28.7.09

48-85: La discesa all'inferno

Prima della crisi:
Donna bianca, un metro e sessanta per 48 kg, misure 89/62/90, capelli biondi incolti, vivace, lanciata nella sua possibile carriera come ballerina/cantante (una showgrill, direbbe la Guzzanti imitando la Marini in un programma della Dandini...), dalle 3 alle 6 ore di danza al giorno prima di andare in discoteca 4 volte a settimana. Poca autostima tenuta su con lo scotch e con un aspetto fisico desiderabile che dà quel tanto di sensazione di potere che basta...
Primi segnali:
Si trova un fidanzato più insicuro di lei, competitivo e cattivello. Balla anche lui. Ottimo come trainer, come motivatore; pessimo come fidanzato. Nonostante lei pesi dai 48 ai 50 kg, lui la tiene a dieta, la allena con pesi, per poi cominciare a fare pressing affinché lei balli solo più in gruppo con lui e i suoi amici. Nonostante i leggeri segni di ribellione, piano piano lei comincia a cedere. Si vede più grassa di quello che è, comincia a dubitare di potercela fare. Invece di accettare i vari lavori proposti, lei rinuncia per fare piccole esibizioni in discoteca e insegnare.
Alla fine si trova un lavoro (che non le piace) e balla solo con lui.
Anche dopo la fine della relazione burrascosa, lei rinuncia alle occasioni. Smette di ballare definitivamente.
Altri segnali:
Quando già pensa di essere grassa comincia a vestirsi con abiti ampi, lunghi, elastici. Trova un nuovo fidanzato, che la vuole sposare senza nemmeno aver capito chi è. Lei, intanto, comincia a mangiare il triplo di quello che mangiava prima, senza praticamente accorgersene. In meno di un anno prende 12kg. Nonostante l'offerta vantaggiosa non parte per la Germania dove il suo insegnante di danza la aspetta. Le farebbe fare gratis lezione di danza, canto e recitazione. Lei dovrebbe solo mantenersi. Ma non va.
Circolo vizioso:
Per perdere i kg superflui si reca da un dietologo (vero, laureato e superstimato) con esami del sangue e di ogni tipo. Dopo un mese di dieta senza sgarrare non ha perso un etto. E non si regge in piedi, le gambe cedono spesso e volentieri. Per la delusione, riparte con la depressione. Cerca di cambiare vita, torna a studiare e comincia a soffrire di insonnia. Tutte le relazioni che ha vanno a rotoli, ma lei sembra spenta. Non si ricorda nemmeno cosa ha fatto il giorno prima, vede i ricordi in bianco e nero senza legarli a nessun tipo di sensazione. Non ha passioni, aspirazioni, desideri. Niente la tocca e di niente le importa.
Con il passare del tempo acquista peso anche senza strafare a tavola. Più cerca di porre rimedio, peggio vanno le cose. Non c'è dieta che funzioni, non c'è ginnastica. Perde qualche kg e ne riacquista immediatamente il doppio.
Fino ai trent'anni:
La maggiorparte dei suoi amici ha problemi di depressione e di tendenza suicida, qualcuno non solo la tendenza. Lei è ancora incazzata con se stessa, per punirsi lascia che il suo corpo faccia ciò che vuole. Arriva ai 75kg quasi senza accorgersene. Le commesse dei negozi di abbigliamento la guardano in faccia e le dicono "Per lei qui non c'è niente", appena entra.
Poi ci ripensa. Decide di tenersi il peso che ha e andare avanti. Le cose sembrano andare bene, ma anche no. Altri 10kg arrivano col matrimonio, nei primi tre anni. Il flusso mestruale comincia ad avere anomalie. Lei non ne può più.
In dieci anni dall'inizio della crisi:
Donna bianca, sempre un metro e sessanta per 85 kg, misure irripetibili (dalla 3° alla 6° di seno, dalla 40 alla 48 di vita, dalla 42 alla 54 di fianchi), qualsiasi sport faccia non perde anzi acquista; la parte più magra di lei è il polpaccio e non trova un paio di stivali che le vada. Autostima un po' di più e mai perso il sex appeal. Continua a fare un lavoro che non le piace molto, ma nel frattempo coltiva hobbies e progetti ambiziosi.
Risalita:
Seguendo i consigli di una ginecologa-endocrinologa comincia una dieta che in un anno e mezzo le fa perdere 17 kg, poi smette di funzionare. Appena smette la dieta rimette su qualche kg.
Nei momenti in cui è nervosa, stanca, depressa o arrabbiata acquista regolarmente peso; quando al contrario è più serena, tranquilla, felice (addirittura) ne perde un po'.
Certo, le piacerebbe un fisico al top. A chi non piacerebbe? Ma si butta su altre cose, che nel frattempo s'è resa conto di saper fare anche bene. L'autostima va decisamente meglio, quasi sempre. C'è sempre la sindrome pre-mestruale a cui dare la colpa dei momenti no.
Smette
di andare in palestra perché si annoia, in piscina perché è umido. Cammina circa un'ora al giorno, mangia quanto mangiava a vent'anni e sale regolarmente sulla bilancia in punta di piedi. Forse non serve a sembrare più magra, ma ha deciso che se ne fotte...


