29.8.11

Il punto qual è...

Bene, sono finite le ferie. No, non è un bene, in effetti.
Lasciamo perdere.
Ma le cose si muovono. Venerdì mattina sono andata all'Ikea. Dovevo farlo a inizio mese, ma ero troppo stanca per pensare a mobili, vernici, tende etc. Invece venerdì no. Forse per non pensare al fatto che dovevo tornare al lavoro, forse perché ero stufa di vedere la casa messa così. Al di là delle cose aggiunte, sono molto fiera di quelle che ho eliminato.
Roba che mi portavo dietro da almeno 20 anni senza alcun motivo. Tipo i trofei vinti ballando (vinti, vabbè, chiamiamoli ricordi di esibizioni passate), quadri fatti al mezzo punto alle medie (che stavano in un baule da una vita), specchi dipinti che mi hanno regalato a quindici anni, un puzzle da 1500 pezzi con un bellissimo disegno del segno del leone (più recente, era appeso in cucina, ma ora quella parete libera non c'è più), abiti, attrezzi, stoffe inutili, il baule in legno da ferroviere. E così via.
Poi ho aggiunto 3 mobili in cucina, eliminato il tavolo con gli sgabelli alti che tanto non usavamo mai, spostato alcuni dei vecchi mobili e riadattato l'arredamento. Ho reso l'ingresso più simile a quello che desideravo quando abbiamo messo su casa, manca ancora qualcosa, ma mi sto avvicinando.
Manca qualcosa, ma in definitiva c'è quel senso di leggerezza che si prova quando si svolta.
E la svolta la sento vicina. Un po' come l'anno scorso sentivo il peso di ciò che mi aspettava (poi puntualmente avverato), ora sento che sta arrivando qualcosa.
Ma stavolta è qualcosa di buono.

24.8.11

Delle cose che faccio e di quelle che farei

Vorrei imparare a tirare con l'arco, a sparare con la pistola e a maneggiare spada e pugnale.
Non per difesa o offesa, giusto per sapere cosa si sente. Mi piacerebbe più di ogni altra cosa. Un po' come mi piaceva la fitboxe, che senza picchiare nessuno mi sentivo bene, forte e tranquilla.
Ci pensavo oggi mentre leggevo il libro di Miki Monticelli (è uno young adult fantasy, ma bello bello) e mi venivano in mente le pagine Facebook di Laurell K Hamilton, che va a sparare davvero e che è simpatica, matura il giusto ma ancora giocosa. Mi è venuto in mente Clive Barker che va ad assistere alle autopsie per "divertimento". Insomma, se si scrive di un mondo bisogna sapere come si vive in quel mondo. Anche se è un mondo inventato.
Vorrei avere il tempo di fare queste cose, averne anche il coraggio e la costanza di imparare davvero.
Mi piacerebbe poter diventare uno dei miei personaggi. A piacimento.
Vorrei che fosse possibile diventarlo pian pianino.
Intanto scrivo. Cose che mi tengono sveglia la notte perché sono personali. Lo so, avrei dovuto finire prima una cosa, ma fa troppo caldo e quello che scrivo viene giù a goccioloni. Il che è ben diverso dalle note che vengono giù quando mi metto a parlare di Jane e del suo mondo, soprattutto ora che la storia volge al termine e che mi piace. Quanto mi piace.
Ma c'è qualcosa che cambia davvero, obbiettivi più chiari e quel morso che mi ha messa in moto già una volta: Forse la passione è rinata, forse sono tornata a vivere, forse sono libera di essere chi voglio essere adesso più di prima, più di un anno fa, più che mai.
Mi sono resa conto che davvero qualcosa è cambiato e che non importa se per ora lo vedo solo io.
Si fotta, il mondo.

22.8.11

Apologia di amore insano, ovvero...

Twilight e la meraviglia dell'essere adolescenti.


