25.3.10

Piccole perversioni seriali

A ogni serie tv il suo sex symbol:
C.S.I Las Vegas: Gil Grissom, ma anche il giovane Greg Sanders
N.C.I.S. : Mc Gee e Dinozzo, il top
Criminal Minds: Derek Morgan e il dott. Reed
Senza traccia: Martin Fitzgerald (spettacolo!)
Moonlight: Josef Kostan e, ovvio, il padrone di casa Mick St.John
Heroes: Peter Petrelli e il dottor Suresh Jr, ma anche il pittore Isaac Mendez...
Supernatural: ovviamente Dean Winchester!
Blood Ties: Henry Fitzroy
Lost: Jack Shephard e... sì, Sawyer (ma pure Sayid...)
Saving Grace: Butch Ada
24: Milo Pressman
Prison Break: Michael Scofield
Terminator - The Sara Connor chronicles: Derek Reese
Bones: Seeley Booth
Brothers and sisters: Justin Walker
Life: Charlie Crews
Numb3rs: Charlie Eppes
Battlestar Galactica: Karl C. "Helo" Agathon
Dark Angel: Alec (eh) e Logan Cale (ri-eh)
True Blood: Eric Northman
Taken: l'alieno John (3-eh)
Squadra emergenza: Maurice "Bosco" Boscorelli e Jimmy Doherty

Manca qualcosa, sì. Dexter Morgan di Dexter, Fox Mulder degli X Files ad esempio. Su Gray's Anatomy non mi esprimo se non per George O'Malley. E gli altri?
Perché, questo non è sufficiente? Gli altri ditemeli voi!

23.3.10

Su ciò che si vuole sapere

"Mangerete hamburger, un giorno dopo l'altro, e andrete ad abitare in appartamenti e alberghi polverosi, brulicanti di insetti, ma ogni mattina, svegliandovi, potrete ammirare lo splendore del sole e l'azzurro del cielo. Le strade pulluleranno di creature raffinate che non possiederete mai e le calde notti semitropicali vi parleranno di avventure romantiche da cui voi sarete esclusi, ma vi sentirete ugualmente in paradiso, ragazzi, laggiù nella terra del sole.
A quelli che sono rimasti a casa potrete sempre mentire, tanto non amano la verità, non vogliono conoscerla, preferiscono credere che, prima o poi, anch'essi vi raggiungeranno in paradiso. Non pensate di imbrogliarli. Sanno benissimo com'è il Sud della California. Anche loro leggono i giornali e guardano le riviste illustrate di cui sono tappezzate le edicole di tutt'America. Le foto delle case delle dive le hanno viste anche loro. Non hanno più niente da imparare."
Chiedi alla Polvere, John Fante.

21.3.10

...

Sono le ferite inflitte dalle persone più vicine, quelle che non guariscono mai. Si aprono facilmente, come i tagli della carta sulle dita. Sì, smettono di sanguinare, ma non si rimarginano. Spesso si infettano e quel dolore si espande. Marcisce.
Ti rende diversa.

16.3.10

Test di orientamento junghiano...

Orientamento Introverso
Funzione dominante Intuizione
Funzione d'appoggio Sentimento
Funzione terza Pensiero
Funzione inferiore Sensazione
Tendenza Percettiva

Per questo tipo introverso, è di primaria importanza essere coerente con i valori nei quali crede. Possiede una sorta di senso etico naturale o spontaneo che diventa spesso segretamente comunicativo. In sua presenza le persone tendono a rispettare e seguire i valori nei quali crede. Esercita quindi un effetto positivo sugli altri. È una persona calma e riservata. È sensibile e capace di trattare la gente in maniera molto differenziata. Sa infatti percepire, grazie alle sue ottime qualità intuitive, le differenze e le caratteristiche delle persone che ha di fronte. Malgrado queste doti, può però apparire come un individuo freddo e distaccato a causa della sua introversione che lo porta o non aprirsi facilmente. È difficile da conoscere ed è molto selettivo nelle sue amicizie. Ha tendenza a idealizzare le relazioni che per lui sono importanti con il rischio di subire alcune grosse delusioni. Ha inoltre tendenza a personalizzare molto le situazioni con il risultato di essere facilmente ferito o più semplicemente offeso. Ed essendo introverso tende a non “esternare” i suoi sentimenti quando sono stati feriti: si tiene tutto per sé. La sua funzione inferiore è la sensazione. Non è quindi particolarmente realistico e pragmatico. Rischia di saltare troppo velocemente alle conclusioni, tralasciando l’analisi di fatti e dettagli importanti. Preferisce seguire le sue ispirazioni, rischiando di commettere degli errori che potrebbe evitare. Non ama prendere tempo per essere preciso. È una persona creativa e curiosa. Aperta ed interessata a fare nuove conoscenze ma anche a conoscere nuove idee, libri, iniziative. Ha frequentemente un amore spiccato per l’arte. Può essere un buon comunicatore che si esprime in maniera appassionata. Ha bisogno di periodi di solitudine o di isolamento. Può avere delle forti spinte religiose o interessi spirituali. Sul piano lavorativo può essere attratto da professioni che abbiano una componente umana, relazionale o basata sul linguaggio. È forse il più intellettuale tra i tipi sentimento. È inoltre molto leale nei confronti di una organizzazione capace di essere in sintonia con i suoi valori personali.

