31.8.09

Essendo Patrizia

Ne parlavo ieri sera, tornando in auto con un'amica dopo una giornata diversa dalle solite.
Qualche post fa ho detto che i miei 40 anni mi hanno dato una nuova personalità, che risponde al nome di Patrizia. Chi mi conosce sa che io scherzo molto su queste cose e con i miei quattro nomi di battesimo ci ho giocato per un bel po'.
Insomma, prima dell'estate avevo le mie solite, vecchie e noiose quattro personalità. Poi, un giorno, ho deciso che ne avrei ammazzate due, perché in fondo mi ero stufata di loro, delle loro lamentele, delle paure, dell'ansia da prestazione e dell'ansia generale. Poi volevo fare spazio, si stava strette in quattro in un corpo unico. Volendo magari (o sperando di) dimagrire un pochino non c'era aria sufficiente per tutte.
E di colpo arriva Patrizia (che tra l'altro è un nome che mi evoca bizzarri ricordi) e mi scombina tutto. Non è un nome mio, è una nuova. Arriva da qualcun altro, quindi non può avere caratteristiche che già mi appartengono. Quindi Patrizia me la posso creare come mi pare, sono libera, libera.
Posso farle amare cose che non ho mai amato, darle un nuovo modo di reagire. Vedere il mondo con altri occhi. Provare nuove sensazioni.
Così ho cominciato, ieri.
E Patrizia apprezza il volo. Non ha paura dell'altezza (ma nemmeno il resto di me), non soffre il mal d'aria, è estremamente rilassata e le piace guardare giù. Forse dovrebbe mettersi d'accordo con le altre me sull'abbigliamento, perché il tacco in ultraleggero stona un po', ma è stato un gesto improvviso quello di salire e nessuna di noi se lo aspettava.
Ora Patrizia è in movimento, una persona in crescita, da scoprire anche per me. Una persona cui posso far fare cose che non ho mai fatto per pigrizia, paura, noia, senso di disagio. Una persona che può essere diversa da quello che ero e allo stesso tempo mantenere la parte che ho salvato di me.
Nonostante tutto il casino che c'è stato nel periodo del suo arrivo sono contenta che ci sia. Contenta di potermi plasmare come una persona nuova, senza cadere nei vecchi meccanismi. Di sentirmi un po' più libera da me stessa, anche. Di sperimentare.

P.S: Per la mia psico, se mai passasse di qui, lei lo sa che non sono matta, vero? E che se anche lo fossi non sarei così scontenta...

2° P.S: Devo rivedere "Being John Malkovich", mi aveva divertita un tempo...

29.8.09

A Jack

L'ultima volta
non ti ho sentito
cadere.
Quel filo che
lanciava vibrazioni
s'è teso.
Tirato, logorato,
ancora unito
nel tempo.
Eppure son sicura
che ancora ci sia,
resista.
Perché ti sento,
di notte, lontano,
oppure troppo vicino.
E non so cosa sia peggio.

Jane

P.S: Jack e Jane sono personaggi di un mio lavoro in scrittura, gente che si muove nei miei sogni da un po'. Sono amici, sono veri quanto lo sono io, ma non esistono. Strano. E bello.

25.8.09

Breve aggiornamento e sana invidia

Il sistema che ho utilizzato per il disegno precedente è il seguente:
1) metto la mia foto come sfondo.
2) su un livello successivo traccio i tratti essenziali del viso, senza esagerare
3) elimino lo sfondo e lo sostituisco con pagina bianca
4) su livelli successivi opero con aerografo e penne per colorare
5) sull'ultimo livello faccio i capelli
La foto non l'ho nemmeno più guardata, anche se per fare meglio le sfumature della luce e dell'ombra avrei dovuto. Però in sostanza è lì.
Sul perché tento la via del digitale posso solo dire che è tutta colpa di Corlen Kruger e delle sue donne demone, soprattutto. Pagherei per disegnare così, anche se il tipo ha evidenti problemi con le donne... E un altro tale di nome Matt Dixon che ne fa di tutti i colori...
Per loro provo una sana invidia.
Ecco...

