27.4.22

Noi (ancora)


 La meraviglia di ciò che noi siamo, è quanto rapidamente cambiamo. 

Scorriamo, fluttuiamo, piantiamo radici profonde eppure allunghiamo le dita al cielo. Non siamo fatti per restare. Mai uguali, mai due volte gli stessi anche quando pensiamo di non esser diversi da ieri. E perché restare sempre uguali, poi? Per non deludere le aspettative altrui, rischiando di perdere ciò che profondamente siamo, ciò che con fatica emerge quando glielo lasciamo fare, la nostra natura - forse momentanea ma nostra - esposta e selvaggia, spaventosa e invitante. 

Noi, fusione di chimiche diverse, fatti per essere unici e allo stesso tempo per unirci al resto di noi, fatti per incontrare e per avvolgere, e per scavare e cambiare irrimediabilmente chi ci sta accanto. Noi, fatti per amare un tutto che non comprendiamo, che ci leghiamo a un niente per paura di cambiare.

Noi, piccole gocce d'acqua, fiumi in piena e mari in tempesta. Cullati nelle nuvole in attesa di piovere.

26.4.22

Felice di niente

 Ci son mattine che ti svegli che non hai dormito molto e hai già mal di schiena, e non hai voglia anche se sei contenta perché nei giorni precedenti hai fatto cose belle. Ci son giornate che iniziano in salita e finiscono più o meno uguale su un tapis roulant dopo una sessione di tortura cinese e asciugamani e copriletti e la voglia di tornare viva. Ci son pomeriggi che poi torni verso casa e in quel momento ancora non piove e mentre ascolti un romanzo di fantascienza e guardi in giro e senti l'aria addosso ti senti stranamente felice di niente.




Ci sono sere che sei al pc e butti un occhio alle cose che hai lasciato su Wattpad da un anno a questa parte - sì, vabbè, una è lì da ieri - e che sai che hanno una certa potenzialità e conti i lettori e scorri le classifiche abbastanza inutili ma ti senti soddisfatta ugualmente perché loro lì son sole ma si fanno strada, e allora sai che hai fatto bene e che DEVI continuare...

Sono innamorata, sono pazza, sono ancora qui a sognare mondi che non esistono.

23.4.22

Foresta

Avevo mille cose in mente.

Era di amore e di attenzione, era di come a volte la poesia non sembra più far parte di quello che viviamo e invece se ne sta lì, nascosta sotto le foglie secche del nostro giardino. Noi non curiamo granché questo posto, è vero. Le mille incombenze di ogni giorno, le brutte notizie che ci arrivano nonostante tutto, le tante brutture che ci vedono impotenti e tristi ci impediscono di prestare più attenzione a noi stessi. 





Amarsi dovrebbe voler dire ascoltare i piccoli segnali prima che diventino un problema. Il dolorino che da occasionale diventa fisso, l'acufene che all'improvviso si fa più importante, l'ansia che ci accompagna col sonno e che diventa attacco di panico. Il malessere sottile che diventa la fine di un amore.

Nell'altro post parlavo di quelle piccole cose che anche se non "ci ammazzano" non ci fanno bene. So per esperienza che anche solo una piccola frustrazione, se continuativa, può rovinare una marea di sforzi e risultati ottenuti. So che a un certo punto passa la voglia di provare. E sì, sto parlando di amore e di come a un certo punto ci si accorge che quello che si sta vivendo non va bene per noi. Per mille motivi diversi. Per tutti i segnali non colti o per aver sottovalutato l'impatto che potevano avere nel tempo.


E sì, sto parlando di amore e di come se non si curano i più minuscoli dettagli fuori sincrono ci si perda definitivamente.  Ed è vero che le più grandi passioni finiscono senza botti, senza grosse esplosioni. Finiscono. Nemmeno si trasformano. Altre, invece, crescono a discapito di ogni difficoltà e giusto perché nutrite di ascolto e di attenzione si trasformano in qualcosa di più grande e se possibile più bello.



Non credo sia questione di fortuna. Credo che in ogni cosa ci siano semi e germogli che con il giusto terreno hanno il nutrimento che manca loro. Ci sono parole che sono germogli, non promesse, non fonti di sicurezza. Solo germogli. Il bello in tutto questo è che lì esistono infinite possibilità. Non si tratta nemmeno di decidere, le cose arrivano da sole e da sole se ne vanno ma meritano l'attenzione. La giusta dose d'acqua e di fertilizzante, la luce e l'eliminazione delle foglie secche. E tanta aria e spazio per respirare, perché senza aria non c'è vita.

