8.12.12

Vuoto

Ripercorrendo ogni scaffale, nello svuotare librerie e mobili, trovo ammucchiate "cose" che non hanno più senso. Trovo libri che non ho mai letto e ho portato con me trasloco dopo trasloco solo perché un tempo li avevano tenuti in mano i miei nonni. Trovo libri che ho comprato e letto e non gradito, trovo fumetti che ho amato e che non mi rappresentano più; videocassette che non rivedrò e quaderni interi di appunti di scuola e università di cui non ricordo nulla. Come fossero "roba" di qualcun altro, non mia.
In effetti non lo sono più.
Ho passato anni ad accumulare oggetti che non voglio più, a trascinarmi dietro storia e storie di persone che non esistono più se non nel mio cuore. Feticci.
E vestiti di anni fa, vestiti di quando ero molto più magra e di quando ero molto più grassa. Vestiti di una che non sono più io, in una crisi di identità e di forma perenne. Non sono e non sarò quel che ero. Sono una persona nuova, per quanto sgradevole io possa sembrare ad alcuni. Certo troppo diversa da quella che rideva poco, che non osava dire e che faceva attenzione a non urtare mai nessuno, a non disturbare e non dare fastidio. Vestiti di Clara, modi di Luisa e paure di Laura si sono ricomposti in un'unica Paola che ancora non conosco e che vuole luce, aria e vuoto. Spazio libero intorno, nessun vincolo.
E siccome il destino a volte ci presenta a sorpresa proprio quello che ci serve, ecco...
Sto buttando via tutto, vendendo il vendibile, lasciando scivolare via la vita che è stata. Con quello che di buono e di non buono c'è stato. Perché a volte è vero che bisogna solo chiudere gli occhi e lasciarsi andare e le cose andranno come devono... sorprendendoci.
Quindi si va. Dove non so, ma per una strada nuova.

4.12.12

Cose

Tutto si muove e diventa complicato fermarsi a pensare, ora.
Sono viva. Questo conta. E voglio avere stelle e luna e luce da godere finalmente.
Non so bene quanto tempo mi ci vorrà per riprendere le mie attività, ora. Ho un quadro in mente, un altro incrocio di tutù. Un romanzo da finire e uno appena iniziato. Uno da riscrivere e uno da aspettare al varco del premio Calvino. Che non vincerò, certo. Ma poco importa. L'ho mandato.
La vita si muove, io seguo. Forse un po' più protagonista del solito. Forse solo più consapevole, forse solo più pazza di prima.
Saprete, prima o poi, cosa mi sta succedendo. Ora è presto per dirlo ed è tardi per spiegare perché.
Ma sono qui. Sono viva.

19.11.12

3.11.12

Quanto

Un soffio, un battito. Una vita intera. Penso a quanto sia facile perdersi. A quanto sia difficile a volte trovarsi anche percorrendo le stesse strade ogni giorno. A quale scherzo del destino ci si debba ribellare e a quale no, a quali sono le cose davvero importanti nella vita.
A quante volte nel tentativo di fare la cosa giusta si fa quella sbagliata. A quante si può rimediare e a quante no. A cosa mi fa battere il cuore ogni giorno. A cosa voglio.
A cosa mi passa per la testa quando impazzisco di gelosia, a quanto sono felice o infelice. A quanto desidero le cose che desidero. Che importanza dò a ciò che non ho. A quanto poco conti il giudizio degli altri. A quanto poco giudizio ho nelle mie cose, a quanto mi affido all'istinto, a quanto ho paura e a quanto sono incosciente.
A quanto mi manca mia madre, a quanto mi sento leggera, a quanto vorrei restare sospesa tra un mondo e l'altro, quanto vorrei avere l'età che ho.
A quanto non dormo, a quanto vorrei farlo, a quanto sogno. A quanto ho smesso di farlo dopo che mi hanno decapitata in un incubo non spaventoso. A quanto significhi la voce con cui ti addormenti, a quanto sia inutile cercare di non ascoltarla. A quanto sia folle ogni momento della vita se lo si guarda dalla giusta prospettiva.
A questo cuore impazzito che mi si agita nel petto, alla voglia che ho di urlare e di piangere.
A quanto tutto questo mi stia facendo sentire viva e a quanto allo stesso tempo mi sia difficile.

30.10.12

Fiabe

Io, egoista,
mi specchio nell'acqua
di Narciso.
Bella del Reame,
cuore di cervo in mano,
uccido il cacciatore.
Vecchia megera prepotente,
insulsa piccola troia,
voglio il mio pasto.
Mostro.
Non sono altro che questo,
fantasma che cerca fantasmi.
Veleno nell'offerta della mela,
pungo la rana che mi porta,
scelgo di annegare.
Ripeto forse il mio destino,
forse morendo vivo,
forse vivendo muoio.
Racconto fiabe a me stessa,
cerco l'isola che non c'è,
sciolgo le ali al sole.
Un suicidio, la vita.
Quanto scontare per vivere,
quanto sognare invano.
Quanti i tramonti che ho perso
sulle acque agitate dei miei sonni,
senza pensiero alcuno.
Non srotolo il mio gomitolo
in un labirinto oscuro,
scelgo la morte. La vita fa male.
Costa troppo volare tra le stelle,
offro il mio cuore in pasto,
se davvero ne ho uno.

Lampi


Il tempo mi muore attorno,
come aria che si fa grigia e densa,
il mondo si rovescia,
la notte non mi è amica.
Battiti e rintocchi,
minuti, giorni, distanze.
Visioni di possibilità che svaniscono,
se solo si potesse stringere il pugno
senza che tutto sfugga. Tempo e sangue.
Quel sogno improvviso e bizzarro
così delicato e puro, naturale
come nulla è mai stato,
ferito, squarciato e lasciato
immobilizzato nell’oblio.
Fino a quando,
lampi di luce rossa,
gioia non provata ancora, sorriderò.

28.10.12

Ricominciare

L'uomo che rubava le parole ai suoi libri scriveva poesie di una bellezza struggente. Non era abituato all'amore e tutte le parole gli sembravano nuove e stupide e senza senso. Eppure le usava, le parole, per dichiarare il suo sentire. Un amore inaspettato e strano, che lo lasciava senza fiato e lo riempiva di nuovi sogni ogni mattina. Così usava le poesie che non aveva mai usato prima e parlava di cose mai pensate prima e amava in un modo in cui non aveva mai amato prima.
Questa è la bellezza della vita, lo scoprire di essere capaci di sentire. Scoprirlo un giorno, senza aspettarselo e senza chiederlo, dopo aver passato la vita intera a pensare ad altro. A come non sentire, per esempio.
Non solo, ma anche capire che non è mai tardi per sognare e per cambiare.
Per sentirsi leggeri, per respirare e ridere sguaiatamente nella notte vagando per le strade che ci han visti piccoli.
Per captare nuovi suoni, ascoltare con nuove orecchie la vita che si muove ininterrottamente. Giorno e notte, minuto dopo minuto. E immaginare per sé qualcosa di diverso, di luminoso, invece del solito buio e del silenzio. Immaginare voci di fanciulli che ripercorrono correndo il corridoio di una casa abbandonata da anni. E tendere le mani e stringerle a quei fanciulli, ai fanciulli che non sono più e a quelli che saranno ancora domani. Parlare con gli spettri sorridendo loro con benevolenza.
E amare, farlo davvero. A qualsiasi costo.
Ricominciare a vivere...

Un piccolo saluto

Corrado non c'è più, le improvvise svolte della vita. Ma qualcosa di lui rimane e per salutarlo con gli altri amici vi propongo il suo libro, il suo ebook.
Lo trovate qui su Amazon...


