30.5.09

Gravi -danza

Qualche anno fa ho conosciuto una dottoressa, endocrinologa e ginecologa, in uno dei miei giri di ricognizione per capire come dimagrire senza smettere definitivamente di mangiare.
Come al solito, visto che tutti i ginecologi da cui sono andata non fanno che ripetermelo, si aspettava che io volessi un figlio. Invece no. E prima discussione. Perché sembra non sia normale non volerne.
Per carità, non ho nessun problema coi bambini. Fosse più semplice e meno dispendioso tenterei anche di adottarne uno o due, ma son talmente tante le difficoltà che passa pure la voglia di farlo. E già qui ci sarebbe da discutere, perché fanno tante storie per darti un bambino che è destinato all'orfanotrofio mentre se ne fai duecento e sei una incapace nessuno ti dice nulla.
Ma torniamo alla ginecologa.
Dopo la prima serie di sguardi in cagnesco per la mia natura di donna degenere, andiamo ad indagare sulla mia vita in modo da capire chi sono. Ecco che arriva la parola "danza", e la signora di fronte si trasforma in una belva.
Perché la danza sarebbe da vietare, da dichiarare dannosa, brutta, immonda. Perchè, perché, perché...
Allora mi sono incazzata io.
Allora, mi dice la dottoressa che "la danza è un ambiente anoressizzante". E va bene. Sì, le ballerine, soprattutto classiche, dovrebbero essere magre magre. Non mi vedo un Roberto Bolle che solleva Platinette in tutù... Capisco. Il peso è un fattore determinante. Sì, le ballerine sono tendenzialmente magre. Ma non è che tutte non mangiano per essere magre. Prima cosa, fanno esercizio fisico per ore ogni giorno. Di calorie ne bruciano. Seconda cosa, magari sì, mangiano poco. Ma non tutte. Io mangiavo eccome, quando danzavo. Schifezze a gogò. Va bene, sono un caso a parte.
Ho conosciuto ballerine che si facevano il problema e che mangiavano poco (e poi cadevano come pere nel bel mezzo delle lezioni, perché per fare esercizio c'è bisogno di mangiare). Ho conosciuto anche persone che se ne fottevano altamente e mangiavano e si tenevano la pancettina.
C'è poi da dire che per una adolescente non c'è un ambiente che non sia anoressizzante, se ha già l'idea di dover dimagrire. Le pubblicità, la tv, le riviste, i film, la moda. Nessuno di questi ambienti rimanda una immagine di ragazzine morbidose e attraenti ugualmente. Allora vaffan, non è la danza che rende anoressiche le ragazzine.
Seconda filippica riguardo ai "danni dello sport agonistico sul fisico", soprattutto femminile. Per carità, non ho dubbi che qualsiasi esagerazione faccia danni. Mangiare troppa carne o non mangiarne affatto sono due modi diversi di rovinarsi la salute. Forse manca una adeguata preparazione alla prevenzione dei danni. Forse nessuno ti racconta che questo esercizio fisico ha questo effetto sui tuoi organi interni. Se qualcuno lo facesse ci sarebbe modo di scegliere lo sport adatto, di scegliere un allenamento adeguato.
Ma diciamocelo. Se uno sport è agonistico in qualche modo comporta sacrificio. Soprattutto se l'età per essere competitivi è bassa. Mai visto cinquantenni competere sui campi di atletica e fare record. Se la carriera è limitata dall'età è ovvio che il periodo dello sviluppo lo si passa facendo sforzi (magari anche eccessivi), però il risultato si ottiene solo così. Fatica e disciplina.
Quanto al considerare la danza uno sport agonistico non so. So che le posizioni non sono naturali e che facendo danza non dovresti sciare (il lavoro delle gambe è opposto), andare in bici (ingrossa i polpacci) e simili. Si può nuotare, perché fa bene e allunga. Che lo sforzo sia eccessivo non credo, che alcune posizioni possano influire sugli organi interni è molto probabile. Molte ballerine hanno difficoltà col parto, perché i muscoli del basso addome sono molto sviluppati e la dilatazione non è semplice. Secondo la dottoressa molte ballerine non possono avere figli. Va bene. Io ne ho conosciute che di figli ne hanno tre. Fatti da loro. Molte altre non ci pensano nemmeno, come non ci pensavo io. Era troppo l'amore per la danza per stare a pensare ad altro. Probabilmente qualcuna non può avere figli, ok. Anche le non sportive hanno difficoltà. Anche altre sportive. Quindi? Teneteci a letto tutta la vita, così magari possiamo riprodurci senza problemi...
Non posso avere bambini, pazienza. Mica muoio. Non li voglio. Non ci ho mai provato e spero di non riuscirci nemmeno per sbaglio. L'ho deciso a 12 anni e non ho mai avuto ripensamenti per più di cinque minuti consecutivi.
Da qui a demonizzare la danza ci passa uno tsunami. Insomma, va bene tutto. Forse qualcuno esagera, forse qualcuno è davvero malato, forse quando si è giovani non si sta a pensare a quando non lo si sarà più. Io non ci penso nemmeno adesso. E rifarei danza, se potessi. La rifarei partendo anche da più piccola (come doveva essere), la rifarei più convinta e più decisa, lavorerei il doppio. O il triplo.
Al cuore non si comanda...

