28.12.09

Ho idee

Caspita, sì.
E non mi fanno dormire la notte, e mi fanno sperare di allungare il tempo, che non ho.
Il tempo.
Il tempo.
Se lascio andare tutto il resto, mi chiedo, il tempo lo troverò per dare luce alle mie idee? Perché mi spiacerebbe vederle perse per sempre o inventate da altri perché lasciate lì a vagare nello spazio, un iperuranio della creatività dove si va a pescare. (Buffo, ne parla Stephen King nella nota al termine di La storia di Lisey... una pozza dove si va ad abbeverarsi)
Ecco, io voglio solo un briciolo di tempo per toglierle dall'acqua del mio cervello, filtrare le idee e lasciarle essiccare all'aria. Usarle, prima che svaniscano o che perdano di intensità.
L'anno nuovo mi darà il tempo di farlo?

26.12.09

Liberarsi

Circola voce che per il solstizio bisognerebbe abbandonare i fardelli, i progetti conclusi, le cose ormai passate da cui non ci vogliamo staccare.
Ecco, io lo farei.
Comincio da una mia cattiva abitudine.
Io voglio essere indovinata. Generalmente voglio che gli altri sappiano già chi sono e come comportarsi con me. Che lo capiscano da pochi sguardi e gesti. Da poche parole. Voglio non dover chiedere o ripetere le cose più volte. Non sono una che chiede molto, anzi. Giusto per questo mi piacerebbe che le persone che ho accanto ascoltassero quando faccio una richiesta, magari anche sottovoce. Mi piace che le persone capiscano il mio comportamento, che sappiano quando non mi interessano o quando, invece, ci tengo talmente a loro da lasciarle andare.
Mi piace che non badino alle mie esternazioni plateali, ma che sappiano capire i miei silenzi.
Solo che non capita.
Le persone attorno o sono sorde, o non hanno tempo e voglia di stare dietro alle mie cose, o peggio ancora non gliene frega un salame a grana fine. E io non so cosa pensare.
Allora devo cambiare questa cosa. Nessuno mi deve indovinare. Però ascoltare sì.
Il progetto finito è finito. Sì, è da pubblicare, forse, prima o poi. Ma non me ne devo preoccupare. Ho altre storie aperte, già quasi scritte del tutto. Porterò avanti quelle.
Ci sono persone cui resto legata anche se tutto è cambiato. Legata stretta. Non voglio abbandonare loro, ma lasciare che le cinghie non facciano più male. Non capita spesso, ma con qualcuno sì.
Ho ancora delle sofferenze da quotidianità non conforme. Non conforme alle mie idee, ovvio.
Ho già eliminato il contatto con la realtà, ora vorrei non soffrire più per quello che devo fare per forza, ma farlo e basta pensando a cose migliori che mi aspettano più in là, fuori dallo scantinato. E voglio godermi la fantasia, il mondo irreale che sta nella mia testa e danza.
Danza sempre.

24.12.09

Ognuno ha i suoi limiti

Mezza bottiglia di vodka a stomaco vuoto.
Un solo vasetto medio di Nutella per volta (non il bicchiere da 200 gr.).
Almeno tre ore di sonno per notte.
Non più di 2 caffè al giorno, al bar. Niente moka.
Tre birre medie, o faccio pipì per una vita.
Una sola pizza da Amici Miei al mese, non la digerisco mai.
Niente panettone. Niente zabaglione.
La carne solo se ben cotta, magari anche magra e senza nervetti.
Faccio a meno del pesce a forma di pesce. Fa eccezione il tonno che ha la forma della scatoletta.
Qualsiasi scarpa mi fa venire le vesciche almeno una volta a stagione.
Tre gatte, che mi scambiano per un divano, sono abbastanza.
Devo fare attenzione ai musicisti: ci casco sempre, ma non ho il fisico per reggere la loro vita sociale.
Non riesco a concentrarmi, o faccio almeno due cose per volta o è meglio far niente.
Faccio fatica a sopportare gli stupidi e gli arroganti.
Niente più telegiornale. Mi fa male fisicamente.
Ho gli ormoni che vanno per i fatti loro, devo prenderne atto.
Se fosse possibile avere intorno gente che non cambia idea ogni cinque minuti...
Continuo a cercare lavoro come pensionata.
Non riesco a disegnare a comando, se mi dici cosa fare mi blocco.
Amo starmene da sola, il che non significa che sono depressa.
Faccio a meno dei giudizi altrui, specie se superficiali.
Come non mai, odio il Natale, ma mi stampo il sorriso in faccia e vi faccio gli auguri.
E... forse la lista è troppo lunga per essere scritta.

20.12.09

La bellezza del mondo.

"Ricordò Alejandra e la prima volta che aveva visto le sue spalle curve per la tristezza, una tristezza che aveva creduto di capire ma di cui non aveva capito nulla, e si sentì solo come non gli era capitato da quand'era bambino, totalmente estraneo al mondo che pure continuava ad amare. Pensò che la bellezza del mondo nascondeva un segreto, che il cuore del mondo batteva a un prezzo terribile, che la sofferenza e la bellezza del mondo crescevano di pari passo, ma in direzioni opposte, e che forse quella forbice vertiginosa esigeva il sangue di molta gente per la grazia di un semplice fiore."

Cormac Mc Carthy, Cavalli Selvaggi p. 280

16.12.09

Tutto il mondo è (il mio) paese

India, 2004.
Per l'esattezza Kochin, nel Kerala. Uno dei luoghi della mia anima.
Con il suo aspetto europeo, le reti da pesca e i chioschetti a cui fermarsi per mangiare l'appena pescato e cotto sul momento. Che poi, quando sei in paradiso mica pensi all'inquinamento...

14.12.09

Considerazioni

La voce di Eddie Vedder ha il suo perché.
Pure Paolo Nutini ha quel punto lì che mi fa sciogliere.
Daniele Silvestri mi fa sorridere sempre e lo trovo geniale.
Geniale è anche Samuele Bersani, che ha quel modo tutto suo.
La realtà mi fa schifo.
Il freddo di questi giorni lo adoro.
Cancellerei il tempo dalla prossima settimana al 3 di Gennaio.
Cerco lavoro come pensionata, ma mi sa che sarà dura.
Dorian Gray sarà pure un bel libro ma il film...
Lo stesso vale per Dalia Nera, grande il libro, insignificante il film.
I romanzi troppo legati al mondo di oggi faccio fatica a leggerli.
Non sopporto la gente che urla, che usa il clacson e che ha fretta.
Nemmeno quelle persone che, visto che sono del Leone, pensano che io sia una falsa moralista.
Il cielo azzurro, o anche grigio, mi fa sentire meglio.
Il vento mi dà la carica.
Amo la pioggia e voglio vedere la neve, presto.
Non voglio regali per Natale. Tranne l'indispensabile.

Carnevale

Non ho mai amato le feste, tantomeno carnevale!
Eppure mi trovo qui, a casa di una collega giovane di mia mamma, e mi sto vestendo da vampira. Che strazio. Però avevo bisogno di uscire, quindi ho accettato l'invito di Patty. Vado a una festa in maschera in una discoteca di montagna (che il gusto ci guadagna, bah!), con lei, le sue due sorelle e degli amici loro...
Mi hanno truccata bene, devo dire. Sono molto molto pallida e le venuzze blu si notano facilmente. Ho un bel vestito nero e un mantello dello stesso colore fino ai piedi. Almeno coi denti finti in bocca non avrò molto da dire...
Scendiamo, prendiamo l'auto e partiamo per il rendez-vous. La nostra giardinetta beige non è che sia propio calda. Ma tant'è. Raccattiamo un amico per strada.
Sorpresa!
Lui è uno degli amici del tipo che mi piace. Sono gelata, non solo per il freddo. Anche lui mi ha riconosciuta (era meglio travestirsi da qualcosa di più mascherato, che so... Batman!) e sorride gentile. Per fortuna lui ha da raccontare le sue ultime novità e non mi tortura. Che il suo amico mi piaccia non è un segreto. Divento viola e balbetto ogni volta che lo vedo.
E ora non so cosa farò tutta la sera. Maurizio (l'amico) mi è simpatico e non posso evitarlo tutto il tempo. La discoteca non è nemmeno piena. Io non oso ballare troppo. Non voglio che Maurizio dica al suo amico che ho dato spettacolo. Voglio solo che Lui sappia che sono stata tranquilla e che mi si può portare in giro (magari anche vestita normalmente) senza rischiare figuracce. Che l'ultima volta che siamo andati a ballare (Lui, io e tutti i suoi amici), che tra l'altro era anche la prima volta che uscivamo insieme, Lui non ha gradito che mi facessi notare.
Maurizio è discreto nel farmi domande. Seduti sui divanetti chiacchieriamo a lungo, cercando di evitare il discorso diretto che riguarda Lui. Maurizio non vuole dirmi troppo e io non voglio dirgli troppo. Insomma, manca poco che alla fine ci tocchi di parlare del freddo gelido che sentiamo nelle ossa...
Ma che ci sono andata a fare a quella festa? Ho sedici anni e mezzo, sono con gente che ha dai tre ai dieci anni più di me e mi sento spiazzata. Non ce la farò a sopravvivere.
Invece la sera passa. Quasi mi dimentico di Lui, anche se ogni volta che guardo in faccia Maurizio mi tornano in mente tutte le figure di merda che mi son fatta finora. E non sono poche.
Ma perché il mondo è così piccolo?
Tornare a casa con il freddo è terribile. Le strade sono ghiacciate, la giardinetta sembra un frigorifero e tutti e cinque stiamo appallottolati su noi stessi come gatti. Battendo i denti e ridendo come dei cretini perché non riusciamo a parlare. Maurizio mi offre i suoi guanti, ma io non cedo. Aspetto che scenda dall'auto una volta arrivati a casa sua, lo saluto e mi preparo alle domande che mi faranno. Come conoscevo Maurizio?
Ecco...
Svelato l'arcano non mi sento meglio. Affatto. Il Lui che mi fa impazzire è uscito per un po' con la sorella più giovane di Patty. Bella, simpatica, spigliata e indipendente.
Ora mi sento una merda.
(E qualcuno dice che a sedici anni si sta bene...)

10.12.09

Che...

... alla fine, poi, si sopravvive un po' a tutto.
Ho scoperto che da un po' di tempo a questa parte non ho più paura. Quella paura di vivere che un tempo avevo e che mi faceva interpretare qualsiasi cosa come un segno del destino avverso.
Ma non solo.
Che mi faceva tremare al pensiero di lavorare vent'anni nello stesso posto, tanto che il giorno in cui mi hanno dato il grembiule (sigh!) uguale a quello delle colleghe, ho pianto per tre giorni.
Che mi faceva scappare ogni volta che un impegno prendeva un aspetto troppo vincolante.
Che mi impediva di dire ciò che pensavo o di non parlare quando non ne avevo voglia, per non ferire, o non far sentire a disagio qualcuno.
Che mi faceva alzare ogni mattina con una tristezza nel cuore tale da rendermi pesante qualsiasi cosa.
Che mi dava il terrore chiedere qualcosa per paura di sentire un "no" come risposta. O anche un "sì", a volte.
Che mi faceva rimpiangere di non essere morta già da tempo e che in fondo mi faceva vivere da morta tutti i giorni.
Che faceva sì che ogni timore diventasse realtà, facendomi vivere esperienze che mi hanno segnata, che hanno stravolto anni della mia vita.
Non so cosa mi sia successo.
Credo che sia partito da questa primavera, forse da un po' prima. Crescendo piano. E adesso mi trovo diversa, senza aver fatto sforzi particolari, senza aver posto strani interrogativi, senza aver cercato grandi risposte, senza aver cambiato sostanzialmente me stessa.
Sì, di cose ne sono cambiate.
Ho pubblicato un libricino di poesie, di cui forse sottovaluto l'importanza. Ho terminato un altro romanzo (che piace e non piace, come è giusto che sia), ne sto scrivendo un altro e continuo ad avere idee.
Mi sento più libera. Anche quando mi rendo conto che parte di me ancora aspira all'oscurità. So che una parte di me mi è ancora ignota. Forse la parte migliore, quella che per sopravvivere se ne è stata nascosta per anni. Quella che sogna. Quella che...