Ma soprattutto imparare ad amarsi e ascoltarsi, il conoscere già le risposte che non si vogliono avere. Lasciar morire parte dei rami per far crescere gli altri non significa perdere. Amare sé stessi, prima di ogni altra cosa. Prima di chiedere amore e di fingere di darne, ché se non si sa cosa sia il bene proprio non si può desiderare l'altrui. Sapere che ciò che di noi marcisce e muore può esser vita per qualcun altro. 



Essere foresta. Non singolo albero, non un solo pezzetto di giardino curato all'inglese. Foresta. Pullulare di vita e lasciare che ogni cosa faccia il suo corso senza che questo muti o limiti il proprio essere. E amarsi, e amare. Sì, sto parlando ancora d'amore...

22.4.22

Pensieri dell'anno passato


 Questi tempi ci hanno insegnato a covare rabbia, non buoni sentimenti. Quelli li lasciamo agli arcobaleni colorati dai bambini e agli inguaribili ottimisti. Ho idea che per alcuni la chiusura non abbia che accelerato il processo, prima contenuto da un minimo di contatto sociale (non social, perché qui di leoni da tastiera che nel quotidiano mai oserebbero alzare la voce ce ne sono eccome) che fa da filtro ai nostri comportamenti. Sovrastrutture culturali che ora tendono a cedere e che, chiusi nell'Io come siamo, ci fanno sentire ancor più isolati. Chi ha fatto o sta facendo un percorso spirituale non ne è del tutto immune ma si spera più consapevole, perché una volta riconosciuto il mostro è più facile rimetterlo al suo posto.

Siamo più che mai "noi contro il mondo" ed è grave più del virus che in casa ci ha chiusi così a lungo.

Non è uguale per tutti, non può esserlo. A me ha portato pace, questa cosa, e il desiderio di avere in futuro una vita migliore che comprenda rispetto per me stessa e per gli altri, un ritmo più adatto e un senso del dovere meno presente. La voglia di smettere di rincorrere una vita che non mi aspetta e che mi pretende costantemente iper-performante, iperattiva e soprattutto consumatrice passiva di qualsivoglia prodotto. Ci hanno insegnato a essere sempre in competizione e questo non è bene, perché ci isola. Non esiste un "altro" da combattere, esiste un Io che si è fatto riempire di idee confuse sulla vita e sulla morte, sulla nostra natura. 

Non ne usciremo migliori, se continuiamo a prendercela con chiunque tranne che con i responsabili e non ammettiamo che i responsabili di ogni cosa siamo noi per primi, quando pur di non pensare cerchiamo qualcuno fuori cui delegare anche il nostro destino per poi seppellirlo se quel destino non ci piace.

8.4.22

Crossover post

 Tornano in mente scene di film e ti chiedi se sia il caso di scrivere un post, cominci a pensare a cosa dire poi ti rendi conto che le tematiche che incontri hanno a che fare con tre "filoni" diversi dei tuoi post.

C'è il nuovo "cineteca personale" visto che si tratta di un film, ma anche qualcosa che riguarda "l'analisi illogica" e perché no anche "singolare femminile" quindi che fare?

Come nella migliore tradizione dei serial tv: un post crossover in cui mettere un po' di questo e un po' di quello, sparso e condito. Quindi eccomi qui. Voglio parlare di Staying Alive, un altro di quei film che ho visto e rivisto fino alla noia stavolta a causa del tema e della presenza del mio mito dell'epoca: Cynthia Rhodes. Lei, la ballerina bionda più snodata dell'universo, presente in tutti i film a tema danza del periodo, mai scelta come protagonista assoluta ma indimenticabile. 