Traggo ispirazione dalle recenti e inutili comparazioni tra le saghe di Harry Potter e Twilight, che a mio avviso nulla hanno in comune tranne l'antipatia di fondo dei protagonisti principali.
Il mio pensiero va alla saga dei vampiri più redditizia del mondo e a quello che mi ha lasciato dopo una accurata lettura e dopo la visione di ogni film che è stato tratto finora dai romanzi della Meyer. Premetto: io adoro i vampiri. Chi mi conosce lo sa.
Per questo quando ho letto Twilight ero certamente ben disposta. Mi piacciono le storie romantiche, anche. Il libro, primo della serie, mi ha lasciato addosso la sensazione di essere tornata a diciassette anni, di poter provare quel tipo di amore ancora adesso che sono una persona adulta (almeno anagraficamente).
Bellissimo quando nel nostro respiro non c'è altro che il desiderio di un altro essere umano, quando ciò che sentiamo è così forte che ci sembra indistruttibile, giusto e meraviglioso. Cosa che normalmente non è.
A quell'età mi sentivo così ogni volta. Mi piaceva sentirmi così, mi dava una forza che altrimenti non sentivo. Leggere Twilight mi ha riportata a quel sentire, mi ha fatta reinnamorare dell'amore e del romanticismo, perché non c'è niente di più forte di un amore impossibile e niente di più romantico di un amore che sfida la morte.
E va bene, per carità. Va bene a diciassette anni se in più ci si rende conto che si tratta di un libro.
Perché più avanti si va nella storia più si comprende che quell'amore non è sano.
Romantico, sì.
Ma come può essere sano un amore che fa tendere alla morte? Un amore che fa stare male, che fa impazzire, che fa deprimere, rinunciare alla vita? Quale amore sano porta a questi estremi?
Credo sia bello leggere di sentimenti struggenti, immergersi in ambienti e in storie così coinvolgenti. Credo sia bello quel primo libro, una sorta di Giulietta e Romeo versione horror (sempre se non è già horror a sufficienza la tragica storia dei due innamorati di Verona), l'amore e la morte. Il romanticismo puro.
Poi nella vita una farebbe meglio a scegliersi un lupacchiotto innamorato, caldo e vivo.
Credo non sia un modello positivo, per quanto romantico. Credo che l'amore sia una cosa differente, dovrebbe far battere il cuore e non far sperare che non batta più. Non è una questione di anima. Non si perde l'anima per amore. Si arricchisce ogni volta.
Se poi devo anche prendere in considerazione il resto della saga, trovo che al di là dell'idea geniale e della buona scrittura con cui è iniziata sia stata in seguito sfruttata in malo modo. La Meyer è talmente romantica che non riesce a prendere delle decisioni e a deludere qualcuno. Sistema tutti come nelle favole e tutti vissero vampiri e contenti. L'operazione commerciale contro tutto il resto, contro la creatività e contro la realtà delle cose: la vita non funziona mai in questo modo.
Lo so, sto parlando di una serie di libri. Credo che però in ogni cosa che si scrive ci sia la realtà, se non ci fosse non ci catturerebbe. Certo, le occasioni sono inventate, ma una buona storia racconta sempre qualcosa di vero. Altrimenti non funziona.
Il segreto di Twilight è quello di raccontare quel tipo di amore con le parole giuste e con le sensazioni vere che un amore di quel tipo provoca. Il suo segreto è quello di rendere perfettamente l'idea della potenza di quelle sensazioni nella vita di un'adolescente. Di farle rivivere, di farle sognare.
Che è, in definitiva, sia il suo più grande difetto e pregio allo stesso tempo.
(Bisogna comunque fermarsi al primo libro, perché a mio parere tutto quello che segue è inessenziale)

17.8.11

Italians do it better...

