25.12.16

Bad Santa

Ho sempre odiato il Natale, trovandolo falso e inutile.
Del periodo mi piacciono le luci, gli addobbi - esclusi i Babbo Natale impiccati ovunque - i colori. Ma è una cosa che mi piace in ogni stagione, non a caso da me le luci sono fisse e le accendo ogni volta che mi va.
Non mi piaceva da piccola, come ogni cosa obbligata. Era un momento in cui non dovevo dire il vero, sorridere forzatamente e fingere di essere felice. Mi toccava, da figlia di separati, festeggiarlo due volte. Come se una non fosse abbastanza. Scrivevo letterine a un Babbo Natale inesistente, figuriamoci Gesù bambino, in cui chiedevo regali che non ricevevo. Non chiedevo cose impossibili, ma magari volevo una pistola e mi arrivava il Dolce Forno... non è esattamente la stessa cosa. Ugualmente dovevo fingere entusiasmo e sorpresa, ché altrimenti offendevo qualcuno.



Le cose non sono migliorate con gli anni. Ora che non c'è più mia mamma, non ho nemmeno più l'albero, non faccio il presepe, niente cenone del 24, solo una cena un po' diversa. Niente regali tra noi, solo una sera come le altre. Il 25 sono a pranzo da mio padre, senza la baraonda di tutta la famiglia riunita di quando ero piccola. Noi, un pranzo mai eccessivo, qui sì ai regali ma fatti con cura e un pomeriggio passato tranquilli.
Non sono pervasa dallo spirito natalizio, non mi sento più buona oggi degli altri giorni, non ho voglia di fare come se niente fosse e festeggiare una cosa che non sento. Mi si vorrebbe falsa, sorridente e benevola.
Invece no. Siccome non sono una bella persona ma semplicemente una educata bene, io questa cosa non l'ho mai sopportata. Dover essere carina quando vorrei un'accetta. No.
E non è per i regali. Non mi piace riceverne, perché un pensiero fatto a forza mi disturba e perché è difficile che qualcuno riesca ad azzeccare la cosa giusta. Per cui poi io comunque sono obbligata a fare un regalo in cambio, fatto per forza e probabilmente sbagliato. Preferisco comprarmi io quello che voglio e magari fare un pensiero a chi voglio e quando voglio, trovando il regalo giusto - che non è mai così semplice lo so - e facendolo nel momento dell'anno che voglio.
Non è perché non sono felice, sono esattamente felice quanto gli altri giorni. Non nascondo qualcosa che non c'è. Non è che odio il Natale per capriccio.
Trovo ipocrita ingozzarmi mentre c'è troppa gente che muore di fame, che scappa da guerre stupide ( a trovarne una furba), che cerca di arrivare a una vita dignitosa - io non so ma i bambini africani del video di "Do they know it's Christmas" con le mosche agli occhi e al naso non stanno bene a casa loro, proprio no - quando c'è chi si fa i soldi alle spalle di chi lavora onestamente e ci spinge a combatterci tra poveri, tanto non lo capiamo, rimbecilliti di fuochi d'artificio e illusi dal Superenalotto... Ecco, non c'è un Natale. C'è la vita, c'è il bello e il brutto e non c'è un giorno speciale comandato. Il giorno speciale c'è quando c'è. E non è oggi. O potrebbe esserlo.
Chi lo sa?

24.12.16

La mia verità

Quando ho sentito per la prima volta questa canzone ho pensato fosse la mia. Non mi piace la voce e non mi piace forse nemmeno la musica ma quello che dice mi ha toccato. Perché un tempo mi sentivo così. Come racconta lui.

Avevo bisogno di ballare per stare bene. Per sentirmi bella, più forte. 
Era un modo per sognare, per credere davvero di venirne fuori. Probabilmente senza quel sogno sarei morta. Mi sarei persa. 
A quel tempo era facile credere agli altri, o alla vocina, o a quello che pensavo di me. Ballare era la mia ancora di salvezza. 
Infatti, quando per un attimo le voci hanno avuto il sopravvento, ho smesso di farlo e sono crollata. 
La mia verità è che ho ancora bisogno di ballare, anche se sono cambiata molto in questi anni. Il contatto con il mio corpo, il costante guardarmi allo specchio - anche se cerco di guardare altrove, prima o poi mi vedo - il cercare di nuovo il movimento perfetto (sebbene la perfezione non sia di questo mondo), lo studiare passo dopo passo... Questo mi fa bene, mi fa concentrare sulla parte migliore di me nonostante quella peggiore. Che è lì, nello specchio.