23.7.09

Con le unghie e coi denti

Un giorno capita.
Un giorno a caso, mentre tu stai facendo del tuo meglio. Quando magari hai a un tiro di schioppo la realizzazione del tuo sogno, cosa per cui hai lottato con unghie e denti per anni. Quando magari il tuo sogno ti ha permesso di andare avanti nonostante tutto e tutti, anche nonostante te stessa.
Un giorno capita che qualcosa dentro di te si rompa, irrimediabilmente, senza un motivo apparente, senza che tu sia preparata, senza che te ne accorga.
Lo strappo è invisibile, ma c'è. Si alimenta con qualsiasi cosa, detta, non detta, fatta o meno, sentita, provata. Ogni piccola incertezza diventa enorme e tutto comincia a crollare.
Ma tu non te ne rendi conto, perché in realtà lo strappo s'è aperto da tempo. Da tempo tu hai iniziato a scivolare senza rendertene conto. A lasciare che le cose andassero sempre per il verso sbagliato, a non reagire alle parole, alle azioni degli altri, quelle che ti hanno ferita.
Hai iniziato a dare ragione a chi diceva male di te. Per invidia, cattiveria. Per qualsiasi motivo. Ma tu dai loro ragione. In qualche modo bizzarro lo fai, senza nemmeno pensare.
Lo dai per scontato, in una piccola parte della tua mente la stupida sei tu. Quella che ci ha creduto, che ha pensato di poter avere un sogno, una vita diversa, scelta per passione.
Stupida. A crederci, a credere a quelli che ci credevano con te.
La fiducia nel mondo è svanita. Ma non te ne accorgi. Non lo sai. E continui a credere alle parole cattive, perché vuoi che abbiano ragione. Perchè sei tu che sei sbagliata, tu che sei illusa, stupida all'ennesima potenza.
Prende il sopravvento quella parte di te che aspettava nel buio, quella che ti ha sempre ostacolata. Quella che ti detesta, che non può vederti felice, che non ti perdona gli errori e che ti punisce per quello che sei. E che non sei.
Ma è una parte di te, tu di te ti fidi e vai avanti. Le credi.
Lasci che faccia lei che sa. Che ti faccia scontare tutto quello che devi scontare, che ti punisca. Lasci che qualcuno ti tratti come una bestia e strisci ai suoi piedi perché ha ragione. Ti vedi già peggio di quello che sei e non fai nulla per cambiare.
E vorresti sparire, diventare invisibile, indesiderabile. Ti nascondi dentro te stessa, senza darti una possibilità. Perchè non te ne rendi conto, ma ci sei dentro fino al collo.
E quando un giorno magicamente ti svegli, ti rendi conto che hai 20 kg più del dovuto addosso e che non c'è più un sogno tranne quello consumato di anni prima. Che non sei più a un passo dalla realizzazione, ma a miglia di distanza anche da te stessa.
E ti svegli, e sprofondi ancora, ti risvegli e poi sprofondi. Il tempo è passato, tu non sei più nè una nè l'altra persona. Non sei nessuno, niente. Sei invisibile, quasi. Manco ti guardi negli occhi allo specchio, perché non ti riconosci più. Ti manca un sogno, ti manca la forza, ti manca il cuore.
Manca la speranza.
Non c'è un motivo per cui lottare, non c'è niente per cui tornare sui propri passi e ricominciare qualsiasi cosa. Non hai voglia di ricominciare.
Ed è brutto, perché ti capita a vent'anni, quando potresti conquistarti tutto, con le unghie e coi denti come hai sempre fatto. E ti svegli che ne hai 22, poi 23, 25, 26...
Brutto, perché quando ti svegli del tutto ti rendi conto di cosa è successo e non puoi amarti per aver permesso a te stessa di distruggerti.
E ti tocca ricominciare, ma sul serio.