22.10.12

La donna

L'imprevedibile raggiunge il cuore addormentato.
Solo una frase, semplice e facilmente comprensibile. Eppure difficile. La donna alza la testa e annuisce sorridendo. Lo sa, l'ha sempre saputo. Tiene le gambe incrociate davanti al petto mentre ascolta seduta sul pavimento. Ricorda altre parole spese in una sosta nel lungo viaggio verso il fuoco, parole d'amore condivise con un uomo saggio. E lui che, a sua volta, annuiva.
Ricorda il suo passato, non tutto. Parti che le restano oscure e incomprensibili e che lanciano messaggi allarmanti. Quello che resta non è solo dolore e sa che molto ha un senso se lo si guarda dalla giusta prospettiva.
L'energia senza equilibrio, la forza di combattere i mulini a vento, la rabbia e la rassegnazione. Tutto per arrivare a un oggi ordinario e pulito come uno specchio in cui riflettere i propri occhi. E trovare luce.
E trovare la propria anima nascosta in cicatrici di duecento punti.
La donna alza la testa e annuisce.
E sorride. Conosce le sottili implicazioni di ogni suo respiro, sospiro o pianto. Ogni goccia di sé acquista il senso, la sensazione di ciò che sta cambiando intorno a lei. La vita. Dentro. Si chiede se il destino esiste davvero, ma sa che non è importante. Nessuna questione filosofica lo è davvero. Non più.
Ogni goccia di sé, tutto sgorga senza sosta mentre le mani tentano di fermare una risata. E un grido.
La necessità dell'imprevedibile. Come per un cieco che vede i colori e ne resta incantato, anche quando li vede attraverso lo schermo della mente. La realtà del proprio io che piomba nella coscienza gemendo per il lungo viaggio. Anni di distanza per conoscere se stessi.
La donna alza la testa e sorride.
Questo è un punto di partenza che accetta. Niente avviene per caso mentre il caso si diverte a creare occasioni. Una semplice frase. E tutto ha un senso, se l'equilibrio è rotto bisogna spostarsi e trovare un baricentro. Uno vero, uno nuovo. Se muore la vittima, muore il carnefice e viceversa. Per sempre e ancora.
La donna alza la testa, sorride e salta... nel vuoto.

21.10.12

La fine del cuore


Ecco infine l'opera dell'altra volta terminata, secondo le mie possibilità e con ciò che avevo a disposizione...


E un dettaglio della figura centrale, evidenziata dal flash e dagli acrilici metallici.

 


20.10.12

Quelle volte

A volte le lacrime arrivano all'improvviso, solo a sentire una sequenza di parole.
Niente di esplosivo o romantico, niente di toccante o di emotivamente destabilizzante. Solo una frase che ti ricorda che tempo fa stavi raccontando di una tua intuizione a un'amica tramite sms, anche con una certa foga. Amica che ti risponde come se fossi un po' matta, perché proprio quell'intuizione non la recepisce, non riesce a seguirti. In un qualche modo una affermazione forte riguardo al rapporto tra vittime e carnefici. Niente di eccezionale, ripeto. Solo un'intuizione condivisa via sms.
Eppure, nel momento in cui senti ripetere lo stesso concetto durante una lezione del venerdì da qualcuno che di certo ne sa più di te... ecco...
Le lacrime arrivano. Sembra poca cosa, ma quel concetto lo avevi intuito almeno un mese prima che lui ne parlasse. Lui, il tuo maestro, che le cose le dice meglio e che riesce a esprimersi certo in modo che più persone comprendano il messaggio. Ti tocca, lo sai. Perché della tua vita si tratta. Non solo delle tue intuizioni, proprio della tua vita.

14.10.12

Creazioni

Capita che qualcuno mi chieda un lavoro specifico, non spesso ma capita. Allora mi ci metto e creo uno sfondo

 Poi procedo riempiendolo con la base su cui lavorare e ...
Procedo con il disegno richiesto, cercando di dare il giusto spazio a ogni elemento.
Ora qui mancano solo delle pelose e orribili zampacce. Vi farò sapere come va a finire questa storia aracnofobica che sto creando per la mia collega russa.

8.10.12

Equilibrio

Certe volte non riesco a dormire, spesso ultimamente.
Non è solo l'insonnia. Energia. Cose che mi si muovono accanto. E il bisogno di un sussurro di vita mi fa battere il cuore più forte. Come attacco d'ansia si muove il respiro. La quiete che non arriva ad accogliermi tra le sue braccia. E la paura di perdere l'equilibrio.
La paura di cedere all'emozione e all'infinito desiderio di essere speciale. Di non volermi vedere uguale agli altri, di sapere che qualcosa di diverso mi aspetta poco più in là...
E ancora il cuore in gola, ogni volta che mi sdraio e aspetto il sonno, e il respiro che si fa corto.
E gli occhi che non si vogliono chiudere.
Questa mia ricerca di un equilibrio, mi chiedo... a che è servita? Se ancora oggi tremo e scalpito. Se non mi basta respirare. Se non basta scrivere, dipingere. Se i progetti che quest'estate mi facevano lavorare sodo ora che non si muovono mi soffocano.
Non che tema per la loro immobilità, è che io non riesco a muovermi per paura di spezzare un equilibrio. Eppure l'energia che sta travolgendo il mio corpo non mi chiede altro che un passo. Uno solo verso il baratro. Verso l'ignoto.
E io quel passo ho paura di farlo. Come sempre. Il primo passo. Terribile. Verso il futuro.


6.10.12

Un niente

Un gesto solito, l'indifferenza colpisce nel segno. Quando non esisti c'è libertà, in fondo.
E alla lunga ti abitui al vuoto che c'è al tuo posto. Lo riconosci come vero. Gli dai il tuo nome e lo fai vivere al posto tuo. Un modo diverso di vivere, invisibile e perennemente altrove. Diventa questo.
Non del tutto spiacevole, se si guarda bene.
Se si dimentica di esistere davvero si inventano mondi. E si comincia a desiderare di vederli davvero, di poterli vivere.
Di riempirli di oggetti propri, di dare loro colori e sapori che da invisibile non senti più.
E ti chiedi se sanguineresti in quei mondi come hai smesso di sanguinare qui. Se potresti sentire il tuo stesso corpo fremere di piacere, se i cibi saprebbero di buono o sarebbero insipidi come quelli che qui trovi gradevoli.
Che strano come un solo gesto possa farti cambiare un mondo. Basta poco. Un niente. Anzi, la mancanza di un tutto. La differenza tra la vita e la morte, forse.

4.10.12

Sussurri

I sospiri sopiti riemergono,
violenti e reali,
nel gemito d'amore.
Come sentimenti
un tempo nascosti
diventano infine reali.
Nuovi desideri,
la visione di corpi,
e svariati colori sulla pelle.
E una tazza calda
che sfiora
labbra rosse.
Piedi nudi camminano
tra polvere e veli
mentre fuori arde il sole.
La tenda spostata
rivela l'arte
e uccide la morte.
Sorrisi e sussurri,
il giorno
che segue la notte.

1.10.12

Sole, cuore, amore...

Che la vita è strana...
Da qualche tempo non riesco a scrivere di mostri. Non li sogno, non ci penso e non mi viene nulla quando mi piazzo lì con la tastiera. Dita immobili o veramente impacciate. E dire che il romanzo ora noto come J&J (ma che avrà altro titolo) a me piace molto e non solo a me. Ma non ce la faccio.
E nemmeno a modificare il tascabile, cosa che faccio con lentezza visto che non sono abituata a riscrivere nulla - mai fatto nemmeno un tema in brutta in tutta la carriera scolastica.
Non posso dire di essere contenta, mi sembra di non riuscire mai a concludere molto.
Ma ho preparato il romanzo - quello solito - per il Premio Calvino, ho lavorato un poco qua e un poco là, ho inziato a dipingere in modo leggermente diverso, e ho inaspettatamente iniziato una storia nuova completamente diversa dal mio solito. Una storia dolorosa e intensa (non me lo dico da sola, giuro), ma una storia d'amore. Non che non ci sia amore nelle storie che scrivo, c'è sempre. Ma di solito è un amore più cattivo, aggressivo, a volte confuso.
Invece qui no. Una storia delicata. Come non mi è mai passato per la testa di scrivere. E la sento, e le parole vengono da sole, senza sforzo alcuno, come è giusto che sia. Come mi succede quando qualcosa funziona. Come è successo per le prime 300 pagine di J&J e del tascabile, come è successo per i 212mila caratteri (130 pagine circa) del romanzo in partenza per il Calvino.
E mi sento più delicata io, in un certo senso. E ho voglia di cantare, tanto che giovedì sarò a una lezione di prova per riprendere il lavoro alle corde vocali dopo anni. Non so dove mi porterà, credo da nessuna parte, ma mi divertirò una volta tanto.
E non so che altro dire se non che mi sento orribilmente bene.

