31.12.13

Prima di andare via (cit.)

Non saprei, anche se volessi, fare un bilancio di questo anno.
Mi è sembrato interminabile, a volte. Soffocante, lento, melmoso e mai liscio. Come potrebbe essere un anno difficile.
Un anno di attesa e di cambiamento insieme.
Perché se nel corso degli anni questa pagina è stata: "la passione, l'amore, la danza, la vita", "oggi è un altro giorno", "e se QUEL giorno fosse oggi?", "qualcosa sta cambiando", poi "chi si ferma è perduto" e "girati e affronta il mondo"... Beh, oggi è "here I stand and face the rain", il che significa, credo, anche che dopo aver tanto corso sto raccogliendo i primi frutti. E so che ce ne saranno. Perché? Perché me li merito.
Questo poteva essere un Capodanno completamente diverso, poteva essere mille cose diverse. Qui, adesso, mentre fuori i soliti quattro imbecilli cominciano a far tuonare i loro botti io so che è un Capodanno diverso.
Sono stanca, come non sono mai stata prima nonostante tutto. Ma soddisfatta.
Ho conosciuto persone meravigliose.
Ho avuto opportunità che nemmeno immaginavo.
Ho scritto un romanzo e ne ho iniziato un altro molto ma molto bello.
Ho dipinto delle tele che per me sono stupende.
Ho parlato, ascoltato e ho amato il silenzio.
Ho, forse, sbloccato qualcosa.
Insomma, sono cresciuta. Sono cambiate le mie prospettive e non importa se non sono quelle che immaginavo un tempo. Sono cambiate e mi danno in cambio solo note piacevoli.
Quindi...
Prima di affrontare questo nuovo rito di passaggio con brindisi e lenticchie velocicchie, dopo aver cucinato anche più del dovuto per la cena con gli amici, anche se non ci saranno tutti e ne mancheranno sempre troppi...
TANTI AUGURI a chi passa di qui. Anche se non vi "vedo", vi voglio bene lo stesso. Perché tanto lo so che ci siete...
Io vedrò di inizare l'anno nel migliore dei modi, dormendo.
Poi dipingendo e scrivendo, e rompendovi i bit quando passerete a leggermi.
Un abbraccio virtuale!
Paola

25.12.13

Pioggia anziché neve

Un Natale tranquillo, le poche cose che contano.
Gli affetti e il relax, nessuna ipocrisia o buonismo. Pochi regali ma buoni. Libri e film. Quello che serve per sognare.
Ora che sono ufficialmente in vacanza potrò dedicarmi alle cose che amo e riposare un po'.
Soprattutto voglio scrivere, motivo per cui oltre alla stanchezza, ultimamente latito.
Ho un nuovo incarico, credo di non averlo ancora detto. Una rubrica settimanale sui libri su un giornale web che "debutterà" a fine gennaio. Non di recensioni, perché non sono un critico ed è già pieno di non critici che fanno recensioni e non sanno nemmeno da dove iniziare. Io vorrei occuparmi di farli conoscere, i libri, non di giudicarli. So che, ogni volta che qualcuno dice male di un libro che ho amato, io ci resto male.
Sono convinta che un libro che non mi piace possa essere un libro meraviglioso per un altro e, siccome c'è spazio per tutti non voglio sprecare il mio per criticare.
Una cosa vorrei... la neve.
Ecco, sì, una bella nevicata tosta come quando avevo 16 anni. Di quelle che si blocca tutta la città.
Io ci spero, magari da qui al 7 si avvera. O magari anche dopo, tanto io vado a lavorare a piedi...
 

19.12.13

Io ci provo

Almeno a sopravvivere.
Momento di super lavoro e io reggo, reggo, reggo... stramazzo.
Quindi, prima che accada l'irreparabile e io crolli in un coma ristoratore (forse, ma dico forse dopo il 24... però al 24 ci devo arrivare) vi faccio gli auguri. Poi magari riesco a passare anche prima e durante.

16.12.13

Un consiglio spassionato

Comprate questo libro.
Farete del bene al reparto di Oncologia Pediatrica dell'ospedale Santa Chiara di Pisa. E avrete un bellissimo libro di racconti-ricette-illustrazioni-consigli-poesia e chi più ne ha più ne metta...
Compratelo qui o nelle librerie Feltrinelli...
Vi assicuro che vale la pena.

14.12.13

Andata

La prima è andata. Un po' male causa forconi impazziti, ma è stato bello.
Pochi intimi e una sorta di "prova generale". Ce la posso fare.
Sono stata impegnata, molto.
Lo sarò sempre più, credo. Ma per ora mi piace.
Ora ho qualche dubbio, come molti miei concittadini.
Io lavoro vicino alla sede di un partito (chiamiamolo così). Di solito, appena c'è nell'aria non solo il polline ma anche l'aria di una manifestazione ecco che compare la camionetta della polizia. Stranamente questa volta, pur con un certo anticipo nel dichiarare questa specie di "sciopero forzato", nemmeno un poliziotto a presidiare la sede. E poco più in là, a macchia di leopardo, gente che va sfasciando vetrine e obbligando i negozianti (che di Natale vivono) a chiudere. Per poi riaprire, perché proprio non è il momento di tenere chiuso. E richiudere quando ripassa la folla di gentaglia.
Che poi, va tutto bene, siamo tutti stanchi e stufi, e salassati. Vero.
Ma che c'entra il piccolo negoziante? Dico, ce l'hai con i politici? Scassa i marroni a loro.
Vuoi far crollare il governo? Ca...o fai chiudere il Carrefour?
E poi cosa? Un paese governato dalle forze dell'ordine?
Siamo proprio sicuri che non siano stati organizzati da uno degli autori di candid camera?
Siamo sicuri che farsi la guerra tra poveri sia la cosa migliore?
Non so.
Questo mondo non mi piace proprio. E va peggiorando.

5.12.13



Parole insane in corpore sano

Presentazione del mio libro "Parole d'amore insano" il 12 dicembre 2013 a Torino, ore 18,00 presso SUPERCIBARIUS, Via Domodossola 9.
Con la partecipazione della fantastica Ilaria Pisacane e il suo flauto traverso, ad accompagnare la lettura di alcune delle poesie contenute nel libro e di brevissimi brani tratti dai miei nuovi e molteplici lavori.
Vi aspettiamo numerosissimi!!! 
 

3.12.13

Sono il vostro incubo

Vignette di Bitstrips.com
O se preferite sono la bimba di The Ring...
Abbiate pazienza, oggi va così.

Detto tra i denti da chi lavora in cantina...

