31.3.08

Riflessi d'acqua

La sussurrata inquietudine dei pensieri non migliora col procedere del tempo. La stanchezza che trascina il mio corpo cresce e il peso si fa imponente, titanico. La vita...
Quelle cosa che sento sfuggire e che invece è così vicina. L'acqua che mi avvolge e l'allontana.
C'è una quiete innaturale al di fuori di me, dove anche la vita sembra avere un'armonia. Vita che si muove, che curiosa, che scorre.
Storie che vedo accadere e che mi sfiorano appena, voci che sento, turbamenti nell'aria. Suoni e odori che mi arrivano appena.
Tutto si muove intorno a me, come fosse uno spettacolo per farmi sentire la vita. Tutto danza con luci e riflessi d'acqua di mille colori, mille diamanti.
E gli occhi scuri e gli occhi verdi...
Ed io che vedo e che respiro questa vita non mia.
Lontano, distante dal mio petto come la luna dal sole. Variazioni nella luce e nel calore che osservo senza sentirle, come un fantasma.
La sabbia...
La sabbia tra le mie dita, bianca, sottile, densa e morbida. Mi culla nel suo brillare, nel suo agitarsi lenta, spostata senza sosta come il mio cuore. La corrente che mi trascina e che non mi muove mai.
Riposo.
La mente lavora ed io con gli occhi chiusi vedo ugualmente. Vedo sempre, giorno e notte. Sento il sapore delle tue emozioni attraverso l'acqua, nell'aria, nella pelle.
La quiete del fuori mi culla eterna, come sembra fare lo sguardo delle stelle nelle lunghe notti che affronto da qui. Quando tutti si sentono salvi, io continuo ad annegare senza respirare. E non li invidio, nemmeno quando scappano lontani da questa prigione. Se potessi anche aiutarli, lo farei. Ma sono qui, sulla mia sabbia bianca e non mi alzerei per niente al mondo. Mi accontento di guardare dal mio angolo di mondo tutte le possibilità degli altri.
Mi piace osservare ciò che nasce, cresce in segreto ed esplode violento in un fuoco arancione che squassa il mio mondo. Mi scompiglia i capelli, che fluttuano morbidi intorno a me. Mi riempie le orecchie, percuote i timpani, rimbomba in testa.
Ciononostante ti sento, entri nella mia acqua come se la vita fosse qui. Sei così vicino, sento che sposti materia intorno a te. Sento il tuo cuore dolce che batte e in qualche modo mi sento viva anche io. Ciò che senti ha una forza indescrivibile.
Ora la mia mente si ferma ad ascoltare.
Respiro i tuoi sentimenti, leggo i tuoi pensieri, vedo il tuo corpo sopra al mio. Lungo, sottile, teso nello sforzo di liberarsi dalla sua gabbia. Il movimento armonioso che ti guida su di me e oltre.
Uniti in questa non vita come non avremmo mai potuto esserlo in un'altra.
Solo guardandoti mi sento libera, leggera, innamorata.
Questo corpo e questo cuore, freddi per la lunga attesa, conoscono ora il suono della vita.
Le gocce che dolcemente entrano nella mia testa. Il loro rumore ritmico come le tue mani nel liquido azzurro.
Quelle gocce che mi portano amore, che mi danno la vita, speranza, desiderio.
Io, così lontana da tutto. Sdraiata a guardarti nuotare su di me, gli occhi morti fissi nel riflesso dei tuoi, là in alto. Non mi vedi, ma io ci sono.
Zuppa, nel mio letto di velluto, nell'ovatta che copre i suoni. Il vestito leggero aderisce al corpo e lo rende più bello, di marmo. La pelle bianca si confonde con la sabbia, i capelli leggeri continuano a danzare. Il peso dell'acqua nei polmoni mi rende parte di questo abisso.
Il passaggio dell'amore e di quegli occhi su di me, mi rende parte della vita che non ho.
E resto qui...
Il marmo del mio corpo, il peso dell'acqua, il letto di sabbia, la quiete che ora mi attraversa, lenta come le gocce che riempiono un otre una dopo l'altra. Le gocce della tua presenza mi penetrano e mi liberano dal peso della morte che mi tiene qui.
E gli occhi scuri che non mi vedranno decomporre mi donano la vita che non aspettavo più...