Partendo dal tag "cineteca" vi posso dire che Staying Alive è un film "tamarro" con un protagonista e un regista altrettanto "tamarri" da cui non ci si può aspettare chissà cosa. Un John Travolta muscoloso e sudaticcio alle prese con audizione e spettacolo che potrebbe essere la svolta della sua carriera di ballerino arriva fino a un pelo dal riuscirci e manda in vacca il tutto perché non riesce a non fare lo "sborone". Nel frattempo scatta inevitabile la storia d'amore/non amore/perché no che fa da sottofondo all'esibizione muscolare del Tony Manero versione professional. Belle per gli appassionati le scene di ballo, molto azzeccata la colonna sonora in cui compare anche la suddetta Cynthia Rhodes, Frank Stallone e i Bee Gees. Lo consiglio solo se siete appassionati del genere, altrimenti è tafazzismo puro. Siccome però io lo amo vi butto lì un paio di link e fate voi.


Ovviamente, e qui passiamo a "l'analisi illogica del testo", il caro Tony ha una fidanzata/ migliore amica (proprio lei) con cui condivide la passione per la danza e la fatica dei mille lavoretti in attesa della svolta. Jackie è la compagna ideale, bella, brava, disponibile, dolcissima. Quella che risponde al telefono nel cuore della notte perché sa che è lui a chiamare. Come non amarla? Il prototipo della fidanzata perfetta, che soffre in un angolo mentre lui tenta un "salto di qualità" anche dal punto di vista delle relazioni. La fortunata "altra" è nientemeno che la prima ballerina dello show per cui si stanno preparando, una ricca borghese snob che ha imparato come muoversi in quell'ambiente. Detestabile, per certi versi, ogni qualvolta la si paragoni a Jackie. Tra lei e Tony scatta qualcosa ma sono troppe le differenze e ben presto i due entrano in conflitto, con Jackie che osserva da lontano. Inutile dire che a un certo punto Tony tornerà da lei e che in un qualche modo tutto si aggiusterà. Ma a ben pensarci, la trappola qual è?

Lasciamo perdere la storia e osserviamo i personaggi. Da una parte c'è Jackie, la fidanzata perfetta pronta a riaccogliere Tony in nome dell'amore, del rapporto classico, stabile e rassicurante. Dall'altra c'è una donna emancipata che non ha "bisogno" di un uomo accanto e che fa le sue scelte sempre e solo per sé stessa ed è solida e determinata (anche un tantino egocentrica e isterica ma nel film ci sta). Ovvio che da un punto di vista prettamente romantico viene facile immedesimarsi con Jackie, che al culmine della crisi se la canta in lacrime mentre Tony tenta un rientro al volo...


Ma poi...

Ma chi lo vuole un fidanzato come Tony? Chi?

Laura, sicuramente meno simpatica, cinica e disincantata lo liquida con un "tutti usano tutti" ma non ci crede nemmeno lei. O mi piace pensarlo. Perché fino a un certo punto le cose tra loro sembravano quasi funzionare, solo che le differenze erano troppe. Difficile costruire qualcosa con qualcuno così lontano. Estrazione sociale, cultura, frequentazioni, ambizioni e consapevolezza. Lei sa chi è e quanto può chiedere alla vita (ma da un certo punto di vista anche Jackie conosce i propri limiti - se parliamo soprattutto di carriera artistica), approfitta della sua fortuna e cerca di sfruttare ogni opportunità, che non significa "usare" le persone ma di sicuro non si lega a chi non le è affine. Soprattutto a un tamarro instabile e presuntuoso che, per carità, è pure simpatico ma è come una bomba a orologeria.

Ecco, potendo leggere tra le righe credo che in Staying Alive la lotta di classe si giochi molto dal punto di vista sentimentale. Da un lato il protagonista "buono", che si fa da sé e che lavora duro, con la fidanzata perfetta che lo ama per quello che è, che ha un'immensa botta di culo lavorativa e la sciupa - sì, certo, il film finisce prima di averne la certezza ma... - ; dall'altro ci sono i "ricchi" e le star, quelli che si comportano da stronzi solo perché non fanno girare il loro mondo intorno al sorriso di Tony Manero. O ai suoi muscoli lucidi di sudore. 



E, considerazione da "singolare femminile", l'immedesimarsi in Jackie per una donna non è del tutto sano. Lei è una visione maschile prima di essere tutto il resto. Quello che dovrebbe essere una donna nella mente di chi ha scritto questa storia e di chi l'ha diretta (quindi sempre lui, Sly), quello che ci è stato insegnato, quello che vorrebbero in molti. Non avrei mai pensato di dirlo, ma a questo punto ben venga quella stronza di Laura, che stronza non è...