Ora non mi resta che tornare a farlo, davvero, insieme alla pole. Che tanto è danza lo stesso. E credo che fosse proprio qui che dovevo arrivare. Il mio sogno, la mia "perversione". 
Ma aggiungere quello che per anni mi ha reso felice, quello che magari non mi avrebbe fatto diventare famosa - e mai lo farà - ma ho imparato con dedizione a amore... 
La mia verità è che voglio ballare, che sono stufa di occhi rossi quando è sera. 
Voglio tornare a essere felice.

11.12.16

Grinchitudine

Siccome mi sono svegliata con la polemica addosso, volevo scrivere - e lo stavo facendo - un post lunghissimo con lamentele e incazzature, roba di cui il web è ghiotto e pure pieno.


Così ho deciso di ridurre tutto a due brevi punti fondamentali:
1) Quelli che infestano i gruppi Facebook per autori con post che riguardano la loro opera/blog/articolo/poesia/citazione del giorno, notando che quei post non ottengono la benché minima reazione da parte del gruppo, perché continuano? Una domanda non affiora, riguardo a quanto interessi agli altri membri del gruppo? No, perché io se parlo da sola preferisco farlo sul mio profilo o al massimo sulla mia pagina "pubblica", così chi vuole viene a vedere cosa scrivo e altrimenti non frantumo i maroni a nessuno. Posso scrivere un post quando esce qualcosa di nuovo, uno se ci sono delle offerte particolari, ma non uno ogni santo giorno - ovunque - se continuo a collezionare zero like.

2) Sempre in merito all'auto promozione: che senso ha pubblicare nel gruppo chiuso del proprio editore ogni recensione, ogni salita in classifica, ogni intervista, ogni post già condiviso su profilo e propria pagina? Come se gli altri autori della propria "scuderia" dovessero acquistare tutti i libri pubblicati dal proprio editore. Ve lo immaginate un autore Mondadori che deve acquistare ogni volume della produzione? Va bene informare l'editore dei propri progressi, ma chi già segue la tua pagina autore queste cose le ha viste lì. Perché ripetere?
Detto ciò, pare normale che io mi stia cancellando da tutti i gruppi di autori, lettori, autolettori, protoscrittori, bloggers, fanatici di ogni genere... Non ne posso più.

1.12.16

La vocina

Sto crescendo, sto cambiando, il mio cuore ha paura.

Sono più forte di un tempo.

Ero lì che le guardavo. Belle, sul palco, sensuali (no, vabbè, alcune sensuali quanto un calzino ma anche questa cosa è talmente soggettiva...) e quasi sicure - che sicure non si è mai davvero anche se ognuna maschera a modo suo.


Le guardavo ballare e mi dicevo: "fanculo, devo smettere di preoccuparmi del mio aspetto".

Mi dicevo: "Ora si torna a casa e si comincia a lavorare sodo, perché ad aprile tocca a me e stavolta voglio dare il massimo".
Mi dicevo: "Io sono brava".

E sono tornata, carica di idee e di energia.
Ed è tornata anche lei: la vocina.

Stavolta l'ho beccata. Qualche danno l'ha fatto ma non voglio che mi rovini la festa. Lei vuole che smetta e che mi rinchiuda in un angolino a pensare di non potermi meritare di più.

La vocina quello fa: ti bisbiglia all'orecchio che non sei niente.
Ti dice: "Dove pensi di andare?", "Non lo vedi che sei ridicola?", "Non vorrai mica farti una figuraccia?"

Lo fa anche e soprattutto quando tu invece puoi farcela.
Lo fa per impedirti di sentirti bene.
Lo fa perché non puoi permetterti di essere felice.
Lo fa perché la felicità fa paura.