7.12.09

Un compleanno a caso

2004. Ero qui. Anche. Pondicherry. India del Sud. Questo era il giardino della guest house. Mi manca il mare. Oggi soprattutto.
A Pondicherry ho sofferto il caldo come non mai. Ho visto uno dei più bei ragazzi mai visti in vita mia, ovviamente indiano, ma di quelli che vivono in occidente da un bel po' e tornano in India a trovare la famiglia quando possono. Alto, elegante anche in bermuda (il che è rarissimo), un viso perfetto, gli occhi grandi e profondissimi. Non mi è mai venuto in mente di fotografarlo. Però meritava, l'ho visto solo un paio di volte, abbiamo fatto anche colazione a un tavolo di distanza.
E ho visto anche altre cose, un sacco di altre cose.

3.12.09

Tersicore è tornata!

Quest'estate, in spiaggia, mi sono resa conto che una parte di me aveva smesso di danzare.
Quella parte che ogni volta che sente musica vede letteralmente i ballerini nella testa, che conta i passi, che ammira estasiata il luccichio dei costumi sotto alle luci.
Quella che si commuove per un passaggio particolare che solo la mente può concepire così velocemente, solo al sentire le note che passano. Una creazione automatica e praticamente spontanea.
Così ho pensato che Tersicore non mi appartenesse più, che il mio quarantesimo compleanno avesse segnato un cambiamento tale per cui il mio bisogno di emozioni non sarebbe più passato da lì. Che avrei sublimato altrove.
Invece no!
Stamattina in corso Francia, mentre ascoltavo il mio Poddo malefico, la musica è partita, i ballerini sono tornati e la loro danza era così leggera che ho quasi pianto per l'emozione.
Lei è qui, non mi ha mai lasciata.
Sono sempre io.

30.11.09

Scrooged!

Avevamo mangiato in cucina, anche se era la vigilia di Natale.
La casa al secondo piano di Via Collegno era accogliente, forse solo poco luminosa. Eravamo arrivate da Milano, mamma e io, per passare il Natale in famiglia. All'epoca, io avevo cinque anni circa, vivevamo lì. Con noi uno zio e un pacco enorme.
Sapevo che la nonna M.T. aveva preparato l'albero in salotto, per questo non ci si poteva andare. Babbo Natale, Gesù Bambino e tutta l'allegra combriccola che porta i doni ( ma allora ero piccola per pormi certi problemi e mi bastava accettare quel che mi veniva detto) dovevano lavorare soli e tranquilli. Pena l'assenza di regali.
La cucina dava sul cortile, le piastrelle ai muri, un tavolo di quelli allungabili, un frigorifero con la maniglia enorme. Le sedie classiche di metallo e robaccia di un blu improbabile. Abbiamo cenato, con calma. Non c'era fretta. Non quella sera. I nonni, la bis nonna M.L. e noi due.
Al momento giusto la nonna M.T. mi ha dato il permesso di andare in salotto. Dovevo fare piano, unica condizione.
La porta doppia coi vetri smerigliati l'ho aperta con una lentezza incredibile. Ho acceso la luce, anche se arrivavo a malapena all'interruttore. Il grosso lampadario a gocce di cristallo si è illuminato con un pop! Al di là dell'isola dei divani e dell'angolo della tv vedevo l'albero. Accanto al bow window, alto e perfettamente decorato. Brillante nella sua semplicità.
Ho camminato, come in trance, osservando l'albero e aspettando da un momento all'altro di vedere i regali nascosti da uno dei divani. Nessun rumore proveniva dalla strada e nemmeno dalla cucina. Ma non ci facevo caso, affatto.
Sotto all'albero, sdraiato tra i rami più bassi, c'era un leone di peluche lungo un metro. Non era in un pacco, era lì, libero e per me. Enorme. Più lungo di me.
Ricordo di essermi emozionata tanto da non riuscire ad avvicinarmi. Tutta la famiglia (materna) stava lì a guardarmi, divertita. E io con occhi sognanti che vivevo un momento bellissimo della mia vita.
Il leone ce l'ho ancora. Ha il banalissimo nome Leo, è spelacchiato e spiaccicato dai lavaggi e dai mille traslochi. E dal fatto che ho dormito con lui per anni, anche da ragazzina.
Questo forse è il Natale passato che amo di più.

26.11.09

Cose cinesi

Il ramo cinese è ramingo.
La fiamma cinese è fiamminga.
La mazza cinese è Mazinga...
La guardia cinese è guardinga!

23.11.09

Per favore non mordermi sul collo

Ovvero, la mia passione per i vampiri ha degli oscuri motivi.

La figura del vampiro è quella che ho più amato tra i mostri, i cattivacci di turno. Da una parte il discorso è semplice, se penso che ho sempre avuto una strana curiosità riguardo alla morte. Il primo lavoro che ricordo di aver voluto fare da bimba era... l'anatomopatologo, o il coroner, o qualsiasi cosa facesse Quincy in tv. Volevo investigare la morte. Capire il mistero che contiene e che cosa è davvero la vita, alla fine.
Quindi l'idea di un morto che vive, se ne va in giro e ben poche cose possono eliminarlo mi ha sempre fatto un certo effetto. Meglio dello zombie, che è più terra terra, il vampiro ha quel tanto di aristocratico e di colto pur avendo una natura poco socievole. Chi meglio di lui può sfruttare il tempo, eterno, in modo costruttivo. Che so, imparare a suonare, a ballare, a parlare tutte le lingue possibili. Leggere ogni libro esistente, vedere ogni film, ascoltare qualsiasi disco...
Poi vive di notte. Già questo aggiunge cento punti nella classifica. Il momento del divertimento, del non-lavoro, dei sogni, del sottile limite tra possibile e impossibile.
Si nutre di sangue, non ha che da uscire e ne trova. Non come i ristoranti chiusi alle 22. Un po' di sangue si trova sempre. E non ha bisogno di andare in bagno. Altra cosa da cento punti.
Tendenzialmente pare che il vampiro sia sexy. O ce lo dipingono così. Affascinante, intrigante, con un certo savoir fare... E questo connubio tra sesso e sangue a me è sempre piaciuto. Lo trovo romantico: perdersi nell'amplesso, lasciarsi andare, eliminarsi, annullarsi in un atto sublime.
Il vampiro non invecchia. Altri cento punti, se non di più. Non ha da preoccuparsi per le rughe, per la cellulite, i capelli che diventano bianchi.
Ultimo ma non di minore importanza c'è il fatto che, in quasi ogni tradizione sul pianeta, il vampiro non procrea.
Si diverte, mangia, dorme, resta giovane e bello, non ha da mettere la testa a posto e ha un sacco di tempo.
Il vampiro è l'essere perfetto. Almeno per me, che non sono particolarmente attratta dalla vita diurna, dal lavoro e dalle responsabilità, dalla vecchiaia e dalla maternità, dal cibo (in certi casi) e vorrei vivere di hobby e avventure alla luce lunare.

18.11.09

Differenze

Il bambino biondo si sporge dal suo posto sulla panca della chiesa e, riferendosi al vampiro Bill che sta parlando della guerra di Secessione, dice a sua madre:
"Mamma, hai visto come è bianco?"
La mamma non alza la testa e sussurra:
"No, tesoro. Noi siamo bianchi, lui è morto."

True Blood, prima serie.

17.11.09

Idee

Sono quelle cose che mi capitano a volte.
Troppe idee in una volta sola, troppe cose da dire e nei sogni la tastiera del telefono si popola di strani simboli che mi impediscono di parlare.
Le idee mi assalgono nei momenti più impensati, o di notte non mi lasciano dormire. Ci penso e ci ripenso, poi a volte mi sembrano così stupide, altre volte basta un piccolo commento e mi sembra che anche questa volta io stia sbagliando mira.
No, non la sto sbagliando. Io non riesco a smettere di scrivere anche quando scrivo cazzate su un blog. Quando copio frasi dai libri, quando tutto mi sembra così chiaro.
Come una volta.
Sì, c'è stato un momento nella mia vita in cui il mondo e la vita mi sono apparsi chiari e limpidi. Un momento in cui tutto era comprensibile nella mia giovanissima mente. Non bello, non brutto, ma chiaro.
Così ora, anche se le cose sembrano avere un loro senso, ho solo voglia di sfuggire alla realtà. Di perdermi in un libro, in un film, in personaggi irreali, impalpabili. In situazioni finte ma a modo loro consolatorie. Faccio fatica a restare qui. Cerco di perdere i pensieri nei mondi che creo, mi allontano quasi da tutti. Quasi.
E mi emoziono con la musica nelle orecchie; stamattina Eddie Vedder mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. Di felicità, perché amo la sua voce e mi piaceva quello che stava dicendo con la sua chitarra acustica a sottolineare il tutto. Di felicità perché ero fuori dal mondo anche mentre attraversavo la strada a Porta Susa, perché stavo pensando a un personaggio coi capelli rossi che sarà il padre di Dorotea e forse anche di Damiana. Lo vedevo chiaramente, mentre sorrideva e i suoi occhi azzurri si illuminavano di perfida simpatia.
O perché presto Jack cadrà nella trappola e scatenerà un casino, e le presenze dei fantasmi si concretizzano in pagine leggibili. Jack che mi visita di notte, i fantasmi che tornano alla mente ripensando alla mia vita.
O perché incontro persone per strada e non ho voglia di cambiare strada per evitarle. Perché sono persone che non mi fermano se non hanno niente da dirmi, si limitano a salutarmi e sorridere. Lasciano che io continui a perdermi nelle mie idee...

12.11.09

Genialità

Sarò fissata, ma l'uomo che sta dietro a queste cose è un genio. Alan Ball, che già mi aveva fatta morire dal ridere con il pilot di Six Feet Under, ora mi diverte con True Blood. La classe non è acqua...