29.3.08

Le metamorfosi di Clara - 4

1985



Faraway, so close

Sento la tua distanza come una ferita che non si chiude.
Ma ancora voglio credere all'impossibile, voglio sentirmi viva, amata, sensuale, importante. La comunione di anime che ci unisce, il battito del cuore alle tue parole.
Ti sento nei miei pensieri e non posso farne a meno.
L'effetto che mi fai, oggi come ieri. Nonostante tutto. Nonostante noi.

26.3.08

No limits world

Credo che abbiamo sbagliato qualcosa.
Non so chi, quando, ma so che quello che vedo non mi piace e mi sembra impossibile che siamo stati noi a rendere questo mondo così com'è.
Abbiamo molto, voglio dire, non è che ci sia da rimpiangere qualche epoca passata. Solo che qualcosa stona. Io non saprei dire da dove è cominciato. Non so nemmeno se ci ho fatto caso da subito. Un po' come Neo in Matrix. Mi giro e vedo qualcosa, ma subito dopo la realtà cambia forma e mi sembra tutto a posto. Solo che lo so che non lo è.
Mi vedo adolescente. Anni '80.
Sono una ragazza ribelle, ma relativamente normale. Vado a ballare quasi ogni sera in cui la disco è aperta. Almeno un salto ce lo devo fare. Non per la compagnia, che non ho e di cui non mi importa. Vado solo per ballare, ma non sono chiusa nel mio mondo. Vedo le persone intorno a me. So come si comportano, so cosa fanno, chi devo evitare. A qualsiasi età i maschi sono lì per provarci, o per bere qualcosa e provarci. Io vivo fuori città, in provincia. Qui si beve sempre un po' più del dovuto e si macinano chilometri in auto, in moto, in vespa per andare ovunque. I ragazzi passano più tempo in preda ai fumi dell'alcool che svegli. Qualcuno di loro si fa le canne. Pochi si schiantano in auto anche se qui c'è la nebbia 12 mesi l'anno. Anche se sono ragazzi e vanno veloci, anche se non sono proprio piloti provetti. Anche quando scherzano e spengono i fari parafrasando Battisti, per vedere l'effetto che fa. Anche se solo gli incroci importanti sono illuminati. Ogni sera so quanto bevono e so che tornano a casa.
So quando qualcuno passa il limite. Ne ho viste tante. Come minimo li trovo fuori a vomitare quando esco, oppure evito la rissa quando restano dentro. Qualcuno lascia la macchina nel fosso, ma torna a casa. Magari a piedi, così smaltisce la sbornia.
Gli alcoolici costano. Motivo per cui chi ci vuole provare beve la metà. L'altra metà dei soldi la spende per fare bere te. Non si sa mai. Qualche volta ce la fanno. Qualcuna accetta il primo, il secondo e il terzo bicchiere. Poi perde il conto. E non sa bene che fa. Ma è ancora libera di scegliere come finire la serata. Al massimo si sentirà apostrofare poco gentilmente, forse in ogni caso. Qualcuno riderà sotto ai baffi se ce l'ha fatta e il giorno dopo magari ci prova con un'altra.
Ma sono innocui. Quasi tutti.
Io faccio tardi, esco quando le luci stroboscopiche ormai sono spente, quando le cameriere passano tra i divanetti a raccogliere i bicchieri rimasti in giro e i deejay hanno finito di fare anche le prove per il mix di apertura di domani...
Oggi è tutto diverso.
Esci e devi aver paura che dei ragazzini vogliano un servizietto da filmare col cellulare per poi ricattarti o sfotterti. Non sanno aspettare, questo è il mondo del tutto e subito.
Devi bere facendo attenzione a non lasciare il bicchiere incustodito, perchè ci mettono un attimo a drogarti. Devi fare attenzione a non confonderti con tutti quelli che per tirare al mattino si impasticcano con qualsiasi cosa. Qualsiasi effetto abbia. Tutto e subito.
Auto veloci, nessuna regola, niente educazione, sono ragazzi. E si uccidono. E uccidono anche te se sei d'intralcio. E viene da chiedersi se è davvero solo colpa dell'alcool.
Viene da chiedersi perchè ci sia bisogno di una serie di pasticche per divertirsi. Perchè ci sia bisogno di essere soddisfatti 24 ore su 24. Soddisfatti o rimbecilliti.
Viene da chiedersi perchè non ci sia il rispetto per gli altri. Perchè non esistano limiti.
Perchè non ci sia educazione.
Sono ragazzi...
Sono stata ragazza anche io e, giuro, non ero una tranquilla. Non amavo le regole e ho sempre vissuto a modo mio. Ma non ho mai dimenticato quale fosse il modo di comportarsi, perchè a me l'hanno insegnato. Esageravo, sì, ma sapevo che c'era un limite. E non sono andata mai troppo oltre. Non ho mai pensato di prendere con la forza una cosa che non mi apparteneva. Non ho mai cercato di apparire migliore di altri. Ho accettato i miei limiti, i miei ritmi, le mie risorse.
Non ho voluto a tutti i costi rintanarmi in un mondo inesistente. Non ho accettato le mode, le prepotenze, le cose da bulli. Perchè di stupidi c'era già pieno il mondo ed io non volevo essere stupida. Volevo solo sentirmi libera. E lo ero anche senza seguire gli altri.
Qualcuno di noi ha sbagliato qualcosa, non c'è altra spiegazione.
Ci siamo dimenticati cosa siano l'educazione e il rispetto. Non abbiamo tenuto a mente che la nostra libertà finisce dove comincia quella di un'altro e che per nessun motivo dobbiamo sentirci superiori. Non abbiamo ragionato sulla necessità di conoscere il sacrificio, sul piacere di guadagnarsi le cose senza strapparle di mano ad un altro. Ci siamo dimenticati il piacere di vivere ogni momento intensamente senza bisogno di troppo aiuto. Il piacere di vivere...

