25.8.12

Su come è facile confondersi e confondere

Ci sono sempre di mezzo le dannate aspettative.
Il desiderio di compiacere, la paura di perdere, la voglia di possedere ci fanno imprigionare la persona in qualcosa di statico tanto che quando il sogno finisce ci rendiamo conto che la persona per cui provavamo mille emozioni è più distante da noi di quanto potessimo immaginare. Differente in ogni cosa per cui l'abbiamo amata, sofferente se a noi fa comodo, indifferente se non risponde a bacchetta al nostro richiamo.
Quanto siamo contorti noi umani. Non solo con gli amati, ma con chiunque ci capiti a tiro siamo capaci di aspettarci che rispondano ai fatti o alle parole nel modo che si confà al ruolo che noi gli abbiamo assegnato. Che non è il loro, che non è quello che hanno scelto e che soprattutto non è definitivo.
Quante volte ci capita di conoscere una persona in un momento particolare della nostra e della sua vita, momenti che si incrociano per un destino sconosciuto e che possono legarci per sempre, come allontanarci. Se anche solo una settimana, un mese, un giorno, quella persona ha un umore differente già ci crolla l'idea che avevamo di lei.
E se capita di innamorarsi e di idealizzare l'altro tanto da renderlo quello che noi vogliamo, capita anche di diventare per breve tempo noi stessi ciò che vuole l'altro senza per forza mentire, ma solo adeguandoci al momento. Poi le cose cambiano, ma nella mente dell'altro noi restiamo uguali e nella nostra mente l'altro ci sembra strano. Ci sembra non capire.
Così a me capita spesso che se mi metto a scherzare poi non mi si prenda più sul serio, o che siccome spesso sono seria non si capisca quando scherzo. Non si capisce quando sto male e quando semplicemente sono di cattivo umore, quando desidero una cosa e quando ne farei a meno.
Eppure a me sembra di essere sempre la stessa persona. Nè più, nè meno del giorno prima.
E non lo sono, pur essendolo. Ma...
Se è così vero che "tutto scorre", perché non imparare a riconoscere l'altro anche quando non rispecchia l'immagine che avevamo di lui? Perché limitarsi a vederlo diverso? Perché non accettare che anche se un tramonto è pur sempre un tramonto, ogni sera avremo una versione differente e irripetibile di tramonto che abbiamo il dovere di assaporare come fosse l'ultimo.
Eliminare le etichette e lasciarsi andare all'imprevisto. Demolire le aspettative, lasciar morire le cose più belle e cominciare ad apprezzare quelle più brutte. Assaggiare la vita invece di chiuderla in teche di vetro e ammirarla da lontano.

15.8.12

Mi serve solo il tempo, ora.

In questa vacanza le cose hanno iniziato a prendere forma.
Sebbene io sia ufficilamente in ferie dal 3 sera è solo ora che comincio a sentire un minimo l'effetto della cosa. Sono stati giorni intensi, devo dire. Compleanno a parte, la prima settimana è stata faticosa come se non avessi mai smesso di lavorare. Pensieri, idee, programmi e progetti che si accavallavano nella mia mente senza darmi tregua. Senza avere una soluzione.
Poi è arrivata Monica col suo pupetto e nel semplice parlare di questo e di quello son diventate chiare più cose. Il cambiamento che sentivo arrivare è in atto, non c'è niente da fare. Tocca prendere il coraggio a due mani e lanciarsi seriamente nelle cose che amo. Perché non posso più relegarle solo a quei pochi minuti o ore setimanali che ho liberi da altri impegni che mi massacrano la vita.
Devo donare al mio "talento" il tempo che merita, o mi lascerà stremata dai troppi pensieri non agiti. E se ciò ha un costo devo smettere di aver paura di sacrificare qualcosa del mio modo di vivere ora.
Se non si è disposti a morire, non si può vincere. Lo dicevo un po' di tempo fa.
E le idee hanno cominciato a prendere forma, più forme, a dire il vero. Tante cose che voglio far emergere da qui dentro, perché è ora.
Intanto sto lavorando a un progetto alternativo/secondario ma interessante, che lascia sbocco a progetti che non riuscivo a inquadrare e che invece ora hanno un senso (tocca solo riadattare tutto e via); sto seguendo un consiglio (cosa che di solito evito come la peste) riguardo al romanzo della serie "intimistica" che non trova editore, ma che lo troverà presto; sto terminando il fantahorror che piace tanto alla mia minieditor che di solito schifa i romanzi di genere e invece si trova a scalpitare perché lo finisca.
Mano a mano che lavoro mi viene ispirazione per migliorare, sistemare, cambiare, piazzare, offrire le cose che ruotano intorno a questi progetti. Quello che mi serve è il tempo, ma se tutto funziona come stiamo programmando il tempo ci sarà per fare tutto, a partire da queste vacanze. Ho solo, tecnicamente, dieci giorni per finire quello che ho iniziato.
Poi, una vita davanti.