21.9.12

Sembra

In questo periodo sembra che io non abbia nulla da dire. Invece a volte ne ho fin troppo e non so da dove cominciare, quindi non scrivo e prendo pochi appunti su quello che mi accade, per poi elaborarli e decidere che li posso usare. Ho una grande energia che sta spingendo per uscire e ancora non riesco a canalizzarla. Questo mi preoccupa, come sempre. Perché l'energia è al contempo creativa e distruttiva e quando sono così tendo a esagerare con tutto. Non dormo, sono stanca, nervosa, aggressiva e avrei voglia di mandare a quel paese il mondo intero.
Eppure allo stesso tempo sto dipingendo, scrivo e mi sento meravigliosamente.
Forse avrei bisogno di un bel giro di psicoterapia...

19.9.12

L'uomo con la cicatrice attraversò lo spiazzo senza guardare. I capelli appena scossi dal vento, lo sguardo deciso, i jeans un poco lenti sul fondoschiena e una maglietta rosso fuoco tirata sul torace ampio e stretta sui bicipiti. Stava andando a parlare con quell'uomo seduto al bar da oltre un'ora apparentemente perso nei suoi pensieri, ma attento a ogni movimento dei dintorni. C'era qualcosa di
losco in lui, come una patina d'unto che si portava dietro senza aver mai saltato una doccia.
Senza esitare un istante, l'uomo con la cicatrice si mise a sedere sulla sedia accanto all'altro, chinandosi su di lui per trasmettergli il messaggio che era venuto a portare. Poi riprese una posizione normale, fece spuntare da chissà dove un pacchetto di sigarette e se ne accese una, il tutto prima che il cameriere del bar si accorgesse di lui. Ordinò un caffè, attendendo una risposta dal suo interlocutore.
Niente zucchero, un sorso amaro e potente prima di andarsene. L'uomo venuto dal mare aveva dato la sua risposta. Era un no.

16.9.12

Beat it, no one wants to be defeated...

La ragazza dall'anima nera era soggiogata dalla luce dell'amica. Lei sembrava così forte, selvaggia e libera, così vera, che nulla reggeva il confronto. Era facile abbandonarsi alla risata dell'amica, sentirsi a casa e amata. Vedeva Taffy come una forza della natura, l'amica con cui condividere ogni cosa, quella che l'avrebbe salvata dai suoi demoni.
Era un bel pomeriggio, un caldo e soleggiato giorno di Giugno. Non che avessero il modo di vedere l'esterno, chiuse nel grande teatro della città ad aspettare l'ora del saggio mangiando patatine e schifezze sedute tra le prime file della platea. I capelli già legati e sistemati per lo spettacolo. Dovevano solo aspettare e lo facevano ridendo. Era il saggio di danza Jazz, quello meno impegnativo e più scatenato. Quello in cui avrebbero urlato in scena e finto di essere bad girls.
Aspettarono la chiamata, rientrarono dietro le quinte e si sistemarono al fondo del retropalco dopo essersi truccate pesantemente occhi e bocca. Laggiù, tra ballerine che riscaldavano i muscoli e ragazzi in attesa di entrare in scena, passarono in rassegna i posti liberi e scelsero di andare là dove era più pericoloso e divertente andare: accanto al motociclista che sarebbe entrato in scena con loro insieme alla sua custom rosso fuoco, bassa, lunga e pesante. Lui, un culturista con lunghi capelli neri e mossi, era amico di una compagna di corso. Una decina d'anni più vecchio di loro, non un vero biker se non per la moto che aveva con sé. Mentre aspettavano il loro turno, le due ragazze cominciarono a giocare con lui, flirtando in modo scherzoso e facendo battute più o meno pesanti per provocarlo. Lui sembrava frastornato e divertito.
A un tratto, la rapida e solare Taffy si lanciò incontro all'uomo baciandone le labbra con un gesto rapido, per non farsi fermare. L'uomo sorrise e per risposta si precipitò a baciare la ragazza dall'anima nera, che stava leggermente distante per lasciare spazio all'amica.
Un bacio a labbra chiuse, semplice e veloce. Una risposta al sole verso l'ombra.
Taffy si fece indietro ridendo. Poi ballarono. Gridarono e si azzuffarono in scena per lui. Ma per qualche bizzarro motivo lui aveva scelto l'anima nera che non lo avrebbe amato.
Sotto ai riflettori, i flash del fotografo bloccarono l'istante per sempre. La mente delle ragazze lo fecero diventare il loro "evento", la sera da ricordare per tutta la vita. Senza contare i baci rubati e scambiati dietro alle lunghe tende nere del teatro. Erano belle, giovani e vivaci. Avrebbero fatto del mondo il loro palcoscenico.
Forse...

Lacrime

C'è stato un tempo in cui non piangevo mai.
Mai per la cosa giusta, almeno. Piangevo di rabbia, per capricci da bambina, per un compito non riuscito bene. Quando ancora i compiti li facevo.
Non ho pianto quando è morto mio nonno, anzi, ero contenta per lui. Non ho pianto quando è mancata mia nonna, due mesi dopo. Ed è stata la persona che mi aveva cresciuta mentre mia mamma lavorava.
E mi trovavo a piangere per cose inutili, sapendo che non era per quello che avrei dovuto piangere, sentendomi diversa ancora una volta, perché incapace di dare il giusto peso alle cose.
Non so se fosse una reale incapacità di farlo, sicuramente dentro di me il dolore c'era, e forte.
Ma le lacrime hanno imparato la loro via e a un certo punto della vita ho permesso alle mie emozioni di uscire in qualsiasi momento. Piangere è diventato un aiuto, uno sfogo, un piacere.
Mi spiace per chi non lo sa fare, per chi pensa che sia segno di debolezza. Mi spiace per chi non permette alle proprie emozioni di uscire e blocca la sua stessa vita in un dolore silenzioso. O in una gioia muta.

11.9.12

Narciso, o la causa dell'amore

Mi chiamava Paul, come fossi un maschio. Non avevamo niente in comune, apparentemente.
Ma ha letto le mie poesie, tutte. Ha ascoltato la mia storia e s'è innamorato di me. Follemente, come mai gli era capitato. Un sentimento forte, difficile da comprendere e da dominare.
Una questione di viscere che si contorcono, di budella.
Ma non avevamo in comune abbastanza, o forse troppo.
Lui aveva visto il mio dolore e di quello si era innamorato. Della donna che aveva sofferto, che ispirava tenerezza, affetto. Aveva visto solo quello e l'aveva riconosciuto come se si fosse specchiato.
E siccome io ero una versione migliore di lui di quella sofferenza ha pensato di amarmi. No, mi ha amata. Senza vedere tutto il resto di me, solo avendo riconosciuto in me i suoi stessi dolori.
Non è la prima volta che mi capita di notarlo.
Come se ci innamorassimo di quella parte di noi stessi che vediamo riflessa nell'altro. Colpiti da quel fulmine che già colpisce il nostro cuore da sempre. Il nostro dolore, il nostro modo di sentire, di amare, di desiderare di essere amati. Ecco, e se ci innamorassimo veramente di noi, in fondo, non correremmo il rischio di affogare cercando nell'altro noi stessi?



8.9.12

Perle



Se solo il corpo
non avesse peso
e gli occhi non sentissero il bisogno
di riconoscere beltà
nel riflesso di uno specchio,
saremmo amanti
persi nei sogni
e nelle immagini
che le nostre menti,
all'unisono,
ci donano.
Se potessi dire amore
senza che ciò
significasse materia
non avrei più limiti
e nemmeno paura.
Ma ne ho.
Tutta questa libertà
persa nel solo nero
dei tuoi occhi
pesa più
di una galassia
di perle di mare.


