30.11.09

Scrooged!

Avevamo mangiato in cucina, anche se era la vigilia di Natale.
La casa al secondo piano di Via Collegno era accogliente, forse solo poco luminosa. Eravamo arrivate da Milano, mamma e io, per passare il Natale in famiglia. All'epoca, io avevo cinque anni circa, vivevamo lì. Con noi uno zio e un pacco enorme.
Sapevo che la nonna M.T. aveva preparato l'albero in salotto, per questo non ci si poteva andare. Babbo Natale, Gesù Bambino e tutta l'allegra combriccola che porta i doni ( ma allora ero piccola per pormi certi problemi e mi bastava accettare quel che mi veniva detto) dovevano lavorare soli e tranquilli. Pena l'assenza di regali.
La cucina dava sul cortile, le piastrelle ai muri, un tavolo di quelli allungabili, un frigorifero con la maniglia enorme. Le sedie classiche di metallo e robaccia di un blu improbabile. Abbiamo cenato, con calma. Non c'era fretta. Non quella sera. I nonni, la bis nonna M.L. e noi due.
Al momento giusto la nonna M.T. mi ha dato il permesso di andare in salotto. Dovevo fare piano, unica condizione.
La porta doppia coi vetri smerigliati l'ho aperta con una lentezza incredibile. Ho acceso la luce, anche se arrivavo a malapena all'interruttore. Il grosso lampadario a gocce di cristallo si è illuminato con un pop! Al di là dell'isola dei divani e dell'angolo della tv vedevo l'albero. Accanto al bow window, alto e perfettamente decorato. Brillante nella sua semplicità.
Ho camminato, come in trance, osservando l'albero e aspettando da un momento all'altro di vedere i regali nascosti da uno dei divani. Nessun rumore proveniva dalla strada e nemmeno dalla cucina. Ma non ci facevo caso, affatto.
Sotto all'albero, sdraiato tra i rami più bassi, c'era un leone di peluche lungo un metro. Non era in un pacco, era lì, libero e per me. Enorme. Più lungo di me.
Ricordo di essermi emozionata tanto da non riuscire ad avvicinarmi. Tutta la famiglia (materna) stava lì a guardarmi, divertita. E io con occhi sognanti che vivevo un momento bellissimo della mia vita.
Il leone ce l'ho ancora. Ha il banalissimo nome Leo, è spelacchiato e spiaccicato dai lavaggi e dai mille traslochi. E dal fatto che ho dormito con lui per anni, anche da ragazzina.
Questo forse è il Natale passato che amo di più.

26.11.09

Cose cinesi

Il ramo cinese è ramingo.
La fiamma cinese è fiamminga.
La mazza cinese è Mazinga...
La guardia cinese è guardinga!

23.11.09

Per favore non mordermi sul collo

Ovvero, la mia passione per i vampiri ha degli oscuri motivi.

La figura del vampiro è quella che ho più amato tra i mostri, i cattivacci di turno. Da una parte il discorso è semplice, se penso che ho sempre avuto una strana curiosità riguardo alla morte. Il primo lavoro che ricordo di aver voluto fare da bimba era... l'anatomopatologo, o il coroner, o qualsiasi cosa facesse Quincy in tv. Volevo investigare la morte. Capire il mistero che contiene e che cosa è davvero la vita, alla fine.
Quindi l'idea di un morto che vive, se ne va in giro e ben poche cose possono eliminarlo mi ha sempre fatto un certo effetto. Meglio dello zombie, che è più terra terra, il vampiro ha quel tanto di aristocratico e di colto pur avendo una natura poco socievole. Chi meglio di lui può sfruttare il tempo, eterno, in modo costruttivo. Che so, imparare a suonare, a ballare, a parlare tutte le lingue possibili. Leggere ogni libro esistente, vedere ogni film, ascoltare qualsiasi disco...
Poi vive di notte. Già questo aggiunge cento punti nella classifica. Il momento del divertimento, del non-lavoro, dei sogni, del sottile limite tra possibile e impossibile.
Si nutre di sangue, non ha che da uscire e ne trova. Non come i ristoranti chiusi alle 22. Un po' di sangue si trova sempre. E non ha bisogno di andare in bagno. Altra cosa da cento punti.
Tendenzialmente pare che il vampiro sia sexy. O ce lo dipingono così. Affascinante, intrigante, con un certo savoir fare... E questo connubio tra sesso e sangue a me è sempre piaciuto. Lo trovo romantico: perdersi nell'amplesso, lasciarsi andare, eliminarsi, annullarsi in un atto sublime.
Il vampiro non invecchia. Altri cento punti, se non di più. Non ha da preoccuparsi per le rughe, per la cellulite, i capelli che diventano bianchi.
Ultimo ma non di minore importanza c'è il fatto che, in quasi ogni tradizione sul pianeta, il vampiro non procrea.
Si diverte, mangia, dorme, resta giovane e bello, non ha da mettere la testa a posto e ha un sacco di tempo.
Il vampiro è l'essere perfetto. Almeno per me, che non sono particolarmente attratta dalla vita diurna, dal lavoro e dalle responsabilità, dalla vecchiaia e dalla maternità, dal cibo (in certi casi) e vorrei vivere di hobby e avventure alla luce lunare.