9.8.12

Quel che resta

Stamattina camminavo con la belva canina per le vie qui intorno e sono passata, come capita spesso, davanti a due delle case in cui ho vissuto. La prima era l'alloggio dei miei nonni in via Collegno. Secondo piano, non troppo illuminata. Un palazzo vecchio e ben tenuto, comunque. Scuro, appena cupo come piace a me.
Poi sono passata dove abbiamo vissuto mamma e io, dopo il rientro da Milano. L'alloggio è in vendita. Non c'è scritto chiaramente, ma sono sicura. Le stanze coincidono, il piano e le arie pure. Mi è venuta nostalgia, tanto che stavo per chiedere al custode se fosse effettivamente quello l'alloggio e se avessi potuto fare un giro almeno nell'atrio. Facevo le elementari quando abitavo lì.
C'erano Antonio e Nino tornati dalla Spagna, c'era il cane Ringo, c'era la tata Flaviana e la sala enorme pitturata di arancio, il divano angolare bianco, la fratina in noce, lo scrittoio, piante, la cucina giallo paglierino e le stanze da letto verde pisello. C'era il mio letto in ferro smaltato, il balcone esposto al sole tutta la mattina, il bagno in cui cresceva il basilico, l'armadio a quattro ante su cui Nino aveva dipinto i volti dei personaggi di Guerre Stellari, la mia prima vera ossessione.
E c'era mia mamma, ancora forte prima delle disavventure che l'hanno piegata. Lei, con il nostro maggiolino verde oliva e i suoi viaggi in India, con le casse di oggetti in ottone che arrivavano da là con quell'odore particolare. C'era il magazzino a Leumann, c'era Daniele che aggiustava le cose, c'era un mondo di cui resta poco.
Qualche ricordo intenso. Qualche dolore sopito, qualche momento felice, qualche domanda che non avrà mai risposta. Perché di tempo non ce n'è più. Non è il momento per le domande, questo.
Oggi, adesso, è il momento di fare per me quello che non ho mai fatto. Costruirmi una felicità che sia mia.

5.8.12

Un compleanno da film

Quest'anno volevo proprio un compleanno tranquillo.
Di quelli da festeggiare in punta di piedi (o con le scarpette rosa), senza troppo rumore attorno. Sarà che in questi giorni sono fiaccata dalla stanchezza e non ho ancora ben chiaro in mente che sono in ferie, sarà che in certi momenti divento malinconica e mi manca la presenza di mammà (giusto per condividere le mie cazzate con qualcuno che di sicuro le avrebbe apprezzate e appoggiate senza dubbi)...
Ho ricevuto molto più di ciò che aspettavo, sia in termine di affetto che in materialissimi regali. Tra cui spicca il mio Kindolo, attrezzo nano-tecnologico per leggere altri libri oltre a quelli che già mi porto dietro. Film, libri di carta, cofanetti mancanti, fiori e gioielli... e una cenetta inaspettata.
Cioè, non che sia uscita di casa senza aspettarmi di mangiare. Non poi con l'uomo che ho sposato, che del cibo ha proprio bisogno.
L'agriturismo dove siamo stati era un posto sconosciuto, in cima a un cucuzzolo tra alberi e nuvole. Con terrazza, cani da 50 kg in cortile e nel silenzio più assoluto.
Compreso il fatto che eravamo gli unici, sala riservata praticamente. Candela accesa sul tavolo, bella musica e piatti gustosi e digeribili. Una buona bottiglia di Barbaresco e noi. Col cane.
Come in un film.
E adesso, visto che piano piano mi renderò conto della vacanza che diventa reale in pratica da domattina, ho anche tanto da scrivere. Perch le idee ci sono, gli sviluppi ci saranno e devo farmi trovare pronta.