11.11.09

Il tempo delle medie 4 - imposizioni

Prima di iniziare le lezioni si pregava, tutte in piedi in aula nel nostro grembiulino azzurro col colletto bianco. Lo stesso prima di pranzo, in refettorio.
Messa una volta a settimana nella cappella della scuola e se possibile anche la domenica con la famiglia. Ogni settimana, inoltre, padre Renato veniva a confessarci.
Che poi, in una scuola femminile, che diavolo c'era da confessare? Che so, di non aver fatto i compiti? E che, lo devo dire a lui? Però toccava andare.
E s'inventava qualcosa ogni settimana.
Cattivi esempi a milioni. Ovvio. Più si reprime, più si ottiene un clima di ribellione sotterranea.
Così, in prima media abbiamo rischiato la sospensione. Non solo noi, tutte e tre le classi delle medie. Atti vandalici di vario genere che evito di scrivere, dei quali non s'è mai capito chi fosse l'autrice. E la madre superiora che ci dava delle schifose.
Non ho mai trovato un motivo valido per credere in quello in cui credevano loro.
Non sono servite le preghiere, le confessioni, le messe, le canzoni cantate col coro. Non era per me. Non lo è mai stato il catechismo, da cui scappavo ogni volta che non mi infilavano a forza nella casa della catechista (che adoravo, ma adoravo lei in quanto persona). Quando mi hanno chiesto se volevo fare la cresima ho risposto di no, ma me l'han fatta fare lo stesso.
Forse sarebbe stato meglio un esorcismo...

10.11.09

Dunque...

Ci sono queste due ragazze, Dorotea e Damiana, che mi tormentano da un po'.
Sono ragazze particolari, con una loro storia e con tante avventure alle spalle. Sono ragazze che si divertono molto e che amano la notte come me.
Devo solo trovare il tempo di mettere giù la loro storia, che è più di quanto abbiate letto (le mie due lettrici di fiducia, soprattutto) nel racconto da cui provengono.
Che ci sia la possibilità di allungare la loro vita?

Perché non si conquista una donna con un libro...

Io, col mio animo romantico, ogni volta che leggo un libro ne vengo travolta, stravolta e tormentata. Certo, se il libro mi piace.
Riesco a piangere, a ridere, a sentirmi innamorata, a provare angoscia, a sentire qualsiasi cosa come fosse amplificata in modo spropositato.
Vengo letteralmente conquistata dai personaggi, cui mi arrendo volentieri.
Peccato che poi ci sia la realtà. Nessuno, qui, ha lo stesso potere del personaggio di un libro.
Si sa, i personaggi sono comunque perfetti, anche quando non lo sono, nel loro contesto. Si può non amare Aragorn, ad esempio? O Roland Deschain di Gilead, anche se è un uomo che sacrificherebbe chiunque al suo obbiettivo? O Edward e Jake, prima uno poi sempre di più l'altro, così diversi tra loro?
O John Grady Cole, Henry Fitzroy, Hal e Roger Hunt (ma soprattutto Roger)?
Questo per citarne alcuni, quando non mi innamoro proprio della storia completa, di tutti i suoi risvolti, come fossero parte del mio vissuto.
Niente, al cospetto di tanta fantastica perfezione (dove fantastica è sinonimo di immaginativa), può tenere il passo.
Niente, su questo pianeta, paragonato a quei personaggi può reggere il confronto.
Certo, io sono poi capace di rendere personaggi di una storia fantastica anche le persone reali che incontro ogni giorno. Mi innamoro di personaggi che invento, vivo interminabili storie d'amore con i miei sogni.
Solo che se penso a una storia d'amore, di solito penso a una storia inventata. Tormentata, sbagliata, confusa, malata. Ma finta e quindi perfetta per quel momento e per quella storia.
Perché l'amore, quello vero, è troppo complicato per essere perfetto e immobile nella sua perfezione. Quello vero cambia. I personaggi non rispettano il copione. Le frasi a effetto non funzionano mai allo stesso modo e ogni uomo è diverso. Ogni storia è diversa. Inutile illudersi.
Un libro può farmi innamorare, ma solo di sè stesso.
Un uomo può farmi innamorare, ma solo di sè stesso.

7.11.09

Viaggio fondamentale

" Perché c'è solo una grande avventura, ed è al di dentro, verso l'io, e per questo non contano nè il tempo, nè lo spazio, e nemmeno i fatti. "

Henry Miller - Tropico del Capricorno

Giro di vite... (?)

Mi sono resa conto che molti amici non sanno chi sono.
Alcune persone mi hanno frequentata per anni, altre per poco tempo, altre ancora solo in certi ambiti. Non sanno tutto di me, probabilmente non lo sapranno mai.
Parte da un quiz su Facebook, che ha visto i pochi partecipanti arrivare solo al 50% delle risposte giuste al mio riguardo. E non c'era niente di impegnativo. O forse è proprio perché non era impegnativo che hanno sbagliato?
Perché poi chi se ne frega di chi è il mio regista preferito. O l'attore, o il libro.
Nessuno può essere conosciuto in base a criteri come quelli. E nemmeno sapere quale sia il mio colore preferito, o il cibo, o la mia paura più grande. O altro.
La mia vita non è sempre legata ai fatti che l'hanno segnata. Cioè, lo è nel limite in cui i fatti hanno implicato una scelta piuttosto che un'altra, o simili. Ma non ho solo fatti, qui dentro.
Certe volte mi sento come se avessi vissuto più vite (e non è detto che non sia vero, in senso più ampio), anche la mia psico era d'accordo. Che ne ho viste talmente tante che non posso dire di avere avuto una vita vuota, ma nemmeno tranquilla. E ancora non lo è.
Non credo che possa esserlo.
Ne avrei bisogno.
C'è una parte di me che non si fida di nessuno, nemmeno delle persone più care e vicine. Di solito sono proprio quelle che riescono a ferirti di più, che lo vogliano o meno.
Una parte di me vorrebbe rinunciare a tutto. Dare via cose, abiti, dischi, fumetti, libri, tutto ciò che mi tiene legata a questo mondo. Una parte di me vorrebbe essere aria. O spirito.
Una parte di me ancora soffre di mancanza d'amore (proprio, altrui, generico, specifico), una non vuole legami. Una fatica a uscire di casa, una sarebbe a suo agio in mezzo a mille persone. Una vorrebbe comunicare, l'altra si rifiuta di prendere posizioni. Perché sostanzialmente non ne ha.
Mio marito dice che non ne prendo mai, solo perché forse non sto a ribadirle ogni momento o non discuto se qualcuno pensa diversamente da me.
Sono atea, ma sarebbe meglio panteista. Vedo il divino tutto intorno a me e non sento la spiritualità dove la sentono gli altri. Detesto i simboli (e le formule matematiche) perché non li capisco, non riesco a vederci dei significati dentro. Odio le formalità, preferisco la scortesia o la maleducazione a una frase di circostanza. Non me ne frega niente dei regali. Raramente chiedo qualcosa e se lo faccio lo faccio una volta sola. Amo le sensazioni e i sentimenti, tutti. Se non c'è feeling con qualcuno preferisco non perderci del tempo. Amo l'indipendenza e mi soffoca l'idea di perderla.
So che si sopravvive a tutto, per esperienza. Ho avuto paura per tanto tempo, ma ora non sono più quella di una volta.
Le vite girano. Difficile focalizzarne una e dire: io so chi è quella persona. Sfaccettature, sovrastrutture, menzogne che ci abituano a dire, altre che ci aiutano a vivere, bugie necessarie per sopravvivere a certi momenti.
Stranamente piaccio a più persone del previsto. Mi prendono come sono, con l'aspetto del giorno, con tutto quello che non sanno di me. Rispetto a ciò che ero un tempo. Con quello che non sono più e con quello che sarò domani ci faranno i conti a tempo debito.
Io, nel frattempo, convivo coi miei fantasmi e rido insieme a loro di ciò che non è stato. E di ciò che, invece, mi ha resa ciò che sono.

5.11.09

N.B:

Io non scrivo poesie.
Sembra, ma non è vero. Fateci attenzione e aspettatevi qualsiasi cosa da me...

Predisposizioni

Oggi, ascoltando la radio, ho sentito Valeria Parrella affermare che non esiste un momento in cui una persona decide di fare la scrittrice. Pare sia una cosa che succede automaticamente, che la scrittura sia in qualche modo presente nella vita di chi è predestinato fin dall'infanzia.
Raccontava che alle elementari si scriveva delle poesie lei, per Natale, perché non le piacevano quelle che le insegnavano a scuola. Più avanti ha cominciato a scrivere i temi per le compagne durante i compiti i classe. Poi ha descritto come si sente quando può chiudersi nel suo studio e mettersi a scrivere.
Era come se stesse parlando di me.
Ho imparato a scrivere a 4 anni. Alle elementari ho scritto una specie di sceneggiato con gli dei dell'Olimpo come personaggi, portandoli in un mondo più moderno e mettendoli davanti alla tv o facendo loro affrontare le cose che quotidianamente vivevo io. Alle medie ho scritto un tema in versi, poi ho sempre scritto almeno due temi in ogni compito in classe. Uno per me, scritto direttamente in bella copia e uno o due per le vicine. Ho iniziato il primo romanzo a tredici anni (ma non l'ho mai finito, però non si può dire), non passa un giorno senza che io abbia buttato giù almeno qualche riga da qualche parte. Scrivo su fazzoletti di carta, sui biglietti del tram, su fogli sparsi, sul cellulare, su quaderni comprati appositamente, su questo blog e su altri 3 più o meno regolarmente. Scrivo anche di notte, certe volte, anche al buio per non svegliare mio marito. Poi devo decifrare il tutto alla luce del giorno. Però mi sveglio apposta.
Quando non riesco a produrre mi sento male. Intasata, prigioniera.
Scrivo cose assurde, cose vere, cose impossibili. Uso le parole per mandare messaggi, per liberare la mia anima, per placare le paure e la rabbia, la fame e la sete. Per raccontare tutte le mie sfaccettature, senza fermarmi davanti a nulla. non c'è pudore, non c'è il tentativo di compiacere qualcuno. Scrivo e basta. Come adesso.
Che io sia una scrittrice?

