raccontare storie, che poi siano utili o meno non devo deciderlo io. Ma di cose da dire ne ho.

13 - Godete - Pensate alla scrittura - più che a un lavoro - a un processo gioioso e non qualcosa di serio. Tanto è vero che uno scrittore famoso disse di non aver mai lavorato un giorno in vita sua. 
Lo è quasi sempre. Quasi. Tranne quando gli altri si aspettano che lo faccia in modo diverso da quello che mi è proprio.

Genetica, ma vaff...

Mia madre mi ha insegnato a non chiedere aiuto.
A mantenere la dignità a ogni costo, a non cedere. Così, più che disperarmi per ciò che mi accadeva intorno, da ragazza ero solita incazzarmi per l'aiuto che nessuno ci dava.
Non una mano quando mia madre ha perso il lavoro a causa di una firma sbagliata di mio nonno.
Non una mano quando per riscaldarci avevamo una stufa a legna e una a carbone.
Non una mano quando abbiamo cominciato con i problemi seri, non una quando per pagare il riscaldamento dovevamo venderci le cose di casa; non una quando ci portavano via tutto, casa compresa.
Non una mano quando le banche e non solo loro chiedevano di rientrare.
Non una mano quando si trattava di dare da mangiare a tutti noi. Non una quando abbiamo avuto bisogno.
No, l'aiuto è arrivato forse solo quando io, IO, sono rientrata nei ranghi e ho fatto la brava.
Ma io ho imparato a non chiedere aiuto. Nemmeno quando ne ho bisogno.
Certo.
Ora che mia madre è morta è bello ricordarla come una persona estremamente dignitosa e piena di personalità. Lo è stata. Ha pagato in prima persona ogni fottuto errore. E lo ha fatto pagare, di conseguenza, a chi viveva con lei.
Ma lei è un'eroina.
Io, semplicemente, non so chiedere aiuto nemmeno se per aiuto intendo un abbraccio o una parola. Non ho imparato a chiedere quando chi poteva dare era già sommersa dai problemi. Ho imparato ad arrangiarmi e ad andare avanti. Ho imparato che posso farcela da sola, sempre.
Ma, cazzo, non è così.
Certe volte ho bisogno di sentire accanto un abbraccio. Più di uno. Non interessato e non fasullo. Un abbraccio sincero e comprensivo.
Ho i miei limiti. Non sono una persona facile e ho delle rigidità non indifferenti. Ma sono una persona sensibile, come quasi chiunque altro. E ho bisogno di aiuto. Con i miei tempi e con i miei modi, ma ne ho bisogno.
Quello che ho imparato nella vita è stato importante, ma la genetica da sola non fa abbastanza. So che ce la posso fare, so che ce la faccio. Sono sopravvissuta fino a ora. Ma in certi momenti me ne rendo conto: questa mia resistenza a chiedere è davvero un limite.
Vorrei poterne fare a meno.