Che poi il problema è che i dipendenti di Amazon son maltrattati.
In Francia e Germania, perché qui probabilmente oltre a essere maltrattati brucerebbero in un rogo con lo sdegno del popolo tutto, ma dieci minuti dopo un nuovo magazzino-capannone pieno di condannati ai lavori forzati aprirebbe i battenti. E tutti vissero felici e contenti.
Fino alla prossima volta. E ancora.
Che poi il problema è che i poveri dipendenti di Amazon in Francia e Germania, dove sono noti per non avere alcun sindacato e non sapersi ribellare quando si tratta di diritti e dignità, vengono perquisiti mattino e sera. Qui, probabilmente, il signor Amazon (che di sicuro ha le sue idee sul lavoro, anche non condivisibili, ma che lo hanno reso miliardario) verrebbe derubato prima ancora di mettere la merce in magazzino. Non ci sarebbe alcun bisogno di perquisire, quindi. Qui siamo civili.
Che poi, questi sfortunatissimi lavoratori, non possono parlare sul lavoro e hanno firmato un accordo di riservatezza. Ma guarda, pure dove lavoro io se mi metto a far due chiacchiere non son contenti. Si dà il caso che io debba produrre. E vallo a dire a chi sta in catena di montaggio se ha tempo di parlare del più e del meno mentre qualcuno gli conta i pezzi appollaiato sulla spalla destra. O a quelli dei call-center che hanno il tutor con il cronometro. Oh, certo, non è piacevole. Mio padre dice spesso che se il lavoro fosse una cosa bella non ti pagherebbero per farlo.
Che poi, si dice, questi poveretti lavorano in condizioni disumane.
Hai voglia a dire che le condizioni disumane sono altre.
Non si può mica paragonare un magazziniere di Amazon impiegato con regolare contratto in un'azienda tipicamente americana, magari non la migliore dell'universo, magari un tantino restrittiva; paragonarlo a un cinese clandestino che lavora giorno e notte e tra un turno e l'altro dorme nel retro, dove muore bruciato vivo perché tutto fuorché regolare - figuriamoci il contratto. No, i paragoni non si fanno.
Non sta bene.
Il magazziniere di Amazon, europeo e regolarmente assunto è un povero schiavo.
Boicottiamo Amazon, su.
Non teniamo conto dei paesi di cui si parla, non teniamo conto dei sindacati che là funzionano, non della possibilità per una persona di licenziarsi e cercare un posto migliore. Non teniamo conto dei diritti che qui abbiamo conquistato (dovrei dire lì, forse, che qui li stiamo perdendo) e del fatto che qualora fossero compiuti abusi o reati ci sarebbe di sicuro un intervento. In Francia e Germania le leggi le rispettano un po' più che qui, diciamolo pure. Boicottiamo Amazon perché il suo padrone è cattivo.
Non perché avendo sede il Lussemburgo potrebbe non pagare le tasse in modo corretto rispetto ai concorrenti con sede in Italia. No, a noi gli evasori eventualmente piacciono... se miliardari ancora di più.
Tant'è.
Che poi anche i cinesi evadono. Sono tanti, lavorano troppo e in nero. Ci fanno su i servizi giornalistici almeno una volta l'anno. Tutti sanno dove sono e in che condizioni lavorano, ma guarda caso non c'è modo di farli smettere. E, dicono, non pagano nemmeno i rifiuti... Ma le commesse da chi le prendono?
Che poi hai voglia a boicottare i cinesi. Magari riesci a far chiudere un negozio nel quartiere, tanto ne aprono altri tre. Magari li fai chiudere tutti, poi vai in centro e compri la stessa merce pagandola dieci volte tanto.
Ci sono imprenditori geniali che danno il lavoro a quei laboratori o altri simili con operai sottopagati e maltrattati (ma forse maltrattare un cinese si può fare, che non capiti mai a un francese per carità), poi applicano una bella etichetta con "Made in Italy" sopra, una marca in voga e via. Stessa qualità (o poco differente) e guadagni decuplicati. E certo, io boicotto lo sfigato cinese che sta nel negozio magari obbligato (ché tocca pagarsi il viaggio della fortuna per venire qui) per dare soldi a un furbo italiano. Grande.
E non è che non so come funziona.
Che poi io son vent'anni che cucio biancheria in un laboratorio. E mi va di lusso, perché ho il riscaldamento, un bagno, un microonde, un frigo e uno stipendio. Non alto, ma c'è.
Faccio le mie ore e posso tornare a casa. E se anche lavoro in un sotterraneo (si dice "piano interrato", che scrittrice sei!), posso uscire per pranzo e per tutto il tempo che mi resta dopo le ore di lavoro. Che sono regolate da contratto. E ho anche firmato un accordo di riservatezza...
Che poi, e lo so che comincia a dare fastidio ma me ne frego, le firme per cui di volta in volta lavoriamo non è che non tirino sul prezzo e poi vendano quello che ci pagano al limite del possibile, sfiorando a volte la perdita - ma cosa non si fa per tenersi un cliente al giorno d'oggi - magari non dieci volte tanto ma cinque sì.
E si fanno milioni. Gli altri.
Per cui, se mi si chiede perché non boicotto i cinesi (che vengono qui a rubare lavoro e tutto il resto, come i colleghi africani che schiattano raccogliendo pomodori qui al sud - al nostro sud, non in Africa) rispondo perché io "faccio la cinese".
Perché io qui lavoro, regolarmente - ed è già un gran vantaggio, perché non tutti sono così fortunati nemmeno qui - in un mondo in cui la logica del profitto è l'unica che conta. Quindi boicotto quelli che il lavoro lo danno ai cinesi e lo spacciano per proprio, non i cinesi che stanno h24 (quanto ci tenevo a dirlo!) chiusi in un capannone in condizioni terribili. Non quelli che vengono sfruttati per davvero da gente che poi si fa bella a portar in giro il "Made in Italy".
Quindi sì, io compro nei negozi dei cinesi. Compro jeans a 10 euro che mi durano lo stesso tempo di quelli che altrove pagherei 80. Tanto mi avvelenano anche gli altri. Tanto ci siamo già avvelenati in questi anni quanto basta per dieci vite tutte insieme. Tanto lo stesso discorso vale anche per il cibo, per le industrie che producono sia marca che sottomarca con le stesse materie prime. Non sono così scema da pensare che sia diverso.
Quindi sì. Cerco di sopravvivere. E compro cinese nonostante tutto, e compro da Amazon anche se picchia i suoi magazzinieri e minaccia di morte i loro consanguinei se parlano con qualcuno, manco fossero tutti imparentati col Padrino. Teste di cavallo mozzate nel letto del povero magazziniere che ha osato lamentarsi della perquisizione.
Oh, insomma. Ma quanto riusciamo a essere ipocriti?

27.11.13

Concatenazioni

Quanto tempo è passato da quando ho cambiato lo sfondo del blog?
Nove giorni.
Esatti. E io sentivo arrivare qualcosa. Un cambiamento.
Niente di eccezionale, finora. Ma in nove giorni ho ricevuto input, risposte e proposte a profusione.

Attestati di stima, prima di ogni altra cosa, che non aspettavo e che certo mi fanno piacere ma che da soli non mi spostano da dove sono.

Sono stata eliminata al torneo, come previsto e tra l'altro come desiderato. Perché se e quando un mio lavoro sarà pubblicato, è meglio che lo sia nella sua forma migliore e quella forma non lo era.
Ho ricevuto giudizi cui mi piacerebbe poter rispondere uno a uno, ma alla fine le mie considerazioni le farò nel momento in cui avrò decifrato esattamente il loro significato. Intanto ho ammorbato le amiche.
"Certo che la critica è talmente soggettiva... - dice una - tutti concordano sul fatto che scrivi correttamente, ma il resto credo che sia molto influenzato dai gusti di ognuno."
"La sintesi mi pare che sia - secondo un'altra - che non è chiaro se vuoi scrivere una storia d'amore o una di fantascienza, quindi chi si aspetta l'una è confuso dalla fantascienza e chi si aspetta l'altra è deluso per una caratterizzazione non precisa."
E certo, visto che tendenzialmente era un romanzo di fantascienza in cui c'era una storia d'amore; visto che l'anno scorso come romanzo di fantascienza non era andato benissimo, ché pare non sia bello che ci si ami nei romanzi di fantascienza; visto che mi sono divertita a etichettarlo come romanzo di "sentimenti" per vedere cosa succedeva... ho capito che 1) sono io che ho confuso i poveri giudici spacciando un romanzo di un genere per un'altra cosa e ben mi sta se mi hanno bocciata - ma quanto possono influire le etichette, mi chiedo, nel modo con cui ci avviciniamo a qualcosa? e 2) il problema in generale con i miei scritti riguarda i contenuti e non troppo la forma - accettata questa cosa come cosa vera e giusta, nonché inevitabile, non mi resta che mantenere i miei contenuti e migliorare la forma. Dite che è un controsenso? Io non credo.

Ho due date precise per le nuove presentazioni del vecchio libro:
12/12 a Torino dalle 18,00 presso Supercibarius (negozio di alimenti e prodotti bio), e
19/1 a Trino Vercellese, orario e luogo da comunicare, ma confermato l'appuntamento.
Tocca preparare una scaletta, delle cose da dire, scegliere l'accompagnamento, assicurarsi di avere i libri in caso qualcuno li volesse, decidere come gestire l'evento.
Credo che non sarà difficile.

E un progetto in più, sempre legato alla scrittura, di cui parlerò se e quando partirà. Un progetto che non riguarda solo me e che mi spaventa a morte, perché mi toccherebbe cambiare sul serio. E sono anni che in mille mi dicono che devo smettere di nascondermi nel mio angolino. E hanno ragione, perché la mia tendenza è quella. Rinunciare a tutto pur di non perdere le mie certezze. Perché io mica ho paura di fallire, no. Io ho più paura di riuscire. E non solo perché non so se voglio davvero fare quel salto, se mi piacerà una volta che il sogno sarà vero (capitava per la danza, capita sempre e comunque), ma sostanzialmente ho paura di vivere. Il che mi porta a mettermi sul ramo di un albero e sognare a più non posso, tipo bradipo, senza muovere un pelo. Anche quando sono infelice. Ora che non sono infelice, forse è ora che mi muova.

Ultimo, ma non da meno, il libro che sto leggendo... "Volevo essere una farfalla" di Michela Marzano. Non per il tema, ma per quanto mi stia dicendo, pagina dopo pagina. Non si riesce a leggerlo tutto di un fiato, non si può. Si deve centellinare, tanti sono i collegamenti con la mia vita - pur essendo io totalmente diversa dall'autrice - e quante piccole sofferenze condividiamo noi donne, noi figlie, noi che ambiamo al controllo o che fatichiamo a lasciarci andare. Noi che abbiamo paura. Ecco, questo libro in questo preciso istante è come un dono. Ora che ho la mia solita paura di fare un passo avanti anche se so che me lo merito tutto e che un metro più in là starò ancora meglio che qui.
Perché lo so. Ora lo so.

Nove giorni. Un nanosecondo, un'eternità. Il modo in cui la Vita si muove in  perfetta armonia, a volte.
immagine di Bitstrips.com

24.11.13

Patè(ma) di fegato d'oca scrittrice

Come dicevo, la mia terza avventura al torneo è finita. Ora mi prendo una pausa. Non di riflessione, solo dal torneo. L'impegno che richiede è tanto e va al di là del semplice consegnare un manoscritto nel formato richiesto.
Bisogna leggere e giudicare le opere altrui.
Nella prima fase sono 20 file da circa trenta pagine ciascuno, gli "incipit". Circa seicento pagine in poco più di un mese da leggere, valutare e su cui scrivere un commento sensato (punti deboli, punti di forza etc). Io sono una lettrice veloce. Se non mi devo fermare per annotarmi gli svarioni grammaticali o simili, seicento pagine le leggo in due giorni. Ma dovendo fare un lavoro tipo "scheda di lettura", il tempo si dilata.
Nella seconda fase, se vi si accede o se si accetta l'invito a partecipare come lettore/giudice senza altro fine, bisogna leggere le opere intere che hanno passato la prima scrematura. Questa edizione erano 300 in tutto. Da fine maggio a inizio novembre sono stati assegnati 15 romanzi completi (numero massimo di pagine intorno alle 300) da leggere per intero e valutare come sopra. Voti per grammatica, originalità e "solidità" della trama e dei personaggi, più il commento.
Posto che buona parte delle mie assegnazioni era di lunghezza media, calcoliamo che avessi circa 2300 pagine da leggere. La sera, dopo il lavoro, dopo le faccende domestiche, magari invece di far due chiacchiere con gli amici o vedere un film, o scrivere, o dipingere etc.
Posto che ci sono in gara personaggi che promuovono delle cose illeggibili e bocciano quelle valide sperando di avere più possibilità, la qualità delle mie assegnazioni era quantomeno mediocre.
O sono io che sono snob. Che può anche essere, visto che ultimamente faccio le pulci anche a romanzi pubblicati e ben recensiti, tra l'altro scelti da me, e trovo difetti un po' ovunque.
La lettura è stata complicata e noiosa. E io non mi annoio a leggere, praticamente mai.
L'anno prossimo, visto che dopo 10 ore fuori casa e le minime attività quotidiane mi restano poche ore di svago e di lavoro creativo, penso che mi dedicherò a usare questo tempo in modo mirato.
Fatta salva qualche perdita di tempo, che ci vuole per distrarsi, so che ho da finire due romanzi e riscriverne un terzo. Magari dare un occhio ancora a "Sette Stanze" che ho terminato questa primavera e che già campeggia nei server di posta di una serie infinita di editori, che sicuramente potrebbe migliorare.
So che se mi ci metto posso produrre una decina di pagine al giorno (da rivedere e correggere, ma le produco) e che di idee non ne mancano mai, anzi ho un affollamento che la testa mi scoppia...
Sì, leggere e confrontarsi con il lavoro altrui è interessante. Ti tiene ancorato alla tua realtà di aspirante scrittore. Ma ho bisogno di una pausa o quantomeno di leggere delle pagine proponibili, leggibili e di mio gusto al posto di quelle obbligate.
Quindi stop al torneo, almeno per un giro. E via alla fantasia.