3.11.09

Archetipi del male

"...
Il terzo e ultimo archetipo è il più raro.
Eppure è il più spesso nominato e il più temuto.
Io so perché. Quello che io chiamo lo Psicopatico è colui che viene percepito come il più malvagio dei tre. Non c'è niente che ci spaventa più di quello che non capiamo. Cosa si nasconde dietro il comportamento dello Psicopatico, nessuno lo sa. Esistono delle teorie, ma nessuna risposta. Lo Psicopatico soffre di un'anomalia dello spirito. A volte può essere razionale, ma è impossibile dire quando e perché. Un giorno è pieno di empatia, il giorno dopo è emotivamente chiuso. E' imprevedibile.
Lo Psicopatico è la nonnina gentile che in segreto dà la caccia alle farfalle per ucciderle.
Lo Psicopatico è l'impiegato grigio e insignificante che la notte si rosicchia la zampa come un topo.
Lo Psicopatico é il serial killer di cui leggiamo sui giornali, é colui che ci insegue nei nostri incubi.
Neanche lo Psicopatico é malvagio.
Lo Psicopatico è malato. "

Teddy L'Orso

(Tim Davys - Amberville, pagina 93)

2.11.09

Aracnofollia

Il mio rapporto con i ragni è cambiato.
Non che io ci tenessi, in qualche modo. Non che ne avessi paura, mi facevano solo venire strani pruriti, un po' come quando si parla di pidocchi. Mi facevano un po' schifo, insomma. Gli insetti di cui ho paura sono di solito quelli che pungono e finora dai ragni non ho mai avuto problemi. Ma se potevo li evitavo.
Devo dire che anche loro non è che morissero dalla voglia di incontrarmi. Sono grossa e umana, il che non fa di me l'amica del cuore del ragno.
Da qualche anno a questa parte, invece, me li ritrovo ovunque.
Alla fermata del tram, ad esempio, una sera mi sentivo sfiorare una guancia. Ho pensato che fosse un capello, invece era un ragno. Corpo piccolo e lunghissime zampe magre. L'ho fatto scendere, magari non prorpio gentilmente, ma l'ho lasciato vivo.
O in cucina, un'altra volta. Un minuscolo ragnetto mi correva incontro mentre tentavo di affettare cipolle per il soffritto. non c'era verso di mandarlo via.
O al lavoro. Se c'è un ragno viene nel mio angolo. Non in quello della collega. Lui viene da me. E io cerco di non spiaccicarlo, perché alla fine mi spiace. Anche in campagna, o nei locali all'aperto, io prendo il ragnetto in mano e lo poso da qualche parte dove non sia alla mercé di chiunque.
Poi continuo a grattarmi quando vedo qualcosa con più di 4 zampe, non è che il prurito sia sparito. L'abbondanza di arti mi turba, così come l'abbondanza di dita in una mano o in un piede (cosa particolarmente frequente in India), mentre l'assenza di arti non mi provoca alcuna reazione. Serpenti, vermi, lumache non mi fanno impressione.
Mi chiedo solo quale sia il motivo per cui ora i ragni mi vengano addosso con tanto piacere, mentre prima mi evitavano. Magari è perché ho cambiato profumo?

28.10.09

Mai, ormai

In gioventù e durante la breve esperienza di ballerina non sono mai uscita con un calciatore.
Ne ho frequentati un certo numero fin da quando andavo alle medie, ero spesso alla sede del Torino e ho conosciuto un numero imprecisato di giocatori. Bravi e meno bravi. Tanto per me era tutto uguale. Mai importato del calcio.
Ricordo di aver conosciuto il portiere Terraneo che forse facevo ancora la quinta elementare. Un uomo coi baffoni e la voce sottile. Gentilissimo o dolce, non saprei. (Comunque all'epoca ero troppo piccola per approfittarne e gli uomini più grandi non mi son mai piaciuti granché)
Poi son cresciuta, qualche volta abbiamo pranzato in sede con alcuni di loro di cui non ricordo nulla. E ancora intorno ai 15 anni ho ballato con Junior a una festa, mentre mammà e company mi guardavano divertiti. Sempre a quell'età più o meno, facevo da candela alla mia amica che usciva con Osio. Ho conosciuto Comi, stavolta al bar. Ho scherzato per un anno con Morucci e Borroni, della primavera, con Sordo e Bolognesi qualche volta.
L'unico calciatore che mi sia mai piaciuto era un giovane soprannominato "l'inglese", che stava sempre per i fatti suoi e non è rimasto molto a Torino. Era il tipo un po' dark e un po' new wave che mi piaceva. In più era fidanzato e fedele. Cosa che mi ha precluso qualsiasi possibilità.
Andavo con le amiche a vedere gli allenamenti al Filadelfia quando Marchegiani parava nella primavera. Loro ne avevano un motivo, almeno una su tre aveva lì un fidanzato. Io no.
Diciamo che non mi sono mai piaciuti gli uomini sudati, motivo per cui anche le mie relazioni con i ballerini sono state scarse.
Poi ho semplicemente smesso di frequentare quel giro. Smesso di ballare, smesso di sorridere, di divertirmi, di vivere con passione. Questo capita quando ci si fidanza con uno psicopatico.
Non so se mi manca il fatto del calciatore. Non credo. Comunque oramai non posso che prendere atto che sono stata una mosca bianca una volta di più.

24.10.09

Il tempo delle medie 3 - posizioni

Per qualche mese, sul mio banco e su quello della mia amica e vicina Flora ha campeggiato una di quelle targhe a sbarra che di solito si vedono negli uffici sulle scrivanie con su la qualifica del proprietario.
Sulla mia c'era scritto: "Avvocato delle cause perse", mentre Flora era l'avvocato delle cause vinte.
Si capisce anche da poche cose l'evoluzione di una persona. Per me bastava leggere la mia qualifica. Ho sempre amato i perdenti, gli sfigati, i sofferenti, quelli che fanno fatica a tirare avanti.
Quelli che hanno un po' di poesia nella loro vita.
Sono il tipo che si batte contro i mulini a vento. Piena di fantasia riesco a vedere un nemico vero anche dove non c'è. Mi merito il soprannome (che tra l'altro è autoaffibbiato) di Don Cosciotte e già che sono multipla sono anche Santa Panza.
Tutte le mie scelte sono sempre state fatte da questa prospettiva...

20.10.09

Once upon a time in my social life...

Sebbene io sia timida a livelli spaventosi e abbia mascherato questa "debolezza" con aggressività ed esibizionismo, io ho conosciuto moltissime persone.
Non solo incrociato e visto qualche volta. Molte delle persone che conosco, sebbene restino in buona parte dei semplici conoscenti, le conosco più che per una semplice stretta di mano.
Ho una certa propensione per il rapporto stretto, anche se per poco tempo. Delle persone mi resta qualcosa e mi piace pensare che a loro resti qualcosa di me. Poi magari la magia passa e le persone magari non le vedo più, le frequento meno, spariscono, espatriano...
Ciò non cambia nulla nel rapporto che avevamo e che abbiamo, se un rapporto c'era.
Una volta stavo camminando con una mia amica, da casa mia verso il centro. A ogni isolato c'era una persona che mi salutava, tanto che la mia amica ha pensato di commentare così: "Mi sembra di andare in giro col Papa..."
Io magari non me ne rendo conto. Sono abituata al fatto che la gente vada e venga dalla mia vita senza grossi traumi. A casa mia, una decina di anni fa, c'era gente diversa a cena almeno due volte a settimana. C'erano gruppi di persone che venivano per svariati motivi.
Prima c'erano persone con cui condividevo viaggi, sogni, studi, interessi. Persone che incontravo al bar, in banca, ai giardini. Tutte queste persone mi riconoscono e mi salutano anche dopo anni (ma tanti) che non ci vediamo.
Io non me ne rendo conto. Ho sempre avuto una vita sociale decisamente piena, a volte pure troppo. E oggi non mi manca quella vita là. Oggi è cambiata, anche se i meccanismi sono gli stessi. Le persone si avvicinano, restano un po', poi se ne vanno e possono tornare quando vogliono.
Le persone mi sorridono, scambiano battute, cominciano a salutarmi anche quando mi incontrano in contesti diversi.
Io non me ne rendo conto. Forse non sono la merdaccia che penso di essere...

17.10.09

Memento

Ci sono cose che non riesco a fare come gli altri.
Non telefono, chiedo poco spesso notizie, non mi intrometto praticamente mai. Le mie sensazioni sono spesso molto più forti di quel che dò a ve
dere, le emozioni travolgenti.
Capita così che a volte io non riesca a dimostrare quanto davvero io tenga a una persona. Ho l'abitudine di lasciare che le persone vadano, non le trattengo nemmeno quando mi manca l'aria se se ne vanno. Rispetto talmente lo spazio altrui che a volte mi dimentico che anche gli altri hanno le loro peculiarità, anche loro magari n
on telefonano, magari non scrivono, magari sono timide, imbarazzate, tristi. E loro vanno.
Capita così anche con un amico recente, il mitico Zu. Il gigante buono della compagnia. L'immagine che ho di lui in mente risale al giorno di un altro arrivederci, quello a Letizia. Noi su di una terrazza magnifica su via Po. Hank e io seduti contro la ringhiera, Cieli letteralmente sdraiata ai miei piedi e Zu, con un ventaglio in mano a difendersi dal caldo, che ci parlava con nonchalance di locali equivoci e di scambismo, di strani incontri e di donne lupo, seduto su di uno scalino tra la terrazza e la casa.




Ora che anche lui è partito e vaga per il centro Italia in attesa di sistemazione, mi restano in mano tre carte. L'immagine sfocata di una serata tra amici, l'interpretazione di una Fata, la voglia di attendere un vago rientro di Zu. Un momento in cui ritrovarci e ridere ancora, sfiorargli il ginocchio o toccargli dolcemente le maniglie (...), aspettare che arrossisca o che brontoli per una battuta da camionista delle mie. Perché io ho sempre il dubbio di non saper tenere vicino le amicizie, le persone. Ma so che lui ha capito chi sono e che ancora capirà ogni volta che ci vedremo. Un bacio, anzi, un baciottolo!

14.10.09

Genesi di un romanzo strano

Ero al pc. Una casa editrice aveva appena accettato la raccolta di poesie e mi aveva fatto una proposta. Mi sentivo felice, indecisa ma felice. Così ho scritto a qualcuno che ne sapeva più di me e ho chiesto aiuto, cosa che mi riesce davvero difficile, ma l'ho fatto. Ero felice.
Ho anche pianto, un paio di lacrime.
Poi avevo voglia di cazzeggiare e la tastiera invitava. Ogni tanto parto senza un motivo, senza un'idea, un'atmosfera da riprodurre. Senza un sogno.
Qualche volta mi metto in ascolto, il rumore di un'auto in strada, una musica ascoltata da poco, parole che vanno giù da sole e che poi cancello.
Così pensavo a qualcosa di stupido da scrivere, perché non avevo voglia di mettermi a lavorare sul mio romanzo eterno, quello che rivedo in continuazione e che non va mai bene. E mi è venuto qualcosa di davvero stupido, a pensarci.
"Prima di azionare la maniglia attendere che il treno sia fermo".
Stavo per scrivere che era vietato sporgersi, invece è venuta quella della maniglia. Mi è venuto da sorridere, poi ho cambiato un paio di parole e ho continuato a scrivere. Il giorno dopo ancora, e poi così, due sere a settimana (quando in tv ci sono gli approfondimenti politici) per qualche mese.
Sapevo dov'era l'inizio e sapevo dove volevo farlo finire, mi è bastato riempire lo spazio in mezzo.
Non è il genere che scrivo di solito. Non sono poesie, ma questo gli amici più attenti già lo sanno. Io non scrivo poesie. Cioè, le scrivo anche, ma preferisco la prosa.
Non è scritto come amo scrivere, ma mi piace. Lo sento mio anche se mi somiglia solo in parte.
E adesso che qualcuno lo ha letto e che è in viaggio lontano da me mi rendo conto che ne avevo bisogno. Mi ha portata in viaggio finché l'ho scritto. Ora spero che porti in viaggio altre persone.
E che le faccia sorridere un pochino.