25.3.08

18.3.08

Goodbye Mr. Minghella

Da vedere: "Mr. Wonderful" e "Il talento di Mr. Ripley", e "Ritorno a Cold Mountain"

17.3.08

Recidiva

Ebbene si, sono davvero recidiva ed un po' fissata coi mezzi pubblici. D'altronde, usando solo quelli certo non posso lamentarmi di quanto spendo di benzina...
Sono tornata recentemente dalla mia amica, prendendo gli stessi treni della volta precedente ma sincerandomi di non aver bisogno della toilette (o ritirata che dir si voglia).

Solo un cappuccio al bar della stazione, visto che non avevo fatto colazione e che nel percorso mi ero procurata solo la merenda, un bel saccottino al cioccolato della mia panettiera. Anche al bar, alle 8 del mattino, non c'era molta gente sveglia. Il barista si è fatto ripetere almeno 3 volte l'ordinazione mia e del mio vicino di bancone (che poi un cappuccio ed un caffè macchiato non sono così complicati da ricordare), chiedendo ancora conferma con un "cappuccio macchiato?". Fortuna che la collega lo conosceva e lo ha capito, perchè mi stava già partendo la battutaccia sagace, specialità di mio padre, che ho decisamente ereditato. Cappuccio orribile per me che sono abituata a quello di Mauro e Cristina, la mia colazione preferita.
Una rapida occhiata al tabellone delle partenze per trovare il binario, passaggio all'obliteratrice e mi avvio. Passi lenti, tanto ho tempo.
Inizialmente, camminando lungo il binario per raggiungere il vagone di prima classe (lo so, lo so, se sceglievo la seconda era lo stesso, ma avevo voglia di tirarmela un po'), ho guardato con profondo sconforto l'aspetto esteriore del mio treno. Brutto, grigio e scrostato.