23.11.13

Nuovi capitoli

Eccomi.
Con il torneo terminato mi riaffaccio e con giubilo affermo: non sono passata.
Ho i miei buoni motivi. Non ero contenta del mio lavoro, anche se era l'unico adatto all'impresa. Poi ho partecipato "per sfregio", il che significa che non avevo intenzione di andare lontano.
E ieri mi sono messa a rileggere la parte che stavo riscrivendo: migliore e scritta meglio.
Quindi...
Non si riparte, si continua.
Con i progetti già avviati, con le nuove presentazioni, con la rielaborazione, con gli invii agli editori.
Serena, senza crucci o rimpianti.

20.11.13

Assenza

I giorni piangono le tue ferite,
mio cuore.
Silenzio, come astro infuocato,
sorge nel nero del cielo
e attende.
Che sia destino, volontà,
che sia solo un sogno.
A lavare il sangue
le mani, la bocca,
solo acqua piovana.
Desolato
muore il Sole,
in assenza di te.

18.11.13

Una nuova me?

Siamo di nuovo a una svolta. Il sottotitolo attuale del blog viene da questa canzone degli A-Ha (robaccia anni '80 come al mio solito). Forse non c'entra con il testo in toto, forse poi alla fine sì.

Help me
I need your love
Don't walk away
The dark scares me so
We're nothing apart
Let's stay friends forever
Forever

Here I stand and face the rain
I know that nothing's gonna be the same again
I fear for what tomorrow brings

Trust me
For who I am
Place all your faith
Into these hands
I got nothing to say
But let's stay friends forever
forever

Here I stand and face the rain
I know that nothing's gonna be the same again
I fear for what tomorrow brings
Here I stand and face the pain
Of knowing nothings gonna be the same again
I fear for what tomorrow brings
Here I stand and face the rain
Knowing nothing's gonna be the same again
...
Here I stand and face the rain
Knowing nothing's gonna be the same
Again

Ho smesso di scappare, mi sono fermata, girata e adesso...
Adesso comincia il bello. Lo sento. Qualsiasi cosa sia. Forse era ora, direte, così la smetto con le pippe e con i dubbi e faccio qualcosa di utile.
L'anno passato è stato importante, difficile, pesante e a tratti meraviglioso. Soffro ancora dei postumi. Non ho più ascoltato un cd per intero, non ho più seguito una serie tv in modo regolare, non sono più entrata in un cinema. Esco poco anche con gli amici di sempre. Ho voglia di silenzio, di un silenzio che non sia necessariamente esterno, ma che non può prescindere da un leggero distacco dal mondo compulsivo in cui vivo. Viviamo.
Silenzio. Per rientrare in me e fare in modo che tutto quello che sono stata e sono diventata mi si chiarisca ancor di più, perché mi sarà utile per gli sviluppi futuri di una parte di me a cui non voglio rinunciare.
Comunicare, farlo meglio, farlo tanto e farlo con un senso. Non più a casaccio.
Quindi ecco, voi che oggi avete aperto questa pagina e non l'avete riconosciuta, sappiate che a volte capita. Io cambio, necessariamente, e con me anche questo blog. E non è detto che sia un male.

13.11.13

Il destino del libro - parte 2

Non c'è niente da fare. Ho sempre amato la magia delle parole.
Il modo in cui quelle giuste suonano, una dietro l'altra, e risuonano in mente. O nell'aria, quando si legge ad alta voce. Magia, quella vera.
Quella che ti fa commuovere, che ti agita lo stomaco o ti fa rizzare i peli sul collo.
Quando leggendo provo qualcosa del genere, sono sicura di avere in mano un buon libro.
Chiamiamolo ancora così, finché esiste, anche quando si tratta di e-book (che tanto è un libro elettronico, ma sempre libro è).
Ci provo e riprovo a prenderlo con leggerezza, ma la natura di questo post non mi concede troppo spazio.
Un buon libro.
O meglio, un buon libro e il mercato.
O meglio, un buon libro, il mercato e lo scrivere.
O meglio, lo scrivere un buon libro e metterlo sul mercato.
Ormai è chiaro a tutti che il motivo per cui leggo è principalmente lo svago. Il motivo per cui scrivo è la necessità di raccontare storie che svaghino gli altri oltre me e che magari lascino qualcosa. Mai preteso di fare letteratura o di saperne scrivere in qualche modo. La riconosco, a volte, quando la incontro.
C'è un certo giro che si frequenta, da aspiranti scrittori, fatto di aspiranti scrittori di ogni tipo. Da quelli che aspirando cercano di imparare a quelli che aspirano pensando di essere capaci.
Per tutti, o quasi, l'incubo peggiore è Fabio Volo. O meglio (non l'avevo ancora scritto, stasera...), i suoi romanzi da decine di migliaia di copie vendute. Se un aspirante scrittore deve fare un esempio in negativo di come funziona l'editoria, state sicuri che ce lo mette in mezzo, Volo, in qualche modo.
Eppure...
Si dice che sia colpa dell'editore che non investe più su autori da long sellers, che sceglie solo di pubblicare i volti noti - perché essendo già noti vendono di più - che pubblica qualsiasi ciofeca capiti tra le sue mani purché di un personaggio televisivo. Si dice che i manoscritti non vengono nemmeno letti se uno non conosce "qualcuno", che nessuno più comprende la vera qualità.
Bene, partiamo pure dal presupposto, peraltro corretto, che un editore badi a fare affari, cioè a vendere. Ecco, mi rendo conto che fare pubblicità a un illustre sconosciuto costa. Costa meno se uno già lo si conosce. Ma non tutti i libri scritti da "personaggi televisivi" vendono allo stesso modo.
Sarebbe comodo per l'editore se esistesse una ricetta, tra i tanti libri di cucina, per vendere a colpo sicuro qualsiasi cosa pubblichi. Ma non c'è. Così l'editore va per tentativi. Ci prova qua e là e se vendi bene, altrimenti...
Ma diciamocelo. Siamo in un paese in cui non si legge granché. Spesso nemmeno bene. La cultura generale ha un livello in clamorosa caduta libera, nonostante ci siano diplomi e lauree.
E lo dico da diplomata e da mezza laureata (mai terminato gli studi, ma so che alcuni dei miei professori all'università - e facevo magistero - avevano pesanti conflitti con la lingua italiana). Uno sfacelo, aiutato da un sistema scolastico non sempre all'altezza e da un rigore che fa ridere i polli.
Qui viene il bello: pochi leggono, tutti vogliono scrivere (molti ci provano) con l'idea di fare un mucchio di soldi e diventare famosi.
E vai di manoscritti che inondano le case editrici.
E vai di centinaia di pagine cestinate al mese. Piene di strafalcioni, noiose, poco originali, mal scritte, senza un senso compiuto, insomma... un delirio.
Lo dico essendo uscita da poco dalle letture del torneo. Per quanto ci fosse già stata una scrematura iniziale, anche in questa fase c'erano errori grammaticali gravi e storie di nessuna presa sul lettore.
Non oso immaginare cosa capiti sulle scrivanie delle decine di migliaia di editori sparse per il paese.
Qualcosa di potabile c'è, qualcuno di valido magari lo si trova. Però...
Se uno scrittore non legge, o non legge molto, che cosa scriverà?
Parlavamo di buon libro. Manca. Spesso manca, e questo è un punto.
Manca anche perché con la cultura spaccata in due o tre sezioni, con una classe di "intellettuali" che leggono e comprendono praticamente tutto, una di "normali" che leggono ma a fatica e hanno bisogno di leggere facile; e l'ultima classe, quella dei "ripetenti", che è già tanto se apre un libro all'anno e lo legge fino in fondo...
con tre classi così distanti tra loro, dico, un editore punta su quella più numerosa. Come con le taglie degli abiti. Mica si producono abiti taglia 38 a camionate, se il mercato è pieno di obesi.
Quindi un libro che vende starà nella media, per quei lettori "normali" che non passano il tempo a citare Dante o Omero.
Un buon libro che vende è buono se chi lo legge può capirlo e amarlo. Altrimenti serve a fermare le porte.
Questo bene o male è quello che mi viene in mente quando penso alla qualità messa insieme al mercato.
Ora, torniamo volando a Volo.
Magari non è proprio un grande autore. Parlo per sentito dire, non avendo ancora letto un suo lavoro. Magari racconta storie banali e sempre uguali, come anche altri prima e dopo di lui. Ma vende e tant'è. Vien da dire beato lui.
Da aspirante scrittrice mi interrogo spesso sui motivi del successo, casomai ne azzeccassi una in tutta la vita. Uno dei motivi è senza dubbio questa devastazione culturale in cui viviamo e per cui, almeno io, non vedo soluzione. Ho aggiunto i link onde evitare di ripetere parola per parola cose già dette da altri.
Forse solo non comprando libri che non riteniamo di qualità potremmo venirne fuori, ma può valere per me che già lo faccio e può valere per chi (non me ne voglia il buon Volo, che mi è pure simpatico ma pare sia il più odiato dagli - aspiranti - italiani), invece, ritiene che i suoi libri siano di qualità e che autori meno semplici siano semplicemente noiosi. Insomma, siam tutti liberi. Ben venga pure lui.
Il problema, temo, non è tanto lui quanto tutto il resto.
E che il mercato si adegui (o, come vogliono i complottisti delle migliori tradizioni, faccia di tutto per mantenerci "bovini") mi sembra normale. Come i suoi lettori.
Me compresa, spesso e volentieri, che con a mia passione per i vampiri vado a leggere sì volumi meravigliosi come "Lasciami entrare" di Lindqvist o il classico "Dracula" di Stoker, ma anche boiate assurde di ogni genere (dalla serie di "Twilight" a quella della "confraternita del pugnale nero", passando per una migliore Laurell K. Hamilton, una Harris e una Rice - autrici di tutto rispetto che trattano argomenti leggeri).
Il destino del buon libro, finché esiste, dipende da noi.
Comprarne e leggerne alcuni ogni anno potrebbe farci bene, anche se poi riusciamo a leggerne due pagine a sera e non di più.
Al momento mi sto concentrando sullo scrivere un buon libro e metterlo sul mercato, cosa che finora non mi è riuscita e che temo vi toccherà leggere in un prossimo sequel di questa terribile e noiosa serie "seria" qui sul blog...
Buona notte, e non dimenticate di leggere un po', prima di dormire.