11.10.09

In assenza di mito

Quante volte capita di sentire qualcuno che afferma "Tizio è il mio mito!"
Di scoprire che ci sono persone che per seguire i loro idoli musicali vanno fino in capo al mondo, di vedere in tv folle in trepida attesa di un divo hollywoodiano...
Manco a farlo apposta, io non sono una di quelle persone. Non lo dico per tirarmela o fare la superiore. Io proprio non ne capisco il motivo.
Non è che io non abbia scrittori/attori/gruppi o cantanti preferiti. Persone di cui compro libri e dischi o vado a vedere i film. Però nemmeno tutti.
Mi piace Stephen King, in generale. Non tutti i suoi libri sono belli e non sono molto interessata a vederlo di persona nè a chiedergli un autografo (perché mai?).
Mi piacciono alcuni attori, ma non è per la loro presenza che vado a vedere un film che non trovo interessante per trama, regia, genere. Cioè, mi piace Brad Pitt, non per questo vado a vedere Tarantino...
Lo stesso per la musica. Amo i Depeche Mode, ma non li considero dei miti e non sono nemmeno disposta più di tanto ad andare a Milano per sentirli (e in effetti non li ho mai sentiti dal vivo). Mi piace la loro musica, punto.
Credo sia più forte di me. Una volta che li considero come esseri umani perdono molto in interesse. Perché gli esseri umani non sono che esseri umani e gli artisti non sono da meno.
Non che io pretenda da loro la perfezione, solo che quello che c'è nelle loro "opere" non necessariamente c'è in loro.
Il mio senso critico è troppo forte per andare oltre.

7.10.09

5.10.09

Buona (confessioni di una mente pericolosa)

Ho bevuto sangue umano,
augurato la morte, danzato con gli spettri,
odiato con tutta me stessa.
Ho fatto del male in una notte di luna piena.
Assaggiato piacere e dolore,
usato sangue altrui per cucinare,
caricato di magia i miei piatti.
Ho sentito arrivare la morte,
ho diviso la bara con un amico,
mi sono guardata con gli occhi di me stessa defunta.
Ho sentito musica dove non c'era,
ho visto ombre in piena luce.
Nonostante tutto mi sento buona.
Il più delle volte, almeno...

1.10.09

Il tempo delle medie 2

La professoressa di educazione artistica in prima media era irrimediabilmente pazza.
Camminava sotto la pioggia senza ombrello e rifiutando i passaggi in auto, ci faceva fare disegni con le cannucce di plastica e ci vedeva dentro qualcosa anche quando erano robe simili alle macchie di Roscharch ma più colorate.
Un giorno, in primavera, è salita sulla cattedra con i suoi anfibi e ha cominciato a gridare che non era Gesù Cristo. Come se non l'avessimo notato...
L'anno dopo non c'era più.

29.9.09

Pranzo fuori

"Se ieri era aperto andevamo dal kebabbaro. Mangevamo qualcosa al volo e parlevamo dei tuoi problemi."
"Eh, sì."
Certe volte mi sento aliena, proprio tanto.
Non so se appartengo a questo mondo, se sto solo sognando o sono imprigionata in un universo parallelo. Mi spaventa essere così fuori, anche se so che sono io stessa che me ne tengo a una certa distanza, per non farmi coinvolgere. Per non farne parte.
Certi sogni sono davvero terribili. Altre volte lì dentro è tutto più bello. Che quasi ci vivrei di sogni, se fosse possibile. Anche i miei sogni strani, quelli in cui ci sono i mostri e non riesco a telefonare.
Sono fuori. Mi ci sento, me ne vanto.
Mi approprio delle parole e le riscrivo. Ora sono immersa in una lettura interessante, scrivo una scrittura che mi piace...
Uso le mie citazioni incolte per pormi domande. E pranzo fuori, qualche volta.

28.9.09

Ecco...coincidenze sentimentali bizzarre

Mi basta uno sguardo.
Ci sono quegli occhi che mi rapiscono. Non so come, mi ci perdo. Tanto che non vedo subito la persona che c'è intorno. Quelli che ti trasmettono un non so che e che ti tolgono il fiato.
Non dico che siano necessariamente begli occh
i. Non è questione di colore, di taglio. Più che altro una questione di cose che dicono solo muovendosi.
Mi sono innamorata molte volte in questo modo. Almeno le volte "irreparabili", quelle che faticano ad andarsene, che non mollano, che potrebbero durare in eterno.
Così è successo mentre lo guardavo.
Quelle piccole rughe quando sorride, il modo di so
cchiuderli quando qualcosa non lo convince, quello in cui si muovono quando sta per dire una stronzata.
Mi ha rapita. Semplice. Occhi, viso e labbra.
E che labbra. Insomma, l'ho già detto che per quelle labbra lì potrei uccidere.
Però scoprire che compie gli anni lo stesso giorno di mio marito...


23.9.09

Notturno

Niente, niente, niente,
non una foglia,
nemmeno un alito di vento.
Solo questo
respiro pesante,
questa fatica, dolore.
Questa assoluta
mancanza di senso,
questo vuoto che lasci.
Non posso, non posso
nemmeno chiudere gli occhi
senza rivedere il tuo viso.
Il tuo corpo,
gli sguardi, la voce,
i sorrisi e i piccoli gesti.
E nella notte
i tuoi baci, le carezze,
le parole non dette.
Quello che vorrei,
notturno,
è il riposo da te.

20.9.09

In volo

Le mie esperienze migliori di volo sono quelle che faccio nei sogni.
Luna piena, boschi, stelle, falò. L'aria sulla faccia, solo il pensiero a muovermi. Mi sento libera, viva. Oggi devo dire che anche nella realtà la cosa comincia a piacermi.
Sento il decollo, non ho paura del vento, delle virate, dei tremolii del mezzo. Mi piace passare basso sulla pista, non atterrare e vedere il terreno che si allontana dinuovo.
Adoro guardare giù. I mille canali che irrorano la campagna, con le loro infinite tonalità di verde argentato. I fiumi, le strade, i trattori che lavorano, i cavalli e le mucche.
I campi sotto di noi sembrano un enorme patchwork di velluti marroni dorati, bruciati, tenui e di verdi chiari, smeraldo e scuri.
Le nuvole passano vicine e sembrano enormi ciuffi di zucchero filato. Le montagne non sono più così distanti.
Forse non arriverò mai ad apprezzare in pieno il mezzo meccanico, ma di sicuro ci sto prendendo gusto. Mi diverto, canticchio canzoni jellate sottovoce e continuo la mia solita ricerca di cimiteri da guardare da lassù...

19.9.09

Da piangere

Quando la famosa ginocchiologa/endocrinologa mi ha dato la dieta da seguire mi è preso un colpo. Al di là delle milionate di cose che non mangio normalmente, la sola idea di ingurgitare tutta quella roba mi faceva impressione. Io non ho mai fatto un pasto completo vero e proprio, se non qualche volta al ristorante. Ma nemmeno lì, non sempre. Spesso dopo gli antipasti e il primo io son piena.
Per lo spavento ho preso (non perso proprio preso) un kg, dalla sera alla mattina.
E mi son pure massa a piangere, perché sapevo che non ce l'avrei mai fatta a farla così come stava scritta. E agli orari sbagliati, tra l'altro.
Vado a elencare.
Colazione: 200 di latte e 3 fette biscottate, al massimo caffè senza zucchero in più.
Merenda: 100 grammi di frutta oppure 10 grammi di crackers (1 e 1/2 in pratica).
Pranzo: 70/100 grammi di pasta, 150 gr di carne (o 200 di pesce), 150 gr di verdura, 100 gr di frutta. Se mangio pane (40gr) la dose di pasta è la minore.
Altra merenda: 1 yoghurt magro bianco oppure 1 bicchiere di latte
Cena: 100 gr di prosciutto cotto (senza grassi) o crudo, o bresaola, o 60 gr di formaggio magro, o 1 uovo sodo; 150 gr di verdura e 100 gr di frutta. Pane 40 gr.
Spuntino: 1 bicchiere di latte.
Fin qui sembra una roba normale. Ovvio che il latte dev'essere scrematissimo, che non posso bere succhi di frutta o alcoolici o bevande gassate, che se devo dolcificare devo usare l'aspartame, che la carne dev'essere magra, che il pesce pure, al massimo si condisce con un cucchiaino d'olio a pasto, pasta e pane possibilmente integrali, insomma le solite indicazioni dietetiche.
Problema 1, ero abituata a mangiare meno.
Problema 2, la mattina normalmente ho una fame da Biafra, poi mi passa a pranzo
Problema 3, la frutta mi fa orrore quasi sempre, la mangio quando ne sento necessità.
Problema 4, 150 grammi di insalata li mangio in 3 giorni.
Problema 5, la carne pure non mi fa impazzire.
Problema 6, il latte bianco stessa cosa che la frutta.
Problema 7, la verdura che mi piace è assai poca.
Con qualche stratagemma ce l'ho fatta, per un anno e mezzo. Usavo la verdura più pesante (pomodoro, carciofo, peperone) per raggiungere il peso giusto. Spesso non mangiavo proprio 150 grammi di carne. A volte mangiavo una mozzarella invece di mezza. Qualche volta vaffanculo e mangiavo un dolce.
Ho perso 17 kg e adesso non posso più vedere il prosciutto cotto se non nei toast. Qualche volta non mangio nemmeno la pasta, la frutta continua a non piacermi, di insalata se ne mangio 45 grammi per volta è già tanto.
Però ogni volta che mi parlano di dieta mi viene male. Mi ricordo come mi son sentita. Certo, molte persone trovano questa dieta restrittiva, per me era esagerata. Troppa roba da mangiare. Tutta insieme, tra l'altro. Che dopo pranzo ci mettevo una vita a riprendermi. E a pranzo mi sforzavo a mangiare.
Ci sono persone che ancora si stupiscono che mangiando così poco io sia un po' troppo sovrappeso, eppure è così. E questa è una dieta che ha funzionato. Quella fatta da un dietologo apposta per me l'ho seguita per un mese, non ho perso un grammo e non mi reggevo in piedi.
Devo ancora capire come funziona il mio metabolismo. Di certo aver smesso l'attività fisica d'un botto non ha aiutato, ora comunque anche se vado in palestra 3 volte a settimana non dimagrisco proprio...
Forse non c'è niente da fare, magari dovrei solo accettare di essere diversa da una volta e non proprio come vorrei. Forse.

18.9.09

Si cambia tanto...

... per restare gli stessi.

Sera d'agosto, in auto dopo una bella giornata con gli amici lassù tra i monti. La mia amica Cri abbraccia i nostri sedili mentre aspettiamo di veder emergere l'auto degli altri dalla stradina stile Camel Trophy.
La conosco da 34 anni, che se ci penso mi viene male. Lei sa quasi tutto di me. Abbiamo passato insieme abbastanza tempo da capirci al volo. Di quelle cose che basta uno sguardo. Parliamo di uomini. Di questo e di quello e di quanto i gusti cambino relativamente.
Ci ritroviamo a fare lo stesso triste ragionamento. Da quando avevamo 15 anni ci piace lo stesso tipo di ragazzo.
1) ho detto ragazzo, non uomo.
2) non che ci piaccia lo stesso tipo a entrambe...
A 15 anni mi piacevano i ventenni (normale), fisico asciutto, carucci, divertenti, un po' cazzoni. Vivaci. A lei leggermente diversi, ma sostanzialmente ventenni.
Ora mi fermo a guardare lo stesso tipo di ragazzi. Giovani, fisico asciutto, carucci, divertenti e un po' cazzoni. Fondamentale che siano cazzoni.
Quelli intelligenti, intellettuali, pieni di ideologie, utopisti non mi piacciono.
Eppure di tempo ne è passato...
Da quel punto di vista non sono cambiata. Pure lei, dice. Si gira per lo stesso tipo di ragazzi per cui si girava allora...