18.11.09

Differenze

Il bambino biondo si sporge dal suo posto sulla panca della chiesa e, riferendosi al vampiro Bill che sta parlando della guerra di Secessione, dice a sua madre:
"Mamma, hai visto come è bianco?"
La mamma non alza la testa e sussurra:
"No, tesoro. Noi siamo bianchi, lui è morto."

True Blood, prima serie.

17.11.09

Idee

Sono quelle cose che mi capitano a volte.
Troppe idee in una volta sola, troppe cose da dire e nei sogni la tastiera del telefono si popola di strani simboli che mi impediscono di parlare.
Le idee mi assalgono nei momenti più impensati, o di notte non mi lasciano dormire. Ci penso e ci ripenso, poi a volte mi sembrano così stupide, altre volte basta un piccolo commento e mi sembra che anche questa volta io stia sbagliando mira.
No, non la sto sbagliando. Io non riesco a smettere di scrivere anche quando scrivo cazzate su un blog. Quando copio frasi dai libri, quando tutto mi sembra così chiaro.
Come una volta.
Sì, c'è stato un momento nella mia vita in cui il mondo e la vita mi sono apparsi chiari e limpidi. Un momento in cui tutto era comprensibile nella mia giovanissima mente. Non bello, non brutto, ma chiaro.
Così ora, anche se le cose sembrano avere un loro senso, ho solo voglia di sfuggire alla realtà. Di perdermi in un libro, in un film, in personaggi irreali, impalpabili. In situazioni finte ma a modo loro consolatorie. Faccio fatica a restare qui. Cerco di perdere i pensieri nei mondi che creo, mi allontano quasi da tutti. Quasi.
E mi emoziono con la musica nelle orecchie; stamattina Eddie Vedder mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. Di felicità, perché amo la sua voce e mi piaceva quello che stava dicendo con la sua chitarra acustica a sottolineare il tutto. Di felicità perché ero fuori dal mondo anche mentre attraversavo la strada a Porta Susa, perché stavo pensando a un personaggio coi capelli rossi che sarà il padre di Dorotea e forse anche di Damiana. Lo vedevo chiaramente, mentre sorrideva e i suoi occhi azzurri si illuminavano di perfida simpatia.
O perché presto Jack cadrà nella trappola e scatenerà un casino, e le presenze dei fantasmi si concretizzano in pagine leggibili. Jack che mi visita di notte, i fantasmi che tornano alla mente ripensando alla mia vita.
O perché incontro persone per strada e non ho voglia di cambiare strada per evitarle. Perché sono persone che non mi fermano se non hanno niente da dirmi, si limitano a salutarmi e sorridere. Lasciano che io continui a perdermi nelle mie idee...

12.11.09

Genialità

Sarò fissata, ma l'uomo che sta dietro a queste cose è un genio. Alan Ball, che già mi aveva fatta morire dal ridere con il pilot di Six Feet Under, ora mi diverte con True Blood. La classe non è acqua...