Forse nessuno avrà notato che mi piacciono i telefilm.
Guardo serie tv da quando sono piccola e se potessi collezionerei tutto e di più per poter rivedere ogni episodio di ogni serie già vista e ancora cose nuove.
Nella mia ricerca di cofanetti dvd (perché mi piace averli e vederli quando voglio invece che aspettare gli orari variabili e improbabili dei palinsesti tv) mi imbatto in bizzarre singolarità. Che variano dalla strana distribuzione temporale (un cofanetto che esce adesso negli USA, da noi arriva forse tra due anni), alle versioni del cofanetto in questione.
L'ultima di oggi: cercavo il cofanetto della seconda stagione di True Blood.
In patria è già uscita la terza stagione da qualche mese, stagione di cui esistono già una versione francese e una tedesca, da noi è disponibile solo la prima e la seconda arriverà a fine settembre. Non solo, ma se la seconda serie nell'edizione inglese costa poco più di 19€, qui in Italia la pagheremo (prezzo Amazon.it) ben 34,94€ e non capisco perché. In confronto il cofanetto doppio con le prime due stagioni, sempre in versione Inglese, costa meno che il solo cofanetto italiano della seconda serie.
In entrambe le versioni sono 5 dvd, stesso numero di puntate. Variano le lingue disponibili, in quella inglese sembrano esserci più sottotitoli, per quella italiana è segnalato solo italiano senza alcun sottotitolo (ma magari una volta uscito si potranno conoscere maggiori dettagli).
E Amazon pare avere il primato del prezzo, perché andando a guardare per esempio il sito della Fnac si scopre che pre-ordinandolo si pagano solo €37, mentre il prezzo di vendita ufficiale sarà poi di circa €43.
Tutto contro €19,06 della versione inglese.
Stessa cosa dicasi della prima stagione, che su Amazon ho pagato la stessa cifra e che sui siti Feltrinelli e Fnac costa rispettivamente €42,21 e €55,99.
Ok, non credo sia il doppiaggio a pesare così tanto sul totale. Non sarà la confezione, non sarà l'IVA, una parte sarà il ricarico del venditore. Ma una differenza simile nei prezzi secondo me non ha giustificazione.
Mi domando se da ora in poi dovrò andare a comprarmi i cofanetti direttamente in lingua originale, visto che non produco denaro, ma lo guadagno con fatica e noia.

16.8.11

Incubo di una notte di mezza estate

Ragni bianchi e mollicci, enormi, umidi e aggressivi.
Non solo, ma anche mutaforma. Sono dappertutto e ogni angolo della casa (montagna o campagna) è ricoperto da ragnatele bagnate e gocciolanti. Cercano di mordere, quasi fossero mannari (la Hamilton mi insegna che si può ;P) e volessero renderti simile a loro. Assumono le sembianze di qualcuno che ami e aspettano, non nella tela, di coglierti di sorpresa. Hanno zanne ricurve, in realtà, perché nel momento in cui aprono la bocca sembrano più serpenti che insetti. E se li buchi rilasciano liquido, come palloncini gonfiati d'acqua, ma la loro pelle è estremamente elastica, come una membrana sottile.
Sono forti, ma più che altro schifosi.
E come ti risvegli con l'impressione di avere ancora addosso quella membrana, quel liquido e un corpo molle che pesa addosso... non è che un sollievo.
Soprattutto quando l'ultimo ragno aveva l'aspetto di tua madre e per salvarti dalle sue fauci "viperose" hai lottato con tutte le tue forze. Soprattutto ora, soprattutto se poi mentre ti svegli ti stai dicendo: "ragno porta guadagno". La mente umana è davvero bizzarra, a volte.
No, va beh, sempre...

15.8.11

Che ( e non sta per Che - intendo Guevara)

Non va. L'umore non va.
Vorrei fermare il tempo e respirare un po'. Invece non lo posso fermare, mi manca l'aria.
Che io non mi senta felice non è una novità. Io non credo che esista una cosa così. Ma almeno un minimo di pace, un po' di quiete, nessuno che mi chiede di fare cose, nessuno che si aspetta da me qualcosa che non ho voglia di "produrre".
Non ho voglia di ascoltare, non ho voglia di palare, di camminare, di cucinare, stirare, lavare, lavorare.
Vorrei uscire dal corpo e vagare in mondi che non siano questo. Questo non mi piace, mi ha stufata, mi annoia, delude, stanca.
Qualcuno conosce un portale per un'altra dimensione?