5.9.12

Lost in Pennabilli

Che poi, una s'immagina di venire abbandonata in autogrill, appena uscita dal bagno dopo una interminabile coda - perché si sa che il bagno delle donne ha sempre uno strano affollamento, strano perché è altresì noto che le donne vanno in bagno in coppia... - invece...
Tornando da un breve viaggio e passando dalla Romagna per motivi cultural-personali del nostro maestro finiamo in pellegrinaggio a Pennabilli, paesino arroccato in cima a un cucuzzolo, circondato da colline e rocce di colori caldi e secchi della fine di agosto. Siamo qui per visitare la casa di Orazio della Penna, cappuccino del 1700 che ha svolto buona parte della sua missione in Tibet e che ha redatto il primo dizionario tibetano-latino. Non solo, siamo qui per Tonino Guerra, poeta, amico del nostro maestro fin dalla gioventù e recentemente scomparso.
Pennabilli è un piccolo angolo di paradiso, almeno visivamente parlando. A ogni angolo c'è qualcosa di meraviglioso che spunta, che s'intravede, che si manifesta o che semplicemente immagini essere lì. Perché magari non lo vedi. Stradine in salita lastricate di pietra, fotografie e quadri appesi alle pareti esterne dei palazzi, piante di Bignogna che si arrampicano ovunque. Una visione.
Tanto che non sai quale angolo fotografare e li fotografi tutti come una cretina, per poi dirti... "ma che cavolo mi fotografo le vie?"
E mentre noi cinque vagavamo col naso in aria, tra la casa del frate e il negozietto con i souvenir del poeta, meraviglioso anche lui, il nostro tempo passava. E il disco orario scadeva.
Così ci siamo divisi, i proprietari delle auto a cambiare il disco orario mentre il maestro, la bionda, il cane e io siamo rimasti sulla piazza della chiesa, in un angolo all'ombra accanto alla fontana dalla forma ad anfiteatro, alla proloco e al museo di calcolo matematico. Poi la bionda ha portato via il maestro, in cerca di un bar.
Io resto lì, tipo agente di collegamento della CIA tra le due squadre - ovviamente per ordine del maestro...
Passa il tempo. Scatto fotografie a ogni angolo da ogni prospettiva, mando un paio di sms alle amiche, mi godo il fresco e la visuale. E il tempo passa. Mando un sms all'amica che mi manda abbracci ogni mattina e le manifesto l'impressione di essere stata abbandonata. Passa altro tempo e finalmente un volto noto mi compare davanti.
"Cosa fai qui da sola?" mi chiede.
"Aspetto voi."
"Ah, ma noi siamo al bar!"
"Come, voi siete al bar... Tutti e quattro?"
"Eh, sì..."
"Ah, beh. E dirlo?"
"Eeehh..."





Appunto. Dimenticata. Almeno il posto era bello. Molto bello. Da tornarci.

25.8.12

Su come è facile confondersi e confondere

Ci sono sempre di mezzo le dannate aspettative.
Il desiderio di compiacere, la paura di perdere, la voglia di possedere ci fanno imprigionare la persona in qualcosa di statico tanto che quando il sogno finisce ci rendiamo conto che la persona per cui provavamo mille emozioni è più distante da noi di quanto potessimo immaginare. Differente in ogni cosa per cui l'abbiamo amata, sofferente se a noi fa comodo, indifferente se non risponde a bacchetta al nostro richiamo.
Quanto siamo contorti noi umani. Non solo con gli amati, ma con chiunque ci capiti a tiro siamo capaci di aspettarci che rispondano ai fatti o alle parole nel modo che si confà al ruolo che noi gli abbiamo assegnato. Che non è il loro, che non è quello che hanno scelto e che soprattutto non è definitivo.
Quante volte ci capita di conoscere una persona in un momento particolare della nostra e della sua vita, momenti che si incrociano per un destino sconosciuto e che possono legarci per sempre, come allontanarci. Se anche solo una settimana, un mese, un giorno, quella persona ha un umore differente già ci crolla l'idea che avevamo di lei.
E se capita di innamorarsi e di idealizzare l'altro tanto da renderlo quello che noi vogliamo, capita anche di diventare per breve tempo noi stessi ciò che vuole l'altro senza per forza mentire, ma solo adeguandoci al momento. Poi le cose cambiano, ma nella mente dell'altro noi restiamo uguali e nella nostra mente l'altro ci sembra strano. Ci sembra non capire.
Così a me capita spesso che se mi metto a scherzare poi non mi si prenda più sul serio, o che siccome spesso sono seria non si capisca quando scherzo. Non si capisce quando sto male e quando semplicemente sono di cattivo umore, quando desidero una cosa e quando ne farei a meno.
Eppure a me sembra di essere sempre la stessa persona. Nè più, nè meno del giorno prima.
E non lo sono, pur essendolo. Ma...
Se è così vero che "tutto scorre", perché non imparare a riconoscere l'altro anche quando non rispecchia l'immagine che avevamo di lui? Perché limitarsi a vederlo diverso? Perché non accettare che anche se un tramonto è pur sempre un tramonto, ogni sera avremo una versione differente e irripetibile di tramonto che abbiamo il dovere di assaporare come fosse l'ultimo.
Eliminare le etichette e lasciarsi andare all'imprevisto. Demolire le aspettative, lasciar morire le cose più belle e cominciare ad apprezzare quelle più brutte. Assaggiare la vita invece di chiuderla in teche di vetro e ammirarla da lontano.

15.8.12

Mi serve solo il tempo, ora.

In questa vacanza le cose hanno iniziato a prendere forma.
Sebbene io sia ufficilamente in ferie dal 3 sera è solo ora che comincio a sentire un minimo l'effetto della cosa. Sono stati giorni intensi, devo dire. Compleanno a parte, la prima settimana è stata faticosa come se non avessi mai smesso di lavorare. Pensieri, idee, programmi e progetti che si accavallavano nella mia mente senza darmi tregua. Senza avere una soluzione.
Poi è arrivata Monica col suo pupetto e nel semplice parlare di questo e di quello son diventate chiare più cose. Il cambiamento che sentivo arrivare è in atto, non c'è niente da fare. Tocca prendere il coraggio a due mani e lanciarsi seriamente nelle cose che amo. Perché non posso più relegarle solo a quei pochi minuti o ore setimanali che ho liberi da altri impegni che mi massacrano la vita.
Devo donare al mio "talento" il tempo che merita, o mi lascerà stremata dai troppi pensieri non agiti. E se ciò ha un costo devo smettere di aver paura di sacrificare qualcosa del mio modo di vivere ora.
Se non si è disposti a morire, non si può vincere. Lo dicevo un po' di tempo fa.
E le idee hanno cominciato a prendere forma, più forme, a dire il vero. Tante cose che voglio far emergere da qui dentro, perché è ora.
Intanto sto lavorando a un progetto alternativo/secondario ma interessante, che lascia sbocco a progetti che non riuscivo a inquadrare e che invece ora hanno un senso (tocca solo riadattare tutto e via); sto seguendo un consiglio (cosa che di solito evito come la peste) riguardo al romanzo della serie "intimistica" che non trova editore, ma che lo troverà presto; sto terminando il fantahorror che piace tanto alla mia minieditor che di solito schifa i romanzi di genere e invece si trova a scalpitare perché lo finisca.
Mano a mano che lavoro mi viene ispirazione per migliorare, sistemare, cambiare, piazzare, offrire le cose che ruotano intorno a questi progetti. Quello che mi serve è il tempo, ma se tutto funziona come stiamo programmando il tempo ci sarà per fare tutto, a partire da queste vacanze. Ho solo, tecnicamente, dieci giorni per finire quello che ho iniziato.
Poi, una vita davanti.

9.8.12

Quel che resta

Stamattina camminavo con la belva canina per le vie qui intorno e sono passata, come capita spesso, davanti a due delle case in cui ho vissuto. La prima era l'alloggio dei miei nonni in via Collegno. Secondo piano, non troppo illuminata. Un palazzo vecchio e ben tenuto, comunque. Scuro, appena cupo come piace a me.
Poi sono passata dove abbiamo vissuto mamma e io, dopo il rientro da Milano. L'alloggio è in vendita. Non c'è scritto chiaramente, ma sono sicura. Le stanze coincidono, il piano e le arie pure. Mi è venuta nostalgia, tanto che stavo per chiedere al custode se fosse effettivamente quello l'alloggio e se avessi potuto fare un giro almeno nell'atrio. Facevo le elementari quando abitavo lì.
C'erano Antonio e Nino tornati dalla Spagna, c'era il cane Ringo, c'era la tata Flaviana e la sala enorme pitturata di arancio, il divano angolare bianco, la fratina in noce, lo scrittoio, piante, la cucina giallo paglierino e le stanze da letto verde pisello. C'era il mio letto in ferro smaltato, il balcone esposto al sole tutta la mattina, il bagno in cui cresceva il basilico, l'armadio a quattro ante su cui Nino aveva dipinto i volti dei personaggi di Guerre Stellari, la mia prima vera ossessione.
E c'era mia mamma, ancora forte prima delle disavventure che l'hanno piegata. Lei, con il nostro maggiolino verde oliva e i suoi viaggi in India, con le casse di oggetti in ottone che arrivavano da là con quell'odore particolare. C'era il magazzino a Leumann, c'era Daniele che aggiustava le cose, c'era un mondo di cui resta poco.
Qualche ricordo intenso. Qualche dolore sopito, qualche momento felice, qualche domanda che non avrà mai risposta. Perché di tempo non ce n'è più. Non è il momento per le domande, questo.
Oggi, adesso, è il momento di fare per me quello che non ho mai fatto. Costruirmi una felicità che sia mia.