11.11.09

Il tempo delle medie 4 - imposizioni

Prima di iniziare le lezioni si pregava, tutte in piedi in aula nel nostro grembiulino azzurro col colletto bianco. Lo stesso prima di pranzo, in refettorio.
Messa una volta a settimana nella cappella della scuola e se possibile anche la domenica con la famiglia. Ogni settimana, inoltre, padre Renato veniva a confessarci.
Che poi, in una scuola femminile, che diavolo c'era da confessare? Che so, di non aver fatto i compiti? E che, lo devo dire a lui? Però toccava andare.
E s'inventava qualcosa ogni settimana.
Cattivi esempi a milioni. Ovvio. Più si reprime, più si ottiene un clima di ribellione sotterranea.
Così, in prima media abbiamo rischiato la sospensione. Non solo noi, tutte e tre le classi delle medie. Atti vandalici di vario genere che evito di scrivere, dei quali non s'è mai capito chi fosse l'autrice. E la madre superiora che ci dava delle schifose.
Non ho mai trovato un motivo valido per credere in quello in cui credevano loro.
Non sono servite le preghiere, le confessioni, le messe, le canzoni cantate col coro. Non era per me. Non lo è mai stato il catechismo, da cui scappavo ogni volta che non mi infilavano a forza nella casa della catechista (che adoravo, ma adoravo lei in quanto persona). Quando mi hanno chiesto se volevo fare la cresima ho risposto di no, ma me l'han fatta fare lo stesso.
Forse sarebbe stato meglio un esorcismo...

10.11.09

Dunque...

Ci sono queste due ragazze, Dorotea e Damiana, che mi tormentano da un po'.
Sono ragazze particolari, con una loro storia e con tante avventure alle spalle. Sono ragazze che si divertono molto e che amano la notte come me.
Devo solo trovare il tempo di mettere giù la loro storia, che è più di quanto abbiate letto (le mie due lettrici di fiducia, soprattutto) nel racconto da cui provengono.
Che ci sia la possibilità di allungare la loro vita?

Perché non si conquista una donna con un libro...

Io, col mio animo romantico, ogni volta che leggo un libro ne vengo travolta, stravolta e tormentata. Certo, se il libro mi piace.
Riesco a piangere, a ridere, a sentirmi innamorata, a provare angoscia, a sentire qualsiasi cosa come fosse amplificata in modo spropositato.
Vengo letteralmente conquistata dai personaggi, cui mi arrendo volentieri.
Peccato che poi ci sia la realtà. Nessuno, qui, ha lo stesso potere del personaggio di un libro.
Si sa, i personaggi sono comunque perfetti, anche quando non lo sono, nel loro contesto. Si può non amare Aragorn, ad esempio? O Roland Deschain di Gilead, anche se è un uomo che sacrificherebbe chiunque al suo obbiettivo? O Edward e Jake, prima uno poi sempre di più l'altro, così diversi tra loro?
O John Grady Cole, Henry Fitzroy, Hal e Roger Hunt (ma soprattutto Roger)?
Questo per citarne alcuni, quando non mi innamoro proprio della storia completa, di tutti i suoi risvolti, come fossero parte del mio vissuto.
Niente, al cospetto di tanta fantastica perfezione (dove fantastica è sinonimo di immaginativa), può tenere il passo.
Niente, su questo pianeta, paragonato a quei personaggi può reggere il confronto.
Certo, io sono poi capace di rendere personaggi di una storia fantastica anche le persone reali che incontro ogni giorno. Mi innamoro di personaggi che invento, vivo interminabili storie d'amore con i miei sogni.
Solo che se penso a una storia d'amore, di solito penso a una storia inventata. Tormentata, sbagliata, confusa, malata. Ma finta e quindi perfetta per quel momento e per quella storia.
Perché l'amore, quello vero, è troppo complicato per essere perfetto e immobile nella sua perfezione. Quello vero cambia. I personaggi non rispettano il copione. Le frasi a effetto non funzionano mai allo stesso modo e ogni uomo è diverso. Ogni storia è diversa. Inutile illudersi.
Un libro può farmi innamorare, ma solo di sè stesso.
Un uomo può farmi innamorare, ma solo di sè stesso.

7.11.09

Viaggio fondamentale

" Perché c'è solo una grande avventura, ed è al di dentro, verso l'io, e per questo non contano nè il tempo, nè lo spazio, e nemmeno i fatti. "

Henry Miller - Tropico del Capricorno

Giro di vite... (?)