12.11.13

Poi

Poi c'era quella giovane coppia, in montagna.
Senza figli, carini, gentili. Entrambi trentenni, o giù di lì.
Sono stati accolti come fossero mascotte, dolce e tenera coppia. Lei aveva i capelli mossi, grano bruciato. Grandi occhi espressivi, ma labbra sottili. Mani nervose, abiti aderenti e vaporosi allo stesso tempo.
Lui era alto, con i capelli neri.
Gli piaceva giocare con noi, con i bambini del condominio. E a noi piaceva lui. Come fosse uno di noi. Si faceva la guerra all'altro condominio, si passeggiava; a turno poi ci faceva guidare l'auto seduti sulle sue gambe. E a noi piaceva.
Oh, come ridevamo. E battevamo le mani, ridendo e cantando.
Poi non c'erano più.
E una sera, a casa di lei, le lacrime silenziose e il bisbigliare, e qualcosa nell'aria.
Ce li siamo scordati, o abbiamo finto.
Ma qualcosa è successo e a chiudere gli occhi lo abbiam perso per sempre.
E ora non c'è più.
O c'è più di prima, per contrappasso.
Quel che non appare scivola sotto alla superficie.
Non so.
Ma ricordo di aver tolto le mani dal volante.

10.11.13

Case passate

Un tempo vivevo qui. Secondo piano, dalla pianta all'angolo e poco più in là. Non a lungo, prima di trasferirci a Milano. Era l'alloggio dei nonni, con bisnonna inclusa. Mamma e io dormivamo nella stireria, un letto singolo con altro singolo estraibile. Senza cose nostre. La finestra tra i due balconi.
Non è stato un brutto periodo, tutto sommato. Escluso l'asilo, s'intende. Ma è durato poco.
Periodo di tante cose da imparare, di Caroselli guardati prima di andare a nanna, di colori a olio e pennelli, e tele.
Periodo di pastiglie di zucchero colorate e di tavolette di cioccolata con l'orso, di carbone di zucchero a carnevale, di costumi da Minnie e adesivi dei formaggini Mio.
Poi Milano, anche lì non siamo rimaste tanto, per fortuna. E nemmeno una foto.

8.11.13

Nino

Nino era arrivato in macchina dalla Spagna, senza fermarsi, per vederla ancora una volta. Sentendo l'auto che si fermava davanti al cancello metallico dipinto di verde, mi ero avvicinata e l'avevo aperto. Non ero così sorpresa di vederlo, nonostante fossero passati almeno otto anni dall'ultima volta. Avevo, anzi, pensato a lui giusto qualche giorno prima, domandandomi che fine avesse fatto. Lui e suo figlio. Lui e i nostri progetti.
Nino era sceso dall'auto, scalzo. Indossava pantaloni con i tasconi color sabbia, e una casacca verde militare; la barba da fare sul suo viso a sessant'anni suonati. Aveva ancora il fascino di un tempo, un po' stropicciato e caldo. Come solo un artista può essere.
Era venuto per lei e lei era uscita, quando le ho detto chi c'era. Ma non l'aveva invitato a entrare e anche lui non aveva insistito. Era stanco.
Triste e umiliato, ancora.
A sedici anni, coi miei 50 kg, con gli usurai alle porte e i debiti non miei sulle spalle, non ho chiesto. Non chiedevo mai, all'epoca. Ma avrei dovuto.
Cos'era successo? Che era stato del loro amore? Perché mia madre non è rimasta con lui? Perché non mi ha portata via?
Nino era stato il suo primo amore, ma non era bastato tutto quello che avevano lottato insieme a farli diventare "uno".
Nino era stato importante anche per me. E ho continuato a chiedermi, tardi, perché?
Per ritrovare il sapore di queste parole provate a leggere "La stanza", uno dei racconti gratuiti nella pagina qui accanto...

6.11.13

Il destino del libro - parte 1

Ho sempre amato le storie.
Attraverso fatti e personaggi ho imparato buona parte di ciò che so, mi ha aperto la mente; non solo per immedesimazione, anzi, attraverso la conoscenza di personaggi diversi da me ho imparato a comprendere che le cose hanno sempre più punti di vista, non solo il mio. Anzi, forse il mio era il meno importante, il meno complesso, meno interessante.
Che si trattasse di letteratura o semplice narrativa, ogni storia mi ha raccontato qualcosa e sono pochi i casi in cui, chiuso un libro, io non avessi qualche nuova riflessione con cui arrovellarmi. Certo poi sono stata conquistata da fantascienza e orrore, quindi la mia prospettiva si è fatta molto più disancorata dalla realtà. Questo, secondo me, non è mai stato un problema. La realtà non mi è mai piaciuta.
Il mio rapporto con le storie, quello è importante. Non so se mi deriva dalle mattinate passate con mia nonna a mettere per iscritto i miei sogni, trasformandoli con un tocco di qua e una piccola aggiunta di là, in bizzarre e incredibili altre storie.
E oggi pensavo. Pensavo a qualche scena di film vista negli anni. Come nel terzo episodio della serie di Mad Max, quando i bambini si tramandavano a voce la storia del loro arrivo nel deserto, aiutati da graffiti. Oppure ne "Il regno del fuoco" (non stiamo a sindacare sulla qualità dei film che vedo, dipende sempre da come si usa il cervello), dove i giovani adulti mettevano in scena una specie di Guerre Stellari per tenere tranquilli i bambini e raccontare loro un mito. E, ancora, l'importanza del libro che Denzel Washington porta con sé in "Codice Genesi", in un mondo dove i libri non ci sono più. Soprattutto quelli importanti.
E pensavo che un tempo, nemmeno troppo lontano e comunque un tempo che ancora esiste per alcune e nascoste comunità, le storie si raccontavano a voce. Tutte le storie si raccontavano a voce, anche quando qualcuno sapeva leggere e scrivere. Si tramandava una conoscenza profonda attraverso la parola detta, che veniva memorizzata volta dopo volta, come ancora fanno i monaci buddisti che imparano gli scritti, libri lunghissimi e complessi, come cantilene. Affascinanti sequenze di suoni per noi incomprensibile, ma pieni di significato. Migliaia di vocaboli. Una biblioteca intera.
Poi pensavo che la diffusione della "civiltà della scrittura" ha cambiato in qualche centinaio di anni il modo in cui ci si rapporta con le storie, con i miti, con la conoscenza. Fissa, ferma in volumi scritti, sembra essere a disposizione di chi la voglia apprendere. Eppure, in questi anni, stiamo assistendo a una graduale ma inesorabile crescita di un analfabetismo di ritorno (o di rimanenza, perché in fondo, io conosco persone che non hanno fatto le scuole medie - non era obbligatorio quando erano piccole e ancora oggi non sanno scrivere o parlare correttamente pur non superando i settant'anni). Mi rendo conto che mio nonno, nato i primi anni del '900, aveva una laurea mentre alcune mie colleghe - ora pensionate - avevano a malapena la quinta elementare. Quindi pensavo, anche, che non esiste a oggi un paese in cui la cultura sia uguale per tutti. Non cultura di serie A o B, semplicemente una questione di opportunità, almeno per alcuni.
Poi pensavo che non è stata la scuola a spingermi alla lettura. Non sono stati i professori, non le materie, non i compiti, non le lezioni. Solo la curiosità per le storie. Qualsiasi storia riuscisse a sfiorarmi.
E questo continua a succedere. Scrivo perché mi piacciono le storie e i personaggi che le raccontano. Scrivo perché amo le storie. Non per fare Letteratura.
Poi mi guardo attorno. Oggi le storie vengono raccontate in modi differenti. Non c'è solo più la scrittura, ci sono anche le immagini. E se, mi chiedo, venisse un tempo in cui non ci fosse più spazio per la civiltà della scrittura e le storie, la cultura in genere, venissero trasmesse in altro modo? Non so dire quale e non è questo il mio intento. Ma chi può assicurarmi che le cose resteranno come sono? (e spero anche di no, in certi casi)
Chi mi può assicurare che la cultura non passerà attraverso una connessione neurale guidata da impianti computerizzati? Lo so, fantascienza. Ma quanti pensavano, nel medioevo, che sarebbero arrivati gli e-reader?
Comincio a pensare che non sia affatto scontata la persistenza della "civiltà" così come la conosciamo. In meno di un secolo ci sono stati tanti e tali cambiamenti, scoperte, innovazioni, che non possiamo immaginare cosa accadrà tra altri cento anni. Vero è che con l'avvento degli mp3 non sono scomparsi i vinili (ma vai a trovare un piatto da collegare all'impianto hi-fi...), però è anche vero che gli adolescenti di oggi non subiscono il fascino della nostalgia per un oggetto che è effettivamente scomodo, ingombrante e imperfetto.
Il libro in quanto oggetto, che futuro ha?
Posto che per una questione ecologica un e-reader carico di migliaia di e-book salva una foresta amazzonica, posto che gli sprechi in fatto di carta utilizzata per copie che poi andranno al macero (giornali, libri, fumetti, riviste resi dai negozianti - magari nemmeno riciclabili) sono insostenibili. Lasciamo poi perdere il fatto che questo tipo di sprechi si trova in ogni campo. Si produce in surplus per invogliare all'acquisto, forse, o solo per poter soddisfare tutti - proprio tutti, anche quelli che non lo richiedono - i potenziali clienti. non lo so, e non è forse fondamentale saperlo.
Ecco, se in un futuro si evitasse di sprecare risorse per poi buttare via il prodotto io non sarei scontenta.
Ma l'oggetto libro, quel meraviglioso cartaceo che sa di stampa, con la copertina da carezzare e le pagine da far frusciare. Quell'oggetto lì, che futuro ha?
Senza demonizzare il moderno e tecnologico, senza dimenticare il valore dell'oggetto.
L'importante sarebbe il contenuto, in fondo. Il contenuto. Non la carta.
Le storie, i mondi, la conoscenza. Il sapere.
Se ci fosse un modo per trasmettere questi contenuti in altra forma, siamo sicuri che non lo accetteremmo?
Un modo magari più immediato e a portata di più persone. Un modo intuitivo, come alcuni programmi informatici. Perché ci sono bambini che non sanno leggere e sanno invece usare un cellulare per giocare o vedere un filmato?
Stiamo crescendo dei figli diversi dai bambini che eravamo. Imparano in modo diverso da come abbiamo imparato noi (a volte non imparano, più semplicemente, ma ogni sistema ha le sue falle), ragionano in modo diverso. Siamo sicuri che ai loro figli importerà ancora di sfogliare un libro di carta, se quello che c'è dentro sarà più facilmente raggiungibile in altro modo?
Concludo questo ragionamento, pur avendo mille domande in più a riguardo, cui non so e non mi importa di rispondere.
Concludo non giustificando il mondo e la realtà così come sono e la direzione che prendono le cose. So che agli occhi dei miei nonni già la mia generazione risultava incomprensibile e irrimediabilmente rovinata. Funziona così. Ma non si stava meglio allora e ora non si sta peggio che in altri momenti. Si vive, si va avanti, forse per certe cose si regredisce anche.
Forse per alcune cose non vale la pena prendersela, per altre si può tentare di rimediare.
Ma la civiltà, se così la vogliamo chiamare, va avanti. Dopo la "civiltà della scrittura"... che tipo di civiltà ci attende?