5.8.12

Un compleanno da film

Quest'anno volevo proprio un compleanno tranquillo.
Di quelli da festeggiare in punta di piedi (o con le scarpette rosa), senza troppo rumore attorno. Sarà che in questi giorni sono fiaccata dalla stanchezza e non ho ancora ben chiaro in mente che sono in ferie, sarà che in certi momenti divento malinconica e mi manca la presenza di mammà (giusto per condividere le mie cazzate con qualcuno che di sicuro le avrebbe apprezzate e appoggiate senza dubbi)...
Ho ricevuto molto più di ciò che aspettavo, sia in termine di affetto che in materialissimi regali. Tra cui spicca il mio Kindolo, attrezzo nano-tecnologico per leggere altri libri oltre a quelli che già mi porto dietro. Film, libri di carta, cofanetti mancanti, fiori e gioielli... e una cenetta inaspettata.
Cioè, non che sia uscita di casa senza aspettarmi di mangiare. Non poi con l'uomo che ho sposato, che del cibo ha proprio bisogno.
L'agriturismo dove siamo stati era un posto sconosciuto, in cima a un cucuzzolo tra alberi e nuvole. Con terrazza, cani da 50 kg in cortile e nel silenzio più assoluto.
Compreso il fatto che eravamo gli unici, sala riservata praticamente. Candela accesa sul tavolo, bella musica e piatti gustosi e digeribili. Una buona bottiglia di Barbaresco e noi. Col cane.
Come in un film.
E adesso, visto che piano piano mi renderò conto della vacanza che diventa reale in pratica da domattina, ho anche tanto da scrivere. Perch le idee ci sono, gli sviluppi ci saranno e devo farmi trovare pronta.

31.7.12

Pollo sabbioso per due...

Prendiamo circa 300 grammi di petto di pollo fatto in pezzi tipo bocconcini, impaniamolo passandolo nella farina integrale facendo in modo che attacchi bene.
In una padella antiaderente facciamo scaldare due cucchiai di olio di oliva, dello zenzero in polvere (a piacere), paprika in polvere (idem), semi di cumino, pepe e curry.
Quando l'olio sarà caldo abbastanza buttiamo i pezzi di pollo e lasciamoli cuocere girandoli ogni tanto. Durante la cottura aggiungiamo sale o se preferiamo un po' di dado granulare vegetale.
Servire ben rosolato.

28.7.12

La naturale degenerazione delle cose

Ci sono cose che ti aspetti, conoscendo le persone.
Gesti, come frasi o comportamenti che sai che prima o poi, inevitabilmente, si manifesteranno. A volte hai paura di vederli accadere, te li immagini così tante volte che fanno parte della tua vita come fossero già successe.
Perché poi capita che, quando succedono, di paura non te ne fanno più. Non perché la realtà spesso manca di un suo senso estetico e nella loro realizzazione questi fatti sono meno perfetti che nella tua immaginazione; non tanto perché nella violenza il fascino dipende solo da quanta rabbia hai dentro.
Solo perché quando le cose che ti aspetti diventano vere sono automaticamente normali, come se non ci fosse mai stato altro modo di vivere quella situazione.
Succede con le cose belle, che quando le aspetti a lungo e infine arrivano non sono più così importanti. Come fosse l'attesa il vero attimo da godere.
Allo stesso modo, il sapere quale sarà il naturale corso degli eventi, il prevederlo, sapere già da tempo che prima o poi accadrà, ti toglie qualsiasi sapore di bocca.
E ti sembra quasi strano guardare le persone con gli stessi occhi di prima.

27.7.12

Che...

Son sempre divisa tra libri e film.
Mi piacciono entrambi in modo spropositato. A volte più le serie tv dei film singoli. Mi piacciono i personaggi, seguirli nelle loro peripezie. Studiarli mentre crescono, cambiano, maturano. Tanto che tra i libri, come per le immagini, spesso scelgo le saghe. Come di recente è successo con "Le cronache del ghiaccio e del fuoco" di George R.R. Martin, o con i libri con protagonista Anita Blake della Hamilton, oppure quelli con Victoria Nelson della Huff (un po' come tornare a casa, quando li apro), probabilmente con quelli di Charlaine Harris, della Ward... (tutti vampiri, lo so) e come è successo con molti dei libri della Cornwell - salvo poi abbandonarla perché i suoi personaggi non crescono, diventano prevedibili , soprattutto, Kay scarpetta cucina malissimo - con la serie di Charlie Parker a opera di John Connolly (uno dei miei autori preferiti), con la Torre Nera di Stephen King.
Forse perché sono abitudinaria, forse perché entro talmente tanto nelle pagine dei libri da non poter fare più a meno di alcuni personaggi o atmosfere. Capita anche con i telefilm, che devo vedere e spesso rivedere stagione per stagione (non so quante volte ho visto tutti e nove i cofanetti di "X-Files", quelli di "Battlestar Galactica" o "Six Feet Under", "True Blood"... la doppia trilogia di "Guerre Stellari" (di cui preferisco sempre quella storica, ancora da rimasterizzare, ovvero gli episodi 4,5,6) e la extended version dei 3 film de "Il Signore degli Anelli". Tutto sia in italiano che in versione originale. Come ipnotizzata o ossessionata.
Un po' come quando da piccola ho mangiato per un anno intero sia a pranzo che a cena la pasta al pesto, facendo venire il voltastomaco a mezza famiglia (e senza avere conseguenze io, che non sono diventata verde nè ho smesso di adorare il pesto).
Forse dovrei tornare dall'analista... O è solo troppo caldo per liberarsi dai pensieri ossessivi.

22.7.12

Eventi... o E20

Al reading dell'altra sera, firmando autografi col bicchiere a naso di porcello...
Mai smettere di bere quando la serata é buona!
E con le fan-tastiche colleghe dopo la lettura...
(son quella con la faccia da autrice)


Un occhio a parole e musica




E il semplice riflesso del pubblico, o di parte di esso, nella vetrina...


E son soddisfazioni.
Già!






Schizzi

Non sono certo dettagli, vent'anni.
Solo il pensiero mi spaventa. Eppure gli anni passano e tutto sembra restare sempre uguale anche se continua a cambiare.
Eppure incrociare per caso un volto noto fa ripensare al tempo passato. Rielaborare possibilità non sfruttate (oserei dire per fortuna, in certi casi), formulare schizzi di una vita non vissuta.
Solo un abbozzo, per poi sorridere. Divertita.
L'ho scampata, qualche volta...

15.7.12

Mappa

Come un incubo, giunge luglio.
Con lui, con le gambe stanche e il corpo sudato, con la rabbia e la fatica di ogni giorno sulle spalle, procedo lenta fino a quando, e se, giungeranno le vacanze. E il mio compleanno (37bis o 43 che dir si voglia, in fondo non importa) con i soliti sorrisi e la festa e i regali, e la voglia di qualcosa di diverso.
Tempo in cui le domande mi perseguitano. Chi sono, cosa faccio, dove sto andando. Come se il papiro del censimento per me non fosse partito a tempo debito. Invece è partito, ma senza le domande giuste.
Senza le domande giuste come si fa ad avere una risposta?
Senza quelle, come si può conoscere?
Posto che per ogni domanda giusta ci sia una risposta. Una e una sola, corretta.
Ma non credo. Credo nelle sfumature (purché non siano di grigio, di rosso e di nero, che ne ho già la nausea solo a sentirne parlare) e nelle scintille.
Non credo a chi ha risposte confezionate valide per tutti.
Non credo a chi, pur con le migliori intenzioni, ti dice chi sei o chi dovresti essere.
A chi, senza nulla sapere di te, tira a indovinare e ti propone di vivere. Come non lo facessi. Ogni dannato giorno in questi 43 anni. Con occhi aperti e con i sensi accesi.
Affetto, dolore, colori, giochi, respiri, tramonti, stelle; sogni, incubi, paure e certezze; inganni, sacrifici, lavori, esperienze. Usura, violenza, abuso, disperazione come ricchezza, possibilità, speranze e condivisioni.
E illusioni, menzogne raccontate per sopravvivere agli eventi, cicatrici che restano e che non fanno male, ma disegnano sul corpo una mappa precisa.
Quella mappa sono io.
Di questo son sicura. Di questo io posso parlare e ho le parole per farlo. Le so usare e non ho bisogno di richiudere la mia vita in un cassetto per vivere ancora e aspettare che il mio sangue si asciughi sulla carta.
Quella mappa è in ogni singola riga che ho scritto. Che sia bella o brutta.
Che il piacere o il dolore di leggerla vale la pena.
Forse non sono speciale, anzi. Non lo sono.
Solo ho bisogno di gridare, di dire, di sussurrare. Ho bisogno che mi si ascolti. Anche solo per pochi momenti.