15.7.09

Due cuori, una capanna e il mio senso tragico

Della mia infanzia alcune cose le ricordo meglio di altre.
Soprattutto di quando stavo con la mia nonna MT. Delle nostre chiacchierate, dei suoi disegni sul mio quaderno dei sogni, dei programmi che potevo vedere (e di quelli che vedevo nascosta sotto alla madia in salotto, la sera) e dei libri che mi ha fatto conoscere.
Uno sceneggiato di moltissimi anni fa, che ha condizionato parte del mio sentire un po' tragico, Paul e Virginie. La storia, tratta da un libro di Bernardin de Saint Pierre del 1788, è quella di una coppia di giovani che nascono in Madagascar da madri francesi. Donne sole, per un motivo o per l'altro, che fanno crescere i due in libertà tra le spiagge e l'educazione cattolica delle piccole comunità missionarie. I ragazzi crescono, sono molto legati. Finché la nobile Virginie de la Tour viene spedita in Francia per ricevere la giusta educazione dalle suore. Qui imparerà tutto quello che la nostra civiltà comporta e, una volta imbarcata per tornare dal suo amato Paul (un amore mai consumato, in realtà, ma molto intenso), durante il naufragio della sua nave si rifiuta di svestirsi per essere portata in salvo a nuoto da un marinaio e muore.
Aldilà del fatto che trovo idiota il rifiuto di esser tratta in salvo per motivi di pudore, devo ammettere che quella storia ha destato in me un interesse particolare, all'epoca. E in qualche modo ha influenzato la mia visione dell'amore, della libertà, della morale fine a se stessa.
Il mio senso tragico deve molto a questo sceneggiato, così come a Radici e al libro che ha ispirato "Laguna blu", che ho letto credo il primo anno alle medie. O "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino", letto in una notte invernale sempre in quel periodo.
Quello che di Paul e Virginie che mi è rimasto credo sia legato alla completa libertà di cui godevano sull'isola, libertà di costumi e di movimento senza che ciò comportasse qualcosa di moralmente inaccettabile. La invidio un po' quella libertà, io che mal sopporto ogni costrizione e ogni tipo di morale comune. Io che di fondo mi sento legata e imprigionata in una società che non amo particolarmente e che mi rispecchia sempre meno.
Mi è rimasto il delicato sentimento d'amore dei due, la crudeltà del destino che li ha separati e la mancanza di senso critico che ha impedito a lei di salvarsi. L'accettazione delle nuove regole senza un minimo di giudizio, senza domande, senza logica.
Mi spaventa la mancanza di logica (che io sia Vulcaniana, sotto sotto?), la necessità di regole che valgano sempre e per tutti nonostante tutto.
Questo, più che altro, sviluppa il mio senso tragico. Senza il dubbio non c'è posto per altro che per la tragedia. Senza le domande e senza quel minimo di assunzione di responsabilità siamo perduti...