I miei gusti si sono ampliati, certo. Riesco a farmi piacere anche i miei coetanei. Alcuni miei coetanei per la precisione. Raramente trovo bello qualcuno che abbia più di 5 anni più di me. Se ci penso a volte mi fa un po' schifo l'idea di un compagno over 50.
Lasciamo da parte mio marito che come me ha la fortuna di dimostrare meno della sua età e che prima che dimostri 50 anni ne avrò 50 io...
Davvero, mai avuto la cotta per il prof delle superiori o dell'università. Mai ambito al professionista affermato, mai girata a guardare il brizzolato di turno (a meno che non avesse 20 anni e una certa predisposizione genetica all'imbiancamento).
Insomma, dopo tutte le mie esperienze, dopo l'acqua sotto ai ponti, resto sempre la ragazzina di allora. Ho davvero fatto tutta questa strada per rimanere qui a sorridere ogni volta che vedo Dean in tv?

12.9.09

David

Questo è David, è nel mio nuovo romanzo, quello che sto scrivendo in questo periodo. Non fatevi ingannare, però. Lui NON è così buono...
(ovviamente è un lavoro per photoshop!)

Premonition

Nel sogno il telefono squilla, forse pure a lungo.
Rispondo, quella telefonata la stavo aspettando. Mi dicono :"lo abbiamo trovato". Il cuore batte all'impazzata. Continuo a chiedere: "Ma vivo o morto?". Nessuno mi risponde, dall'altra parte c'è solo il silenzio.
Mi sveglio. Il sogno è ben chiaro nella mia mente.
Il mio migliore amico (ed ex fidanzato) è sparito da quasi una settimana, all'estero, dopo aver comunicato l'intenzione di suicidarsi. Io sto male già da prima. L'orribile sensazione che debba succedere qualcosa di brutto mi tortura da almeno 15 giorni. Cerco di pregare, ma piango in continuazione. Perché lo so che pregare non serve a evitare le cose, serve solo ad affrontarle meglio. Poi questo sogno.
La mattina all'università sono nervosissima, scatto per un nonnulla. Parlo con una amica, le racconto tutto. Lei cerca di calmarmi, è solo un sogno.
Dopo pranzo rientro a casa. Il telefono squilla.
Lo hanno trovato.
E' morto.
Poi non ditemi che non mi devo preoccupare di cosa sogno...
(P.S: Il tutto è ormai accaduto almeno 14 anni fa, quindi non preoccupatevi di come sto oggi. Io sto bene)

9.9.09

Miii, non ci posso credere

Oggi 9 anni dalla cerimonia buddica; 9 anni, 3 mesi e una ventina di giorni da quella civile.
Dieci anni e una ventina di giorni che conosco il mio pilota preferito.
Non ci posso credere e non ci avrei nemmeno scommesso. Testa di c... come sono.

7.9.09

Non è amore, ma mi piace lo stesso

Non può essere amore. Certe passioni vengono una volta sola nella vita, se proprio si è fortunati due. Lo so che questa non è una di quelle. Ma non importa.
So che mi piace, però.
Cambiare la prospettiva da cui si vede il mondo. Essere un tantino in balia del vento, come nei miei sogni, solo che qui sto dentro a un abitacolo piccolo piccolo, mentre nei miei sogni è solo il corpo a volare libero nell'aria.
L'ultraleggero mi piace in qualche modo più che l'aereo medio. Non è la prima volta che volo su qualcosa di piccolo. A diciassette anni ho fatto un bel giro su un Cessna, tenendo anche la cloche per un poco. Ma non era tutta 'sta cosa.
Qui la cloche non l'ho tenuta e non mi interessa. Ho capito da tempo che guidare non fa per me, nessun mezzo mi è così tanto caro da farmi superare lo sforzo enorme che guidare mi comporta. Stare attenta a mille cose senza vedere intorno che c'è.
Invece ieri, seduta lì, mi son goduta il mio paesaggio da una altezza non eccessiva. L'abitacolo era caldo, unico difetto. L'aria del piccolo foro quasi non mi bastava, ma ce l'ho fatta. La prossima volta temo sfoggerò un costume da bagno...
Un volo verso l'inquapo pavese (perché non era oltre al Po, in effetti), come lo ha definito il mio consorte pilota. Vento contrario, si ballava un bel po'. I colori dei campi accentuati dalle lenti marroni dei miei occhiali da sole, quei dorati che tanto amo e quei mille verdi diversi. Il brillante e argenteo luccichio dei canali, dei fiumiciattoli, del Po con le sue rive sabbiose.
Un atterraggio non proprio soft e un pranzo tutti a un tavolone, piloti con piloti e donne al seguito, una cosa un po' da film. Cameratesca. Insieme per passione aerea. Gente che arrivava un po' da ogni dove solo per il piacere di trovare dei simili.
E il ritorno, vento favorevole, passando accanto alle due torri di raffreddamento di Trino Vercellese. Brutte e visibilissime e al contempo enormi monumenti alla nostra pochezza.
Una sosta tra amici, un po' di benzina, il rientro all'hangar. La pulizia del mezzo, secchio e spugne, come con un cavallo. L'odore di benzina che ti resta in testa ( e un po' di nausea che l'accompagna), poi tutti che arrivano, si parla, si ride, ci si racconta di tutto. E si combina per cena.
Piloti e famiglie. Una giornata lunga, a modo suo.
Per non smentirmi mai del tutto mi rendo conto che ad attirare il mio sguardo, anche da lassù, sono spesso i cimiteri. L'occhio li trova automaticamente e rimpiango di non avere la macchina fotografica. Ma è meglio guardare, imprimere tutto nella memoria e sorridere anche quando tutto questo non c'è più e la vita torna quella di ogni giorno.
No, non è amore. Non può esserlo, non questo mezzo che è troppo meccanico per essere mio. Vorrei le ali mie, non un motore, per esser certa di amare questa cosa.
Ma mi piace, mi commuove sapere che aspetto ha la collina di Torino vista da lassù...

5.9.09

Il tempo delle medie

Terza media, un giorno qualsiasi di una settimana tardo primaverile.
La prof di inglese, per tutti una arpia tranne che per me, procede con le interrogazioni.
"Flora - dice - vieni tu?"
Lei si alza e va alla cattedra. Non ne azzecca una, un po' perché l'inglese non le piace, un po' perché il giorno prima era a casa mia e abbiamo fatto qualsiasi cosa tranne che studiare. La prof la sgrida, le mette un votaccio e le chiede spiegazioni.
"Ieri sono stata tutto il giorno da Paola. - Dice Flora."
"Bene. - La prof mi guarda con un pizzico di odio. - Allora, Paola, vieni tu adesso?"
Vado alla cattedra e non so come le racconto tutta la lezione in inglese, quasi a memoria, senza aver fatto più che una breve lettura la sera prima. La prof, non soddisfatta, mi chiede altro.
Risultato: 8

Mica l'ho fatto apposta. Io non avevo studiato. Ma farlo capire in giro era complicato. Io, a loro, mica stavo simpatica. E loro a me nemmeno. Tranne qualche piccola, rara eccezione.

Non chiedo mai com'era la sposa...

C'è poco da fare, non capisco i matrimoni.
No, forse sarebbe più corretto che non mi piacciono i rituali in genere, quelle cose da cui devi passare in quel modo lì e non in un altro. Non tanto per il mio essere un pochetto Bastan Contrario (detto torinese, soprattutto), quanto perché trovo insopportabile l'obbligo di fare le cose in un modo predeterminato, dettato magari da regole che non condivido.
Detto tra noi, il mio matrimonio ideale era in comune con testimoni e al massimo genitori o qualche amica/o. Niente regali, bomboniere, inviti, ricevimenti, balli, cravatte, abiti bianchi, album di foto...
Le cose non sono mai come te le immagini, ma devo dire che il mio matrimonio (tutti e due il mio matrimonio - comune e buddista) è stato abbastanza fedele all'idea originale.
Le spose non mi interessano. I vestiti bianchi, per quanto belli, li tingerei e li userei per altre occasioni. Li trovo inutili, privi di significato. Modaioli.
Perché il matrimonio va fatto in bianco, ci vanno i fiori, bisogna lanciare riso, tagliare torte e cravatte e chi più ne ha più ne metta. Bisogna pensare alla lista nozze, obbligare persone a sorbirsi la cerimonia e tenersi oggetti costosi e generalmente brutti, un pranzo troppo lungo e spesso non eccezionale. Le foto, che già son noiose da fare, figuriamoci a rivederle...
E non capisco la curiosità, la gente che esce dai negozi per guardare la sposa uscire. Vedere com'è vestita, pettinata, se sorride, su quale macchina sale col consorte. A me basterebbe sapere che è felice, ma per questo non serve vederla o chiedere com'era l'abito. Paragonare quello di un'altra al suo, confrontare modello, taglio, nuance di colore (bianco ottico, panna, latte oppure avorio, albicocca, fior di pesco...), pizzo o seta, con o senza manica, con il velo lungo o la veletta...
Insomma, che palle!
E poi, voglio dire... come sarebbe : "E la sposa, era bella?"
Sì, forse in un momento felice uno è più bello del solito. Ma sarà poi questo che conta? Questo e la quantità di invitati, di regali, bomboniere e quant'altro? Forse il rito del matrimonio non ha molto a che fare con queste cose, non dovrebbe. Mi chiedo se la cosa dipenda dalle persone stesse, dalla società in cui viviamo o da che altro.
Un'altra occasione per sentirmi un po' fuori dal mondo.

31.8.09

Essendo Patrizia

Ne parlavo ieri sera, tornando in auto con un'amica dopo una giornata diversa dalle solite.
Qualche post fa ho detto che i miei 40 anni mi hanno dato una nuova personalità, che risponde al nome di Patrizia. Chi mi conosce sa che io scherzo molto su queste cose e con i miei quattro nomi di battesimo ci ho giocato per un bel po'.
Insomma, prima dell'estate avevo le mie solite, vecchie e noiose quattro personalità. Poi, un giorno, ho deciso che ne avrei ammazzate due, perché in fondo mi ero stufata di loro, delle loro lamentele, delle paure, dell'ansia da prestazione e dell'ansia generale. Poi volevo fare spazio, si stava strette in quattro in un corpo unico. Volendo magari (o sperando di) dimagrire un pochino non c'era aria sufficiente per tutte.
E di colpo arriva Patrizia (che tra l'altro è un nome che mi evoca bizzarri ricordi) e mi scombina tutto. Non è un nome mio, è una nuova. Arriva da qualcun altro, quindi non può avere caratteristiche che già mi appartengono. Quindi Patrizia me la posso creare come mi pare, sono libera, libera.
Posso farle amare cose che non ho mai amato, darle un nuovo modo di reagire. Vedere il mondo con altri occhi. Provare nuove sensazioni.
Così ho cominciato, ieri.
E Patrizia apprezza il volo. Non ha paura dell'altezza (ma nemmeno il resto di me), non soffre il mal d'aria, è estremamente rilassata e le piace guardare giù. Forse dovrebbe mettersi d'accordo con le altre me sull'abbigliamento, perché il tacco in ultraleggero stona un po', ma è stato un gesto improvviso quello di salire e nessuna di noi se lo aspettava.
Ora Patrizia è in movimento, una persona in crescita, da scoprire anche per me. Una persona cui posso far fare cose che non ho mai fatto per pigrizia, paura, noia, senso di disagio. Una persona che può essere diversa da quello che ero e allo stesso tempo mantenere la parte che ho salvato di me.
Nonostante tutto il casino che c'è stato nel periodo del suo arrivo sono contenta che ci sia. Contenta di potermi plasmare come una persona nuova, senza cadere nei vecchi meccanismi. Di sentirmi un po' più libera da me stessa, anche. Di sperimentare.