12.8.11

Perduto

Un brivido mi risveglia dal sonno. Ho paura.
La donna che nel mio sogno ha incontrato La Morte ha i tratti di un'attrice francese vista nel film di Eastwood. Credo ci sia un collegamento, ma il sogno mi ha spaventata e non ci faccio caso, non subito. Le due occasioni in cui le due donne si sono incontrate cominciano a sfuggirmi, so solo che la seconda volta una aveva un mantello nero e, come sempre, non era minacciosa. So anche che nell'attimo in cui siamo salite in auto era notte e l'auto era un enorme fuoristrada. Alto e con al centro del volante la scritta GMC, in diagonale su una figura mitologica o su un fulmine. I fari dell'auto illuminavano la strada mentre prendevo velocità. Forse in discesa e comunque a dispetto delle auto che viaggiavano sulla stessa strada. Avevamo fretta, una fretta terribile. La strada era sterrata e alcune pietre brillavano sotto la luce dei fari.
Ora sono sveglia e devo decidere se addormentarmi di nuovo. Se proseguire con il sogno, soprattutto. Mi chiudo in posizione fetale e affronto il ritorno del sonno senza preoccuparmi.
Dopo solo immagini confuse, nessun filo logico. Qualche frase sconnessa che tutto sommato non mi resta impressa. Non dovevo lasciare scappare questo sogno. So che mi sarebbe servito, come altri. Forse tornerà, forse l'ho perduto per sempre. Dovrei tentare di recuperarlo, un tempo ero in grado di riprendere i sogni da un certo punto in poi cambiandone i lati negativi o imparando i dettagli così bene da poter ripetere il sogno per intero notte dopo notte, finché non diventava un film con una trama comprensibile.
Ho perduto un sogno. Una cosa grave se penso alla mia natura.
Una cosa buffa se poi, digitando gmc su google trovo un fuoristrada di cui nulla sapevo prima d'ora e che stanotte ho guidato in discesa in una corsa follle.

11.8.11

Mangio per noia

Sì.
E per nervoso, per riempire un vuoto che si é creato da tempo.
Quando ballavo non mangiavo in questo modo. A quel tempo la passione mi nutriva più del cibo e avevo energia per tutto, ne avevo per ogni singola ora, tanto che dovevo stremarmi fisicamente per poter dormire e riposare davvero. Avevo un fuoco dentro che non riuscivo a bloccare, qualcosa che mi divorava e che allo stesso tempo mi rigenerava.
Dopo è crollata ogni cosa. Non c'è più stato un sogno, una speranza, un alito di vita. Solo il lungo e lento protrarsi di una vita fatta in un modo che non volevo. Finché non mi sono accorta di quello che stavo facendo. Ma non potevo rimediare e niente, niente tranne una piccola cosa, mi ha fatta sentire di nuovo viva quanto allora.
Ora scrivo.
Pubblicare una raccolta di poesie mi ha dato la speranza di farcela a ricostruire una vita dopo il crollo dell'universo intero. Il mio mondo interiore non aveva più un sole. Non c'era più la danza, e la consapevolezza di aver rinunciato (sebbene il motivo fosse profondo) per punirmi non ha migliorato la sensazione. Mi manca la vita.
La vita vera, quella fatta di passione. Passione.
Mi manca quella sensazione. Mi fa sembrare tutto insensato, tutto meno importante, meno bello, meno prezioso. Non ho motivazioni.
Non ne ho per dimagrire, nè per lottare. Sono di nuovo stanca. Anche se non mi stanco. Dormo sei ore a notte e cammino, lavoro, cammino e lavoro in casa, poi scrivo, poi sogno mondi che non ci sono e che scriverò in seguito.
Mi chiedo come facciano gli altri. Mi chiedo per quale motivo vivano, per quale facciano figli, per quale lottino, per quale diavolo di motivo siano felici. Mi chiedo se ci sono persone davvero felici o se in molti sorridono aspettando che la felicità arrivi. Che si presenti tra un jeans di marca e una serata nel locale più in. Che giunga durante una "vasca" in Via Roma o mentre si sbronzano un sabato sera. Mi chiedo se anche gli altri mangino per riempire quello stesso vuoto, se si sentano zombies anche loro sognando di diventare vampiri un giorno e almeno beneficiare di una causa per cui sopravvivere oltre all'affollamento di centri commerciali e outlet. Mi chiedo se davvero ci sia un futuro per tutti noi o se, sotto sotto, ci vada bene così. Meno fatica, meno lotta, meno pensieri.
Niente vita.