26.5.09

Un paio di considerazioni

Spadellavo, poco fa.
Nelle mie orecchie gente che urla dalla tv. Chissà chi e come mai.
Da ciò che sento emerge che:
1) Chiunque abbia precedenti penali non può dire la verità. Mai. Qualsiasi cosa dica non è vera, o è estorta magari dietro pagamento. Quindi deduco che chi non abbia precedenti penali non menta mai. Wow. Come dire che io non ho mai mentito...
2) Se una cosa funzionava in un certo modo qualche anno fa è giusto supporre che anche ora debba funzionare allo stesso modo. Se anni fa c'era omertà riguardo a certi argomenti è giusto che continui a esserci. Perché cambiare? In fondo probabilmente non interessa a nessuno migliorare. Guardandosi attorno così sembra.
3) Pare che siano state fatte tante domande indirette e non si sia mai chiesto chiaramente quel che si suppone sia vero e che in fondo interessa (?). Forse perché nessuno si aspetta davvero di sentirsi rispondere: "Certo!"... O sarà una tecnica alla Colombo? Forse con un minimo di domande assurde ci si appresta a estorcere la verità?
4) Sembra che fare sesso con una minorenne consenziente sia abuso. Io avrei qualche dubbio. Capisco che la giovane età possa complicare le cose, ma andrei di caso in caso. Specie se la minorenne ha 17 anni, o 16. Insomma, chi volete che si fili un coetaneo a quella età? Poi ci sono anche i casi in cui di abuso si tratta. Ma non farei di tutta l'erba un fascio. In questo caso, ovviamente discusso fino alla nausea, non saprei dire. Mi sembra altro, però. Vorrei anche ricordare che ci sono studentesse universitarie che si finanziano gli studi in modo simile e il fatto che siano maggiorenni non cambia le cose.
5) Mi chiedo se alla tv stiano dando un programma demenziale o sia questo quello che chiamano approfondimento. Perchè forse sono io che non capisco niente...

Ora basta. Posto che queste faccende mi interessino, cosa che non è, mi scoccia dover subire litigi anche solo via audio riguardo a cose su cui evidentemente sono in grado di farmi una idea da sola. Mi chiedo se davvero è questo quello che vogliamo, che ci interessa, che ci aspetta.
Perché no, a me non interessa da un bel po'. Ma non voglio viverci tutta la vita che resta.
Non vogliate vederlo come un post politico, perché non voleva esserlo. Solo buonsenso. Per chi non conoscesse il termine esiste il vocabolario.