13.7.09

Il sogno delle tre sorelle

La casa è troppo vicina al fiume. Piove da giorni e l'acqua sta salendo.
Bisogna andar via, ma è tardi, tardi. La strada è impraticabile, le tre sorelle sono sole.
Quella più grande ha sui 15 anni, forse 16. Giù di lì.
Vorrebbe andarsene a piedi, anche subito, anche da sola. Non vuole trascinarsi dietro le sue sorelle, un peso, una rottura. Vorrebbe andarsene, ma sa che fuori c'è qualcuno e non sa chi è. Quindi scalpita affinché le sorelle escano con lei, subito, prima che l'acqua invada la casa.
La piccolina di anni ne ha 5, ha paura dell'acqua. Dell'acqua, dell'uomo che sta arrivando e non vuole uscire senza la mamma. Piange e si aggrappa alla sorella maggiore, che però non la sopporta quando fa i capricci.
L'acqua sta entrando al piano di sotto. Ha rotto i vetri e si sente forte mentre cade dentro alle finestre e scroscia sui pavimenti come pioggia battente. Sul retro della casa, al piano superiore, l'uscita è ancora libera. Si può andare via, ancora, mentre l'acqua sale.
La terza sorella ha raccolto le poche cose di valore che possono portare via. Cerca di calmare la sorellina e di far ragionare la maggiore, che oramai non fa che sgridare la piccola frignona. Qualcuno, l'uomo, è entrato da sotto e sta salendo le scale interne lottando con l'acqua. Grida cose che le tre sorelle non capiscono e ha una voce che sembra un tuono. Ora tutte e tre hanno paura, una paura tremenda. Non riusciranno ad andare via, a scappare dall'acqua e da quel mostro. Non riescono a muoversi, tre ragazzine abbracciate quasi fossero una sola. E quell'uomo che grida e si avvicina...
Arriva anche l'acqua, dalle scale. L'uomo è nascosto, ma è lì, presente. In un botto appare e dalle tre sorelle si leva un grido. Ma non dura tanto, la paura.
Lo scemo del villaggio, quell'omone alto e grosso che perlopiù straparla, le prende in braccio, tutte insieme, e se le porta verso l'uscita.
Sono salve.

10.7.09

White russian

Ovvero: fare le due del mattino con lo "scrittore dell'anno".

Ieri sera, a Rivoli, c'era la presentazione (una delle, ovviamente) del libro di Nicolai Lilin. Niente da dire. Il libro non avevo molto bisogno di sentirmelo raccontare per l'ennesima volta, visto che l'ho comprato un paio di giorni dopo aver visto l'intervista dalla Bignardi. Ce l'ho e non l'ho ancora letto, ma è molto vicino.
La biblioteca era abbastanza affollata, il caldo sopportabile e c'era posto a sedere. Si è tardato un po' a iniziare, motivo per cui al ventesimo minuto di attesa mi è venuto da alzarmi e dire ad alta voce: "Sono Paola e sono un'alcoolista, non bevo da 33 giorni..." (e con questo non voglio sminuire le riunioni dell'AA, ma il clima che si palpava era di quella timidezza e attesa tipico di queste riunioni - come lo so?... lo so, vi basti), ma non l'ho fatto.
La presentazione è stata un po' lunga, in fondo a lasciar parlare solo lui si sarebbe avuto lo stesso effetto e un po' meno fame. Nota dolente il rumorosissimo microfono che scoppiettava ogni volta che veniva toccato. Alcuni discorsi mi ricordavano vecchie lezioni universitarie sulla mafia. Una formica gigante si trascinava dietro, per tutta la sala, un capello riccio e scuro... Poi pausa.
Più tardi abbiamo beccato giusto in tempo la nostra infiltrata Filo con gli addetti ai lavori e il buon Nicolai che andavano a bere qualcosa. Ci siamo aggregati.
E abbiamo fatto le due chiacchierando di cose varie e discutendo (non io) di politica e di strumentalizzazione. Di informazione, di editoria, di omologazione e altro. Interessante o meno che fosse, mi piaceva ascoltarlo parlare (ma ce l'ho di abitudine, tendo a non interagire, lascio che facciano gli altri, io ascolto e penso) un buon italiano con una bella voce, sorseggiando il mio Rhum Cooler - poco rhum, tanto cooler - nell'aria fresca e piena di stelle della serata. Ridendo di quando in quando con la mia vicina Fey e intervallando con un "amen" le affermazioni sussurrate di Filo.
Allora che dire?
Il personaggio è interessante. Resta da vedere se persona e personaggio coincidono o se, come dicono alcuni, è un bluff. A me lui piace. Non so bene perché, ma lo trovo interessante. Forse se avessi ancora vent'anni lo guarderei con l'espressione adorante di alcune delle presenti. Ho sempre avuto un debole per i coltelli, per le storie di morte e per gli uomini tatuati dal linguaggio colorito. E Nicolai queste cose le conosce. Fortuna vuole che son cambiata e che non mi fermo più di tanto a considerare queste mie strane/insane passioni come requisito nella scelta di un soggetto da adorare. E nemmeno l'aspetto prettamente estetico che anche in questo caso non manca.
Comunque si parla, si parla a lungo, pure troppo. Poi fa freddo, tira aria, il posto chiude.
Bella stretta di mano e buonanotte...