Mi sono resa conto che molti amici non sanno chi sono.
Alcune persone mi hanno frequentata per anni, altre per poco tempo, altre ancora solo in certi ambiti. Non sanno tutto di me, probabilmente non lo sapranno mai.
Parte da un quiz su Facebook, che ha visto i pochi partecipanti arrivare solo al 50% delle risposte giuste al mio riguardo. E non c'era niente di impegnativo. O forse è proprio perché non era impegnativo che hanno sbagliato?
Perché poi chi se ne frega di chi è il mio regista preferito. O l'attore, o il libro.
Nessuno può essere conosciuto in base a criteri come quelli. E nemmeno sapere quale sia il mio colore preferito, o il cibo, o la mia paura più grande. O altro.
La mia vita non è sempre legata ai fatti che l'hanno segnata. Cioè, lo è nel limite in cui i fatti hanno implicato una scelta piuttosto che un'altra, o simili. Ma non ho solo fatti, qui dentro.
Certe volte mi sento come se avessi vissuto più vite (e non è detto che non sia vero, in senso più ampio), anche la mia psico era d'accordo. Che ne ho viste talmente tante che non posso dire di avere avuto una vita vuota, ma nemmeno tranquilla. E ancora non lo è.
Non credo che possa esserlo.
Ne avrei bisogno.
C'è una parte di me che non si fida di nessuno, nemmeno delle persone più care e vicine. Di solito sono proprio quelle che riescono a ferirti di più, che lo vogliano o meno.
Una parte di me vorrebbe rinunciare a tutto. Dare via cose, abiti, dischi, fumetti, libri, tutto ciò che mi tiene legata a questo mondo. Una parte di me vorrebbe essere aria. O spirito.
Una parte di me ancora soffre di mancanza d'amore (proprio, altrui, generico, specifico), una non vuole legami. Una fatica a uscire di casa, una sarebbe a suo agio in mezzo a mille persone. Una vorrebbe comunicare, l'altra si rifiuta di prendere posizioni. Perché sostanzialmente non ne ha.
Mio marito dice che non ne prendo mai, solo perché forse non sto a ribadirle ogni momento o non discuto se qualcuno pensa diversamente da me.
Sono atea, ma sarebbe meglio panteista. Vedo il divino tutto intorno a me e non sento la spiritualità dove la sentono gli altri. Detesto i simboli (e le formule matematiche) perché non li capisco, non riesco a vederci dei significati dentro. Odio le formalità, preferisco la scortesia o la maleducazione a una frase di circostanza. Non me ne frega niente dei regali. Raramente chiedo qualcosa e se lo faccio lo faccio una volta sola. Amo le sensazioni e i sentimenti, tutti. Se non c'è feeling con qualcuno preferisco non perderci del tempo. Amo l'indipendenza e mi soffoca l'idea di perderla.
So che si sopravvive a tutto, per esperienza. Ho avuto paura per tanto tempo, ma ora non sono più quella di una volta.
Le vite girano. Difficile focalizzarne una e dire: io so chi è quella persona. Sfaccettature, sovrastrutture, menzogne che ci abituano a dire, altre che ci aiutano a vivere, bugie necessarie per sopravvivere a certi momenti.
Stranamente piaccio a più persone del previsto. Mi prendono come sono, con l'aspetto del giorno, con tutto quello che non sanno di me. Rispetto a ciò che ero un tempo. Con quello che non sono più e con quello che sarò domani ci faranno i conti a tempo debito.
Io, nel frattempo, convivo coi miei fantasmi e rido insieme a loro di ciò che non è stato. E di ciò che, invece, mi ha resa ciò che sono.

5.11.09

N.B:

Io non scrivo poesie.
Sembra, ma non è vero. Fateci attenzione e aspettatevi qualsiasi cosa da me...