8.8.11

Limiti e attitudini

Ieri a cena ho partecipato, poco come al mio solito, a una discussione su una tendenza molto attuale.
La necessità di "fare una prestazione".
Comunque la si guardi é decisamente la strada che viene proposta di continuo. Il non sprecare tempo, il fare sempre al meglio, sempre meglio, sempre di più. Correre anche quando si può camminare.
Non so perché funzioni così. Forse vogliono farci produrre sempre più e sempre più in fretta, condizionandoci anche nel tempo libero e nelle cose che dovrebbero darci gioia.
Un tempo, mio padre mi disse che per il mio senso di inferiorità io tendevo a non competere. Forse faceva comodo a lui pensarlo, in quel momento, perché mi stavo rifiutando di fare scelte che non mi somigliavano. Eppure, da paffuta e goffa fanciulla, mi sono iscritta a un corso professionale di danza. L'ambiente meno competitivo del mondo, no? Che poi preferissi fare da mascotte alla classe avanzata piuttosto che tentare di eccellere nella mia è un altro discorso. Mi ritengo una persona umile. Non mi vanto delle mie qualità e non passo il tempo a far notare agli altri quello che non hanno. Certo, magari qualche volta parte lo sfottò per qualche errore nell'esprimersi, alla fine è inevitabile che in qualcosa ci si caschi.
Però non sono competitiva, a meno che non ci siano questioni personali di sfida diretta da parte di qualcuno. insomma, una volta mi sono lanciata da uno scoglio (nuoto malissimo e non so tuffarmi, più che altro per essermi spaventata da piccola) decisamente alto solo per smentire un cretino...
Ho anche scelto di fare un lavoro al di sotto delle mie possibilità, giusto per non dover dimostrare tutti i giorni che me la cavo, per non dover sgomitare, per evitare sforzi. Non che mi abbia evitato problemi, visto che comunque altre persone pensano di dover dimostrare di essere meglio di me è ovvio che nel gioco in qualche modo io ci sia finita. Ma non partecipo molto.
Son quelle cose che mi bloccano nel fare sport con mio marito, per esempio. Lui se va in bici ci deve andare in salita; se si cammina in montagna deve arrivare al rifugio. Qualsiasi cosa si faccia bisogna raggiungere l'obbiettivo.
A volte mi chiedo se non sia una mia pecca quella di ritenere l'obbiettivo una cosa sopravvalutata rispetto al piacere di fare una cosa per farla. Passeggiare in montagna mi piace, ma se a un certo punto sono stanca e non ho più voglia di proseguire mi piace l'idea di fermarmi e godermi il paesaggio, la sosta, l'aria fresca, i prati, le nuvole, il silenzio, il cielo così vicino.
Forse faccio lo stesso anche quando scrivo. Mi piace, lo faccio di continuo, ma non mi ammazzo per pubblicare ad ogni costo. Spesso non stampo nemmeno il lavoro per sottoporlo a qualcuno. Perché in fondo l'ho fatto per me. Mica per altri. Non per dimostrare che scrivo e che sono brava, se lo sono.
La mia attitudine è quella del restare in balia della corrente, passare morbida sulle cose, non tentare di modificarle, non forzare mai nulla. Perché ci sono sorprese anche nelle cose lente, anche nel non arrivare al fondo, anche nel non soddisfare un desiderio. Ci sono sorprese ovunque uno si fermi a guardare...