8.7.12

Appena possibile

Scusate la sparizione, appena possibile aggiungerò qualche resoconto della serata.

30.6.12

Vi aspetto, anzi vi aspettiamo

Il momento è giunto.
Giovedì 5 Luglio presso la libreria Borgopò, in via Ornato 10 - zona Gran Madre - a Torino alle ore 21.
Cosa capita?
Ci sono le mie poesie, quelle del libro qui a fianco.
C'è la voce suadente di Giorgio Perona, attore e regista teatrale.
C'è un flauto magico con la sua proprietaria Ilaria Pisacane, che accompagneranno le parole.
Cosa facciamo?
Tentiamo di trasformare le parole in emozioni, in suoni che trasportino altrove.
Ma abbiamo bisogno che ci siate anche voi, perché da sole le parole non bastano. Anche se sono parole d'amore.
Abbiamo un cortile, un giardino segreto, angolo di pace e di profumi.
Abbiamo una gentile ospite che ci accoglie, bella e appassionata.
Abbiamo una serata da passare insieme, se vi va...

26.6.12

Si accetta

Certo, il cambiamento è positivo.
Lo aspettavo, cioè, aspettavo questa parte di cambiamento che doveva arrivare prima o poi. Perché è il preludio ad altre cose e senza questo piccolo particolare niente avrebbe preso la piega giusta.
Ché avere dei legami spesso lega, perdonate il gioco. Perderli, o meglio non esser più vincolati alla loro presenza, lascia la libertà di andare avanti.
Eppure fa male.
Più che altro sapere di dover percorrere questo spazio che mi separa dal mio futuro un po' meno accompagnata mano nella mano.
Non che mi spaventi, no. Mi intristisce l'idea di non poter condividere come un tempo i miei giorni che passano.
Ora le cose cambieranno sul serio, perché è tempo che accada. Perché nel mondo tutto va per un verso che a me non piace e devo poter recuperare almeno la mia rotta.
Che non è questa, che non lo è mai stata, che è stata rifugio nelle notti di tempesta che hanno infuriato nella mia mente troppo a lungo. Che mira a un orizzonte pulito, limpido e nuovo.
Chiaro più di un tempo.
Che è il bello dell'esser diventata più adulta.
Ok, si va. Si accetta.
E se nel percorso, dopo aver tagliato qua e là, mi accorgerò che la voce che sentivo non era Dio... (perdonatemi, non ho resistito e ho citato un discorso che voi non potete sapere, ma che intuire è facile)
Ops!

21.6.12

Il voodoo nel tappeto...

Capita che ci siano dei lavori che a me proprio non piace fare.
Tipo stirare o lavare i piatti. O come fare i tappeti per il bagno al lavoro.
Ora, per chi non avesse dimestichezza con il vasto mondo della biancheria per la casa, dovete sapere che un tappeto in spugna è un lavoro rognosetto anziché no. Si prende circa un metro di tessuto di spugna, lo si ricopre di telina adesiva che lo renderà più rigido, si divide a metà nel senso dell'altezza e si procede a renderlo bello con un bordo applicato sulla metà superiore. Bordo che può essere semplice o lavorato, pieno di pizzi o piegoline, di smerli o di intrecci complicati. Una bella cornice tutta attorno.
Poi si uniscono i due strati, dritto su dritto, si cuce tutto intorno tranne che per una trentina di centimetri, si rivolta il tappeto, si chiudono a mano quei trenta centimetri, si termina l'applicazione e si trapunta la parte centrale. Circa tre ore di lavoro in media.
Ora, mettete che il tappeto non sia 60x90 come la nostra misura standard, o che per qualche motivo al cliente non piaccia il bordo di quella sfumatura (che ha richiesto lui stesso, ma si sa che il cliente ha sempre ragione), che la sua domestica abbia sbagliato lavaggio e distrutto la cornice di lino pregiato...
Bene, se una cosa del genere succede mi tocca: disfare la trapuntatura, scucire la rifinitura, riaprire e ribaltare il tutto, separare gli strati e ricominciare da capo.
Visto che questo lavoro occupa almeno il doppio del tempo del semplice fare un tappeto, ho cominciato anni fa a disegnare simboli protettivi all'interno dei tappeti bagno che cucio. Poca roba.
Un simbolo e un commento. Tipo "non ritornare mai più". Di solito funziona.
Sarà per questo che la scorsa settimana, facendo un tappeto di misura spropositata (150x200) insieme al simbolo ho scritto un avvertimento del tipo "guai se ne ordini un altro".
Dovevamo farne sei. Dovevo.
Chissà come mai il cliente ha pensato che non servissero più?
Venitemi a dire che il voodoo non funziona...

12.6.12

Brevi news

C'è che a volte bisogna portarsi dietro un barattolo per raccogliere il veleno.
Altre volte se non si trova ciò che si stava cercando in giardino, tocca andare a cercarlo sotto alle piastrelle della cucina. Ancora, un solo abbraccio e tutto passa.
E c'è che il 5 Luglio intorno alle 21 un flauto magico accompagnerà una voce esperta nel leggere le mie piccole poesie, in un cortile dall'aspetto stregato, proprio dietro a una libreria nascosta tra le vie della precollina.
Ma di questo avrete notizie al momento opportuno.

6.6.12

Considerazioni

1) Le storie d'amore inespresse sono sempre perfette, durano in eterno senza perdere smalto e fanno impallidire qualsiasi realtà, se messe a confronto.
2) Le storie d'amore vere sanno stupire con effetti speciali straordinari se solo vogliamo vederli.
3) Ognuno ha i suoi motivi, sempre.
4) Ci sono momenti in cui bisogna stare zitti.
5) Con me, questo è uno di quei momenti...

31.5.12

Meno di un mese

Stiamo organizzando una presentazione-reading con accompagnamento musicale in una libreria in precollina a Torino, appena avrò data e ora, oltre al luogo, magari una pseudo-locandina, darò maggiori informazioni.
Spero sarà la prima di una serie di collaborazioni con un attore-regista davvero in gamba e una serie di amici musicisti a rotazione. Il libro è sempre la raccolta "Parole d'amore insano", in attesa di nuove pubblicazioni.
L'evento in questione è previsto per l'ultima settimana di giugno, in location molto carina.
A presto le novità!

28.5.12

Cose recenti

Nelle ultime serate di meditazione mi è capitato di capire qualcosa (raro) che in qualche modo mi sfuggiva da tempo. No, in realtà non mi sfuggiva, del tutto.
Ho sempre saputo di essere una "maniaca del controllo", ragion per cui ho imparato fin da piccola a dominare le emozioni, a impedirmi di comportarmi in modo sconsiderato, a mascherare il mostro che è in me.
Quello che pensavo ci fosse dentro di me oltre a un lato creativo che già mi disturbava la mente. Fantasie, incubi, immagini di oggetti ancora non inventati. Insomma, ordinaria amministrazione infantile, credo.
Per anni ho avuto il "terrore" che qualcuno potesse controllami in qualche modo, che potesse impormi telepaticamente qualche azione. Ogni volta che un pensiero mi circolava in mente mi domandavo se fosse mio, se fosse vero, se non ci fosse qualcuno da qualche parte che mi usava come un burattino. Questo quando ero piccola, poi mi sono dimenticata di tutto presa dal desiderio di esprimere tutta quell'energia repressa che rischiava di distruggermi.
Più avanti, quando il sogno di ballare è naufragato per mano mia, mi sono trasformata in una persona normale, in qualche modo docile, sempre controllata (fatta eccezione per alcuni periodi).
Nella lotta tra aspetto creativo e aspetto mostruoso ho dato maggior peso al primo, con risultati altalenanti.
In questo anno appena passato sono molto cambiata. So che tutto in me sta cambiando e che diventerò ciò che sono. Solo che io ho ancora paura di diventare ciò che sono. Non mi sento pronta.
In certi momenti i miei stessi pensieri mi spaventano, sono immagini che vagano per la mia testa pochi istanti ma in quei pochi istanti mi chiedo chi si nasconde in me, oltre alla scrittrice ancora sconosciuta e alla pittrice dilettante.
E se questa persona che sto diventando fosse devastante come quei pensieri? Se mandasse all'aria tutto l'equilibrio che ho creato in questi anni? Se fosse così distruttiva da bilanciare la parte creativa che c'è in me, è davvero l'unico modo per lasciare esplodere anche la parte buona?
Perché un salto di qualità ci vuole, ma ho paura di ciò che comporterà.
Perché l'altra cosa che ho imparato è che bisogna essere disposti a morire per poter vincere davvero. Certo, in senso metaforico, ma...