8.7.09

Relazioni

Quando dico sorridendo che sono asociale, la gente tende a non credermi.
Non ho la faccia dell'asociale, lo so. Manca il fisique du role.
All'asilo odiavo i bambini. Ho resistito 3 mesi, forse, poi ho cominciato a dare di matto e mi hanno riportata alla quiete di casa mia, dove stavo certo meglio che a giocare con quei quattro mocciosi.
Alle elementari sono diventata violenta, ho cominciato a inventare ogni stratagemma per non andare a scuola, mi davo malata alle gite e non partecipavo alle feste. Il mio migliore amico era Claudio, 16enne handicappato, almeno fino a quando non ha tentato di farmi lo scalpo.
Alle medie se avessi potuto farlo (se una delle mie 4 personalità non avesse aborrito l'idea) avrei dato fuoco alla scuola con tutte le mie stronzissime compagne dentro. Una festa e mezza in tre anni e mi sono pure rotta le palle.
Le superiori, finché ho potuto, le ho fatte studiando a casa e dando l'esame a fine anno. Nessun contatto con alcun tipo di coetaneo. Diverso a danza, dove almeno avevamo una passione e un sogno in comune e dove le poche amicizie che avevo mi hanno insegnato più di qualsiasi altra esperienza. Tutto il resto era vita.
Non ho mai voluto frequentare una compagnia fissa per non sentirmi obbligata a vedere sempre tutti, sempre insieme, sempre le stesse cose, stessi posti, stesse fisime. La maggiorparte della gente mi annoia mortalmente.
Poi ci son le persone che mi interessano, che mi incuriosiscono. Quelle persone io le frequento assiduamente finché deve succedere. Quando qualcosa cambia io lascio che vadano, senza sforzarmi di mantenere i contatti nemmeno con chi sento molto vicino. Poi magari tornano, oppure no. Ma non importa. Non mi mancano particolarmente, quasi come non mi mancano parenti e amici morti.
Non amo le relazioni di circostanza. Di facciata. Se qualcuno ha con me un rapporto di sana educazione e niente più, io preferisco cambiare strada e nemmeno salutare, perché trovo inutile perdere tempo a dirsi il "Come va?", "Tua moglie?", "I bambini?", " Dai, una volta sentiamoci...", "Così combiniamo e ci vediamo..." quando già so che se non è successo fino ad ora, non succederà.
Non mi importa di sembrare scortese, maleducata, o perennemente tra le nuvole.
Mi piacciono le relazioni in cui ci si dà, intensamente, per il periodo in cui si può. Poi non importa, perché quello che ho dentro oramai non me lo toglie nessuno. Nè il tempo, la distanza o la morte.
Io incamero, ricordo, mi tatuo sulla pelle le mie relazioni. Non mi abbandonano mai. Questo mi piace e questo voglio. Se non incontro miei simili non importa, io assorbo lo stesso. Che sia la storia della spogliarellista che ho conosciuto a 15 anni, quella del transessuale di 12 anni fa, quella dell'usuraio gentile, della pittrice separata, del calciatore in carriera, del geometra di Milano, del cantante di liscio.
Sono tutti parte di me, nessuno finto, nessuno perfetto, nessuno simile. Se non per l'essersi aperto/a senza problemi, per l'essersi donato/a per quello che era.
Io non vado volentieri alle feste, preferisco l'anonimato della discoteca dove non sono costretta a parlare con nessuno. O una tavolata di 4 persone dove raccontarsi le proprie cicatrici con chi ne ha davvero voglia.
Io sono davvero asociale, a modo mio.