3.8.11

A photograph of you (five years is a long time)

La ragazza con l'anima nera si guardò attorno. Aveva accettato l'invito del vampiro che aveva frequentato un tempo, una di quelle serate piene di ricordi e sottile nostalgia, e che svogliatamente come un tempo ora frequentava di nuovo. Una storia di passaggio come altre, uscendo da una relazione complicata e avendo perso l'unico uomo che avesse mai amato fino ad allora. Ma l'idea era stata del cantante. Gli era sembrato bello rivedersi, dopo i cinque anni passati e soprattutto dopo essere stato lui a suggerire al vampiro di richiamare quella ragazza.
Ora stavano entrando, lei e il vampiro, in un cortile del centro. Camminarono sul selciato scomodo fino a un portone dall'altra parte del cortile, salirono delle scale buie e odorose di muffa e bussarono a una porta al primo piano che sembrava fatta per gli abitanti di Lilliput.
Il cantante aprì la porta, sorridendo. Non era più l'adolescente morbido di un tempo, eppure i suoi occhi continuavano a mostrare la stessa sognante dolcezza. Jeans neri, una camicia grigia a righe tono su tono, un laccio scuro al collo, bracciali in pelle nera, i capelli scuri e mossi domati da una noce di gel e un pizzo intorno alle labbra ben disegnate. Anche il vampiro sfoggiava un pizzetto, in quel periodo, ma i suoi capelli erano lunghi e lisci. Certo non aveva il fisico del suo amico. Tra i due quello che si era arrotondato era lui.
La ragazza sembrava ancora più bella di prima, più matura, più bionda e più pensierosa.
Non sembrava felice.
Quando infine si decisero a entrare, il cantante li fece sedere su un divano e una poltrona, mentre lui ne occupava un'altra. Offrì birra fredda al punto giusto e del fumo al suo amico, ben sapendo che lei non avrebbe partecipato. Partì la sfilza dei ricordi, dei racconti dettagliati di ogni anno, di ogni avventura, ogni cosa.
Il cantante parlò di una vita parallela, notturna, che lo stava consumando. Ne andava fiero, da una parte. Dall'altra sembrava quasi che volesse parlarne per esorcizzarla. Se ne vantava, ma con gli occhi reclamava una vita diversa, un amore diverso.
La ragazza lo guardava con un velo di dispiacere. Come se fosse colpa sua. Essere lì ad assistere cominciò a sembrarle una tortura, mentre il vampiro non faceva una piega. Lui, svaccato sul divano, continuava a bere e fumare senza sosta, quasi senza ascoltare. Il cantante aveva anche smesso di rivolgersi a lui mentre parlava, ma pur amando i suoi occhi verdi la ragazza sapeva che lui non avrebbe avuto scampo.
Guardandolo non potè fare a meno di desiderarlo ancora, in un modo più fisico rispetto a cinque anni prima, sapendo che quello era il modo con cui il suo affetto a volte trovava una via. Ma non c'era modo di cambiare le cose. Aveva scelto il vampiro, sebbene fosse stata una scelta casuale. Se il cantante l'avesse chiamata, lei non avrebbe avuto dubbi. Ma non l'aveva mai fatto in quei cinque anni. E cinque anni sono tanti. Erano cambiati tutti e tre. Non c'era modo di aggiustare le loro vite, nessuna delle tre. Ognuno aveva il suo segreto, ognuno il suo dolore e il modo personale di risolverlo. A volte quello sbagliato.
Spesso.

Meno due

Un anno fa molto era diverso.
In questa casa c'erano 3 gatte, avevamo un tavolo più grosso su cui mangiare, un mobiletto ingombrante da spolverare, un obsoleto mobile tv. Stavamo pensando a cosa mettere in valigia per partire per l'India e a come tenerci in contatto con mia mamma che restava qui. Poi abbiamo festeggiato il mio compleanno tutti insieme. Mamma non stava già bene, ma fingeva di stare meglio per non preoccuparmi mentre io, fin dall'inizio dell'anno e senza motivo apparente, già sapevo che sarebbe stato un anno "definitivo". Così l'avevo scritto qui sul blog all'epoca. Quelle sensazioni che ogni tanto mi prendono.
Tra due giorni compio gli anni e mamma non c'è più. Abbiamo 3 gatte e un cane, un tavolo più piccolo, niente mobiletto ma una bellissima statua del Buddha, un nuovo mobile tv. Lavoro sempre nello stesso posto ma sono stanca di farlo. Ho iniziato un cambiamento che era già sottopelle l'anno scorso, perché non ho paura di fare il salto adesso. Non ho più motivi per nascondermi, nessuno da difendere. Posso togliere la corazza e riprendere le armi, partire alla conquista di ciò che è mio senza preoccuparmi di ferire mia madre con parole che non vuole sentire da me. Perché in un certo senso era la paura di ferirla ancora che mi frenava.
E adesso...