17.7.13

Le piccole verità che recitiamo a memoria

Negli anni dell'adolescenza passavo nottate a guardare film in vhs, con mia sorella - la seconda in affido - accucciate sul divano di casa a vedere e rivedere i nostri cult.
A forza di farlo imparavamo non solo battute ma parti intere dei dialoghi, che poi ripetevamo fino all'esaurimento ridendo delle nostre stesse imitazioni.
Ricordo che uno dei pezzi forti di mia sorella era il monologo sulla morte recitato dal comico in "All That Jazz" di Bob Fosse. Non so perché le sia rimasto così impresso, anche se io stessa lo conoscevo quasi completamente non era la parte che ripetevo più spesso. Forse io ero presa dall'imparare le sequenze di ballo o semplicemente non mi piaceva l'idea di andare in giro per casa ripetendo:
"Sto morendo... Sto morendooo... I dottori si fanno i soldi e io sto morendo..."
Però tutto il pezzo m'è rimasto in mente. Anni di ripetizioni, si sa...
Il discorso della suddivisione in 5 fasi (Ira, Rifiuto; Mercato, Depressione e Accettazione) credo non riguardi la morte, o meglio che essa sia solo una parte del discorso. Credo che sia il "lutto" in tutte le sue accezioni ad avere queste fasi. Lutto come distacco da una persona amata anche a causa di una separazione, lutto come perdita di un qualcosa di significativo per la propria vita.
La teoria della dottoressa Kubler Ross si può applicare benissimo a una storia d'amore finita male.
Perché la rabbia c'è. E il rifiuto di credere che sia accaduto, il rifiuto della realtà; i tentativi di mercanteggiare un nuovo inizio, o di mantenere qualcosa di stabile nonostante tutto scivoli via. E la depressione segue a ruota. Pianti, apatia, tutto che sembra perdere senso. Per ultima l'accettazione. Il momento in cui dici: ok. Adesso si cambia.
Mi rendo conto che io ho vissuto più spesso queste fasi come lutto per un amore finito di quanto mi sia successo con la morte di mia madre. Forse perché in cuor mio sapevo già che sarebbe successo e non ho avuto bisogno di elaborare tutte le fasi. Diciamo che non ero arrabbiata e che non ho mai sperato di poterla salvare in qualche modo. Non avrei barattato un giorno in più di vita con lei se questo avesse voluto dire vederla soffrire. Sono stata male. Ho pianto e ho accettato che accadesse.
L'ho fatto con più facilità che per qualsiasi altro accadimento nella mia vita.
Quando abbiamo perso la casa dei nonni, per esempio. O quando gli usurai ci portavano via la vita un pezzo per volta. Quando non ne andava una nel veso giusto, quando mi legavo a persone che non meritavano la mia fiducia.
Quando ho amato e le cose non hanno funzionato. Ed è successo più di una volta. Alcune in modo irreparabile. Forse davvero a spaventarmi non è tanto l'idea della morte, quanto la vita. La vita con tutti i suoi imprevisti, con le aspettative deluse e con il dolore inevitabile che si prova.
La vita spaventa, come l'amore. Forse sono la stessa cosa.

15.7.13

In realtà

Quel che penso è che non ho molto da dire. Come spesso mi capita quando magari ne avrei anche troppo. Troppi stimoli mi mandano sempre in confusione e finisco per non riuscire a mettere ordine in tutto.
In effetti il nervosismo di questo ultimo periodo potrebbe essere legato, oltre alla stanchezza, anche al fatto che le discussioni interessanti sono tante e che mi lasciano strascichi notevoli nel cranio.
Come anche l'esclusione del romanzo dalla "sporca dozzina" dei finalisti del Neri Pozza. Che, certo, era pressoché scontata ma alla fine tutto mi porta a farmi domande in continuazione.
Che cosa non va in quello scritto? Forse l'happy ending, concludo. O la mancanza di alcuni approfondimenti che potrei fare riguardo a luoghi e personaggi. Poi, magari, va bene anche così com'è solo non è adatto alla linea editoriale che ricercava l'editore con quel concorso. Le variabili sono talmente tante...
Nel frattempo un mio racconto brevissimo, Perfetto, è stato letto e commentato in un gruppo letterario su Facebook e se da una parte i commenti non sempre mi hanno convinta, dall'altra ci sono stati due o tre suggerimenti (non sul modo, ma sul contenuto) che mi hanno dato da pensare alla natura dei miei personaggi.
Perché quasi tutti non hanno una famiglia stabile, chi è orfano da tempo, chi non si sa da dove arrivi, chi vive con uno solo dei genitori, chi li ha separati o divorziati, chi vive continui abbandoni etc. E certo non posso domandarmi perché, lo so benissimo che tutti i personaggi mi rappresentano in qualche modo e io sono tutte queste cose insieme. Come se non riuscissi a distaccarmi del tutto da me, o almeno finora non mi è riuscito, ma il lavoro nuovo presenta personaggi che una famiglia ce l'hanno eccome. Quindi forse ho risolto i miei complessi - Edipo pare la faccia da padrone, quaggiù.
Poi c'è la faccenda del torneo e del giudicare correttamente un'opera altrui che è diretta concorrente (o quasi, vista la differenza di genere tra quelli in lettura e quello presentato), senza essere influenzati dalla gara. Io, a dire il vero, lascerei anche perdere il torneo ottenendo l'espulsione pur di non leggere i dodici testi che mi restano in lista... ma siccome è mia tendenza non portare a termine le cose che inizio, sto cercando di diventare una persona seria e di migliorare. Quindi andrò avanti. Tutti i miei commenti del periodo sono spesso antipatici, credo. Ci sono testi che non so perché sono in semifinale. Questo non perché io mi senta superiore o che tema il confronto con il "tascabile". L'ho scritto talmente tanto tempo fa che non ricordo quasi come si svolge. Certo, a grandi linee, avendolo rivisto e tagliuzzato per farlo rientrare nei limiti imposti (bla bla bla), ma sono oltre due anni che non lo rivedo - nemmeno per correggere quel che sapevo di dover correggere (già detto, lo so) - e l'ho mandato così com'era. Perché? Semplice. Prima cosa perché tanto nella mia testa so che voglio riscriverlo e renderlo più complesso di quello che è ora. Mi darei un 7 se fossi il mio giudice. Ci sono personaggi, storia, fluidità, grammatica. Forse non è originalissimo ma nemmeno chi lo sta valutando se n'è accorto. Seconda cosa perché so quanto vale e so che così com'è può competere ugualmente. Poi non so se vorrei pubblicarlo com'è o riscriverlo comunque. Ma ci credo in ogni caso.
So che posso sembrare supponente, arrogante o che ne so. Ma nulla di ciò che ho letto finora mi ha dato il brivido che cerco e mi ha fatto pensare di non essere in grado.
In più, le manifestazioni multiple di stima mi hanno fatto bene e so che almeno per il romanzo rifiutato al Neri Pozza e per il fantomatico fantahorror uno spazio c'è, forse anche per il primo romanzo e forse anche il tascabile ha le sue belle prospettive. Quindi continuo, riflettendo bene su ciò che sto facendo, con la testa e soprattutto con il cuore. Perché senza cuore non si va da nessuna parte.
Che poi abbia ricominciato a sognare l'acqua... non so. Forse è l'unica cosa che mi turba (soprattutto il sonno, evidentemente).

