27.6.09

Sindrome dei 28 giorni dopo

Ci sono volte in cui qualsiasi cosa io veda diventa uno spunto di riflessione. Pure un film pieno di mostri, violenza e sangue.
Che poi è il mio genere, quasi.
Mi sono trovata, dopo aver visto il film di Danny Boyle nel 2002, a parlarne con la mia psycho. Probabile che io non sia normale, visto che vado a fare la critica cinematografica da una psicologa, ma se fossi normale... Vabbè.
Il film in questione non è un granché. Cioè, non mi ha fatta impazzire. Qualche immagine mi è rimasta impressa, qualcosa mi ha spaventata. Però mi ha fatto pensare molto al mio sentirmi diversa. A quanto certe volte sia faticoso, terribilmente. Quante frustrazioni, rabbia, delusioni. Quanto si deve lottare per dimostrare che si può anche essere diversi e valere qualcosa.
Per parte del film mi sono sentita come il protagonista (buono) che lotta per sfuggire a una massa di infettati che non vedono l'ora di farlo a pezzi, se va bene. Ma col trascorrere del tempo, il comportamento di altri sopravvissuti mi ha fatto pensare che alla fine, volenti o nolenti, siamo tutti uguali. Per sopravvivere ai mostri diventiamo mostri anche noi.
Solo che lo diventiamo in modo cosciente, non per trasmissione del virus. Diventiamo peggio degli infetti, perché loro non hanno scelta e noi invece sì. Potremmo diventare qualsiasi cosa e invece scegliamo di diventare mostri. Mostri intelligenti, pronti a "usare" quelli più deboli di noi.
Allora, mi chiedevo, perché non arrendersi. Perché non diventare mostri incoscienti, lasciarsi infettare e vivere in pace tra simili. Perché lottare? Insistere.
Mi ha lasciato una tristezza profonda, quel film. Anche se non finiva male, anche se il protagonista non diventava così mostro come gli altri sopravvissuti. Ma se uno deve restare solo al mondo per mantenersi "pulito", vale davvero la pena di farlo?
Tutte queste considerazioni le ho fatte e le ho tenute lì. Per tutte le volte in cui volevo arrendermi e non mi davo la possibilità di scegliere di non diventare un mostro. Perché comunque una possibilità ce l'ho. Il potere di scegliere se adeguarmi agli altri sopravvissuti, lasciarmi infettare o crearmi una strada alternativa ce l'ho sempre.

24.6.09

Fat Bones tenta il suicidio

Amanti dei gatti non vi preoccupate, Bonesy è ancora viva e vegeta e il tentativo ha solo scatenato una insana (e quando mai) ilarità in famiglia.

Siamo stati al cinema, noi umani, dopo una pizza al solito posto. Amici che ci nutrono e con cui purtroppo passiamo poco tempo. Una passeggiata fino al cinema, un paio d'ore di film vedibile anche se ci sarebbero un tot di considerazioni a riguardo.
Torniamo a casa.
Al solo sentirci arrivare al piano, i felini di famiglia si sono avvicinati alla porta. Incontriamo Lula appena entrati, già lì a buttarsi a terra per una dose di coccole da ciascuno. Poi Goldie, la più anzianotta, che giunge lenta dal corridoio. Altre coccole. Giusto il tempo di arrivare al "disimpegno" tra la cucina e la sala e al Kid distratto qualcosa dà un colpo. Io arrivo e vedo, tra le gambe del Kid, una gatta imbecille bianca e nera che cammina e sbatacchia con un sacchetto dei croccantini in testa. Sacchetto che le fa una testa squadrata e che certo non le lascia molto ossigeno da respirare. Il Kid glielo sfila, non senza una certa resistenza, visto che il sacchetto ha una chiusura che strozza l'apertura. Io comincio a ridere come una pazza.
La demente in questione, avida e ingorda, è andata a cercare nel sacco dei rifiuti in plastica, ha trovato questo magnifico sacchetto vuoto dei croccantini che ancora ne portava il profumo, ha ficcato dentro la testa non so come, perché credo abbia dovuto spingere un bel po'. E non era nemmeno agitata, non ha fatto una piega. Col sacchetto in testa ci camminava normalmente, salvo il fatto che non ci vedeva un fico secco. Forse non era tanto che l'aveva in testa, ma arrivava dalla sala, non dalla cucina. Il che significa che ce l'aveva da un po'.
Da qui l'idea del suicidio almeno tentato. O inscenato. Magari è un po' come Harold di "Harold e Maude", voleva attenzione. Boh.
Subito dopo l'estrazione dal sacchetto, ci guardava beata col suo musoschifato e si leccava i baffi...

