1.7.11

Der Kommissar

Il ragazzo era fermo al centro del locale, una cantina adattata in modo da contenere una band o una festa tra adolescenti. Nessuno dei presenti era maggiorenne e se non si fosse trattato di una festa di capodanno fatta di sabato sera, probabilmente non sarebbero stati lì, non così tardi. Fortuna che nessun adulto aveva deciso di scendere a dare un'occhiata, così la birra e qualche superalcoolico facevano bella mostra di sè sul tavolo improvvisato vicino all'ingresso.
Quasi tutti gli invitati stavano seduti lungo le pareti, dove erano stati abilmente piazzati divanetti scomodi e sedie pieghevoli. Perché si supponeva che gli adolescenti ballassero, e a quell'epoca lo facevano sempre.
Ora, però, stavano tutti fissando il ragazzo al centro della stanza, di spalle all'ingresso, proprio dietro all'asta del microfono. La musica era alta, ma non tanto da dare fastidio. Le pareti insonorizzate facevano il loro lavoro, quando la porta era chiusa. Una breve intro e via.
L'imitazione perfetta, con un sinc incredibilmente realistico facevano sembrare il ragazzo un vero cantante. Il vero interprete della canzone. Non era così.
Gli invitati sorridevano commentando, mentre lui continuava il suo show, il suo cavallo di battaglia dell'epoca.
Non era male. Capelli scuri e mossi con quel tanto di gel che basta a tenerli a posto, corti dietro e un po' più lunghi sopra alla testa. Occhi verdi e il viso ovale che tradiva la giovane età. Anche il fisico, sebbene già si notasse il futuro uomo che viveva lì dentro, lasciava intorno a sè l'idea che il bambino fosse andato via da poco. Diciassette anni, tanta musica, qualche spinello in compagnia.
Un gruppetto di ragazze vociava a un volume appena più alto rispetto al resto dei presenti, tentando di attirare l'attenzione dello showman.
In un angolo, stretta alle spalle dalle braccia di un altro diciassettenne dall'aspetto più maturo, una ragazza che non sembrava appartenere al gruppo osservava senza fiatare. Le piaceva il modo di muoversi del ragazzo, sciolto e spigliato, senza timore. Lo conosceva e sapeva per certo che non era sempre così. Lui era più timido, imbarazzato nei movimenti quotidiani, un imbranato. Molto dolce, ma imbranato.
Non come il coetaneo che la stringeva, baciandole il collo scoperto e mordicchiandole i lobi.
Si domandò perché fosse lì. Non andava d'accordo con il padrone di casa e non conosceva buona parte degli invitati. Non andava particolarmente d'accordo nemmeno con il vampiro che aveva alle spalle. Ma era divertente, lo erano sia lui che il ragazzo che stavano guarando mentre si esibiva.
Era tardi. Lei lo fece presente al suo accompagnatore mostrandogli  l'orologio che portava al polso e rimase nel suo angolo mentre lui andava a recuperarle il cappotto. Si era vestita bene, fin troppo rispetto al'occasione, ma le piaceva esagerare.
Continuò a guardare lo spettacolo, mentre la canzone andava verso la fine. Il ragazzo aveva un paio di jeans di marca, neri, fermati con una bella cintura dello stesso colore e con fibbia vistosa, una camicia a righe verticali tra il grigio e il nero e un bel gilet nero buttato sopra. Al collo uno di quei lacci da cowboy portato come cravatta. Lei, tacco dieci, era tutta in bianco tranne le scarpe e la cintura comprata da Inferno, principale spacciatore di abbigliamento punk-dark della città. Quel solo pezzo così particolare faceva spiccare il suo corpicino sottile ma ricco di curve. Pelle nera e catene. Come la sua anima.
Quando il suo cappotto arrivò, nero come la notte e lungo fino ai piedi, lei lasciò che il suo vampiro innamorato l'aiutasse a infilarlo, poi gli lasciò la mano affinchè lui potesse guidarla fuori. Non salutò nessuno, solo un cenno con la mano e un sorriso al cantante dagli occhi verdi mentre usciva dalla porta. Lui non le aveva staccato gli occhi di dosso nemmeno per un istante.
Fu proprio in quel momento che il ragazzo sbagliò...

2 commenti:

Fata ha detto...

Hihihi!!! Bastarda inside fin da piccola ;-)
Bello però, mi ha fatto tornare con la mente a altre feste e altri adolescenti seduti lungo le pareti...

PaolaClara ha detto...

Sempre detestato le feste. Si ballava troppo poco e c'era sempre troppo poco spazio negli angoli... ;)