28.1.17

Prospettive

Le giornate passano, le notti volano via.
Ho ricominciato a scrivere, a correggere e a progettare.
Faccio mille cose insieme, come sempre. Scrivo nella pausa pranzo, correggo dopo cena, progetto nel frattempo. E, siccome mi sono iscritta a una gara di pole, insieme a lavoro, casa e scrittura, sto anche pensando alla coreografia - al costume, al trucco, alla musica, ai capelli, ad allenarmi, a non farmi male, a dosare ogni cosa - e a ciò che farò nella gara successiva. Perché non riesco a stare ferma.
La mia testa, il mio corpo. Il mio cuore.
Sento, finalmente, l'energia che mi mancava. E sorrido. E ho voglia di andare incontro a questa cosa. Perché l'aspetto da tanto.

Ed è successo di colpo, come se all'improvviso mi si fosse ribaltato tutto. Se prima non vedevo che ombre, come appesantita dalla fatica di questi anni - fatica di cui sono, anche, felice - e impossibilitata a vedere oltre, ora vedo solo oltre. Non c'è qui e ora che tenga, senza la visione di ciò che sono oltre.
Perché non è un "oltre-futuro", è un oltre e basta. Con la consapevolezza del presente ma con la visione chiara di me. Di ciò che sono e voglio essere, di ciò che aspetto, di quello che voglio costruire, di ciò che non desidero.
Una prospettiva diversa, che non avrei valutato o immaginato, in cui io, finalmente, sorrido.
E sorrido tanto, e mi diverto e creo.
Invento, oppure sistemo cose già pronte. Osservo il mondo che mi circonda, le piccole cose che incontro, e rielaboro.
Ho voglia di andare avanti. Mi piace chi sono e mi piace chi sarò.


In questo periodo ho pensato molto, anche al passato. Non per assurde nostalgie (che peraltro non esistono) o con rimorsi e rimpianti. Ho capito che ho scelto molti dei miei errori, ho capito perché, ho capito cosa mi ha lasciato ogni incontro. Ho capito che alcune cose non fanno più presa su di me. Che non sono più disponibile e gentile, educata. Che semplicemente so quanto valgo, e non mi importa se per gli altri valgo più o meno di ciò che penso. Che non permetterò a niente e nessuno di abbattere questa mia nuova prospettiva. Obliqua, forse. Ma ora passo molto tempo a testa in giù e la vista è differente. Più nitida, più dolorosa a volte, più reale.

P.S: se vi state domandando se mi sono accorta che la foto è storta... sì, lo so. Non è meraviglioso? 

9.1.17

How I met the pole...

Lo ammetto: nella mia mente perversa c'è sempre stato un posticino in cui sensualità e provocazione la facevano da padrone. In quel posticino, anche quando ancora non sapevo che cosa fosse, "il palo" ha spesso visitato la mia fantasia. Qui era ancora collegato alla lap dance: un semplice simbolo fallico cui delle pseudo ballerine dedicavano le attenzioni portando dei maschi a immaginare chissà quali performances. Un attrezzo che poco aveva a che fare con sport e arte, insomma.
E ancora qualche anno fa, anche se la pole dance stava iniziando a prendere piede, il collegamento veniva facile.


Quindi, appena ho scoperto che c'era la possibilità di imparare questa disciplina, mi sono detta che non avrei potuto fare un corso di pole. Alla mia età? Nella mia scarsa forma fisica? Ho sparso la voce tra le amiche un po' più giovani e abituate alla palestra e mi sono rassegnata. Per un po'.
Poi, due anni e mezzo fa, su Facebook ho letto che la Turin Pole Dance Studio faceva delle prove gratuite e ho deciso che non era importante se ero "vecchia", se ero "grassa" e non facevo sport da tempo: almeno la prova l'avrei fatta. Non ho più smesso.
Ah, non che non ci abbia pensato.
Ho passato i primi mesi a non riuscire a fare che la metà delle cose che mi venivano mostrate e quello che facevo non era esattamente aggraziato o sensuale. Avevo cercato dei video su Youtube e il primo che ho visto, oltre a farmi innamorare ancora di più, mi faceva sentire decisamente inadeguata.


Quarantacinque anni, sovrappeso, non credevo di avere una sola possibilità. Nemmeno di riuscire a salire semplicemente sul palo. Anche Natalya, la mia insegnante, pensava che avrei mollato. Invece, oltre a raddoppiare la frequenza, ho anche abbandonato la classe delle "over" e mi sono mischiata con le ragazze. Se da una parte era stimolante, dall'altra ho avuto qualche difficoltà iniziale ad accettare il fatto che imparavo più lentamente e che ad alcune cose sarei arrivata forse nella prossima vita.
Però ho continuato. E continuo.
A settembre facevo la mia prova, a gennaio la prima vera salita fino in cima. Lenta, goffa e affaticata.
Poi il resto. Un po' per volta, iniziando anche a capire come eseguire le posizioni anche quando non ci riuscivo (ora sono un mostro, in teoria; per la pratica continuo con i miei tempi), osservando e aiutando chi riusciva prima di me.
Ho fatto molti anni di danza, so che posso contare sulla forza delle gambe. So che le braccia sono ancora deboli e che la mia schiena fatica molto a piegarsi: che la cervicale - mia compagna da quando ho avuto un incidente in macchina, nel 1989 - non mi permette alcuni sforzi, che sono ancora troppo pesante. Ma posso migliorare.

Ho deciso che ho tempo per diventare molto brava. Posso gareggiare finché mi reggo in piedi e ci sono delle meravigliose signore over 60 che fanno la loro figura alle competizioni internazionali.
Quindi, perché no?
Intanto continuo ad allenarmi, tra pole ed exotic, almeno tre volte a settimana. E questo, anche, mi rende felice. Anche quando non mi sento brava per niente.