Trovo il mio vagone e mi approprio di un sedile singolo, appoggiando la torta preparata per i miei amici sul sedile di fronte onde evitare altri passeggeri che dormono sbavando.
Aspettando di partire faccio scorrere il tempo guardando fuori.
Dopo poco mi sembra di vivere uno di quei sogni talmente vividi da sembrare veri. Una scena surreale, quasi come un film di David Lynch. Un uomo guidava un carrello dei bagagli. L'unico traino del carrello era occupato da una sedia da ufficio in metallo e pelle marrone, sbrindellata. L'uomo alla guida sembrava indossare una lunga parrucca castana, coi capelli lisci e girati a phon come in un caschetto allungato. La scena mi fa sorridere, forse solo io noto queste cose.
Mi torna in mente il periodo in cui viaggiavo in treno ogni giorno, su treni simili a quello, divertendomi e sfruttando il tempo in mille modi diversi. Allora mi piaceva e, devo ammetterlo, mi piace anche ora. Forse è il mezzo che preferisco.
Rispetto alla volta precedente, il treno sembra più pulito. Così affronto le mie quattro ore di viaggio verso il mare osservando il paesaggio nel mattino che avanza. Lo scheletro di una fabbrica in disuso mi intristisce un po', ma la bellezza del paesaggio successivo mi fa dimenticare tutto. Arrivo puntuale e passo la mia giornata al mare.
Ed al ritorno...
Puntuale mi riappare il vagone con la scritta a pennarello. Sporchetto, ma non troppo. Eppure non ci sarebbe bisogno della scritta, c'è l'adesivo sui vetri.
I controllori sembrano anche loro personaggi fantastici. Uno ha l'aspetto del folletto, con le orecchie che spuntano da sotto al cappello e tra i capelli lunghi e boccoluti. Si muove sorridente ed è uno di quegli uomini cui non si riesce ad affibbiare un'età. Discute con una anziana signora che non ha ben chiaro su quale treno sia salita e dove stia andando...
Un altro collega sembra uscito dal film tratto da Stephen King, credo sia "I sonnambuli". Film brutto di cui ricordo il trucco dei protagonisti, simili a gattoni umanizzati senza pelo. Altra cosa che mi viene in mente è "aveva un solco lungo il viso, come una specie di sorriso", solo che i solchi sono tanti... Insomma non una visione.
Anche questo viaggio si svolge tranquillo, anche se invece di leggere ho canticchiato insieme al mio lettore muovendomi anche come una indemoniata, come ai bei vecchi tempi.
Puntuale 2 volte su 2, e poi ci si lamenta sempre delle ferrovie...
Ehehehe!!!

14.3.08

La rabbiosa Clara

Io vi odio tutti.
Non fate altro che guardarmi e giudicare. Non riuscite a farne a meno. Non potete lasciarmi stare. Allora io farò di tutto per non piacervi.
Non sarò un ennesimo burattino, non mi voglio adeguare alle vostre aspettative.
Voglio vivere la mia vita, voglio farlo con le mie regole, con la mia testa.
Voglio sentirmi libera. Fiera. A posto.
Non essere qualcuno da guidare, da educare, da usare per avere commenti positivi alle feste. Non voglio essere invisibile come voi, vecchia, antiquata. Scontata.
Voglio essere cattiva come il mondo in cui mi avete fatta crescere. La vita mi ha tolto molto ed io non voglio amare più niente, non avrò più niente da perdere. Non avrò bisogno di nulla, tranne me stessa. Non vorrò il vostro aiuto, la comprensione.
Voglio che mi guardiate fare tutto ciò che la vostra morale vi vieta. E che pur schifandomi, mi invidiate. Voglio vendetta. Voglio rubarvi i pensieri.
Spazio. Voglio respirare. Bruciare le tappe, bruciarmi io. Voglio vivere tutto in un botto. Tutto insieme, senza limiti. Non importa dove andrò a finire.
Non mi importa di voi, di ciò che pensate, di quello che dovrei fare. Da ora in poi penserò solo a me stessa, voialtri potete morire all'istante. Tutti.
Voi non avete saputo darmi nulla in compensazione di ciò che mi avete tolto, se non farmi sentire piccola, stupida e di scarso valore. Ma che parlo a fare?
Non siete in grado di capire, non ci arrivereste mai. Siete inutili. Finti.
Impagliati come animali uccisi anni fa.
Non so nemmeno se siete vivi davvero.
Ma il dolore che sento mi rende sicura del fatto che io sono viva, lo sono qui ed ora ed è qui ed ora che voglio dimostrarlo. Voglio potermi sentire viva, qualsiasi costo io debba pagare.
Non ho più voce per urlare, più lacrime da piangere. Mi fate schifo.
Ladri, falsi, bugiardi, traditori. Massa di idioti.
Ed io dovrei volermi adeguare?