24.5.09

L'avventura di Arianna e Black Hat

Lui era la star del momento.
Non bellissimo, ma interessante e con una voce molto particolare. Cantava da una vita, era famoso da un po', richiestissimo da poco. Un nome azzeccato, Black Hat, non diceva nulla di personale su di lui e gli conferiva quel tocco in più di mistero che con le donne funziona sempre.
Arianna esultò, nemmeno silenziosamente, appena ebbe la certezza di avere un posto allo show case di Black Hat, quella sera, con tanto di festa vip subito dopo. La sua giovane età le permise di non spendere troppo del suo tempo davanti allo specchio per provare una mise adatta. Le stava tutto più che bene e la bellezza del suo viso allungato non faceva che migliorare il tutto. Quel tanto di trucco che bastava, nè troppo esagerato, ma nemmeno troppo minimal.
E via.
Inutile dire che lo spettacolo era magnifico. Tutte le canzoni nuove non facevano che soddisfare le aspettative del pubblico. Black Hat era davvero un mito. E la festa...
Arianna aveva conosciuto il suo idolo, ci aveva bevuto un paio di drink, aveva fatto un giro con l'amico con cui era venuta e aveva fatto un po' di socializzazione con gli altri vip. Si poteva dire che aveva conosciuto praticamente tutti.
La festa, verso le tre di notte, volgeva al termine quando Arianna e il suo amico Giò decisero di andarsene. Black Hat era ancora lì, annoiato su di un divanetto, ormai esausto.
L'auto non era vicinissima, Arianna camminò ondeggiando verso di esa, mentre Giò camminava ben più veloce. Era stanco. Ma contento.
Passando davanti al locale in macchina notarono che Black Hat e il suo produttore erano lì fuori ad aspettare un taxi. Colta da uno slancio di cortesia e pensando soprattutto a come passare un po' di tempo in più col bel cantante, Arianna si lanciò fuori dal finestrino e propose un passaggio ai due. Giò non fece obiezioni. Così Black Hat e il suo amico salirono in auto, diretti all'albergo.
Il tragitto era un po' lungo, ma la macchinina di Giò andava benissimo.
Solo che ad Arianna scappava la pipì, accidenti quanto le scappava. Aveva bevuto un po' troppo e le vibrazioni dell'auto avevano smosso il tutto. Così chiese di fare una breve sosta. Accanto a un viale alberato, in un posto non troppo illuminato sembrò il posto migliore. Lei scese.
In un attimo di illuminazione decise di non farla proprio lì accanto alla macchina, che il suo cantante preferito avrebbe visto tutto e non sarebbe stato affatto contento. Così decise di saltare il muretto e di farla al riparo. Peccato che il muretto fosse al limitare di un breve tratto scosceso, per cui Arianna piombò tra i rovi e si scorticò braccia e gambe.
Fece pipì lanciando maledizioni al muretto, al buio, ai drink e a tutto ciò che le venne in mente. Poi risalì la china e ricomparve, coperta di sangue, alla vista dei suoi accompagnatori. Che si preoccuparono non poco, ma che erano troppo stanchi per ridere dell'accaduto. L'auto partì, mentre Arianna veniva soccorsa dai due passeggeri illustri con fazzolettini e salviettine. Nel tragitto urtò più di una volta la camicia bianca di Black Hat, che cominciò a sembrare Jack lo Squartatore appena rientrato da una missione omicida.
Forse per la vista del sangue, forse per l'alcool nel sangue, forse per il ruzzolone, Arianna ebbe bisogno nuovamente di una sosta. Vomitò l'anima. Stavolta senza allontanarsi...
Così ripartirono e andarono a consegnare il mitico Black Hat macchiato di sangue e un po' nauseato al suo albergo. Ore cinque del mattino.
Subito dopo Giò riportò Arianna a casa. Lei, un po' incazzata per la figuraccia, un po' allegra per la serata in compagnia del suo mito, stava crollando dal sonno.
Giunta a casa riuscì a salire senza problemi, buttò gli abiti nel cesto della biancheria sporca e si lanciò sotto alla doccia per togliersi la terra e il fogliame di dosso. Tamponò i graffi con del disinfettante e uscì dal bagno intorno alle sette. Con l'intenzione di fiondarsi nel suo letto e dormire fino al pomeriggio.
Ma la porta si aprì e sua madre, che doveva tornare molto più tardi, tuonò: "Ma sei tornata adesso?"
Arianna, recuperando il poco di nervi saldi che le restava dopo la notte in piedi, rispose che no, stava uscendo per andare all'università. Si vestì, andò a casa di una amica fidata e lì dormì tutto il tempo che voleva...