2.8.11

Estetica e genetica moderna

Eccomi in ferie e con un post frivolo.
Lo so non è da me, ma giuro che poi smetto. Insomma, posso smettere quando voglio... o no?
Guardo le foto di mia mamma. Guardo la gente in giro.
Come si è estinto il punto vita?
Magari è una perdita solo per me, ma giuro che ai fini dell'estetica generale è - era - importante. Non ci sono state glaciazioni, nessuna inondazione - insomma, non da causare l'estinzione di un carattere così comune negli anni 50/60 - qualche radiazione sì, cibo geneticamente modificato forse, cambio di abbigliamento (?). Non lo so. Sta di fatto che le donne come mia madre o della sua epoca comunque potevano vantare un punto vita, potevano avvalersi della legge del 90-60-90 che per anni ha ossessionato anche me e che per almeno un lustro ho potuto esibire. Un minimo di proporzione.
Qualcuno dà la colpa alla vita bassa che da un po' condiziona la nostra lista acquisti. Quello che indossiamo può cambiarci il fisico? Quindi da ora in poi corsetti stile Vittoriano per rimediare alla sproporzione?
Non so, credo sia più profonda la mutazione genetica. Le donne acquisiscono tratti maschili, gli uomini si depilano le sopracciglia... Una roba così.
La fine di una specie.
Cosa invece che colpisce anche il mio gentil consorte è la mancanza di bei fondoschiena da osservare. E non posso dargli torto. La fiera del basso. Basso e piatto perlopiù. Cioè... Va bene magre, ma accidenti! Un minimo di solidità lì dietro... Che diamine. Un gluteo sodo e sporgente. Un minimo, minimo di rotondità.
Sarà che anche lì il fatto di usare pantaloni talmente a vita bassa che si rischia di perderli per strada porta a indossare capi con almeno una taglia inferiore alla propria, con conseguente strizzamento verso il basso della massa muscolare non proprio tonica...
Che poi, benedetti produttori di jeans, e mettere le tasche posteriori in modo che non facciano sembrare quei fondoschiena ancora più rasoterra?
Che io mica posso dire di avere uno stacco di coscia, ma nel mio metro e sessanta tento di sfoggiare un abbigliamento che esalti le mie qualità. Mica tento di farmi più brutta, io.
Gamba corta? -> Vita alta
Gamba corta? -> Tacco
Gamba corta? -> Via gli stivali!
Mi dite che negli anni 70 si usavano i jeans a vita bassa? Certo, ma con zeppe vertiginose. E il pantalone a coprirle. Chi avrebbe notato una gamba corta, un sedere basso? Nessuno.
E basta con le cinquantenni sovrappeso che sfoggiano fuseaux bianchi. Si vede la cellulite (che, sì, si vede anche nelle ventenni coi pantaloncini, ma almeno loro hanno 20 anni), si vedono i rotoli, si vedono gli anni comunque. O non li dimostrate affatto, o è meglio cambiare look.
E ragazze, please. Un occhio allo specchio prima di uscire. Non importa essere alla moda se si risulta il clown della compagnia. Osate qualcosa di più. Staccatevi.
E ragazzi... i pantaloni stretti se siete privi di muscolatura... e molli che sembra vi portiate dietro un pannolone carico di robaccia... e le sopracciglia... per favore.
Fate un piacere a una povera anziana di 40 anni... Basta. Siate voi stessi, siete belli e giovani. Imparate a valorizzare il vostro aspetto, a volervi tanto bene da non sottostare a questo obrobrio. Davvero.
Vi parla una che non si è mai vergognata ad andare contro corrente e che ancora lo fa, nonostante tutto. Ma con stile. Perché lo stile è quello che conta. Ma non quello di chiunque altro, il vostro.