(Vedi: La piccola Clara )

5.3.08

Un italiano vero

"L'altro giorno, mentre andevamo in centro...", "Quando mangevamo la frutta...", "Ci avevo già pensato, poi mentre parlevamo mi è passato di mente"...
Questo mi capita quasi ogni giorno.
Per carità, non sono io a dirlo, ci pensano altre persone.
Mi chiedevo solo se io sono andata in una scuola diversa, da piccola. O se c'è una sorta di impugliesimento globale, mettendo bene in chiaro che non ho assolutamente nulla contro i pugliesi.
Tutti questi verbi mi sembrano derivare da un vocabolario tipico da personaggio di Lino Banfi vecchia maniera. Possibile che ci siano persone che non conoscono la grammatica delle elmentari? Siamo nel 2008...
Andevamo, voce del verbo andere?
Mangevamo, voce del verbo mangere?
Parlevamo, dal verbo parlere?
D'accordo, ho una sorella che scriveva L'orenzo; che "gli dava da mangiare il gatto (nel senso che dava da mangiare al gatto)"; che mangiava uno spicchio d'uva e chiudeva la manica della porta... Ho fatto il tirocinio in una quarta elementare (ebbene si, sarei diplomata maestra, chi l'avrebbe mai sospettato?) in cui la maestra vera esordiva con "chi non avesse capito alzasse la mano", o "se volete le fotocopie uscite le cento lire"...
Dovrei essere abituata all'uso incondizionato del condizionale, alla congiunzione del congiuntivo e all'abuso dei verbi e delle parole. Insomma, vivo qui, guardo la tv, ascolto i discorsi... origlio.
Conosco gente che pensa che l'harakiri sia uno sport. Che pensa che la CEI debba abbassare gli stipendi ai politici, che nelle previsioni del tempo "centro nord" indichi solo la Lombardia.
E va bene, non devo avere la puzza sotto al naso. In fondo è stata una mia scelta di non frequentare intellettuali, sono noiosi.
E va bene, ho smesso di stressare le persone con le puntualizzazioni. Spesso si ottiene l'effetto contrario. Quindi lasciamo perdere.
Solo che mi deprimo, giuro. Più vado avanti e più penso che l'italiano stia diventando un optional, solo che anche l'inglese lo è, non è che abbiamo sostituito i dialetti con l'italiano e l'italiano con una lingua più diffusa. Abbiamo semplicemente sostituito la nostra lingua col niente.
Non solo, visto che tanto non la parliamo più, ce la cambiano sotto al naso e quando apriamo bocca davvero non diciamo quello che vorremmo. Quante parole hanno assunto un significato completamente diverso da quello originale senza che ce ne accorgessimo?
Ho paura, perchè senza la possibilità di comunicare noi non abbiamo alcuna facoltà di scegliere, di giudicare, di comprendere, di dare una direzione alla nostra vita che abbia un senso.
Ripeto, non sono una intellettuale. Però almeno mi sforzo di migliorare.

4.3.08

Domanda:

Ma è la foca monaca o la suora laica a rischiare l'estinzione?
Boh?

E io che volevo Roger...