21.5.12

La verità, tutta la verità sul "tascabile"

Allora, il tascabile...
L'idea l'ho avuta millenni fa, ci ho fantasticato su una vita e l'ho scritto, inizialmente, intorno al 2000. Poi mi sono fermata, quando una delle due Maria Teresa cui ho voluto bene ha avuto l'ictus. Lei, che nel libro è Peg (simpatica tenutaria di bordello per militari), era sparita da un giorno all'altro dalla mia vita. A un certo punto il tascabile, che leggevano tutte le colleghe con ansia capitolo dopo capitolo, non mi piaceva più.
Lo trovavo ingenuo. Cosa che è, nella forma in cui l'ho mandato al torneo.
Perché ingenuo?
Troppo facile. Lineare, romantico, senza contraddizioni, con complotti svelati in fretta e troppe storie da seguire. Era anche sballato dal punto di vista dello svolgimento dei fatti: cominciava a metà. Però a questo ho posto rimedio in tempo. Benedetto copia e incolla...
Per darvi un'idea, sebbene vaga, è un misto tra "Il pianeta delle scimmie", "Wonder Woman", "Il gladiatore" e un miliardo di film e telefilm, ma sostanzialmente è una storia d'amore e di cambiamenti. Una storia di ritrovamenti, di ricerca della verità, post-atomica e post-femminista.
Al torneo è andato con un breve prologo, che più che altro doveva spiegare il titolo (cambiato rispetto all'originale) e in parte il mondo in cui la storia si svolgeva. Sebbene il prologo fosse scritto con altro carattere (o font che dir si voglia)  e venisse prima della scritta "Capitolo 1", i lettori l'hanno preso per l'inizio del romanzo. E va bene. Non ho scritto "prologo", certe cose a volte mi sfuggono.
Il primo lettore del torneo mi ha dato un buon giudizio, tenendo conto che anche secondo lei (perché era donna, sicuro) si trattava di una prima stesura.
Sostanzialmente una parte dei giudici ha capito che la storia c'era, anche se andava migliorata. Qualcuno ha dato suggerimenti su cosa leggere per approfondire il genere fantascientifico, qualcuno su cosa sembrava mancare nel testo.
Qualcuno non ha apprezzato decisamente la storia, ma non si può piacere a tutti, che abbiano o meno un modo simpatico di farcelo notare.
Il file giudicato era di circa 29 pagine, il romanzo completo - ridotto per motivi di limitazioni del regolamento - ne contava circa 287. Un piccolo 10% in cui, secondo alcuni, dovevo inserire praticamente tutta la storia.
Capire che una storia ha i suoi modi e le sue attese, i suoi tempi, i motivi per svolgersi in un certo modo, invece di essere spiegata per filo e per segno senza la minima suspance... sembra roba difficile.
Certo se avessi scritto tutto nelle prime 29 pagine sarebbe stato un po' difficile scrivere le altre 260...
Fatto sta che, in ogni caso, non mi sono abbattuta per nulla, anzi.
I giudizi (15 persone che lo hanno letto, loro malgrado) mi sono serviti per capire che:
1) la storia è mia e la scrivo come diavolo mi pare.
2) l'ambientazione é sì fantascientifica, ma il futuro non è una cosa lineare. Ci sono miliardi di futuri possibili, non c'è modo di esser certi che tra altri duemila anni esisteranno apparecchi simili a quelli che abbiamo, o più evoluti. Potrebbero esserci catastrofi tali per cui l'umanità deve ricominciare daccapo e costruire le sue case con pietre e legno insieme a materiali più innovativi, potrebbero non esistere più telefoni, computer, televisori, come li conosciamo noi. Nel mondo che io ho inventato sono io che decido quali apparecchiature ci sono e quanto sono fantascientifiche.
3) i personaggi sembrano "eccessivi"? Pazienza. Lo saranno anche di più, nella seconda stesura. Devono esserlo perché vivono in modo estremo, non sono personaggi patinati e sdolcinati, è gente che uccide, picchia, usa, tortura. Non possono essere finti.
4) ora la protagonista ha una bella cicatrice in pieno volto, vediamo.
5) dopo aver eliminato tutte le scene vagamente o esplicitamente erotiche per motivi di spazio le reinserirò.
6) tolgo il prologo. Cambio il titolo. Rimetto ai personaggi i loro nomi. Finisco di riscrivere come avevo in programma e vediamo come va...
e... giusto per essere chiara: non sono una sessantottina. Guardate un po' dove siamo. Tutta questa roba del sesso, droga e rock and roll, dell'amore libero e dei reggiseni bruciati non ci ha portati molto lontano.

15.5.12

Già...

Mi rendo conto che non ho più scritto, presa dalle mie preoccupazioni.
Il cane ricoverato mi dà ansia, mi manca la sua presenza costante e a volte ingombrante, ma dolce. Non importa anche se le tre gatte continuano a spartirsi parti del mio corpo da usare come cuscino e mi riempiono di fusa. Il cane di mia madre, la nostra piccola Tutankanen (ma di soprannomi ne ha a pacchi), ha saputo conquistarsi un suo spazio che ora risuona come una eco sgradevole.
Non sono passata alla seconda fase del torneo. Certo non mi importa ora come ora e non mi arrendo comunque perché so di saper scrivere.
Ho visto la famiglia al Salone e mi sono rilassata per un pomeriggio e una sera a cena in compagnia. Ho conosciuto un'altra partecipante del torneo e capito che adesso indosso perfettamente il corsetto viola che non osavo mettere per uscire.
Mi è stato chiesto perché non torno a prendere lezioni di canto e ci penso su, ma sono pigra e mi sa che non lo farò. Una mano per il romanzo forse arriverà, un passaggio saltato per l'altro romanzo magari ci sarà.
Intanto ho visto il mio ex professore di italiano delle superiori, i cui gemelli neonati hanno occupato le mie mattinate per qualche bellissimo mese ormai dodici anni fa, per caso, in pizzeria. Era contento di vedermi e io, per cambiare, mi sono dimenticata di dirgli che ho pubblicato le poesie (qualcosa l'aveva letto e gradito), ma poi mi sono data della stupida e gli ho sporto un bigliettino mentre ci salutavamo. Ero rossa come un peperone maturo, ma l'ho fatto.
Perché me lo merito.

7.5.12

The final countdown??? ;D

Sembra ieri che ho deciso di mandare il tascabile al torneo e sabato saremo al Salone del Libro a vedere chi è passato e chi no al turno successivo.
Ho fatto il mio lavoro di lettrice, ho cercato di dare dei suggerimenti, qualcosa di utile. Non che abbia trovato lavori interessanti. Uno solo decisamente ben fatto su quindici file letti, uno proprio terribile e gli altri, chi più chi meno, nel limbo del ben scritto ma non coinvolgente. Ho avuto un file che mi ha messa in crisi, ma alla fine ce l'ho fatta lo stesso e un giudizio l'ha avuto anche lui.
Tocca aspettare sabato pomeriggio e capire se chi ha avuto il mio tascabile l'ha apprezzato o meno. Forse avrei dovuto classificarlo con un altro genere, dare una diversa indicazione su quale libro esistente potrebbe somigliargli, ma tutto sommato sono comunque contenta del mio lavoro. Anche se lo devo ancora sistemare, riscrivere alcune parti per l'ennesima volta, ripulire e rendere adulto. Anche se lo ritengo un romanzo tutto sommato ingenuo. Troppo semplice. Ma leggibile, carino.
Vedremo.
Intanto sono in contatto con alcuni altri partecipanti e come minimo andremo a cena fuori, tutti insieme. Perché arrivano da ogni dove e sembra una occasione per avere davanti persone che conosco solo tramite facebook e che non so "leggere" se non per quello che trasmettono sul web. Meglio la carne. Per una sera. Per una volta.
Per una nuova tappa in questo viaggio.

