28.2.07

Passi di danza

Questa poesia è contenuta nella mia raccolta "Parole d'amore insano".

Clara e la sindrome di Grisù

Come ogni ragazza complicata, Clara aveva le sue stranezze.
Era pigra, se non si trattava di arrampicarsi su qualche albero o scorrazzare in bici, o esplorare i boschi, o salire sulle impalcature in assenza di operai. Insomma, tutte quelle cose che le bambine pigre non fanno.
Aveva una gran paura di tutto, ma se una cosa davvero le piaceva non c'era paura che tenesse. La danza le piaceva proprio, forse a causa di quella che lei chiamava la "sindrome di Grisù il draghetto", quello che voleva fare il pompiere (vecchio cartone animato, n.d.a.). In effetti, almeno quando cominciò le lezioni, Clara sembrava portata per qualsiasi altra cosa, certo non per la danza. Era goffa, legata, troppo timida per eseguire i passi con la dovuta energia. Non faceva la spaccata, non alzava una gamba senza che la seguisse l'altra, con effetto devastante sull'equilibrio ed esilarante per le altre ragazze, che la vedevano piombare a terra ogni momento.
Clara aveva una naturale predisposizione all'appassionarsi a cose per cui era negata. Questo era evidente. Ma se aveva una qualità, questa era l'essere disposta a qualsiasi sacrificio per amore. E il poco di danza che aveva fatto quando a 13 anni decise per il suo futuro, era già amore vero. Non importava se doveva faticare più delle altre per danzare, lei avrebbe sostenuto qualsiasi sforzo, avrebbe imparato a fare tutto quello che le altre facevano con tanta leggerezza. Per essere una ragazza pigra era un bell'impegno.
Inizialmente nessuno la prese molto sul serio. Le ragazzine cambiano idea e passione ogni 10 minuti...
Clara, quando era a casa da sola, invece di studiare o di perdere tempo in altro modo, accendeva il suo stereo e provava, provava, provava. Salti, spaccate, equilibrio, giri... E sognava, vedeva balletti ovunque, le bastava chiudere gli occhi per vedere persone danzare. Già dopo il primo anno cercava di creare coreografie, immaginava costumi. La sera, mentre aspettava che il fantasma di sua nonna Mity venisse a rimboccarle le coperte, ascoltava la radio e immaginava un futuro in cui sarebbe stata leggera, bellissima e felice.

Da leggere: "Il signore delle mosche" di William Golding
Da vedere: "Frankenstein jr." di Mel Brooks
Da ascoltare: "La donna cannone" di Francesco De Gregori

# 32



Dio solo sa,
sempre che un Dio esista,
quanto vorrei essere
più forte di quello che sono.
Solo lui sa
che il mio cuore
è squarciato da 1000 ferite
grazie alla mia debolezza.
Solo lui sa
che il giorno in cui io sarò forte,
quelle ferite
saranno ricambiate...

27.2.07

Clara e la ricerca della leggerezza

Certo, Clara era un po' sovrappeso, ma non era esattamente questo a renderla pesante. Il suo era più un peso interiore, un desiderio di libertà dal vincolo del pensiero. Avrebbe voluto essere aria. La prima immagine che collegò alla leggerezza non fu esattamente un'immagine di danza, bensì una coppia di pattinatori su ghiaccio. Coi loro costumi tanto aderenti da sembrare pelle, con i capelli liberi nell'aria... le sembrarono angeli.
Poi conobbe la danza e capì che quello era il suo collegamento con la leggerezza, con la quiete.
In effetti, passato un primo periodo di goffi tentativi alla sbarra ed al centro, in guerra costante col suo equilibrio precario e con la forza di gravità, Clara cominciò a sentirsi leggera. Un pochino.
Aveva cominciato tardi, dopo un primo tentativo andato male nella stessa scuola torinese di "contraddanza". Tutte quelle bimbe vestite di rosa, quasi appese alla sbarra, in presenza di una donna col bastone in una stanza tetra avevano cozzato con il naturale istinto ribelle di Clara, che ne era fuggita senza nemmeno pensarci su. Dopo aver fatto tutt'altro per anni, dal judo all'atletica, finalmente tornò alla danza nell'anno in cui ripeteva la prima media. Fu una scelta obbligata: nella scuola delle suore non c'era altra attività possibile. Non c'era nemmeno la palestra...
Siccome nessuno l'aveva obbligata ad indossare indumenti rosa, Clara si sentì abbastanza sicura di sè da affrontare le lezioni che si tenevano nel parlatorio del collegio. Così, con una sedia a svolgere la funzione della sbarra, con una tutina rosso fuoco con le maniche lunghe e un paio di mezze punte rosa (loro sì, sigh) incominciò...

Clara e l'irritante invisibilità

Clara aveva 13 anni ed era incazzata nera. Non brillava per simpatia quanto per timidezza, sempre che di timidezza possa brillare qualcosa oltre alle gote perennemente arrossate. Era una ragazza sovrappeso, con capelli biondi ed occhi scuri come ce ne sono molte.
Una bionda anonima. Risultava sempre invisibile ai più e ciò la irritava in modo crescente. Più che altro la irritava essere sempre in secondo piano rispetto alle ragazze che frequentava. L'unico posto in cui risaltava era la scuola. Una scuola femminile, dove a tutte le sue compagne interessava più scoprire l'universo maschile che altro.
Clara non studiava mai, ciononostante aveva sempre bei voti e riusciva sempre facilmente nelle quotidiane faccende scolastiche. Nei compiti in classe era la più richiesta per ogni materia e, sinceramente, era uno dei pochi momenti in cui era richiesta. Questo la faceva sentire male e il malessere era cresciuto sino a diventare rabbia.
Clara odiava il mondo intero e voleva vendicarsi. Un giorno, un giorno qualsiasi, decise di lasciar perdere il voodoo, la magia, la cabala e di trovarsi un modo tutto suo di obbligare tutti a guardarla.
Decise di fare la ballerina. Aveva sperimentato il palcoscenico e l'applauso, ne era rimasta folgorata. Sul palco non aveva quella timidezza che la bloccava nel privato, sul palco poteva indossare una maschera e far danzare una Clara diversa, più forte. "In questo modo dovranno vedermi per forza", si disse. E allora cominciò la sua avventura...

Da leggere: "Contraddanza" di Chiara Simonetti
Da vedere: "La leggenda del re pescatore" di Terry Gilliam
Da ascoltare: "A little over zero" di Elisa