La recente partecipazione dei Duran Duran, molto invecchiati ma almeno più capaci, allo show di Sanremo, ha scatenato nella mente bacata di molti ( o sarebbe meglio partire con un molte direttamente) la caccia ai ricordi.
Io, che di solito a ricordare purtroppo non faccio alcuna fatica, sono scesa in archivio ed ho recuperato i file che non avevo mai messo via del tutto. Nessun ricordo dei miei merita di essere archiviato davvero. Li spolvero regolarmente, più di quanto mi soffermi a spolverare le librerie di casa. Quindi, sigh, ricordo benissimo il putiferio che si era scatenato negli antichi anni '80 solo al pensiero dei nemmeno troppo giovani inglesi in Italia.
Nella mia supponenza non ho nemmeno mai immaginato di andare a Sanremo per poterli vedere. Non erano il mio gruppo preferito e, se ci penso, son cose che non ho fatto nemmeno per i miei amati Depeche Mode.
Non sono mai stata il tipo che scappa per poter fare una foto col suo idolo. Forse non ho mai avuto idoli. Le foto le preferivo con gli animali dello zoo o del circo.
In ogni caso negli '80 ero giovane e soggetta al fascino dei musicisti. Questo non è molto cambiato. Per poter comunicare con le mie coetanee, cosa che mi riusciva difficile, dovevo cercare un sistema valido. I gruppi musicali erano un buon sistema, anche perchè io ho sempre amato la musica. Ero sempre informata, superactual (cito il 5° elemento).
Sono sempre stata bizzarra e non me ne cruccio.
Ogni amica, o pseudo tale, aveva un Duran preferito. Certo, nell'ansia di crearsi una identità femminile degna di nota, ognuna cercava il figo più figo.
Di solito il cantante è quello che va via come il pane. Infatti, Simon LeBon era il favorito, insieme a John Taylor (il tipico bassista alto). Entrambi soggetti a strane variazioni di peso nel corso di quegli anni ed entrambi molto visibili nel gruppo. Seguiva il truccatissimo Nick Rhodes, che non aveva l'aspetto del classico macho. Il chitarrista Andy Taylor non era una gran bellezza e di solito non lo voleva nessuno.
Il mio era l'invisibile Roger Taylor, il batterista timido e nascosto. Quello che non parlava mai, quello che non cercava spazio, quello che stava lì a fare il suo lavoro e non cazzegiava, sorrideva e basta.
Quello di cui non parlava nessuno.
Era ovvio che avrei scelto lui, ora lo so. Forse non era il più bello. Era carino e poco appariscente. Nascosto, appunto. Le persone come lui di solito sono le più interessanti, quelle che ti diverti a capire, a conoscere. Quelle che non ti si mostrano subito, ma che aspettano un cenno di interesse, che non vogliono catturare la tua attenzione a tutti i costi. Che non vogliono portarti ad adorarli totalmente. Quelle che ti conquistano piano. Che si lasciano conquistare.
Le persone che non ti gridano chiassosamente in faccia la loro bravura. Quelle che impari ad amare nonostante l'apparente anonimità. Quindi quelle che di solito non vede nessuno, quelle di cui ti accorgi solo quando tutti gli altri stanno zitti un istante, che con una sola frase sanno aprirti universi paralleli in cui desideri perderti.
La vita reale è stata diversa. Le scelte non sempre mi hanno portata ad un Roger Taylor, ma il rivederli dopo tutto questo tempo mi ha fatto pensare. A come ero, a come sono stata, quanto sono cambiata e quanto no. Mi piace pensare che qualcosa di ciò che ero sia rimasto con me negli anni. Forse c'è più di un qualcosa.
Certo, se avessi mai scritto un libro intitolandolo "Sposerò Roger Taylor", probabilmente nessuno avrebbe capito a chi mi riferivo. Forse sarebbe stato il mio successo, tutti si sarebbero chiesti: Roger chi?
Milioni di copie, più del vero "Sposerò Simon LeBon". Quasi un giallo, un romanzo misterioso.
Ma non ho scritto quel libro, non sono scappata di casa per inseguire il mio batterista preferito, non ho pianto strappandomi i capelli sotto alla finestra del loro albergo.
E non mi dispiace.