30.4.11

Quel che sento, io so

Le parole che ho in mente sono confuse. Ne escono controsensi se non nonsensi. Non sono libera di dire quello che ho in testa e non sono i capelli quelli che frullano rumorosamente. Vortici e spirali. Luce che squarcia le nubi e tramonti da guardare. La bellezza che porta l'estasi e il mistero del dolore.
Non ho smesso del tutto di pormi domande, più che altro non mi stupiscono più le risposte e questo non va. E mi sembra ora di parlare una lingua diversa, che non tutti han voglia di cogliere e ascoltare. Non ho mai smesso di soffrire? Forse no, ma non sento il dolore come un tempo. Ora voglio solo riempirmi gli occhi e la vita di cose belle, di poesia fatta forma, fatta vita.
Non voglio questo intorpidimento, questo diventare bruti, questo dover rinunciare a chi sono, per amore di chi? Di cosa?
Chi è il mio dio se non l'aria che respiro? La sottile musica che proviene dal cuore altrui. Quella più fragorosa di una risata complice. Chi posso adorare e servire?
Della scienza non m'importa. Che sia libera certo. Ma di nozioni ho fatto il pieno e non m'importa molto di averne delle nuove. Perché a me piace sentire. Non sapere. Quel che sento, so.
Sono animale, non essere eletto. Sono niente e non ho scopi da servire. Trovo inutile adoperare il tempo se non per sognare, per creare, per ridere e cantare. Per farmi catturare da altri mondi che non son questo, che non mi riportano alla stupida carne che mi compone. E che piano si decompone come è giusto che sia.
Non voglio un senso per tutto ciò. Voglio vivere la vita perché mi è data, perché le mie cellule si son messe insieme in un vortice e ne son venuta fuori così. Non una pianta, non un sasso o un gatto. Non un maschio. La vita ha voluto me anche se qui, sotto alle stelle in un universo talmente grande che io non posso comprenderlo (e nemmeno voglio), io non sono che un puntino. Un puntino senza importanza e allo stesso tempo fondamentale. Per l'interazione, per la condivisione, per l'amore che ho dentro. Per il cielo azzurro, per ogni goccia di pioggia e per un sorriso triste che rende triste anche me. Per uno sguardo, per la parola e ancora per il suono che mi colpisce. Energia nell'energia, particella di un dipinto geniale che solo la Natura poteva creare. Particella che non sta alle regole, ma che lascia che il vortice la trascini dove deve andare. Che non lotta, perché non c'è motivo di farlo. Che non vuole, non stringe, non soffoca.
Che non sa ma pulsa intensamente finché può.

26.4.11

Insomnia

Il valzer dei miei pensieri non mi fa dormire, troppo rumore. Un, due-tre, un, due-tre...
Il cuore non sa che fare e batte i piedi nei miei timpani, mentre gli occhi si perdono in uno sguardo da sogno.
Nell'ombra braccia e pelle mi aspettano, sussurrano baci e stringono parole d'amore.
Tolgono il fiato con la bellezza, quasi un sospiro di dolcezza inaudita. E niente, dico niente.
Solo attesa e sogni che non mi raggiungono. Mi giro e mi volto, ma l'immagine non molla. Tormento, visioni di occhi nella luce arancio di una spirale che ruota in senso orario.
Paura. Rumore, schiamazzi. Il cane sbuffa, il vicino russa attraverso le pareti.
Mi commuovo al ricordo.
Mi rigiro tra i gatti, stropiccio cuscino e lenzuola. Poi sale la nebbia* e io scendo nella mia valle di sogno.
E ti vedo.

*citazione colta, chi la coglie?

21.4.11

Carmen, mia madre e la vita di un tempo...