6.7.09

Così

L'assoluta mancanza di te non ha cancellato la tua presenza.
Certe cose non si possono dimenticare, cancellare.
Si può solo continuare ad amarle in silenzio.

5.7.09

Un regalo fatto da poco più di un mese

Acrilici su cartoncino preparato.

Fatto e regalato a Hank per il suo compleanno...

3.7.09

Eran trecento...

Il mio counter dei post dice che sono giunta al numero 300.
In realtà ne ho cancellati talmente tanti che probabilmente sarei a 400, ma va bene così.
Io detesto luglio, con tutte le mie forze. Fa caldo, sono stanca, rasento la crisi di pianto venti volte al giorno. Ogni dannatissimo anno. Prima la primavera, poi Luglio.
So che l'autunno arriverà in un soffio, che con l'autunno ci saranno novità importanti, cose belle, soddisfazioni personali. So che avrò letto qualche libro in più e che ne avrò scritto buona parte di uno nuovo, mio. Perché lo so. Lo so.
Ma ora... Ora soffoco e vorrei buttarmi in un congelatore.

2.7.09

Tabelle merceologiche

Si sa, quando si acquista una bottiglia di rosso in due (donne) scorrono anche le parole.
E con l'allegria di una spruzzata decisa di pioggia fresca, con poco cibo sullo stomaco, le parole vanno via veloci. Ci si ritrova a parlare di un po' di tutto, poi a parlare di vecchie storie, poi di considerazioni varie, poi di età.
Per rendere tutto più facile io ho una mia tabella, che riassume il concetto. Per ogni fascia di differenza, una breve descrizione:
0-5 Vintage: il più grande dei due è ancora molto di moda, conosce musiche, film e telefilm di riferimento, pure le pubblicità.
5-10 Modernariato: è un po' più pop, almeno per il giovane, parla spesso di cose che non si capiscono fino in fondo o che non appartengono granchè, ma alla fine una lampada di plastica aforma di busto di Mozart è un gran pezzo sulla propria libreria...
10-15 Antiquariato: di gran classe, ma così distante. Sempre bello sfoggiarlo, perché ha il suo valore, però...
15-20 Gerontofilia: un po' come uscire con lo zio, insomma, un po' ci si vergogna. Almeno all'esterno.
20-25 Archeologia: si rasenta l'ossessione per il pezzo raro. Sempre lì a fare attenzione che non si rompa sul più bello...
25-30 Paleontologia: che diamine ci si fa con un fossile?
Ecco, io sono più un tipo da Vintage, preferibilmente il pezzo vintage sono io. Usata ma garantita, sempre di moda e a mio modo preziosa...
Ultimamente mi son dedicata al modernariato. Giochi di luce sui miei mobili, qualche discorso che non capisco, musica che ascoltavo da piccola coi miei. Devo dire che, ora che mi avvicino alla mezza età (per me 40), mi sembra anche godibile, il mio busto di Mozart.
Però, alla domanda "ma tu con uno di 25 anni...?"
Ecco, se fosse un tipo giusto, come il vampirla del post "Leggera leggera", sarei felice di fare anche il fossile, se ci fosse l'occasione...