22.6.09

Capita

E mi capita sempre più spesso, tra l'altro.
Cosa? Vado a spiegare.
Quelle volte che guardi qualcuno che non hai mai visto prima e ti si riempie il cuore, ad esempio. Come se lo rivedessi dopo lungo tempo. Non importa chi è, ti commuove quasi.
Oppure qualcuno che hai sì, già visto, ma non conosci minimamente e più lo guardi più sai che già gli vuoi bene. Anche se non lo rivedrai mai, anche se magari ti sbagli, anche se certamente non è tuo fratello dall'antico passato.
O quelli che come li guardi ti viene il vomito. Persone che provocano repulsione pur non avendo fatto nulla di preciso per ottenere tale considerazione. Che magari non sono nemmeno brutte, anzi. Quelle persone che ti mettono di cattivo umore al solo guardarle. Che consideri meno di una merda anche se non li conosci. Non così bene da sapere che hai ragione, almeno.
Quelli che sorprendono in modo positivo sono sempre meno, per me. Ci sono, sì. Ma pochi.
L'istinto mi guida relativamente bene. Mi fido. Di solito fatico a sbagliarmi. E se capita ne sono ampiamente delusa.
Una questione di feeling, per citare cantanti e canzoni. Questione di pelle, forse.
Se un tempo avevo l'abitudine di stringere amicizia con le persone che più mi si dimostravano aggressive, ora evito come la peste quelle che a prima vista non reggo. Perché poi non ho tempo nè voglia di cercare di sapere chi sono e se c'è qualche possibilità.
Capita, dicevo. Qualche volta tutto in una sera.
Un sorriso scompigliato, gesti di tenerezza visti da lontano, l'aria semplice e sincera.
Una maglia colorata tesa su un minimo di pancia e il viso delicato.
Un incontro reiterato, già sbagliato la prima volta. Sensazioni confermate, nessun cambio di opinione.
E una sorpresa, piacevole e bizzarra. Un gruppo in camice bianco che suonava Beatles e Champagne...
Una bella serata, comunque, in compagnia di persone cui voglio molto bene. Che è bene che capiti anche spesso. Anche di più.

20.6.09

Suoni e brividi

Mi sorprende ogni volta.
Inizialmente non c'è molto più di una vibrazione, un sottofondo crescente di voci che chiamano. Sirene, registrazioni di voci che annunciano l'evento.
E quella voce dal fondo che sale. Quasi cantando qualcosa che ancora non sa.
Un coro di persone, applausi, qualche tromba.
E il boato, appena prima dei 4 colpi di bacchetta che danno inizio alla musica. E subito dopo.
E la sua voce di velluto che comincia a cantare, potente e meravigliosa. Intonata da subito. Senza tradire un minimo di emozione.
Il boato c'è ancora, sotto. Non c'è modo di non sentirlo.
Incredibile. Non perché non sia comune.
Incredibile l'effetto che mi fa. Come una piccola paralisi della pelle del viso, il corpo percorso da brividi e le lacrime in agguato. Lo fa a me che sto qui con le cuffie in testa.
Immagino solo quanto possa essere potente l'emozione dal palco. Immagino cosa possa aver provato lui, anche se dalla voce non traspare. Quel boato, tutta quella energia...
E la musica, la voce.
In questo caso il brano è l'apertura del cd "Live baby live" degli INXS.
Ci sono altre canzoni che mi fanno lo stesso effetto, anche senza il boato del pubblico. L'intro di "Money for nothing" dei Dire Straits, alcuni brani di Alanis Morissette, per esempio.
Non so perchè. Come se mi scavassero dentro ogni volta.
E non posso fare altro che restare immobile, con le lacrime agli occhi, a godermi questi momenti così intensi sperando che questa cosa non mi passi mai.

18.6.09

Curiosi metodi di vendita

La location è un normalissimo dehor, sotto i portici a Torino, vicino al lavoro.
Erano circa le 14 e stavo prendendo un goduriosissimo caffè macchiato senza zucchero, con tanto di acqua a seguito, insieme a mio marito. Uno dei momenti migliori della giornata, quando ti rilassi all'ombra e osservi la gente passare.
Si avvicina una tizia. Una normale tizia coi capelli scuri e un gonnellone. Ci chiede se può farci una domanda. Ci spiega che se ne vergogna e che sa già che la risposta non le piacerà, molto probabilmente. (E qui, se già sai che uno ti sta per sputare in un occhio, perché insisti?)
Ci fa tutta una pantomima, mentre noi, pacifici, attendiamo la fatidica domanda. Che voglia dei soldi è chiaro, mica uno va a importunare la gente se non vuole dei soldi...
Si scusa e si riscusa, poi le parte la domanda:
"Ma voi non avete mai pensato di provare a dimagrire?"
Ecco.
Signora mia hai sbagliato sistema di vendita. Non è che andando a dare dell'obeso a qualcuno seduto a un bar (tra l'altro accanto alla vetrina dei dolci, dove spiccavano delle magnifiche minisacher e delle tortine con pere e cioccolato) puoi avere una risposta positiva.
Poi, voglio dire... Mi rendo conto che magari c'è un sacco di gente inconsapevole del suo aspetto, anzi, c'è di sicuro. Basta vedere quante ragazze sovrappeso si vestono ad effetto omino Michelin per essere alla moda. O quante signore over over si vestono come 25enni che anche se hanno il fisico non è che non si noti l'età. Insomma, nella ricerca costante e ossessiva del look, spesso si trovano certe schifezze che uno si domanda se d'improvviso gli specchi si siano coalizzati contro le proprietarie.
Beh, io mi vedo. Lo so quanti chili ho in più e anche dove sono. Uno per uno. Ho passato almeno 10 anni della mia vita a guardarmi allo specchio per ore al giorno, conosco ogni mio difetto perfettamente. Quindi non importa se ora non ho più il fisico di una volta, so dove sono le magagne e mi guardo bene dal mostrarle.
E se io decidessi di punto in bianco che d'ora in poi devo andare a chiedere a chi mi sembra sciocco se ha mai pensato a un trapianto di cervello?
Va bene che uno deve vendere l'herbaminchia per guadagnarci due euro in più a fine mese, ma non così, dai...
Cioè, uno ti manda a quel paese come minimo. Minimo.
La nostra risposta è stata "No". Non era vero, ma no comunque. Non avremmo mai comprato il suo prodotto nemmeno fosse stata simpatica e carina, ma almeno non ci avrebbe lasciati lì con espressione interrogativa.
Perchè non è il fatto di esser tondi e che ce l'abbia ricordato così gentilmente a stupirci. Quanto il metodo. Decisamente un metodo curioso e fallace...