Stavo vagabondando nel web, troppo stanca per connettere e produrre cose nuove. Forse anche un po' eccitata dal progetto di un'amica pittrice (o meglio artista in senso più ampio perché non solo di pennello ferisce) partito ieri sera e di cui oggi già ho visto i primi risultati. Che se si riesce a produrre un minimo di pezzi magari li si espone anche. E non sarebbe male.
Tornando a me e al mio vagabondare...
Youtube è ultimamente fonte di piccole emozioni, non fosse altro che ci si trova l'inpensabile. Così a volte digito a casaccio per vedere cosa viene fuori, magari partendo da un ricordo o da una persona che conosco. Quindi trovo il video musicale di un gruppo rap al femminile in cui militava una vecchia compagna di danza moderna con un suo amico, ai tempi in cui preparavamo la Carmen con la nostra insegnante di moderno Eva Maksay. Eccoli lì che cantano, ballano e fanno gli scemi, loro due, francesi importati e pieni di vitalità... Condivido e via. Poi inserisco un altro nome, perché è scattato il momento "memories". Ecco che compare lei, la persona che mi ha presa sotto la sua protezione al primo anno di danza professionale, che mi ha insegnato mille e più cose e fatto passare i migliori momenti dell'adolescenza. Dirige una scuola di danza credo abbastanza rinomata a Roma. La sua classe è rimasta invariata. Condivido e via.
Poi inserisco il mio insegnante di classica dell'epoca, persona straordinaria, Giulio Cantello. Un video, un promo di un balletto del 2010. Carmen.
Il balletto che per me ha rappresentato forse troppe cose in passato ritorna nell'anno che adesso ricordo come il più difficile della mia vita. Sicuramente il più pesante. Forse non c'è un nesso negli eventi del mondo, forse ci sono cose che tornano ciclicamente e forse parte delle nostre paranoie di umani sta nella costante ricerca delle connessioni, peraltro inutile. La bellezza sta in questo. Fare cose inutili per pensare a cose utili.
Il 2 maggio saranno 6 mesi che è mancata mia madre. Io ancora non so come sto riguardo a questo. Semplicemente non lo so.

18.4.11

Ci maledirai

Non so amare in altro modo
e il mio modo porta dolore.
Così, mentre le parole abili di un'altra donna ti guidano fino a me io carezzo un altro volto e tocco un'altra pelle che non è tua. Che non lo sarà. E lo vedrai.
Saprai allora chi sono. Non quello che hai voluto vedere in me, cieco del tuo bisogno che io fossi perfetta e tua. Nel bosco, tra il verde e l'oscuro bagliore del cielo.
Pelle liscia e scura, diabolico velluto che tenta le mie mani. Vuole la mia bocca. Sussurra dolci frasi e promesse che io devo fare, con le sue labbra rosa scuro e gli occhi neri persi tra i suoi boccoli di tenebra.
Il tuo opposto, vedi...
In un solo istante tutto crolla. Tranne me, che cedo alle sue lusinghe e bramo il suo corpo. Più di prima. Non l'avrò mai, perché mi chiede troppo. Ma quel che posso lo prendo e al resto rinuncio, perché io amo così. Scappando, rinunciando, volando via nel momento in cui un istante ancora porterebbe alla felicità. Io che quella parola la conosco solo se mi sanguina il cuore. Solo se disperazione mi segue.
I tuoi occhi chiari e i tuoi lisci capelli biondi sono troppa luce per i miei sensi. Troppa nobiltà nei tuoi modi, troppa dolcezza nelle tue mani. Non mi dimenticherai e questo è amore, per me.
I miei graffi ti accompagneranno come il ricordo dei suoi occhi neri che ti fissano sornioni mentre io gli carezzo il petto. Non posso farne a meno, ma non avrà la mia anima. E io ho la tua pronta in una mano. Un gesto veloce e te la porterei via, se solo lo volessi.
Ma mi basta vederla sanguinare tra le mie mani mentre piangi tra le braccia dell'altra donna e lasci che sia lei a consolarti. Non lo farà mai abbastanza, lo sai. E la maledirai per ciò che ti ha fatto vedere.
Ci maledirai entrambe: la strega che ti ha strappato il cuore e quella che ti ha mostrato come poteva sanguinare...