11.7.13

Il ritorno dei cavalieri erranti...

I tempi son maturi e, ormai, se le cose andranno avanti così i due cavalieri erranti una dieta dopo l'altra torneranno a visitare questo mondo. E siccome errano di dieta in dieta, sempre errando verranno.
Don Cosciotte, signore della Gran Forchetta, protettore della Tavola Imbandita e signore dei Vini Pregiati arriverà insieme alla sua compagna d'avventure Santa Panza, gran Maestra della Scarpetta e in possesso del lignaggio delle Torte Dolci e Salate, sacerdotessa del Fondente Nocciolato.
Entrambi, attraversando a loro rishio e pericolo lande di ristoranti, combattendo contro astuti kebbabbari e temibili rosticceri indiani, immergendosi in fiumi di Nero d'Avola o Primitivo rossi come il sangue, giungeranno fino qui.
Probabilmente rotolando di chilo in chilo senza sosta e senza smettere di combattere. Tra un fritto delizioso e un flan al cioccolato, arriveranno.
E saran dolori.
Per cui meglio per tutti noi se in qualche modo ci concentriamo tutti e vediamo di uscire da questa saporitissima storia, perché si sa, sono sempre le cose che più ci piacciono a farci male.
Accidenti, quanto amo tutto ciò che mi danneggia...
E quanto detesto questo mese!!!

8.7.13

Nelle pagine

In tutto ciò che scrivo ci sono io. Non c'è dubbio e non credo che sia possibile altrimenti. Non ho molto da dire, le cose stanno cambiando ancora, non so dove vado. Non so cosa faccio. Ma vado avanti.
Non ho scelta.
E rileggendomi mi vedo, sola, prigioniera e perennemente diversa da come mi vogliono e mi voglio. E piena delle mie paure e dei miei sogni. Piena di dolore, a volte.
Non mi dispiace, io so. Piano piano so chi sono e forse prima o poi sarò chi voglio.
Deliro, è probabile. Questa è una settimana difficile. Sabato andrà meglio.

4.7.13

Who's that girl?