Predisposizioni

Oggi, ascoltando la radio, ho sentito Valeria Parrella affermare che non esiste un momento in cui una persona decide di fare la scrittrice. Pare sia una cosa che succede automaticamente, che la scrittura sia in qualche modo presente nella vita di chi è predestinato fin dall'infanzia.
Raccontava che alle elementari si scriveva delle poesie lei, per Natale, perché non le piacevano quelle che le insegnavano a scuola. Più avanti ha cominciato a scrivere i temi per le compagne durante i compiti i classe. Poi ha descritto come si sente quando può chiudersi nel suo studio e mettersi a scrivere.
Era come se stesse parlando di me.
Ho imparato a scrivere a 4 anni. Alle elementari ho scritto una specie di sceneggiato con gli dei dell'Olimpo come personaggi, portandoli in un mondo più moderno e mettendoli davanti alla tv o facendo loro affrontare le cose che quotidianamente vivevo io. Alle medie ho scritto un tema in versi, poi ho sempre scritto almeno due temi in ogni compito in classe. Uno per me, scritto direttamente in bella copia e uno o due per le vicine. Ho iniziato il primo romanzo a tredici anni (ma non l'ho mai finito, però non si può dire), non passa un giorno senza che io abbia buttato giù almeno qualche riga da qualche parte. Scrivo su fazzoletti di carta, sui biglietti del tram, su fogli sparsi, sul cellulare, su quaderni comprati appositamente, su questo blog e su altri 3 più o meno regolarmente. Scrivo anche di notte, certe volte, anche al buio per non svegliare mio marito. Poi devo decifrare il tutto alla luce del giorno. Però mi sveglio apposta.
Quando non riesco a produrre mi sento male. Intasata, prigioniera.
Scrivo cose assurde, cose vere, cose impossibili. Uso le parole per mandare messaggi, per liberare la mia anima, per placare le paure e la rabbia, la fame e la sete. Per raccontare tutte le mie sfaccettature, senza fermarmi davanti a nulla. non c'è pudore, non c'è il tentativo di compiacere qualcuno. Scrivo e basta. Come adesso.
Che io sia una scrittrice?

3.11.09

Archetipi del male

"...
Il terzo e ultimo archetipo è il più raro.
Eppure è il più spesso nominato e il più temuto.
Io so perché. Quello che io chiamo lo Psicopatico è colui che viene percepito come il più malvagio dei tre. Non c'è niente che ci spaventa più di quello che non capiamo. Cosa si nasconde dietro il comportamento dello Psicopatico, nessuno lo sa. Esistono delle teorie, ma nessuna risposta. Lo Psicopatico soffre di un'anomalia dello spirito. A volte può essere razionale, ma è impossibile dire quando e perché. Un giorno è pieno di empatia, il giorno dopo è emotivamente chiuso. E' imprevedibile.
Lo Psicopatico è la nonnina gentile che in segreto dà la caccia alle farfalle per ucciderle.
Lo Psicopatico è l'impiegato grigio e insignificante che la notte si rosicchia la zampa come un topo.
Lo Psicopatico é il serial killer di cui leggiamo sui giornali, é colui che ci insegue nei nostri incubi.
Neanche lo Psicopatico é malvagio.
Lo Psicopatico è malato. "

Teddy L'Orso

(Tim Davys - Amberville, pagina 93)

2.11.09

Aracnofollia

Il mio rapporto con i ragni è cambiato.
Non che io ci tenessi, in qualche modo. Non che ne avessi paura, mi facevano solo venire strani pruriti, un po' come quando si parla di pidocchi. Mi facevano un po' schifo, insomma. Gli insetti di cui ho paura sono di solito quelli che pungono e finora dai ragni non ho mai avuto problemi. Ma se potevo li evitavo.
Devo dire che anche loro non è che morissero dalla voglia di incontrarmi. Sono grossa e umana, il che non fa di me l'amica del cuore del ragno.
Da qualche anno a questa parte, invece, me li ritrovo ovunque.
Alla fermata del tram, ad esempio, una sera mi sentivo sfiorare una guancia. Ho pensato che fosse un capello, invece era un ragno. Corpo piccolo e lunghissime zampe magre. L'ho fatto scendere, magari non prorpio gentilmente, ma l'ho lasciato vivo.
O in cucina, un'altra volta. Un minuscolo ragnetto mi correva incontro mentre tentavo di affettare cipolle per il soffritto. non c'era verso di mandarlo via.
O al lavoro. Se c'è un ragno viene nel mio angolo. Non in quello della collega. Lui viene da me. E io cerco di non spiaccicarlo, perché alla fine mi spiace. Anche in campagna, o nei locali all'aperto, io prendo il ragnetto in mano e lo poso da qualche parte dove non sia alla mercé di chiunque.
Poi continuo a grattarmi quando vedo qualcosa con più di 4 zampe, non è che il prurito sia sparito. L'abbondanza di arti mi turba, così come l'abbondanza di dita in una mano o in un piede (cosa particolarmente frequente in India), mentre l'assenza di arti non mi provoca alcuna reazione. Serpenti, vermi, lumache non mi fanno impressione.
Mi chiedo solo quale sia il motivo per cui ora i ragni mi vengano addosso con tanto piacere, mentre prima mi evitavano. Magari è perché ho cambiato profumo?