P.S: Sono stata prolissa e confusa. Ma la questione è lunga e secondo me interessante. Non coinvolge solo l'oggetto, ma tutto il mondo che ruota intorno a esso. Un mondo che sta cambiando e che non si capisce da che parte va.

3.11.13

Il torneo visto tramite Bitstrips...

L'avventura, che ritengo conclusa, normalmente inizia così:
 Anche se io di solito non faccio troppa fatica a scegliere cosa mandare e, soprattutto, di solito mando cose finite in meno di un mese. 
Dopodiché, comincia la prima fase. Quella in cui si valutano le prime 20-30 pagine dei lavori di altri concorrenti. Circa 20 file, tutti diversi, da leggere e giudicare entro gli inizi di Maggio. Il lavoro spesso è estenuante...
... e certe volte ci si preoccupa a causa della mole di lavoro che necessita questa fase.
Ma alla fine si riesce a terminare in tempo e ci si rilassa quel tanto che basta. Insomma, fino al Salone del Libro non c'è molto da fare se non chiacchierare tra torneisti, senza dire i titoli giudicati - pena la squalifica - ma lamentandosi di ogni errore di sintassi e di grammatica rilevato.

(qui sopra sono giunta, con la n, a proposito di errori...)
Dopodiché ci si reca alla fiera, al mitico evento organizzato da Gems. O si fa come me, che gli giro attorno come uno squalo e attendo che l'evento sia finito per andare a leggere i titoli dei 300 selezionati per la seconda fase.



Ma questa volta, mentre ridevo pensando che ho mandato lo stesso romanzo dell'anno scorso cambiandogli titolo e genere e senza correggere una virgola, il mio romanzucolo pop è passato. Sono incredula.


Subito dopo, però, mi ricordo che essendo passata mi tocca leggere ben 15 romanzi interi e giudicarli entro i primi di novembre. E la voglia di ballare mi passa, perché ho letto gli incipit da poco (anche se non mi capiterà di avere in assegnazione un romanzo di cui ho già valutato l'inizio) e so che cosa vuol dire. Quindi mi preparo, spiritualmente e fisicamente, all'impresa.


Sì, che uno spera in una botta di c..o, ma siccome gli scritti sono selezionati in base ai gusti del giudice (onde evitare che non frequentando romanzi storici confonda il periodo vittoriano con il paleozoico) la questione è solo numerica...


Visto che uno s'è preso l'impegno e, soprattutto, che se non si svolgono i compiti a casa (che non facevo nemmeno alle medie, figuriamoci quanto mi piace) si viene esclusi dalla gara... tocca darsi da fare. Nello sconforto di certi momenti in cui...


Attimi in cui c'è bisogno di prendere respiro e di staccarsi un poco dalla realtà, magari leggendo (...) qualcosa di meglio, o di diverso. Poi bisogna mettere giù i commenti e i voti, senza fare favori a nessuno, perché nessuno ne farà a me...

Fino all'ultimo respiro.
Quindici schede per quindici romanzi (...) e via. Il compito è finito.
Grande sollievo e la sensazione di essermi tolta un peso enorme. Senza pensare che poi, invece, ci sarà una nuova fase in cui non sarò coinvolta. E via...


La tensione che se ne va per un poco. Poi si comincia a pensare...
Che risultato (orribile) otterrà il mio lavoro? Sarò tra i 10 che potranno pubblicare in e-book? Il contratto sarà umano? Il gioco vale la candela? E tutto questo durerà...


E chi lo sa?
 



Un compito ingrato...

...terminato!
Le valutazioni richieste da Gems per il torneo sono complete. Ora tocca vedere che cosa sarà di me e del mio romanzo non corretto.
Il primo anno, alla prima fase, mi hanno paragonata a Liala (e ancora non so perché).
Il secondo anno, stessa fase con altro lavoro, ricordavo Asimov (ma contemporaneamente ero illeggibile e troppo poco inserita nel genere scelto).
Terzo anno, questo e con lo stesso lavoro dell'anno scorso, per fortuna sono me. Con pregi e difetti.
Ma, appunto, resta da vedere cosa ne pensano gli sventurati che hanno avuto l'opera intera da leggere.
Come già sapete benissimo, per me il romanzo è da riscrivere (e avevo già iniziato, ma bla bla bla) e temo fortemente che anche se rientrassi tra i 10 che verranno pubblicati in e-book non firmerei.
Vignetta creata con Bitstrips.com

Quindi...
Ora mi tocca affrontare seriamente il bellissimo lavoro appena iniziato.
Una storia d'amore senza tempo. Vite che si rincorrono e dolori che riaffiorano e che non sempre si vincono. Personaggi complessi e tempi dilatati. Uno studio profondo da fare. Ma la storia c'è ed è già scritta. Devo solo dare il giusto corpo alle persone di cui racconto. Mi piace, mi commuove e mi esalta.
Mi tiene sveglia la notte, che poi è l'unico momento in cui posso scrivere.
Per tutti voi, miei cari amici e dolci ricordi...
che sia una buona notte!