Ovvero: "confessioni di una mente pericolosa"
Il ragazzo con i pantaloni bianchi era alto. Molto più di lei, di sicuro, anche se con i tacchi non si capiva mai davvero. Aveva capelli scuri e corti, pettinati con cura maniacale, la pelle abbronzata, occhi verdi e vivaci anche se un po' troppo piccoli per rientrare nei canoni estetici comuni.
Era il loro primo appuntamento, lui era passato a prenderla a casa con l'auto di suo padre e l'aveva portata a prendere un gelato in centro. Una bella e calda notte d'estate.
Lei sedeva davanti a lui, camicetta nera annodata sotto al seno pieno e gonna indiana lunga fino ai piedi in mille colori e fili d'oro. In testa, sopra ai lunghi capelli biondi, portava un cappello nero che aveva un non so che di western; ai piedi stivaletti scamosciati neri con un bel tacco alto e lacci a volontà.
Era il primo appuntamento, ma non la prima volta che passavano del tempo insieme. Sempre che fare sesso nel parcheggio della discoteca fosse davvero passare del tempo insieme.
Ordinarono i gelati e lui le prese la mano sul tavolo giusto nel momento in cui la sua ex fidanzata passava di lì. Una carezza fissando la ragazza che aveva di fronte, una pugnalata senza sguardo per quella che passava accanto sotto i portici.
Lei, al tavolo, aspettava il suo gelato e il resto della notte. L'altra, probabilmente, si aspettava di rivederli spesso. Lui si godeva il momento. Quelle erano cose che gli piacevano. Ferire, manipolare, mentire. Ottenere il controllo del gioco, sempre e comunque.
Per quella sera gli riuscì.
Ma la ragazza nuova andava domata. Era troppo libera, troppo indipendente, sicura e audace.
La prima mossa, dopo aver passato su di lei parte della serata appannando i vetri accanto alle rotaie della ferrovia, parcheggiati in bella vista e alla luce dei lampioni gialli che davano sul passaggio a livello... la prima mossa fu dirle che quell'appuntamento era servito per farsi vedere dalla ex fidanzata.
Mentre controllava che la gonna fosse a posto e sistemava il cappello di nuovo in testa, la ragazza nuova strinse le spalle chiedendogli chi era la ex in questione. Non l'aveva vista e non le importava.
Non ancora, pensò lui, non ancora...

La ragazza nuova aveva dimenticato la sua anima nera a casa.

Sono molto meglio di come mi dipingo...

... ma preferisco non si sappia in giro.
Mi si chiederebbe di essere sempre all'altezza della situazione e la mia pigrizia si offenderebbe a morte.
Quindi se a volte faccio di tutto per sembrare più scema del previsto non è per falsa modestia o per sfottere. Probabilmente non voglio che mi si rompano le palle.
Sono troppo educata per prendere a male parole gli importuni, è difficile che io lo faccia. Più facile che io li liquidi con un "sì, sì" per poi far niente. Sono così da secoli. E non mi dispiace, anche se dovessi sembrare stronza. Perché anche se lo sembro... un po' lo sono.
Poi fate voi, se mi conoscete già lo sapete. Altrimenti è probabile che mi prendiate sempre sul serio.
E credo che dovreste farlo, ogni tanto, quando dico che non so fare qualcosa.
Preferisco "mandare tutto in vacca", non fare discorsi seri, non impegnarmi in assoluto.
Salvo poi infognarmi da sola quando meno me lo aspetto.
Fareste bene a stare alla larga... :D

3.7.13

Noia profonda

Ovvero, forse un mix tra uno stato comatoso da film, un film porno d'altri tempi e tutto il resto...
In realtà è solo che  luglio e di solito è un mese pesante, tutto fino al 30, anche fino al 31 volendo. Da una parte non ho nessuna voglia di leggere i romanzi del torneo (ma lo farò, con calma) e giudicare il lavoro altrui. Da una seconda parte sono in ansia per il mio "Sette stanze", perché tra pochi giorni saprò se è piaciuto o meno e spererei che fosse la prima, quella giusta.
Sono annoiata dal lavoro, dalla supponenza di alcuni, dalle esigenze di altri. Vorrei starmene rintanata in casa con libro in mano, rigorosamente scelto da me. Uno di George RR Martin, o della Hamilton, o quelli nuovi sulla storia d'Italia che devo leggere per il nuovo romanzo. O a scrivere J&J, visto che ho ricominciato a lavorarci ma lo faccio poco per volta. Troppo poco.
Ho inserito i racconti, il che è già un passo avanti nella lista delle cose da fare. La prossima settimana avremo anche un condizionatore - utilissimo se si sta in una mansarda esposta al sole dal mattino alla sera - quindi potrei starmene rintanata e al fresco.
S'ha dda passà la mesata, comunque.
Quindi, in barba alle discussioni su come giudicare l'originalità di un romanzo, su quanto poco leggano gli aspiranti scrittori, su quante assegnazioni abbiamo ancora da valutare e su quanto troviamo pesante il lavoro... rimbocchiamo le canottiere e via.
Tra un mese esatto sarò in ferie. E potrò chiudermi in casa.