23.4.23

Sulla soglia dei 54

Non ho mai pensato di essere bella, non come avrei voluto essere comunque.

Per anni ho combattuto con i miei limiti, con le aspettative esagerate, con modelli irraggiungibili, con il corpo che "pesa", con il mio desiderio di essere vista e amata, con la tendenza alla dipendenza - cosa non rara in famiglia - e all'autodistruzione. Con la depressione e con l'ansia.

Con ferite mai del tutto curate, con l'arte di farmi scivolare addosso cose che in realtà finivano per peggiorare l'opinione già pessima che avevo di me. In parte. E l'orgoglio, la vanità, la rabbia di non poter desiderare, volere, ottenere.

«Ha bisogno di coccole, poverina.»

Non corrispondere mai, né a chi vorresti né a cosa vorrebbero gli altri: sentirsi alieni, sempre. Desiderare, lottare e allo stesso tempo non sentirsi adeguate, in grado di farcela. Sapere di avere delle qualità ma oscillare continuamente tra possibilità e impossibilità. Essere pietrificate dal terrore di non farcela, perché non farcela è la conferma di quel pensiero sottile che dice "non ce la puoi fare".

Credere sempre a chi ti sottostima, mai a chi crede in te, tanto da sospettare che dietro a ogni complimento ci sia un tentativo di "prenderti qualcosa". Il desiderio di rivalsa, forte. E la critica severa, per poi cadere nella superbia nei momenti "su".

Anni di alti e bassi, anni di voglia di morire per smettere di sentirmi così, anni di rancore folle che mi consumava dentro. E io che cercavo equilibrio e leggerezza. Che cercavo qualcuno di obbiettivo nei miei confronti - infatti appena ho potuto ho pagato una psichiatra - che mi aiutasse a capire chi sono e dove sbaglio sempre.

Perché è vero che sbaglio, probabilmente non nelle cose in cui temo di sbagliare ma la vita è un tantino beffarda con tutti noi, no?

«Ci credo che è stanca - ha detto una volta la psy - ha vissuto cose che normalmente non si vivono in tre vite "comuni".»

Ed è vero. Ho lottato con unghie e denti ogni volta che era necessario nonostante la mia "debolezza". Sono senza pelle sotto a una corazza di grasso. Eppure...

Non sono mai stata quello che volevo essere. A volte ci sono andata vicino, a volte ho mandato in vacca tutto quanto appena tornavano i pensieri oscuri. A volte mi sono punita per cose che non ho fatto. Non ho creduto in me fino in fondo, soprattutto perché non sapevo essere del tutto me stessa. Spesso non mi sono amata come avrei dovuto e non ho accettato l'amore degli altri perché non mi ritenevo degna, o sentivo il peso delle loro proiezioni. Non ho dimenticato chi mi ha ferito e porto dentro di me chi mi ha dato tanto. Sempre.

Ho tenuto dentro troppe cose: sensazioni, disagi, malesseri, sogni. Non volevo "disturbare", così mi hanno insegnato; mai disturbare gli adulti, e io bambina non ho mai smesso di sentirmi piccola di fronte alle esigenze o ai desideri altrui, tanto da cancellare ogni traccia di me pur di non farmi mandare a letto, come quando restavo nascosta sotto al mobile nel salotto dei miei nonni per poter vedere un po' di televisione in più oltre il mio orario.

Sono Laura, la sorellina piccola dei miei sogni. Quella che ha paura e ha bisogno di rassicurazioni.

Sono Luisa, la sorella di mezzo maniaca del controllo e giudice incontentabile.

Sono Clara, la sorella adolescente che ha dentro solo rabbia, tanto da bruciare.

Sono Paola e ancora la mia voce si sente poco, ma c'è.

E ora, sulla soglia dei 54, comincio a capire chi sono e quanta strada ho fatto anche perdendomi nell'oscurità. Certe volte mi trovo pure bella nonostante i segni dell'età che avanza. Certe volte so che ce la posso fare.