11.6.09

Questioni matematiche

Problema 1:
Se Tizio ordina a un artigiano 12 tablettes per la colazione, quante etichette con la sua firma deve mandare per avere una etichetta su ogni capo?

Problema 2:
E se Caio volesse 6 set da 2 pezzi ciascuno, quante etichette dovrebbe fornire a chi glieli fabbrica?

Problema 3:
Se Sempronio deve fornire il tessuto al sarto per confezionare 10 pantaloni per il suo compleanno (mettiamo tra una settimana), sapendo che per ogni pantalone occorreranno 4 ore di lavorazione e m.1,50 di tessuto, quanto tessuto e quando deve mandarlo per avere i suoi pantaloni in tempo?

Problema 4:
Se da 50 cm di tessuto alto 250 cm vengono 5 tovaglioli, qual'è il consumo per ogni tovagliolo?

Problema 5:
Se si confezionano 5 modelli diversi di copriletti e per ogni modello c'è un codice, è giusto che le etichette da apporvi abbiano lo stesso codice previsto sull'ordine o possono avere un codice a caso, basta che la composizione del tessuto sia quella giusta? Ma se Tizio manda le etichette a casaccio, chi deve lavorare come si aggiusta?

Problema 6:
Considerato che un operaio tessile in ambito artigianale guadagna 7 euro lordi l'ora, quanto dovrebbe prendere di stipendio ogni mese per preoccuparsi anche delle etichette?

Avete tempo finché vi pare, tanto il mondo va così...
Per inciso la nota polemica non è per l'artigiano in questione, quanto per Tizio, Caio e Sempronio che nell'ordinare qualsiasi cosa al suddetto artigiano non applicano alcuna regola matematica o logica, rendendo complicato e a tratti tragico il lavoro sia all'artigiano che ai suoi dipendenti, che francamente trovano inopportuno il ricatto su tempi e prezzi se si tratta di lavorare così...

Soluzioni:
1) Ovviamente 9 etichette, no?
2) Sempre 9 etichette, certo.
3) Se va bene il tessuto arriva la prossima settimana e ce ne sarà certo almeno mezzo metro in meno...
4) Dubbio amletico, saranno forse 10 cm a tovagliolo?
5) Le etichette hanno un codice a caso diverso da quello sull'ordine e, ove possibile, anche la composizione del tessuto deve essere diversa da quella riportata sulla pezza del tessuto usato. Inoltre, visto che il tempo stringe e Tizio ha mandato le etichette a casaccio, si buttano le etichette a muzzo, sperando in bene.
6) Occuparsi delle etichette altrui non ha prezzo...

7.6.09

Grazie e stragrazie

Alla fine è andata.
Volevo ringraziare tutti quelli che sono venuti alla presentazione ieri pomeriggio, gli amici, i conoscenti, gli amici degli amici, i parenti e gli amici dei parenti, grandi e piccini.
Ringrazio Filomena della libreria Diorama per l'accoglienza simpatica e decisamente informale, per la simpatia e per le chiacchiere dopo, a cena.
Ringrazio la caffetteria Gallery per gli stuzzichini e i tavolini messi a disposizione, per l'ottimo salame piccante e il resto delle cibarie abbondanti e deliziose.
Ringrazio i miei zii per la tempesta di domande sul mio libro e Davide, attore col fiore all'occhiello, per aver letto le poesie un po' a richiesta e un po' no.
Altri ringraziamenti vanno allo splendido lavoro di Domenico Armenio, sua moglie e lo staff per aver domato la mia capigliatura e averle dato un po' di colore variegato.
Ringrazio anche chi, pur non essendo venuto, mi ha dato supporto e affetto.
Chi ha deciso di pubblicare il libro e chi lo ha comprato...

5.6.09

Il posto è qui

Per la presentazione di domani pomeriggio, h.18,00. L'indirizzo è Corso Susa 22, Rivoli.
Siateci!