31.10.13

Sono la luna e mi osservo

Quassù non è mai buio.
Lascio aperte le serrande per guardare il cielo e le cime degli alberi che seguono il vento. Non le ho mai chiuse, in effetti.
Sono seduta davanti alla finestra, sulla poltrona che un tempo era sua, rivestita di velluto verde sottobosco. Lo sento formicolare sotto di me, attraverso gli abiti. Non è ancora così freddo, in fondo.
Poi, ecco. Passi leggeri su per la scala interna, in legno di noce. Sta arrivando.
Chiudo gli occhi, perché ogni volta temo di spaventarmi a trovarmela davanti, impalpabile ma ben visibile. La sento entrare attraverso la porta, camminare sul parquet tirato a lucido fino a dove sono io. Una pausa, sembra scomparsa, poi la sua mano si poggia sulla mia, sul bracciolo.
"Ciao nonna". Le dico.
"Ciao bambina mia". Risponde in un sussurro.
Sorrido e apro piano gli occhi, ora posso vederla. So che è tranquilla, nonostante ciò che sto per fare. Lo sa.
"Sei sicura di volerlo fare?" Mi chiede subito dopo.
"Devo".
"E non hai paura?"
La paura. Quella mi accompagna da quando ho iniziato, ben consapevole delle forze con cui avrei interagito. Eppure, con paura e rispetto, ho fatto quello che dovevo ogni volta. Senza tirarmi indietro. Come fosse la mia missione. Ma non lo è mai stata fino a questa notte.
Le faccio cenno di sì, e lei sorride. Sottile, scavata, con i lunghi capelli neri raccolti in una corona intrecciata di gelsomini, avvolta in una tunica chiara come ogni volta che è venuta a trovarmi.
"Ti accompagno". Mi dice.
Ci alziamo. Le gambe mi tremano un po' a causa del digiuno quasi completo che ho dovuto osservare. Erbe, dei cereali e un frutto. Mi precede, la nonna, volando quasi sugli scalini e voltandosi a guardarmi ogni tanto.
L'aria, fuori, è fresca. Cammino scalza sull'erba mentre lo spettacolo di una nitidissima luna piena mi si presenta in tutta la sua bellezza. Sento l'aria frusciare tra i rami e l'odore della terra smossa di fresco.
Tutto, nel giardino, è pronto per questa notte.
L'altare in pietra rossa scintilla della luce delle candele. Il libro è già aperto alla pagina giusta, perché come ogni volta mi sono preparata al compito per tutto il giorno. Una massa biancastra giace lì accanto.
Il feticcio in cera porta i suoi segreti inglobati sotto la superficie, fibre e materiale di cui non avrei dovuto entrare in possesso. Polvere rossa di sangue essiccato nella ciotola di cristallo, il bicchiere con i sacri simboli, un pugnale con la lama d'argento. E pietre e luci di nove candele bianche.
La nonna attraversa il mio altare, tagliandolo con la figura.
Respiro e entro nel cerchio. Leggo le parole che ho studiato tutto il giorno, compio un rituale nuovo e antico.
Le fiamme si alzano, la luce aumenta, la voce forte e le mani sicure. Non sono nel mio corpo, non del tutto.
Sono la luna e mi osservo.
Le mani lunghe che disegnano forme, lasciando scie visibili e chiare. La musica delle parole che escono dalle mie labbra, gli occhi bianchi della devozione.
Accade. Come ogni volta, la cera prende vita. Trasuda, lucida, e vibra. Il momento è arrivato.
Scintilla tra le fiamme la lama, la cera si fonde, si apre sul petto. La forma è più umana di prima, la bolla che ha per bocca si rompe e grida in silenzio. Capelli si muovono, il feticcio vive tra le mani.
E sangue, da secco a liquido, ribolle nel fresco della notte.
Il piccolo cuore che estraggo sta pulsando. Intriso di quella stessa polvere, ora sanguina. Scivola tra le dita e colora di terrore le mani. Lo alzo, lo mostro alla luna e lo guardo.
Il piccolo cuore vive. Come fosse mio, e potrebbe esserlo. Lo brucio con l'incenso di cumino, melograno, biancospino e oleandro. Ne schiaccio i resti, raccolgo la polvere e la mischio al sangue.
La lama fende il mio palmo, ma non sento dolore mentre lascio fluire dal corpo la parte di me che nutrirà l'incantesimo.
Sangue e polvere. Luce e vento immobile.
Bevo parte del contenuto del calice e il resto torna alla cera.
Torna altrove a restituire vita e anima. Torna a portare ciò che era sparito.
Ancora le fiamme si alzano, rosse da luce bianca. Le ginocchia mi si piegano mentre concludo. Piegata, genuflessa al mio altare, alzo gli occhi per fissarli in quelli della nonna. Ancora, lei sorride.
Sono stata brava.
Il feticcio scomparirà prima che la luna si perda nel giorno, la cera delle candele bianche diventerà rossa e io dovrò stare a letto qualche giorno.
So che la persona cui ho rivolto l'incantesimo mi ha vista, come un sogno o un miraggio. Ma mi dimenticherà, come spesso si dimentica ciò che è stato bello e chi ci ha sorretti. La mente umana preferisce ricordare il dolore. Mi dimenticherà e vivrà ugualmente.
Alzando gli occhi in una notte di luna piena e sentendo che in qualche modo, essa lo osserva.
Con me.
La nonna, poco dopo, se ne andrà. Non le è concesso altro tempo. Potrebbe dirmi cose che non devo sapere e promettermi che un giorno non sarà più un feticcio a dividere con me queste notti. Potrebbe insegnarmi a restare. Perché io, davvero, non lo so fare...


Buon Halloween!
Immagini create su Bitstrips.com

27.10.13

Oroscopaggini

Ogni giovedì cerco di farmi rompere le scatole dal sig. Brezny, che prepara gli oroscopi di Internazionale.
Dico farmi rompere le scatole, sì, perché i suoi consigli astrali hanno spesso a che fare con una autoanalisi e una riflessione più profonda rispetto ai classici oroscopi che si limitano a dirti che il vicino ti odia perché tieni alto il volume della tv (o simili e più generici "in amore tutto bene", che di solito significano tutto e niente).
Già la settimana scorsa il signore in questione mi avvertiva che avrei dovuto pormi alcune domande perché le risposte sarebbero arrivate presto. E io rispondevo tra me e me che è una vita che mi faccio domande e che magari qualche risposta me la sarei meritata "aggratis", stavolta.
Questa settimana mi elenca quattro compiti da svolgere (poi corregge con "almeno uno"), sempre in vista di queste famose risposte...
1) Perdonarti i tuoi errori e fallimenti.
2) Chiedere scusa a chiunque tu possa aver ferito per ignoranza.
3) Reinterpretare la storia della tua vita tenendo conto di come eventi più recenti hanno cambiato il significato di quello che è successo molto tempo fa.
4) Essere grato a chiunque ti abbia aiutato a diventare quello che sei.
Credo che il punto più difficile sa il primo, non so se solo per me o se capita un po' a tutti. Con la mania del controllo che mi perseguita e con la tendenza a pretendere da me stessa solo risultati eccezionali - altrimenti non vale la pena - è ovvio che sia difficile ammettere o perdonarsi errori vari. Poi è ovvio che alla mia età magari so già quali di tutti gli errori sono dipesi da me e per quale motivo li ho commessi. Il fatto di conoscerli e di dare loro una collocazione non sempre va di pari passo col perdonarseli. Certo, razionalmente è semplice, ma sotto sotto il senso di inadeguatezza lavora sempre.
Per il secondo compito la faccenda è più semplice, dal mio punto di vista. Un po' meno da quello di chi è stato ferito (poi per ignoranza... non so se è successo mai). Il più delle volte quando ferisco lo faccio sapendo esattamente cosa sto facendo. Se così non è, soffro anche io, forse più della persona che ferisco. E certo è più facile che siano gli altri a passarci sopra, perché le ferite occasionali non mi piacciono (un po' come le vittime collaterali in guerra). Se ferisco per sbaglio sono troppo distrutta per chiedere scusa.
La terza e quarta richiesta, invece, mi sembrano molto legate tra loro, quasi una la continuazione dell'altra. Anche se non trovo eventi recenti che abbiano modificato così in profondità le cose, ho sempre pensato che sono fortunata. Comunque. Avrei potuto essere una persona decisamente peggiore, se avessi subito meno batoste. Per questo, chiunque mi abbia sbattuto porte in faccia o condizionata in qualche modo, anche negativo, mi ha resa migliore e non faccio fatica ad ammetterlo.
Certo, di strada da fare ce ne sarà ancora, ma credo di essere già a buon punto per essere quello che volevo. Mi manca solo quel briciolo di risposte e quel minimo di successo che gli sforzi fatti finora meritano. Perché per una volta so che merito. (e non parlo dell'appretto con il manico)
Così, mentre aspetto risposte dall'universo, visualizzo il mio futuro che, insieme ad altre meravigliose cose che ho già e ad altre che vorrei contempla anche una nuova sicurezza...
vignette di Bitstrips.com



















Per il resto della mia impegnatissima settimana ho prodotto questa recensione per Albion, romanzo fantasy di un'amica. Romanzo che merita.

25.10.13

Il mondo come ruota per criceti

Questo è ciò che mi sembra stiano cercando di fare. Un complotto internazionale, forse spaziale.
Renderci tutti cerebrolesi.
Tutti, fin da piccoli. Ché così è più comodo.
E siamo già sulla buona strada.
Vado a capo spesso per separare le frasi, i discorsi.
Il mondo va male. L'abbiamo spinto in questa direzione e ora da una parte non sappiamo che fare e dall'altra siamo troppo assuefatti al mondo così com'è per aver anche solo voglia di cambiarlo.
A forza di indignarsi per piccole cose ogni giorno si finisce per non indignarsi più per le grosse.
Una goccia di veleno al giorno per vincere il veleno.
A forza di pianti catartici si perde l'empatia. Ci si lava la coscienza con bimbi allegri che cantano in tv e fanno commuovere, poi si pensa che la barista che arriva dalla Romania ha rubato il lavoro a una italiana e quindi...
Ci fanno fare bagni di emozioni forti, così non sentiamo più nulla che non sia eccezionale.
Appiattiamo tutto e viviamo di eccezioni.
Non abbiamo rispetto per niente e ce ne vantiamo pure.
I nostri bambini hanno ogni giorno più problemi, perché non vivono da bambini.
Non si può giocare in cortile, non si può giocare a palla nei giardinetti.
Non si torna a casa a pranzo e dopo la scuola c'è ancora da studiare. Per poi nemmeno sapere l'italiano.
Non l'inglese, l'italiano.
Non lo sanno nemmeno le maestre, a volte.
Spingiamo oltre ogni cosa.
Tentiamo di essere competitivi, sempre per le cose sbagliate.
Che cosa importa se a 8 anni siamo campioni di calcio? Facciamo contento papà o importa davvero a noi? O quello che importa è ciò che importa a lui? Siamo obbligati a rispettare le aspettative altrui?
C'è davvero bisogno di concorsi di bellezza per bambine, che verranno travestite da adulte e sembreranno scherzi di natura per tutta la vita? Per chi è importante che tu sia più bravo di tutti?
E non è che poi quando sei grande e fallisci qualcosa ti crolla il mondo addosso perché non hai mai imparato a perdere e a lavorare per meritarti qualsiasi cosa?
E chi può davvero pensare che, siccome il mondo va così, dobbiamo essere noi ad adeguarci al mondo e non invece cambiare il mondo perché si adegui a noi?
Finora abbiamo fatto questo e il mondo è diventato qualcosa che ci somiglia.
Distruttivo, stancante, complicato e fuori dalla nostra portata.
Non è che sarebbe meglio cambiare direzione?
Così, per dire...