Questo è ciò che risulta da un test proposto dal mio amico Zu! Il test in questione si trova qui, è semplice e non so se davvero affidabile... Ma si fa per passare il tempo, no?

12.3.10

Potrebbi , ma non mi impegno...

Da sempre il mio problema è questo.
Un po' perché non sono una persona competitiva. Non mi importa di arrivare prima di altri. O meglio, mi importa solo in certi momenti e per certe cose, ma dura talmente poco che a volte non faccio in tempo a competere. Mi passa così come è arrivata. E bon.
Da un altro punto di vista, fatico a considerare importanti tante, forse troppe cose. Non solo non le trovo importanti, ma perdono d'interesse non appena capisco il meccanismo.
O quando in qualche modo mi deludono. Come l'università.
Sì, ho dato la metà degli esami più uno, buona parte dei quali senza fare più che leggere i libri assegnati. Voti dal 30 e lode al 25. Una sola volta mi hanno detto che per non rovinare la media era meglio riprovarci, ma non l'ho fatto. Un solo esame andato male (ma era latino, quindi...).
Alle superiori, il poco che le ho frequentate, stesso discorso.
Alle medie temo di non aver aperto un libro nonostante gli esami annuali.
Non me ne vanto, anzi. In un certo senso mi dispiace di non aver fatto un po' di più. Mi sarebbe costato un leggero sforzo e i risultati ci sarebbero stati.
Stessa cosa con la danza. Dopo essermi ammazzata i primi anni per arrivare al livello degli altri, stop. Mi sono fermata al loro livello, senza chiedermi di più. Idem col canto, con il disegno, con la pittura, con il lavoro.
E continuo.
Lascio tutto a un livello accettabile, vado a ispirazione. Tento di scrivere una cosa, ma se non ho voglia lascio lì per giorni, settimane... E perdo tempo, perdo occasioni, perché alla fine credo di non dover dimostrare niente a nessuno.
Solo che alcune cose tra quelle che faccio non le faccio per dimostrare agli altri che sono figa. Le faccio perché mi piacciono, perché in un certo senso sono importanti per me.
Allora perché non sono mai così importanti da farmi fare quel pizzico di sforzo in più?

9.3.10

8.3.10

Produco

Poco, ma produco. E ne vado fiera, sto facendo delle belle cose.
Un romanzo a buon punto, che pare essere ben fatto, non da rielaborare a sfinimento. Quello finito non dà ancora notizie, ma non dispero. Alla fine mi importa relativamente di pubblicarlo in fretta. Quello che conta è che qualcuno ha dimostrato di crederci, in quel romanzo, seppur breve. Per me è molto più gratificante avere quella approvazione lì. Specie se viene da qualcuno che non impazzisce per il genere...
Ho ripreso in mano i pennelli e gli acrilici e il risultato mi piace molto, anche se non ho ancora finito l'opera. Aspetto che asciughi per dare il tocco finale. Poi ne ho altri in mente e so per certo che verranno bene anche loro.
Mi sento creativa e questo mi piace. Ho voglia di fare. E di fare cose più allegre del mio solito. Infatti il progetto più "doloroso" è fermo. Non riesco a scrivere con quella pesantezza, non adesso.
Ora ho voglia di cose forti, ma non dolorose. Magari violente, spaventose, cattive. Non dolorose. Sono stufa delle cose che fanno stare male. Me come gli altri. Lo so, coinvolgono di più. Le cose intrise di dolore fanno sì che il lettore si tolga quel dolore di dosso, fanno catarsi.
Ma non è quello che voglio.
No, niente catarsi, niente sublimazione. Niente sotterfugi. Cose nude e crude...


6.3.10

Tempus fugit (citazione)