P.S: Per la mia psico, se mai passasse di qui, lei lo sa che non sono matta, vero? E che se anche lo fossi non sarei così scontenta...

2° P.S: Devo rivedere "Being John Malkovich", mi aveva divertita un tempo...

29.8.09

A Jack

L'ultima volta
non ti ho sentito
cadere.
Quel filo che
lanciava vibrazioni
s'è teso.
Tirato, logorato,
ancora unito
nel tempo.
Eppure son sicura
che ancora ci sia,
resista.
Perché ti sento,
di notte, lontano,
oppure troppo vicino.
E non so cosa sia peggio.

Jane

P.S: Jack e Jane sono personaggi di un mio lavoro in scrittura, gente che si muove nei miei sogni da un po'. Sono amici, sono veri quanto lo sono io, ma non esistono. Strano. E bello.

25.8.09

Breve aggiornamento e sana invidia

Il sistema che ho utilizzato per il disegno precedente è il seguente:
1) metto la mia foto come sfondo.
2) su un livello successivo traccio i tratti essenziali del viso, senza esagerare
3) elimino lo sfondo e lo sostituisco con pagina bianca
4) su livelli successivi opero con aerografo e penne per colorare
5) sull'ultimo livello faccio i capelli
La foto non l'ho nemmeno più guardata, anche se per fare meglio le sfumature della luce e dell'ombra avrei dovuto. Però in sostanza è lì.
Sul perché tento la via del digitale posso solo dire che è tutta colpa di Corlen Kruger e delle sue donne demone, soprattutto. Pagherei per disegnare così, anche se il tipo ha evidenti problemi con le donne... E un altro tale di nome Matt Dixon che ne fa di tutti i colori...
Per loro provo una sana invidia.
Ecco...

20.8.09

Specchio delle mie brame

Non so a quanti sia capitato di guardarsi allo specchio e non riconoscersi.
Oppure guardare una foto e pensare: "ma sono davvero così?", o sapere di vedersi in modo diverso allo specchio. E chiedersi, alla fine, quale delle immagini vedono gli altri?
Io spesso non mi riconosco in foto. Guardo allo specchio e vedo una cosa (che sono io, almeno secondo la mia percezione), guardo le foto e ne vedo un'altra.
Quale delle due sono io? Sono almeno una delle due cose o sono ancora una cosa diversa?
Insomma, alla fine ci sono cascata anche io nella trappola dell'essere o apparire.
Il che non sarebbe fondamentale nel mio rapporto con gli altri, ma nel mio rapporto con me stessa.
Alla fine così non so chi sono. Non riconoscersi è una cosa brutta. Non è il semplice "venire male" in fotografia. Sono sempre stata fotogenica. Forse in foto spesso vengo meglio che dal vivo.
Il fatto non è questo.
Per anni, durante le mie varie depressioni e vicissitudini, ogni volta che allo specchio mi guardavo negli occhi non mi riconoscevo. Era diverso, perché allora non trovavo la luce che un tempo c'era nei miei occhi. Mi guardavo e il mio corpo era diverso, il mio sguardo era diverso. Non guardavo me stessa per come ero, ma per come mi aspettavo di essere allo specchio: la stessa che ero prima della depressione. Una ragazza bionda, magretta, con occhi vivaci e profondi.
Invece vedevo una ragazza grassa, rossiccia e con gli occhi spenti.
Negli ultimi anni ho ritrovato la luce nei miei occhi e anche se l'aspetto non è esattamente lo stesso, quando mi guardo allo specchio mi sembra di sapere che sono io.
Da quello che vedo dipende ad esempio come uscirò di casa. Vestita, lavata, pettinata in modo da essere io.
Ma se poi quando mi fotografano io non sono io, o meglio, non mi riconosco come me stessa, mi crollano le certezze. E mi capitava anche quando facevo le foto da bambina, da ballerina...
Spessissimo non compravo le foto dei saggi di danza, perché non mi riconoscevo affatto. Sì, sapevo di essere io, la posizione, il costume, tutto mi diceva che ero io, ma la mia mente non mi voleva accettare così.
Ora, che io sia un tantino malata di mente è risaputo. Solo mi chiedo chi vedono gli altri quando mi vedono. Se vedono me come mi vedo io o come mi vede l'obbiettivo o in un altro modo e se tutti mi vedono allo stesso modo o se ciascuno mi dà un aspetto differente.
Mi sa che dovrò darmi anche io alle meditazioni...

P.s: scusate, ma 36 gradi all'ombra sono troppo anche per l'unico neurone rimastomi.

14.8.09

Immagini

Noi, di famiglia, siam gente cha parla poco.
Ci teniamo dentro molto, quasi tutto, in una sorta di pudore borghese. Soprattutto il dolore, che nulla facciamo per dimenticare. Non siamo di quelli che si lanciano in cose sfrenate per non pensare. O che gridano al mondo intero quanto la vita sia difficile.
Capita così che gli affetti, le sensazioni, tutto ciò che proviamo o non proviamo resti dentro e acquisti dimensioni differenti, che noi non manifestiamo... quasi mai.
Allora tornano le immagini di una vita.
I racconti di mia madre, giochi e disastri giovanili, un'auto ribaltata, una piccola fuga. Una casa a Milano arredata in grande stile, una lampada con mille fili di fibra ottica colorati.
Un doppio album di Elvis ricevuto come regalo. Molti Natali festeggiati insieme in collina.
Due visite sulle colline romane, una famiglia, una presenza e una attenzione discreta. Mille cartoline. La scoperta di due figli stupendi. Belli, intelligenti, indipendenti. Qualche giorno sparso in un paio d'anni.
Attimi in una vita intera che non svaniscono e che non se ne andranno, nonostante tutto.
Una cosa quasi improvvisa, questa che ti sta divorando. Inaspettata.
E ti capisco. Non vuoi sprecare parole. Probabilmente lo farei anche io.
Noi, in famiglia affrontiamo tutto così. Senza parole, senza lamentela, senza grandi dimostrazioni. Se non di quella forza che ci porta fino là dove vogliamo arrivare, o dove, inevitabilmente, dobbiamo...
Un abbraccio, da qui a sempre.

12.8.09

I miei secondi vent'anni

Un compleanno fuori sede, quest'anno.
L'ultima volta che mi è capitato ero in India e il giorno del mio compleanno l'ho passato visitando un posto un tantino assurdo, almeno per me. Non sono portata per le religioni, nè per le grandi utopie, quindi visitare Auroville per me non è stato così fondamentale.
Soprattutto lo trovavo un posto bizzarro e fuori dal mondo in un posto che sembra contenere un mondo intero. Questa cosa, in particolare, mi sembrava quasi aliena:


Compiere gli anni in un posto così, con quel caldo...
Però non saprei come dire... I miei primi 40 anni mi hanno regalato un nome nuovo: Patrizia. Un nuovo gemello, Andrea, (di 10 anni più vecchio di me) al cui compleanno ho festeggiato il mio compleanno guardando ballerine brasiliane agitare il fondoschiena e tentando di dare un'età a un minorenne che non fosse esagerata - da considerare che le alternative erano 30, 30, oppure 18 che era l'età dimostrata all'occhio adulto - e soprattutto cercando di non esagerare coi pensieri.
I miei secondi vent'anni mi hanno regalato un piccolo complice che si è divertito a fare giochi di parole con qualsiasi cosa e ci ha stupiti tutti con domande adulte (pure troppo), una giovane amica amante dei vampiri, una coppia di cugini D.O.C., una quasi settimana al mare dopo anni di città.
Essendo Patrizia, oramai, ho anche deciso che ci saranno piccoli cambiamenti e che non mi spaventeranno più certe cose. Forse ci sarà dinuovo un orecchino al naso, forse no.
Di sicuro ho mille idee e la sensazione di stare volando felice con l'aria tra i capelli. Se questo post sembra un delirio, non avete vissuto la mia vita fino ad ora... si può capire fino a un certo punto.
Per il resto fidatevi di me...

P.S: Devo anche ringraziare Fata per la ospitalità rapida e un po' visibile qualche giorno dopo, terminata sulle note di "Borgn to be alive..."

28.7.09

48-85: La discesa all'inferno

Prima della crisi:
Donna bianca, un metro e sessanta per 48 kg, misure 89/62/90, capelli biondi incolti, vivace, lanciata nella sua possibile carriera come ballerina/cantante (una showgrill, direbbe la Guzzanti imitando la Marini in un programma della Dandini...), dalle 3 alle 6 ore di danza al giorno prima di andare in discoteca 4 volte a settimana. Poca autostima tenuta su con lo scotch e con un aspetto fisico desiderabile che dà quel tanto di sensazione di potere che basta...
Primi segnali:
Si trova un fidanzato più insicuro di lei, competitivo e cattivello. Balla anche lui. Ottimo come trainer, come motivatore; pessimo come fidanzato. Nonostante lei pesi dai 48 ai 50 kg, lui la tiene a dieta, la allena con pesi, per poi cominciare a fare pressing affinché lei balli solo più in gruppo con lui e i suoi amici. Nonostante i leggeri segni di ribellione, piano piano lei comincia a cedere. Si vede più grassa di quello che è, comincia a dubitare di potercela fare. Invece di accettare i vari lavori proposti, lei rinuncia per fare piccole esibizioni in discoteca e insegnare.
Alla fine si trova un lavoro (che non le piace) e balla solo con lui.
Anche dopo la fine della relazione burrascosa, lei rinuncia alle occasioni. Smette di ballare definitivamente.
Altri segnali:
Quando già pensa di essere grassa comincia a vestirsi con abiti ampi, lunghi, elastici. Trova un nuovo fidanzato, che la vuole sposare senza nemmeno aver capito chi è. Lei, intanto, comincia a mangiare il triplo di quello che mangiava prima, senza praticamente accorgersene. In meno di un anno prende 12kg. Nonostante l'offerta vantaggiosa non parte per la Germania dove il suo insegnante di danza la aspetta. Le farebbe fare gratis lezione di danza, canto e recitazione. Lei dovrebbe solo mantenersi. Ma non va.
Circolo vizioso:
Per perdere i kg superflui si reca da un dietologo (vero, laureato e superstimato) con esami del sangue e di ogni tipo. Dopo un mese di dieta senza sgarrare non ha perso un etto. E non si regge in piedi, le gambe cedono spesso e volentieri. Per la delusione, riparte con la depressione. Cerca di cambiare vita, torna a studiare e comincia a soffrire di insonnia. Tutte le relazioni che ha vanno a rotoli, ma lei sembra spenta. Non si ricorda nemmeno cosa ha fatto il giorno prima, vede i ricordi in bianco e nero senza legarli a nessun tipo di sensazione. Non ha passioni, aspirazioni, desideri. Niente la tocca e di niente le importa.
Con il passare del tempo acquista peso anche senza strafare a tavola. Più cerca di porre rimedio, peggio vanno le cose. Non c'è dieta che funzioni, non c'è ginnastica. Perde qualche kg e ne riacquista immediatamente il doppio.
Fino ai trent'anni:
La maggiorparte dei suoi amici ha problemi di depressione e di tendenza suicida, qualcuno non solo la tendenza. Lei è ancora incazzata con se stessa, per punirsi lascia che il suo corpo faccia ciò che vuole. Arriva ai 75kg quasi senza accorgersene. Le commesse dei negozi di abbigliamento la guardano in faccia e le dicono "Per lei qui non c'è niente", appena entra.
Poi ci ripensa. Decide di tenersi il peso che ha e andare avanti. Le cose sembrano andare bene, ma anche no. Altri 10kg arrivano col matrimonio, nei primi tre anni. Il flusso mestruale comincia ad avere anomalie. Lei non ne può più.
In dieci anni dall'inizio della crisi:
Donna bianca, sempre un metro e sessanta per 85 kg, misure irripetibili (dalla 3° alla 6° di seno, dalla 40 alla 48 di vita, dalla 42 alla 54 di fianchi), qualsiasi sport faccia non perde anzi acquista; la parte più magra di lei è il polpaccio e non trova un paio di stivali che le vada. Autostima un po' di più e mai perso il sex appeal. Continua a fare un lavoro che non le piace molto, ma nel frattempo coltiva hobbies e progetti ambiziosi.
Risalita:
Seguendo i consigli di una ginecologa-endocrinologa comincia una dieta che in un anno e mezzo le fa perdere 17 kg, poi smette di funzionare. Appena smette la dieta rimette su qualche kg.
Nei momenti in cui è nervosa, stanca, depressa o arrabbiata acquista regolarmente peso; quando al contrario è più serena, tranquilla, felice (addirittura) ne perde un po'.
Certo, le piacerebbe un fisico al top. A chi non piacerebbe? Ma si butta su altre cose, che nel frattempo s'è resa conto di saper fare anche bene. L'autostima va decisamente meglio, quasi sempre. C'è sempre la sindrome pre-mestruale a cui dare la colpa dei momenti no.
Smette
di andare in palestra perché si annoia, in piscina perché è umido. Cammina circa un'ora al giorno, mangia quanto mangiava a vent'anni e sale regolarmente sulla bilancia in punta di piedi. Forse non serve a sembrare più magra, ma ha deciso che se ne fotte...