18.5.09

Next

Sto lavorando bene, il mio romanzo è quasi pronto. Non è lungo, nemmeno breve. Non è una storia negativa, anzi. Una storia che ha una specie di respiro ottimistico.
Direte che non è da me. Invece no. Lo è anche.
Stavolta vorrei che la copertina fosse mia, come il libro. Cosa che non è stata possibile con le poesie. Ho anche in mente il disegno, che è già qui, sul blog.
L'altro lavoro anche, procede.
Poi ho solo la scelta tra tutto quello che ho iniziato e mai finito. Tra quello che mi saltella in mente giorno dopo giorno e quello che avrei dovuto finire da anni. Tra quello che ho già scritto e riscritto più volte e mai finito davvero e quello che ho in mente e che non ho nemmeno buttato giù.
Ho già idea di quale sarà il prossimo lavoro. Una cosa ancora diversa.
Come se tutte le mie personalità avessero un libro loro che spinge. Ho solo da scegliere.
In effetti scegliere è sempre stato un problema per me. Non mi piace farlo. Tanto che se posso faccio tutto e tutto insieme. Solo che ora so che non posso. Me lo devo.
Lo devo a tutta la mia vita passata a lavorare per diventare ciò che sono. Per non distruggermi, per evitare di farmi troppo male, per smettere di trascinare il mio mucchio di cadaveri dietro di me. Buona parte li ho sepolti, là, nel mio mondo.
Un po' come Scott ha fatto in La storia di Lisey, che sto leggendo.
Dopo aver tanto faticato per raggiungere la vista del panorama nel mio futuro, ora voglio dipingerlo a parole e pennellate. Voglio proprio farvelo vedere, il mio mondo...

14.5.09

Orribile pubblicità, ma è una sòla

In occasione della XXII Fiera del Libro, il mio breve lavoro dovrebbe essere rintracciabile presso lo stand del distributore:

NdA, padiglione 1 stand E17

Io passerò da lì, giusto per il gusto di vederlo esposto in mezzo a tanti suoi simili, per commuovermi salutandolo e per abbandonarlo al suo destino.

Mi sembra di parlare di un girino...

CORREGGO:
Inutile andarci, il libro non c'è. L'editore non c'è tra quelli distribuiti, probabilmente non hanno trovato un accordo. Toccherà che aspettiate la presentazione ufficiale, il 6/6/2009 a Rivoli presso la libreria Diorama. Appena avrò la locandina la pubblico.
:(

11.5.09

Uso del nome in una tribù urbana

Chi mi conosce saprà che lo scorso settembre abbiamo adottato Bones, chiamata così per ovvii motivi di malnutrizione. Al di là del fatto che a 8 mesi dall'adozione, la nostra simpatica randagia si è già trasformata in Fat Bones, ha anche sviluppato tutte le caratteristiche per cui abbiamo cominciato a dubitare del fatto che si fosse persa. Secondo noi è talmente antipatica che qualcuno l'ha persa. E bon.
Spesso anche io la minaccio di "perderla dal terzo piano", quando ne fa una delle sue.
Bones ha la strana caratteristica di una ipertrofia delle unghie, cui tento di porre rimedio con tagli frequenti, ma che raramente riesco a tenere sotto controllo.
Fatto sta che si appende costantemente a qualsiasi cosa tocchi. Che sia un copriletto, la gamba del tavolo della cucina (abitualmente utilizzata come graffiatoio), le maglie che indosso e, ultimamente, le tende del salotto. Si appende, non riesce a staccarsi e di solito si incazza come una iena e comincia a urlare dei mieeeoowww che poco lasciano all'immaginazione.
Stavo pensando di cambiarle nome, come si usa dopo i riti di passaggio in molte religioni e culture. La chiamerei Crocifissa. Perché...
Beh, soprattutto perché un mattino (circa le 3), mentre dormivo, sento qualcuno che mi tira le coperte. Siccome non credo che i fantasmi abbiano veramente questa abitudine, mi tiro su e la vedo al fondo del letto con le zampine anteriori allargate al massimo, ovviamente impigliate nel copriletto, mentre con le posteriori era a terra. Crocifissa, appunto, al letto.
Quella notte ho rischiato di rimetterci le mani, in compenso lei ha continuato la tradizione e ieri sera era in piedi, alla finestra, appesa alle mie tende di bisso di lino col pizzo... Devo dire, delle tende non mi importa molto. Ma ridevo talmente tanto che non riuscivo ad aiutarla. E lei era davvero incazzata e urlante...
Nella nostra tribù urbana è normale cambiare nome in corso, mi sa che vale anche per Bones. Dopotutto è una di famiglia.
O no?