24.10.13

Lady Giuliva non cavalca più qui

La notizia pare certa: in un paese dove il lavoro toglie indipendenza, la nosta Lady torna a vivere dai suoi. E a cavalcare andrà in altri luoghi. Niente più sveglia nel cuore della notte, niente più telefonate fatte in bagno per evitare l'imbarazzo dell'audio hard all'interlocutore, niente scampanellate selvagge a orari impossibili.
Che poi pare strano, insomma, uno mica si dà tanto da fare per avere una certa libertà per poi fare i bagagli e tornare al nido...
Meglio per noi, forse. Alla fine avremo accanto qualcuno di meno vivace, spero.
Certo, ora per ispirarmi le scene osè dei romanzi dovrò trovare un altro sistema. O anche no.
Ora gli amici non verranno a trovarci così spesso nella speranza di assistere al fenomeno acustico. Non mi sveglierò più pensando a un terremoto (tranne magari quando ci sarà un terremoto - che tanto di solito non li sento comunque) per poi ridere tra me e me per l'errore.
E dire che la trovavo anche piacevole, in un certo senso. L'aspetto, una cerbiatta delicata e impaurita, il più delle volte. La timidezza mascherata da aggressività. Il passo incrociato dei tacchi troppo alti, i lunghi capelli scuri.
Non so se lavorerà ancora, se mi capiterà di incrociarla e sorridere riconoscendola. Mi piace pensare di sì.
Intanto mi appresto a trascorrere una nottata tranquilla... finalmente.

20.10.13

Sono imperdonabile, ma anche no...

Sono assente da qualche giorno. Lo so.
In realtà non proprio, visto che ho avuto modo di aggiungere l'ennesima pagina al blog con le note biografiche che certo vi mancavano. O forse, visto che presentandomi agli editori mi spaccio per blogger seria e con seguito mi toccava semplicemente adeguarmi al mio profilo di personaggio pubblico (che se ancora non c'è... ci sarà).
Sono molto attiva nel cazzeggio creativo, questo sì.
Creo album fotografici con attori che somigliano ai miei personaggi, sondo con chi mi ha già letto tutta la produzione se sono gli attori giusti, discuto sulle età relative e sul colore degli occhi o sulla nobiltà di tratti di un personaggio piuttosto che di un altro.
Trovata l'applicazione fumettistica su face, mi sono dedicata a prendermi in giro da sola con vignette di ogni tipo. E devo dire con soddisfazione, anche altrui, visto che ho ancora un senso dell'umorismo funzionante.
Scrivo.
Ho molto in mente del nuovo lavoro, mentre latita l'energia per quello sospeso. Vedremo come e quando si svilupperanno i vari progetti. Continuo a covare l'influenza, d'altra parte sono del segno del Gallo e da brava gallina non posso che covare, ogni tanto.
Procedo, insomma, sulla via che mi son scelta. Mando ancora romanzi via mail a raffica, ogni volta che trovo un editore che pare serio (ma che poi a volte chiama per chiedere soldi e riempirmi di complimenti giusto per darmi il contentino), li mando a coppie così non si sentono soli mentre aspettano di essere letti. Che dare confidenza a manoscritti sconosciuti è pericoloso, glielo dico sempre.
Organizzo nuovi eventi, cosa di cui non mancherò di fare pubblicità a tempo debito.
Tento di consegnare ben sei copie del libro al presente easy-lettore, dovrei farcela a breve. E ancora, sono caduta nel loop del periodo creativo. Non si dorme un fico secco e la produzione resta comunque discontinua, come sempre ho troppo in testa e troppe poche mani.
Infatti ora, per non perdere l'abitudine...

8.10.13

Eccomi

Non è che non abbia fatto cose, sono stata molto impegnata...
Innanzitutto ho invaso dei perfidi editori di mail con i miei romanzi, prima o poi qualcuno risponderà.
Poi ho sistemato un paio di racconti per i fatti miei. E ne ho aggiunto uno nella pagina accanto, tutto per voi. Spero vi piaccia. da quando ho iniziato a inserire i file non ho avuto molti commenti a riguardo. Probabilmente se facessero proprio orrore qualcuno me lo avrebbe detto. Di solito succede così...
Ora, se sopravvivo a tutto, mi resta da fare una mega-consegna giovedì sera, da finire il dannatissimo quarto romanzo e dedicarmi ad altroooooooo.
Oh, post scriptum, dovrei anche finire di leggere le assegnazioni del torneo di Gems...
E oserei aggiungere: "sigh!"

2.10.13

Stasera...

Sui peperoni grigliati...
1/2 vasetto di yogurt greco (quello da 170gr, insomma, quello piccolo)
1 scatola di tonno al naturale da 160gr (forse va bene anche quello sott'olio, ma non so),
erba cipollina, sale e pepe quanto basta
qualche cappero...
Tutto frullato brevemente nel box del minipimer.
Da provare.

29.9.13

Ecco...

Ho trovato una nuova e tremenda applicazione su facebook...
E non potevo non approfittarne, giusto?
Poi non dite che non ve l'avevo detto...
Ma quanto sono scema?

28.9.13

Vie

Che poi le vie han nomi tutti uguali, e le vite a volte anche. E i ricordi che si mescolano alle note, e le lacrime ai sorrisi. 
Capita di passare, a volte, in certi luoghi che ti han preso l'anima. E ci muori cento volte, ma ci torni ancora. Alzi lo sguardo e non incontri occhi, vorresti perle e ti rimane sabbia. Ma quella nebbia e quel che non sei più, quelle te le porti una vita addosso...

22.9.13

Pensieri pre-paella...

Che si sa, l'appetito stimola la riflessione.
So che non mi interessa apparire in antologie varie. Io non le compro e quindi non ci voglio stare.
So che non mi interessano i concorsi a pagamento, soprattutto se indetti da case editrici sconosciute. So che mi pare troppo aspettare 15 anni di essere pubblicata da un editore medio-grande, so che non sono portata per il lavoro di selezionare le case editrici a cui spedire i manoscritti, nè a fare quel tipo di lavoro - perché è un lavoro - per promuovere un mio romanzo.
So che non scrivo mai le stesse cose, ogni romanzo è diverso dal precedente e che questo spiazza. So che non sono in grado di scegliere un genere, perché mi piace quello che scrivo e come lo scrivo. Probabile che non piaccia agli altri, ma che ci posso fare?
So che alla fine mi troverò a cercare un agente e pubblicherò sotto duemila pseudonimi così da non confondere i lettori e da alimentare altresì la mia schizofrenia.
So che ho 6 anni di tempo per avere tutto quello che voglio, perché dopo me la voglio solo più godere.
Vi chiederete cosa sono i 6 anni... semplice, il contratto di casa. Via da qui, altra vita. Punto.
Ora vado, mi faccio una bella doccia post pulizie di casa e metto su una deliziosa paella per i miei amici ospiti.
E che buona domenica sera sia per tutti. Olè.

15.9.13

Inquietudini d'autore, pardon... d'autrice

Mi sento come questo cielo visto da casa.
Il problema del talento. Non tanto sapere da altri che c'è, quanto il saperlo da me.
Leggo e mi chiedo perché molti dei lavori altrui, pur avendo una struttura corretta e tutti i "crisantemi" - che almeno una parola al giorno la devo storpiare - non mi piacciono. Mi annoiano, mi disturbano. Sia quelli inediti che alcuni pubblicati. Prevedibili, pieni di luoghi comuni e vuoti di quella magia che, una volta terminato il romanzo, ti porta a riaprirlo più volte per riprendere alcuni passaggi.
Forse sono diventata troppo esigente, anche se continuo a preferire letture poco impegnate, se non trash. In alcuni di questi romanzi non c'è nulla che sia memorabile, eppure mi lasciano un sorriso e voglia di andare avanti. Cosa che romanzi più "seri" non fanno da tempo.
Sono in una fase in cui mi chiedo che cosa voglio fare con la mia scrittura. Perché ho sempre scritto e probabilmente continuerò a farlo comunque. Il problema è se crederci davvero fino in fondo o lasciare che sia, come per la pittura, uno svago rilassante e piacevole in cui coinvolgere al massimo gli amici che hanno voglia di essere coinvolti.
Mi chiedo se ci sia spazio per me sugli scaffali, in mezzo a miriadi di altri autori più o meno meritevoli. Cosa ho da dire più di loro? Cosa mi rende diversa da un aspirante qualsiasi? Cosa penso di ottenere? Ho davvero voglia di fare tutta questa fatica a cercare di pubblicare quando anche professionisti hanno smesso di crederci? Quando autori pluripubblicati cominciano a far da sé con Kindle o altre piattaforme? Quando ci sono "marchette" ovunque per libri pressoché illeggibili fatti in serie a seconda della moda e non c'è alcuna possibilità di emergere se non si segue l'onda?
Perché non è che io non sia in grado di scrivere romanzi erotici, ma li voglio scrivere quando pare a me, non quando tutti leggono romanzi erotici (in cui guarda caso ci sono solo innocenti fanciulle trasformate in eroine del sesso da uomini tenebrosi e navigati con perversioni più o meno probabili). E sì, voglio scrivere di vampiri ma non li voglio mandare al liceo per tutta la vita, non voglio che siano vegetariani o pentiti o vecchi nobili rimbambiti da secoli di isolamento a causa dell'amore. E non voglio che gli alieni vengano sulla terra suonando l'organo o invadendo le menti e i corpi degli umani. Ma soprattutto non voglio legarmi a un genere, a un tipo di storie, a una serie di cliché solo perché oggi va bene quella storia lì.
Voglio scrivere le mie storie, tutte diverse e tutte mie ugualmente.
Mi chiedo, sono in grado? Posso farlo senza preoccuparmi di altro? Editori, marketing, mode, codici di comportamento, concorsi più o meno truccati, fascette fasulle, disonestà cronica...
Posso aspettare una vita chiedendomi se ho il talento necessario o devo semplicemente buttarmi come se lo avessi? Voglio fare la figura del genio incompreso o quella dell'intellettuale snob, quella dell'eremita che vive della sua scrittura vada come vada o quella dell'autrice tutta sorrisi e presentazioni?
Ho davvero così tanta voglia di mondo reale?