30.4.12

Citazione da scrittore...

"Non correggo mai nulla e non torno indietro a quello che ho scritto, tranne alla fine dell’ultima pagina per vedere dove devo andare. Se vi guardate indietro una volta, siete finiti. Come ho potuto scrivere questo schifo? Come ho potuto usare “terribile” sei volte in una pagina? E così via. Se si interrompe la scrittura di narrativa veloce con troppa introspezione e auto-critica, sarete fortunati se scriverete 500 parole al giorno e sarete disgustati di esse. Seguendo la mia formula, scriverete 2000 parole al giorno e non sarete disgustati fino a quando il libro non è finito, che sarà nel giro di sei settimane."

(Ian Fleming)

25.4.12

Piccolo esperimento


Quando siete pronti cliccate per avviare il video e preparatevi a imaginare quel che segue, leggendolo piano, con la musica.
Immaginate il buio, la notte in una città enorme. Immaginate le scene rallentate, colori freddi perlopiù. Neri, grigi, blu e qualche tocco di colore più vivace. Neon, maniglie, una H dipinta sul tetto di un grattacielo. Un elicottero scuro si avvicina, resta sospeso sulla H, poi si posa delicatamente.
Uomini in uniforme scendono dall'elicottero. Sono in tenuta da combattimento nera, con armi pronte alla mano. Si sparpagliano sul tetto, entrano uno a uno dall'unica porta visibile. Scendono le scale attenti a coprirsi l'un l'altro.
Contemporaneamente una seconda squadra smonta da un paio di furgoni scuri nella strada sottostante. Stesso abbigliamento, stesse armi. Salgono le scale. Luce pallida che illumina ogni piano.
Le due squadre si incontrano allo stesso pianerottolo e lanciano fumogeni attraverso una porta prima di irrompere nel locale della festa. Scatta l'allarme antincendio. Viene dato il segnale. Gli uomini entrano.
Tutto è bianco.
Nella confusione si vede gente smettere di ballare, ci sono camerieri che lasciano cadere i loro vassoi e tavoli imbanditi sul fondo della sala. Uomini e donne si fermano spaventati.
La gente tossisce confusa e chiede aiuto agli uomini vestiti di nero che sembrano essere giunti apposta per salvarli. Uno ad uno vengono controllati e fatti uscire, mentre parte della squadra prosegue nei corridoi.
Il fumo sembra tinto d'ambra mentre gli uomini raggiungono il fondo di un corridoio.
Un uomo li dirige, correndo avanti con loro, mitraglietta alla mano. Ha i capelli corti e scuri ma si vede comunque che sono mossi, il viso ovale, la barba incolta e gli occhi verdi che scandagliano il corridoio.
Mentre la squadra entra nell'ultima sala il fumo si dirada lentamente.
Una massa di figure scure sta al centro della sala, apparentemente senza interesse per i nuovi venuti. Guardano tutti verso il centro della stanza, mentre tutto intorno a loro ci sono persone immobili. Chi sui divanetti, chi sul pavimento, alcuni riversi su di un tavolo da biliardo. Non propriamente privi di coscienza.
Lo sguardo del capo della squadra segue la scena così come la stanno vedendo i mostri davanti a loro.
Essi sono tutti egualmente calvi e pallidi, magri tanto da sembrare teschi. Indossano una specie di abito nero a metà tra il pigiama e l'uniforme. Hanno occhi animali, neri e privi di ciglia. Solo quello al centro sembra differente, quello che guardano tutti.
Ha una bella camicia aperta sul petto muscoloso, capelli neri folti e lunghi che gli incorniciano il volto, un colorito roseo e normalissimi occhi umani.
Tra le sue braccia tiene una vittima, dolcemente ma con fermezza.
Una ragazza con lunghi capelli castani si dimena per liberarsi dalla presa dell'uomo. Lotta mentre tutte le creature presenti cominciano a muoversi per scappare o per difendersi.
I soldati ingaggiano battaglia con i mostri.
Finalmente l'uomo al centro della sala alza gli occhi dalla donna che cerca di tenere con se e fa una smorfia. Perde la presa. Lei si libera e cade a terra scalciando. Si allontana come può, senza voltare le spalle all'uomo che la teneva. Usa le gambe per spingersi sul pavimento mentre le mani fanno presa sulla moquette dietro di lei. Non riesce a smettere di guardarlo. Non grida nemmeno. L'uomo praticamente svanisce nel caos.
Arrivata a una distanza accettabile da dove era caduta tenta di alzarsi, ma non ce la fa. Crolla a ogni tentativo.
Uno dei soldati la soccorre e le inietta una sostanza nel collo mentre attorno a loro alcuni uomini combattono con gli esseri che occupavano la stanza. La ragazza sviene e resta sul pavimento. Nessuno la calpesta.
Nè i soldati, nè i mostri.
Questi ultimi sono in fuga, rapidi. Quelli che non ci riescono cadono al suolo sotto i colpi degli uomini.
Dopo aver impartito gli ordini alla squadra, il loro comandante si inginocchia accanto alla ragazza e la sostiene con il braccio sinistro, ripone l'arma nella fondina e usa la mano libera per controllarle il battito. Poco dopo lei apre gli occhi e incrocia quelli di lui. Sono occhi limpidi, quelli di lei. Confusi e spaventati, ma limpidi. Non si parlano.
Lui la solleva lentamente e la porta fuori dalla stanza mentre alle loro spalle divampa l'incendio. Quello vero.

Se siete riusciti ad andare abbastanza piano, se avete osservato i dettagli pur senza conoscerli, se sentite l'odore del fumo che sale nella vostra stanza... Allora vedete quello che vedo io.

18.4.12

Magia

Credo nella magia delle parole.
Nel modo in cui suonano e si amalgamano in certi testi, per come ti catturano e ti portano altrove.
Come un mantra, un brano ben scritto riesce a creare una connessione tra l'anima e il mondo. Quello creato dall'autore, quello inimmaginabilmente vero. La perfetta sequenza, un vocabolo dietro l'altro, solo chi conosce la magia può arrivare a tanto, solo pochi eletti.
Questo è quello che inseguo.
Niente più. Come se non dovesse esserci altro modo.

16.4.12

Foglia

Ho, nel tempo, costruito un'immagine di me.
Scavando nel peggio del peggio mi sono rispecchiata, ammirata come fossi mostro. Ho dato i lineamenti al mio dolore e ho lasciato che il mondo mi guardasse come un piccolo Frankenstein, accozzaglia di pezzi senza un senso compiuto.
Ho pensato che tutto quello che mostravo fosse vero. Ho creduto alla mia stessa favola temendo l'ombra dei miei pensieri, sacrificandomi a ogni carnefice che volesse una vittima, lasciando che amore mi consumasse la vita. Come una sanguisuga ho lasciato che mi si attaccasse e prosciugasse ogni anima che ho amato.
Ho avvertito chiunque di non starmi vicino.
Così con l'amore ho distribuito distruzione e con le lacrime il sangue. Senza volerlo ho percorso le strade dell'inferno dandomi colpe che non ho mai avuto, sollevando i colpevoli dal loro delitto e infierendo su di me, penitente e immonda creatura.
Lo specchio non mi ha dato tregua. A ogni sguardo vedevo una cosa nemmeno più umana, indegna d'amore e di felicità alcuna.
Ma un giorno ho alzato lo sguardo e dentro allo specchio ho visto un'altra donna. Quella che non mi somigliava affatto e che invece ero sempre stata. Non quella che avevo dipinto.
Quella donna, ormai adulta, ormai disillusa, ormai consumata; quella mi ha portata qui.
Qui, oggi. Con un aspetto diverso che pare addirittura più giovane di prima, con una leggerezza di spirito mai avuta pur conservando una profondità che non m'è mai mancata. Con qualche sorriso in più, ma non più sarcastico, non caustico. Libero.
Perché libera mi sento e libera lo sono davvero. Anche da tutte le cose che dovrei fare e che tardo, anche da quel romanzo che vorrei pubblicare e da quello che vorrei finire.
La vita mi ha portata fin qui su di una foglia, in mezzo a una corrente che non avrei potuto risalire. Su quella foglia il viaggio è stato lungo, agitato e calmo allo stesso tempo. Su quella foglia arriverò alla fine del viaggio facendo quel che devo e quel che so. Quando sarà il momento tutto andrà veloce e bene. Pubblicherò, finirò libri, ne scriverò mille altri. Devo solo lasciarmi andare.