C'è stato un tempo in cui vivevo in Via Collegno.
La casa dei nonni era al secondo piano, l'ascensore era in legno e ferro battuto. Era prima che andassimo a Milano, avevo circa quattro anni. Anche meno.
Mamma e io dividevamo la stireria. Sì, perché non avevamo una vera e propria stanza. Appena entrati, sulla sinistra c'era la stanza della mia bisnonna. Una stanza d'altri tempi, di quelle con le tende pesanti di velluto scuro, con i mobili tirati a lucido e un paio di vetrine piene zeppe di animali in ceramica e vetro di ogni dimansione. La bisnonna ci andava pazza. Entrare da lei era sempre un'esperienza. Mi piaceva guardare gli animali risplendere nei riflessi di luce che arrivavano dalla finestra. Lei aveva anche una scatolina intarsiata di pietre (anche finte, credo, ma non era importante) in cui teneva le pastiglie Leone - tutti i gusti più uno - e quelle lenti di zucchero colorate che da piccola mi piacevano molto. La bisnonna era un tipo alla Aristogatti (ma l'ho già detto), col suo collarino di velluto col cammeo d'avorio. In quella stanza è stata bene, è stata malata ed è morta, a un certo punto. Come sempre io non ho fatto una piega.
Nel corridoio c'era un mobile in cui la nonna Mity teneva il cioccolato bianco, quello con l'orso in rilievo, il mio preferito, e per carnevale il carbone nero che adoravo.
Sempre sulla sinistra, subito dopo c'era la nostra stanza, la stireria. Una stanza bianca, il letto in metallo smaltato, una lampadina che pendeva dal soffitto e il tavolo da stiro con gli armadi tutti bianchi e brutti. Credo che un po' fosse una specie di vendetta per l'annullamento del matrimonio dei miei. Mamma lavorava tutto il giorno e io avevo la nonna tutta per me, e il mangiadischi arancione con i 45 giri con le storie Disney.
Ancora oltre, lungo il corridoio, c'era la stanza dei nonni. Dopo pranzo avevano l'abitudine di fare un sonnellino. Avrei dovuto farlo anche io ma non sono mai stata una grande dormigliona. Così vagavo per casa e ogni tanto infilavo la testa nella loro stanza per vedere se si svegliavano o se volevano ancora dormire. Il più delle volte Mity leggeva i suoi gialli con la luce a pinza. Il riflesso della lampadina sugli occhiali in quel buio totale me la faceva sembrare magica.
Non so, certe volte mi sembra ieri, poi mi rendo conto che è passata una vita.

2.3.10

My everyday life

Dietro al bancone del bar i due si scambiano battute. Lei mi guarda e ammicca, gli occhi chiari e bellissimi segnati dalle occhiaie e il viso spruzzato da mille lentiggini. Cerca una complice e io sorrido. Lui, i capelli scuri e spettinati, non un dente dritto in bocca, sorride e scuote la testa.

Fuori , al tavolino riscaldato sotto ai portici, il ragazzo autistico muove la testa avvolta nel suo solito cappello blu. Fa colazione con la mamma e la zia. Ogni mattina. Quando esco e mi vede pare agitarsi un po’ di più. Non so perché, ma lo fa spesso. Si dondola avanti e indietro con energia.

Dietro di me il ragazzo alto e riccioluto fa un pezzo di strada nella mia stessa direzione, poi taglia il corso e va a prendere il bus. Le solite persone si incrociano alla solita ora. La ragazza dell’altro bar va a comprare i panini in panetteria nel suo grembiulino celeste col nome ricamato sopra. La panettiera serve svogliata. Ha lo smalto scuro alle unghie troppo corte. Più in là, la cassiera del supermercato mi dice “cara”, ma non mi conosce. Lo fa da sempre, come se passassi da qui da una vita. Invece no.

Fuori, una donna parla da sola, ad alta voce. Fa come se qualcuno l’ascoltasse, continua a sbraitare e si muove scomposta. Dentro, al fondo della stanza, una ragazza cupa sbuffa spesso e ripete la stessa frase più volte. Anche lei da sola. Per strada i trolley e i carrelli fanno girare le loro ruote rumorosamente, ma a nessuno sembra importare. La gente passa, qualche mendicante, impiegati in pausa caffè, una risata lugubre riempie l’aria. Una giornata come tante.

Potrei essere di umore peggiore, lo ammetto. Eppure resto ferma e sorrido. Rispondo gentilmente, quando posso. Ascolto la musica che ho in testa e mi lascio trasportare in un mondo fantastico, tutto mio. Per rilassarmi passo là la maggior parte del mio tempo. A seconda della musica ci sono storie diverse da vivere, personaggi di cui disegnare il profilo appena posso. Scrivo mentalmente frasi che poi modifico più volte, finché non suonano bene. Il suono è tutto. Così, come a volte mi capita di fare la notte, quando mi sveglio con parole che passano e s’attaccano. Altre volte sono le immagini che arrivano da sole. Mi esplodono in mente con estrema facilità. Sono talmente chiare che sembrano scene di un film che si materializzano solo per me, facendomi godere di ogni particolare. Posso soffermarmi su ogni dettaglio o sfumatura. Mi trovo bene qui. Sembra tutto più reale, più vero del vero. Ed è certo più interessante.

Sono scene terribili, battute spiritose, figure da plasmare lentamente come fossero di creta. Sono ambienti, stanze, case, città; sono buoni e cattivi o entrambe le cose. Quando è così resto assorta nei miei pensieri e fortunatamente non sono in molti a distrarmi. Spesso sono gli odori che mi destano dal mio sogno. Troppo profumo, o fumo, o scarico delle auto. Ma la musica mi prende, lo fa sempre. E torno là. E mi perdo di nuovo in tutte le mie storie, felice. Mi perdo in una città nuova, in un locale affollato, tra centinaia di persone. Mi perdo in un sorriso scavato in un volto non rasato, in labbra e denti, in sguardi diversi. Sogno.