11.9.13

Segni

Mi osservo i piedi.
Tre anni fa sono stata in India per la quarta volta. Il viaggio più pesante dei quattro, forse perché ero già tesa. Stavo partecipando al primo anno di Torneo letterario, dovevo leggere una serie di opere altrui e valutarle e lo facevo con il portatile, quasi ogni sera. Conoscendomi, mi ero attrezzata nel migliore dei modi. Pantaloni lunghi, magliette con le maniche corte, cappellino da baseball e scarpe comode.
Sandali Clarks, morbidi ed elastici.
Nessuna insolazione. Nessuno sguardo indiscreto date le spalle coperte, nessuno che cercasse di guardare le caviglie. Elastici al fondo dei pantaloni per chiudere ogni possibilità. Non mi sono scottata le spalle, nemmeno il naso - che invece di solito soffre - ho sudato moltissimo.
Come una viaggiatrice esperta e zozza ho usato ogni giorno lo stesso paio di pantaloni, spessi e comodi, alternandoli la sera con quelli leggeri e un po' più carini.
Abbiamo camminato ore, giorni, chilometri e chilometri su e giù per il nord, da Delhi a Calcutta e ritorno.
Mi osservo i piedi.
Sono stata là tre anni fa. Poco oltre le dita e poco prima della caviglia ci sono due strisce bianche su un piede appena dorato. Non ho preso sole da allora. Ho usato un guanto di crine per lavarmi ogni giorno, ho sfregato e insaponato bene. Il segno dei sandali è ancora lì.
Se un paese fa questo al corpo, quali segni lascia dentro all'anima?

9.9.13

Prossimamente in tutte le librerie

Sapete che da tempo tento di pubblicare qualcosa che mi renda sfacciatamente ricca.
Finalmente ho trovato l'idea, quella con la I maiuscola. Vista la attuale tendenza in fatto di pubblicazioni ho deciso che il mio primo romanzo di successo sarà:

La storia di Irene, donna adulta e smaliziata che si ritrova a Parigi dopo che il suo trolley è stato smarrito all'aeroporto Charles DeGaulle (cosa per altro nota a tutti). In possesso solo del bagaglio a mano, Irene si trova ben presto a corto di biancheria intima e, vista anche la carenza di bidet, decide di godersi il suo viaggio in versione nature. Le sue avventure erotiche vi lasceranno senza fiato. Una donna che vive una vera storia zozza senza lasciarsi condizionare da quello che l'eleganza parigina impone.
In appendice, troverete il racconto breve dal titolo "Il cielo sopra il belino", avventura tragicomica di un povero maniaco esibizionista in liguria. E il buono per il ricettario erotico "il porcino", venduto separatamente anche nelle edicole di tutto il mondo, con illustrazioni per facilitare le preparazioni.
E se ancora non vi basta il romanzo a episodi "50 sfumature di greige", la storia di una giovane sarta che sgomita nel tentativo di entrare nell'entourage di un noto stilista nostrano di fama mondiale.

Ecco, tanto sapete benissimo che scherzo e che continuerò a scrivere cose che non leggerà mai nessuno perché non vanno di moda pur essendo scritte in italiano corretto e avendo una trama sensata, dei personaggi studiati con cura e un certo senso di romanticismo (per quanto il mio, di romanticismo, sia vagamente gotico)... Vado. A presto...

7.9.13

Le polpette di mia sorella

Forse una delle cose migliori che abbia fatto, sono polpette abbastanza comuni. Le quantità precise non le so, anche perché dipende da quanta carne c'è più che da quanti si è in tavola...
Occorrono:
carne tritata magra (da mangiare cruda possibilmente), mollica di pane ammorbidita con latte, un uovo (o due se c'è più di mezzo kg di carne), parmigiano grattugiato, uvetta e pinoli, prezzemolo, sale e pepe. Più olio per farle cuocere in padella.

Come si fa:
Come si fanno tutte le polpette. Si mischia rigorosamente con le mani, guai se non si fa, dando la giusta consistenza aggiungendo parmigiano o mollica. Per ultimi si uniscono prezzemolo, uvetta e pinoli. Si aggiustano sale e pepe, a seconda dei gusti. Si fanno palline o le si schiaccia in modo che cuociano più in fretta e si mettono in padella con un poco d'olio fino a cottura ultimata.

Sono leggermente dolci e molto buone. Ma molto.
Provateci...

5.9.13

La casa violata

Sotto casa manca l'auto, ma lo sapevamo. Flavia ce lo ha detto al telefono quando ancora eravamo a Dusseldorf. Arriviamo preparati, almeno in teoria.
Un pacco di biscotti del mulino bianco giace svuotato accanto alla porta del piano terra. Non c'è voluto molto per convincere Ringo a chiudere un occhio; d'altra parte non è mai stato esattamente un cane da guardia. E, come si può immaginare, ognuno ha il suo prezzo. Quattro etti di biscotti, 30 denari, non cambia. Non manca nulla in quella zona della casa, certo non me li vedo i ladri che si portano via le scorte di passata di pomodoro o il pane secco per la pappa del cane. O i panni da stirare, anche.
Il vetro della porta finestra in cucina è ancora rotto. Sono passati da lì, andando a colpo sicuro a recidere i cavi dell'antifurto direttamente nel suo loculo nascosto. Sapevano dove trovarlo, così come sapevano cosa portare via. Mancano solo gli oggetti di valore, due quadri, una statuina d'avorio, qualche gioiello, un orologio da tavola antico e la sua copertura di vetro a campana. Oggetti sparsi che sono stati selezionati, caricati in auto e portati via.
Tutto in breve tempo. Senza particolari sfregi tranne un disordine non familiare e l'odore di estranei nelle stanze. Perché l'odore io lo sento. Una invasione sgradevole.
Penso a cosa possono aver fatto mentre non c'eravamo. Penso alle mani nei cassetti alla ricerca di qualche nascondiglio prevedibile. Le mani nella nostra biancheria, sulle nostre maniglie, sulla superficie di ogni mobile. Ancora non immagino cose peggiori, più intime. Non ne ho l'età.
Non hanno trovato l'argenteria, quella che la nonna aveva un tempo nascosto nell'armadio degli stracci sul balcone e che nessuno di noi ha mai spostato (segno, tra l'altro, di quanto sia utile per noi l'argenteria in generale) e che quindi ci resta.
Il poliziotto in borghese che ci fa le domande è giovane e di bell'aspetto. Comincio a farci caso, almeno quello, senza malizia. Noi i sospetti li abbiamo, ma non possiamo dire molto perché non ci sono prove. Quindi facciamo nomi, indicando chi ha installato l'antifurto o l'assicuratore che ha le schede di ogni oggetto mancante e torniamo alla nostra vita di sempre.
Non ho paura, comunque. So che non torneranno. Sono arrabbiata per gli orecchini di oro e acquamarina che non ho più. Accetto ciò che capita con calma quasi innaturale.
Non posso fare altro, non ho mai potuto e non potrò in futuro. E non mi importa, se non per quel singolo paio di orecchini. Gli oggetti vanno e vengono, le auto pure. Ringo è ancora vivo e la casa non ha subito danni gravi. Alla fine resta solo la sgradevole sensazione che qualcuno abbia vissuto ore in casa mia, tra le mie cose senza permesso. Anche se ho solo undici anni a queste cose ci tengo.
Molto.

3.9.13

E intanto (il tempo se ne va...)

La fregatura d'agosto è arrivata.
Non che non me lo aspettassi, ché capita ogni anno ormai. Ora, secondo una logica che a me pare folle, visto che non posso comprarmi una casa devo pagare delle tasse in più affinché chi ha casa, villa, castello o città intere non paghi la sua tassa sulla proprietà. Perfetto. Tanto comunque pago. Perché io pago.
Tanto mica faccio fatica a mettere via due euro, io. Ho uno stipendio da favola...
Certo, non mi lamento, c'è chi non ha nemmeno quello.
Non ho la casa, non ho un'auto, non viaggio quasi mai, non compro abbigliamento o accessori firmati, ho uno swatch di mia madre fermo da un anno, non ho nemmeno l'abbonamento ai mezzi pubblici. Posso permettermi di pagare una tassa in più. Al limite mi metto a dieta e risparmio sul cibo.
Però scrivo. Ho giusto due nuovi racconti che troverete nella pagina appositamente creata, sempre gratis. E altri progetti innumerevoli di cui saprete al momento opportuno.
Sto per mandare in vacca il torneo, i romanzi che ho da leggere non mi piacciono affatto e non ho voglia di finirli tutti... Non so, ho davvero voglia di fare altro. Ma vedremo. Chi lo sa?
Intanto non sono stata a dieta ed è ora, invece, che mi ci metta un po' seriamente. Nei mesi scorsi sono ingrassata troppo e non voglio tornare il baule di un tempo ora che so cosa vuol dire stare bene.
Intanto Cali ne ha sempre una e andiamo avanti a medicine e tentativi, intanto ho smesso di ascoltare musica - ma qualche volta mi manca davvero - e non ho smesso di farmi tentare dai vampiri.
Intanto, vado a mettere su quei racconti perché è ora!