20.8.09

Specchio delle mie brame

Non so a quanti sia capitato di guardarsi allo specchio e non riconoscersi.
Oppure guardare una foto e pensare: "ma sono davvero così?", o sapere di vedersi in modo diverso allo specchio. E chiedersi, alla fine, quale delle immagini vedono gli altri?
Io spesso non mi riconosco in foto. Guardo allo specchio e vedo una cosa (che sono io, almeno secondo la mia percezione), guardo le foto e ne vedo un'altra.
Quale delle due sono io? Sono almeno una delle due cose o sono ancora una cosa diversa?
Insomma, alla fine ci sono cascata anche io nella trappola dell'essere o apparire.
Il che non sarebbe fondamentale nel mio rapporto con gli altri, ma nel mio rapporto con me stessa.
Alla fine così non so chi sono. Non riconoscersi è una cosa brutta. Non è il semplice "venire male" in fotografia. Sono sempre stata fotogenica. Forse in foto spesso vengo meglio che dal vivo.
Il fatto non è questo.
Per anni, durante le mie varie depressioni e vicissitudini, ogni volta che allo specchio mi guardavo negli occhi non mi riconoscevo. Era diverso, perché allora non trovavo la luce che un tempo c'era nei miei occhi. Mi guardavo e il mio corpo era diverso, il mio sguardo era diverso. Non guardavo me stessa per come ero, ma per come mi aspettavo di essere allo specchio: la stessa che ero prima della depressione. Una ragazza bionda, magretta, con occhi vivaci e profondi.
Invece vedevo una ragazza grassa, rossiccia e con gli occhi spenti.
Negli ultimi anni ho ritrovato la luce nei miei occhi e anche se l'aspetto non è esattamente lo stesso, quando mi guardo allo specchio mi sembra di sapere che sono io.
Da quello che vedo dipende ad esempio come uscirò di casa. Vestita, lavata, pettinata in modo da essere io.
Ma se poi quando mi fotografano io non sono io, o meglio, non mi riconosco come me stessa, mi crollano le certezze. E mi capitava anche quando facevo le foto da bambina, da ballerina...
Spessissimo non compravo le foto dei saggi di danza, perché non mi riconoscevo affatto. Sì, sapevo di essere io, la posizione, il costume, tutto mi diceva che ero io, ma la mia mente non mi voleva accettare così.
Ora, che io sia un tantino malata di mente è risaputo. Solo mi chiedo chi vedono gli altri quando mi vedono. Se vedono me come mi vedo io o come mi vede l'obbiettivo o in un altro modo e se tutti mi vedono allo stesso modo o se ciascuno mi dà un aspetto differente.
Mi sa che dovrò darmi anche io alle meditazioni...

P.s: scusate, ma 36 gradi all'ombra sono troppo anche per l'unico neurone rimastomi.

14.8.09

Immagini

Noi, di famiglia, siam gente cha parla poco.
Ci teniamo dentro molto, quasi tutto, in una sorta di pudore borghese. Soprattutto il dolore, che nulla facciamo per dimenticare. Non siamo di quelli che si lanciano in cose sfrenate per non pensare. O che gridano al mondo intero quanto la vita sia difficile.
Capita così che gli affetti, le sensazioni, tutto ciò che proviamo o non proviamo resti dentro e acquisti dimensioni differenti, che noi non manifestiamo... quasi mai.
Allora tornano le immagini di una vita.
I racconti di mia madre, giochi e disastri giovanili, un'auto ribaltata, una piccola fuga. Una casa a Milano arredata in grande stile, una lampada con mille fili di fibra ottica colorati.
Un doppio album di Elvis ricevuto come regalo. Molti Natali festeggiati insieme in collina.
Due visite sulle colline romane, una famiglia, una presenza e una attenzione discreta. Mille cartoline. La scoperta di due figli stupendi. Belli, intelligenti, indipendenti. Qualche giorno sparso in un paio d'anni.
Attimi in una vita intera che non svaniscono e che non se ne andranno, nonostante tutto.
Una cosa quasi improvvisa, questa che ti sta divorando. Inaspettata.
E ti capisco. Non vuoi sprecare parole. Probabilmente lo farei anche io.
Noi, in famiglia affrontiamo tutto così. Senza parole, senza lamentela, senza grandi dimostrazioni. Se non di quella forza che ci porta fino là dove vogliamo arrivare, o dove, inevitabilmente, dobbiamo...
Un abbraccio, da qui a sempre.

12.8.09

I miei secondi vent'anni

Un compleanno fuori sede, quest'anno.
L'ultima volta che mi è capitato ero in India e il giorno del mio compleanno l'ho passato visitando un posto un tantino assurdo, almeno per me. Non sono portata per le religioni, nè per le grandi utopie, quindi visitare Auroville per me non è stato così fondamentale.
Soprattutto lo trovavo un posto bizzarro e fuori dal mondo in un posto che sembra contenere un mondo intero. Questa cosa, in particolare, mi sembrava quasi aliena:


Compiere gli anni in un posto così, con quel caldo...
Però non saprei come dire... I miei primi 40 anni mi hanno regalato un nome nuovo: Patrizia. Un nuovo gemello, Andrea, (di 10 anni più vecchio di me) al cui compleanno ho festeggiato il mio compleanno guardando ballerine brasiliane agitare il fondoschiena e tentando di dare un'età a un minorenne che non fosse esagerata - da considerare che le alternative erano 30, 30, oppure 18 che era l'età dimostrata all'occhio adulto - e soprattutto cercando di non esagerare coi pensieri.
I miei secondi vent'anni mi hanno regalato un piccolo complice che si è divertito a fare giochi di parole con qualsiasi cosa e ci ha stupiti tutti con domande adulte (pure troppo), una giovane amica amante dei vampiri, una coppia di cugini D.O.C., una quasi settimana al mare dopo anni di città.
Essendo Patrizia, oramai, ho anche deciso che ci saranno piccoli cambiamenti e che non mi spaventeranno più certe cose. Forse ci sarà dinuovo un orecchino al naso, forse no.
Di sicuro ho mille idee e la sensazione di stare volando felice con l'aria tra i capelli. Se questo post sembra un delirio, non avete vissuto la mia vita fino ad ora... si può capire fino a un certo punto.
Per il resto fidatevi di me...

P.S: Devo anche ringraziare Fata per la ospitalità rapida e un po' visibile qualche giorno dopo, terminata sulle note di "Borgn to be alive..."