10.5.09

Twenty years

Difficile dire quando l'abitudine è un bene.
Ho sempre pensato che non lo fosse, pur essendo una tendenzialmente abitudinaria. Oddio, no. Diciamo che sono stata a lungo una maniaca dell'ordine, per cui scombinare anche solo il menu per cena diventava una tragedia. Decidere all'ultimo il ristorante, non sapere chi c'è e chi no, andare a una festa senza conoscere l'elenco intero degli invitati.
Per fortuna quel periodo è passato, grazie anche a un marito che cambia idea ogni tre secondi e che se non mi ci abituavo ero già morta e sepolta. Ora va bene. Se mi chiamano e mi dicono tra 10 minuti siamo sotto casa tua e andiamo là, io mi vesto, magari mi sciacquo i denti e vado. Non mi importa granché del trucco, del vestito adatto o meno.
Siccome sono pure schizofrenica nelle mie manifestazioni, oltre alla paura dei cambiamenti improvvisi avevo anche la paura della staticità eterna. Che dire?
Anni fa, a sapere che avrei fatto lo stesso lavoro per solo 5 anni mi sarebbe venuta voglia di morire. Certe volte andavo in crisi anche solo perché dovevo indossare un camice come quello delle mie colleghe. Voleva dire che ero una di loro, che dovevo essere lì giorno dopo giorno.
Quasi ogni sera tornavo a casa piangendo, perché quello non era il mio lavoro. Io volevo fare altro, qualcosa di più avventuroso. Non imprevedibile, ma vario.
A novembre sono 20 anni che lavoro dove lavoro. Dal 1989.
Vent'anni.
Sì, ho avuto delle pause. Qualche anno sabbatico per terminare gli studi, poi per cercare di andare all'università. Ma ogni volta che serviva una mano mi chiamavano e io ero disponibile. E sono ancora lì. Nonostante lo stipendio very low profile. Nonostante il diploma e la mezza laurea. Nonostante io abbia forse capacità maggiori rispetto al lavoro che sono chiamata a svolgere.
Che se facessi le pulizie da altri guadagnerei di più.
Eppure sono lì, resisto. Non tanto perché non ci siano state altre proposte, non perchè abbia paura di non trovare il lavoro che vorrei. Quanto per il fatto che del lavoro mi importa poco, veramente poco. Non sono il tipo da carriera. Non mi importa avere successo. Lavoro per avere uno stipendio e per potermi permettere di vivere tranquilla, pur senza possedere una casa (che non posso comprarmi e che alla fine dei conti nemmeno voglio) o una macchina (bleah!), senza andare in ferie ogni estate. Sono tutte cose cui mi sono abituata e a cui non dò peso. Cose che fanno rabbrividire molte persone che conosco, che non potrebbero vivere senza andare in vacanza ogni volta che sia possibile. Io non ci vado nemmeno quando posso.
Dicevo, sono lì. Sì, perché per quanto quello non sia il lavoro migliore dell'universo, ho idea che nessun lavoro lo sarebbe. Tantovale fare questo. Lo so fare. Non mi dispiace, è creativo e in un certo senso artistico. Perché ricominciare daccapo altrove per capire che poi non mi trovo bene?
Lavoro perché non ne posso fare a meno, quindi questo a modo suo va bene.
Mi ci sono abituata, non mi turba più sapere che l'anno prossimo sarò ancora lì.
Vent'anni. Chi l'avrebbe mai detto?

4.5.09

Pieghe

E' nel profondo
che tu regni sovrano,
là dove io
non ho alcun potere.
E la tua forza
e la mia forza insieme
possono ancora
respirare libere.
Possono volare,
raggiungere altri mondi,
possono stringere
l'una l'altra mano.
Nascosto,
tra le pieghe del mio buio,
solo qui
posso viverti.