15.7.12

Mappa

Come un incubo, giunge luglio.
Con lui, con le gambe stanche e il corpo sudato, con la rabbia e la fatica di ogni giorno sulle spalle, procedo lenta fino a quando, e se, giungeranno le vacanze. E il mio compleanno (37bis o 43 che dir si voglia, in fondo non importa) con i soliti sorrisi e la festa e i regali, e la voglia di qualcosa di diverso.
Tempo in cui le domande mi perseguitano. Chi sono, cosa faccio, dove sto andando. Come se il papiro del censimento per me non fosse partito a tempo debito. Invece è partito, ma senza le domande giuste.
Senza le domande giuste come si fa ad avere una risposta?
Senza quelle, come si può conoscere?
Posto che per ogni domanda giusta ci sia una risposta. Una e una sola, corretta.
Ma non credo. Credo nelle sfumature (purché non siano di grigio, di rosso e di nero, che ne ho già la nausea solo a sentirne parlare) e nelle scintille.
Non credo a chi ha risposte confezionate valide per tutti.
Non credo a chi, pur con le migliori intenzioni, ti dice chi sei o chi dovresti essere.
A chi, senza nulla sapere di te, tira a indovinare e ti propone di vivere. Come non lo facessi. Ogni dannato giorno in questi 43 anni. Con occhi aperti e con i sensi accesi.
Affetto, dolore, colori, giochi, respiri, tramonti, stelle; sogni, incubi, paure e certezze; inganni, sacrifici, lavori, esperienze. Usura, violenza, abuso, disperazione come ricchezza, possibilità, speranze e condivisioni.
E illusioni, menzogne raccontate per sopravvivere agli eventi, cicatrici che restano e che non fanno male, ma disegnano sul corpo una mappa precisa.
Quella mappa sono io.
Di questo son sicura. Di questo io posso parlare e ho le parole per farlo. Le so usare e non ho bisogno di richiudere la mia vita in un cassetto per vivere ancora e aspettare che il mio sangue si asciughi sulla carta.
Quella mappa è in ogni singola riga che ho scritto. Che sia bella o brutta.
Che il piacere o il dolore di leggerla vale la pena.
Forse non sono speciale, anzi. Non lo sono.
Solo ho bisogno di gridare, di dire, di sussurrare. Ho bisogno che mi si ascolti. Anche solo per pochi momenti.

2 commenti:

easy runner ha detto...

Io, e non lo dico per far punti giuro, la mappa la apro spesso e ne seguo i tracciati fin dove mi sono familiari i sentieri.
Quando il dito, passandovi sopra, scopre che il percorso si fa accidentato, allora penso: cribbio là sotto c'è stato un terremoto, la faglia si deve essere aperta e richiusa lasciando una cicatrice.
Non è che mi faccia prendere dall'ansia, non temere, magari mi muovo con più prudenza, divento silenzioso e cerco di evitare quelle che tu chiami risposte confezionate.
Ma sono e resto in ascolto.
Ho imparato che, una volta guadagnato il Colle, la vista spazia sulla pianura.

un abbraccio easy :-)

PaolaClara ha detto...

Capita a volte che le sfumature siano più importanti dei colori stessi. A me sembra, Easy, che tu le colga benissimo e ciò non mi dispiace affatto anche quando la tua presenza si sente appena. Non credo che saresti capace di usare risposte così confezionate da infastidirmi...