17.4.11

Un luogo ha fatto capolino nel mio mondo onirico

La prima impressione, nell'atrio del condominio, è di entrare in una reggia. Pavimenti grigio antracite tirati a lucido tanto da specchiarcisi e mattoni a vista sia all'esterno che nelle parti comuni. Vetrate e terrazzi su ogni piano, un prato infinito sul retro mosso da dolci colline e con qualche albero sparso qua e là. La stanza più interessante è il salone con un bel camino acceso. La stanza sarebbe buia di per sè, la parete lunga con il cemento a vista ha un'unica finestra che corre al limite del soffitto, sottile. La parete opposta è una vetrata con veneziane di legno rosso sangue la cui luce riflette sul pavimento, che è antracite in tutta la casa. Divano, tavolino, scrivania e un tappeto bianco completano il locale, spazioso e al limite dell'essenziale. Le altre stanze mi sono, per ora, precluse. Ma ci tornerò, non è la prima volta che ci vado.
Dall'ingresso si accede a un terrazzo che dà sul giardino posteriore. Il terrazzo è lungo sulla sinistra e ampio. Finisce a una decina di metri da dove finisce il palazzo, in una specie di punta. Le mattonelle sono rosse, di quel rosso non acceso e opaco che si addice a un esterno. Le ringhiere sono bianche, a semplici colonnine verticali. Seguono tutto il percorso fino alla punta e dall'altra parte fanno lo stesso. Il terrazzo sembra essere un territorio a parte, senza confini di proprietà.
Voglio esplorarlo e lo percorro, ma verso destra, dove non sembra avere limiti. Una parte di esso è coperta da un terrazzo sovrastante. Appena svoltato l'angolo trovo un altro giardino. Scendendo alcuni scalini mi trovo a camminare in un viale con ghiaia finissima e di un beige pari alla sabbia. Al fondo del viale, coperto da un telone anch'esso beige, un parco giochi per bambini. Non vedo che giochi ci sono, ma intuisco dalle forme un paio di giostre e qualche scivolo.
Per qualche motivo voglio risalire e scavalco una ringhiera bianca per tornare all'atrio principale. Rientro e percorro un corridoio a destra, poi a sinistra. Da una tenda bianca svolazzante entra l'acqua di una fontana portata dal vento. Mi bagna i piedi e io sono felice. Eccitata come una ragazzina esclamo "abbiamo una fontana, c'è una fontana!!!"
Poi torno verso l'atrio. Voglio rientrare a casa...

13.4.11

Pensieri sparsi dietro a una scia di aereo nel cielo azzurro

La scia bianca solca il cielo limpido.
Mi vengono in mente parole che sembrano poesia, ma non ho voglia di scriverle. Mi sento romanticamente galleggiante. Mi piace la sensazione che provo mentre con gli auricolari alle orecchie ascolto Damien Rice, Eddie Vedder e i Linkin Park...
Cammino sotto ai portici con lo sguardo sempre rivolto a quel fazzoletto di azzurro che dall'alto mi rassicura. Io sono niente in confronto a quello e a tutto ciò che quell'azzurro nasconde. Mi piace l'idea.
Io sono idea. Niente può darmi la certezza che esisto davvero. Ma se anche fosse un sogno non sarebbe così terribile. Ho sognato cose peggiori, ho visto cose peggiori.
Ho passato un inverno come svuotata, con solo il mio romanzo in mente a darmi un ritmo. Vuoto al lavoro, nonostante tutte le novità; vuoto che già conosco e che è mio da una vita. Qualcuno si ostina a vedermi solare, come se solare volesse dire qualcosa... Io mi credo lunare, più votata alla tenebra, all'oscurità, senza leggervi nulla di osceno o di maligno. Mi piace il brillare delle stelle, la luce in fondo al tunnel.
Il mio romanzo, quello che sto scrivendo, così simile a me. Oscuro, spaventoso e tragico come sensuale e pieno di vita, di vite che lottano per sopravvivere. Personaggi che mi parlano mentre lavoro e mi spiegano cos'è successo. Luoghi che mi sembra di conoscere perfettamente tanto è vivida l'immagine che ho di essi.
E l'attesa. Il primo romanzo breve scritto così di getto e a lungo riguardato. Solo una proposta, per ora, inaccettabile. O forse sono io che me la tiro. O che punto in alto. Perchè non mi interessa tanto pubblicare quanto raggiungere persone e raccontare qualcosa di me. Lettura femminile, quella.
E le persone che ho attorno con tanti problemi che quasi mi sento una fortunata orfana di mamma. Mamma che mi compare in sogno e che anche se mi dà i numeri giusti sa già che non me li ricorderò e che non li giocherò perché alla fine dei soldi non mi importa granché. Non mi importa delle cose.
Mi importa solo di alcune persone, chi più chi meno. E delle mie storie e dei miei telefilm, le fantasie che mi tengono viva. Un mondo che non esiste, il mio. Per questo a volte penso di non esistere nemmeno io...