23.7.09

Con le unghie e coi denti

Un giorno capita.
Un giorno a caso, mentre tu stai facendo del tuo meglio. Quando magari hai a un tiro di schioppo la realizzazione del tuo sogno, cosa per cui hai lottato con unghie e denti per anni. Quando magari il tuo sogno ti ha permesso di andare avanti nonostante tutto e tutti, anche nonostante te stessa.
Un giorno capita che qualcosa dentro di te si rompa, irrimediabilmente, senza un motivo apparente, senza che tu sia preparata, senza che te ne accorga.
Lo strappo è invisibile, ma c'è. Si alimenta con qualsiasi cosa, detta, non detta, fatta o meno, sentita, provata. Ogni piccola incertezza diventa enorme e tutto comincia a crollare.
Ma tu non te ne rendi conto, perché in realtà lo strappo s'è aperto da tempo. Da tempo tu hai iniziato a scivolare senza rendertene conto. A lasciare che le cose andassero sempre per il verso sbagliato, a non reagire alle parole, alle azioni degli altri, quelle che ti hanno ferita.
Hai iniziato a dare ragione a chi diceva male di te. Per invidia, cattiveria. Per qualsiasi motivo. Ma tu dai loro ragione. In qualche modo bizzarro lo fai, senza nemmeno pensare.
Lo dai per scontato, in una piccola parte della tua mente la stupida sei tu. Quella che ci ha creduto, che ha pensato di poter avere un sogno, una vita diversa, scelta per passione.
Stupida. A crederci, a credere a quelli che ci credevano con te.
La fiducia nel mondo è svanita. Ma non te ne accorgi. Non lo sai. E continui a credere alle parole cattive, perché vuoi che abbiano ragione. Perchè sei tu che sei sbagliata, tu che sei illusa, stupida all'ennesima potenza.
Prende il sopravvento quella parte di te che aspettava nel buio, quella che ti ha sempre ostacolata. Quella che ti detesta, che non può vederti felice, che non ti perdona gli errori e che ti punisce per quello che sei. E che non sei.
Ma è una parte di te, tu di te ti fidi e vai avanti. Le credi.
Lasci che faccia lei che sa. Che ti faccia scontare tutto quello che devi scontare, che ti punisca. Lasci che qualcuno ti tratti come una bestia e strisci ai suoi piedi perché ha ragione. Ti vedi già peggio di quello che sei e non fai nulla per cambiare.
E vorresti sparire, diventare invisibile, indesiderabile. Ti nascondi dentro te stessa, senza darti una possibilità. Perchè non te ne rendi conto, ma ci sei dentro fino al collo.
E quando un giorno magicamente ti svegli, ti rendi conto che hai 20 kg più del dovuto addosso e che non c'è più un sogno tranne quello consumato di anni prima. Che non sei più a un passo dalla realizzazione, ma a miglia di distanza anche da te stessa.
E ti svegli, e sprofondi ancora, ti risvegli e poi sprofondi. Il tempo è passato, tu non sei più nè una nè l'altra persona. Non sei nessuno, niente. Sei invisibile, quasi. Manco ti guardi negli occhi allo specchio, perché non ti riconosci più. Ti manca un sogno, ti manca la forza, ti manca il cuore.
Manca la speranza.
Non c'è un motivo per cui lottare, non c'è niente per cui tornare sui propri passi e ricominciare qualsiasi cosa. Non hai voglia di ricominciare.
Ed è brutto, perché ti capita a vent'anni, quando potresti conquistarti tutto, con le unghie e coi denti come hai sempre fatto. E ti svegli che ne hai 22, poi 23, 25, 26...
Brutto, perché quando ti svegli del tutto ti rendi conto di cosa è successo e non puoi amarti per aver permesso a te stessa di distruggerti.
E ti tocca ricominciare, ma sul serio.

15.7.09

Due cuori, una capanna e il mio senso tragico

Della mia infanzia alcune cose le ricordo meglio di altre.
Soprattutto di quando stavo con la mia nonna MT. Delle nostre chiacchierate, dei suoi disegni sul mio quaderno dei sogni, dei programmi che potevo vedere (e di quelli che vedevo nascosta sotto alla madia in salotto, la sera) e dei libri che mi ha fatto conoscere.
Uno sceneggiato di moltissimi anni fa, che ha condizionato parte del mio sentire un po' tragico, Paul e Virginie. La storia, tratta da un libro di Bernardin de Saint Pierre del 1788, è quella di una coppia di giovani che nascono in Madagascar da madri francesi. Donne sole, per un motivo o per l'altro, che fanno crescere i due in libertà tra le spiagge e l'educazione cattolica delle piccole comunità missionarie. I ragazzi crescono, sono molto legati. Finché la nobile Virginie de la Tour viene spedita in Francia per ricevere la giusta educazione dalle suore. Qui imparerà tutto quello che la nostra civiltà comporta e, una volta imbarcata per tornare dal suo amato Paul (un amore mai consumato, in realtà, ma molto intenso), durante il naufragio della sua nave si rifiuta di svestirsi per essere portata in salvo a nuoto da un marinaio e muore.
Aldilà del fatto che trovo idiota il rifiuto di esser tratta in salvo per motivi di pudore, devo ammettere che quella storia ha destato in me un interesse particolare, all'epoca. E in qualche modo ha influenzato la mia visione dell'amore, della libertà, della morale fine a se stessa.
Il mio senso tragico deve molto a questo sceneggiato, così come a Radici e al libro che ha ispirato "Laguna blu", che ho letto credo il primo anno alle medie. O "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino", letto in una notte invernale sempre in quel periodo.
Quello che di Paul e Virginie che mi è rimasto credo sia legato alla completa libertà di cui godevano sull'isola, libertà di costumi e di movimento senza che ciò comportasse qualcosa di moralmente inaccettabile. La invidio un po' quella libertà, io che mal sopporto ogni costrizione e ogni tipo di morale comune. Io che di fondo mi sento legata e imprigionata in una società che non amo particolarmente e che mi rispecchia sempre meno.
Mi è rimasto il delicato sentimento d'amore dei due, la crudeltà del destino che li ha separati e la mancanza di senso critico che ha impedito a lei di salvarsi. L'accettazione delle nuove regole senza un minimo di giudizio, senza domande, senza logica.
Mi spaventa la mancanza di logica (che io sia Vulcaniana, sotto sotto?), la necessità di regole che valgano sempre e per tutti nonostante tutto.
Questo, più che altro, sviluppa il mio senso tragico. Senza il dubbio non c'è posto per altro che per la tragedia. Senza le domande e senza quel minimo di assunzione di responsabilità siamo perduti...

13.7.09

Il sogno delle tre sorelle

La casa è troppo vicina al fiume. Piove da giorni e l'acqua sta salendo.
Bisogna andar via, ma è tardi, tardi. La strada è impraticabile, le tre sorelle sono sole.
Quella più grande ha sui 15 anni, forse 16. Giù di lì.
Vorrebbe andarsene a piedi, anche subito, anche da sola. Non vuole trascinarsi dietro le sue sorelle, un peso, una rottura. Vorrebbe andarsene, ma sa che fuori c'è qualcuno e non sa chi è. Quindi scalpita affinché le sorelle escano con lei, subito, prima che l'acqua invada la casa.
La piccolina di anni ne ha 5, ha paura dell'acqua. Dell'acqua, dell'uomo che sta arrivando e non vuole uscire senza la mamma. Piange e si aggrappa alla sorella maggiore, che però non la sopporta quando fa i capricci.
L'acqua sta entrando al piano di sotto. Ha rotto i vetri e si sente forte mentre cade dentro alle finestre e scroscia sui pavimenti come pioggia battente. Sul retro della casa, al piano superiore, l'uscita è ancora libera. Si può andare via, ancora, mentre l'acqua sale.
La terza sorella ha raccolto le poche cose di valore che possono portare via. Cerca di calmare la sorellina e di far ragionare la maggiore, che oramai non fa che sgridare la piccola frignona. Qualcuno, l'uomo, è entrato da sotto e sta salendo le scale interne lottando con l'acqua. Grida cose che le tre sorelle non capiscono e ha una voce che sembra un tuono. Ora tutte e tre hanno paura, una paura tremenda. Non riusciranno ad andare via, a scappare dall'acqua e da quel mostro. Non riescono a muoversi, tre ragazzine abbracciate quasi fossero una sola. E quell'uomo che grida e si avvicina...
Arriva anche l'acqua, dalle scale. L'uomo è nascosto, ma è lì, presente. In un botto appare e dalle tre sorelle si leva un grido. Ma non dura tanto, la paura.
Lo scemo del villaggio, quell'omone alto e grosso che perlopiù straparla, le prende in braccio, tutte insieme, e se le porta verso l'uscita.
Sono salve.