4.4.11

Luce di luna

Erica, i lunghi capelli.
La pelle chiara, sorriso triste.
Tormento, delirio, paura.
Lacrime nere di trucco,
labbra rosso di sangue,
le unghie rotte,
sottili, nere e laccate,
come i tuoi sogni.
Un nome riecheggia,
nei capelli scuri
le onde lo imprigionano.
Non c'è via di scampo.
Non c'è vita, né amore,
né gioia.
E la fuga, solo quella.
Erica, i lunghi capelli
avvolgono un corpo nudo,
depredato, distrutto,
violato da troppi pensieri
e non detti.
Ormai vuoto come la mente
che vola sopra alla marea
e non trova isola,
né luce di luna
a indicare la via.
In volo sul nero
tentacoli possenti
ghermiscono le tue ali
e affondano nella bianca carne
dei sogni che non hai più...

1.4.11

Delle occasioni perdute e loro motivazioni multiple

Sarà che gli anni difficili portano a lunghe riflessioni, sarà che anagraficamente ho un'età in cui dovrei aver chiare certe cose della mia vita, altrimenti l'ho vissuta a vuoto. In ogni caso e per entrambi i motivi l'altro giorno parlavo con la mia valida aiutante al lavoro di un certo periodo della mia vita e della mia innata capacità di perdere le occasioni accampando scuse non particolarmente brillanti spesso per motivi di principio. Volendo, anche delle mie botte di genio totalmente sprecate per poca autostima o per l'assurda idea di metterle in atto con persone che mi piacessero almeno un po'. Che lavorare con gli stronzi di solito non è vita.
Allora parlavo dell'ultima volta che ho provato a mettere su uno spettacolo, dopo aver smesso ufficialmente di sognare/ballare/cantare/impegnare la vita nella realizzazione di me stessa. A quel tempo amavo follemente una mia amica con cui si cazzeggiava ogni sabato sera con una tale complicità e armonia che ho pensato le andasse di fare parte di un progetto. Si trattava di cantare e ballare sfruttando il repertorio di Madonna (erano appena iniziati gli anni 90 e c'era il materiale giusto per quello che avevo in mente), noi due più un ballerino che avevamo individuato nelle nostre notti folli. Una cosa studiata, basi fatte da musicisti veri, coreografie e costumi, ricchi premi e cotillon... E io ci lavoravo tutte le sera della settimana, dopo la giornata a fare l'operaia. Solo che non ha funzionato. Primo: lei non aveva voglia di lavorare seriamente alla cosa e faticare per trovare i locali adatti. Secondo: non lavoravamo per un signore (da ora in poi il signor X) che sembrava essere l'unico a portare in giro spettacoli per la città. Se non lavoravi per lui, non lavoravi.
E poi...
Poi io al signor X avevo detto di no per mesi giusto un paio di anni prima, perché lui mi voleva nella sua scuderia a cantare e ballare, voleva farmi fare uno spettacolo tutto mio, magari sfruttando la popolarità di Madonna (che era appena venuta in Italia per la prima volta, proprio a Torino) all'inizio per poi spiccare il volo... Al signor X ho detto che volevo smettere di ballare (non era vero), di cantare (non era vero), che volevo sposarmi (non era del tutto vero) e fare un sacco di bambini (cielo no!). Ho detto che non volevo fare Madonna, volevo fare me stessa. Gliel'ho ripetuto fino alla nausea e lui ha continuato a chiamarmi quasi ogni giorno dopo aver avuto il mio demo.
La verità, duplice, era un'altra. Lui non mi piaceva. Non fisicamente, intendo proprio che era un tipo con cui non avrei lavorato bene. Voleva una esclusiva e io non volevo sentirmi obbligata a lavorare con lui e per lui per forza. Una questione di pelle, non so. Non che fosse qualcosa di particolare. Secondo motivo era che stavo cambiando per una ragione che in quel momento non realizzavo. Faceva troppo male vedere quello che era successo giusto quell'estate con obbiettività. Infatti me lo sono talmente nascosto che per anni non ho capito che cosa mi era successo. Il peggiore tradimento, la violazione di ogni regola, l'incapacità di ascoltare. Il sottile ricatto di un uomo. Quello mi ha cambiato parte della vita, forse tutta.
Certo, non rimpiango le mie scelte perché quelle potevo fare. Non altre. Solo pensavo a quanto sia facile mentire a se stessi, trovarsi delle scuse valide per non riuscire, inventarsi qualsiasi cosa per non dire la verità.
E occasioni ne ho perse altre, per paura, per sfiducia, per timidezza, incolpando sempre qualcuno o qualcosa per le mie scelte. Forse non sarei stata felice. Quasi certamente no.
Ma dovrei esserlo ora e ancora non lo sono.