24.2.22

Quel che non ti fortifica ti uccide...

 



Sì, lo so, dovrebbe essere il contrario.

Ma non siete stanchi di dover essere forti a ogni costo? Di dover dimostrare che qualsiasi cosa succeda reggete il colpo? Che non solo state in piedi nella tempesta ma che quasi quasi come il tenente Dan di Forrest Gump vi arrampicate sulla cima dell'albero per mostrare il dito medio al Creatore?

Beh, io sì. Da tempo.

Tutta questa smania di essere superiori, sempre pronti, sempre giovani, performanti, col fisico giusto, con la mente sempre tesa all'obbiettivo, resilienti e anche un poco grati se la vita ci ha preso a randellate sui denti io non la reggo. Alla fine è un dover sempre essere qualcuno che non si è, un doversi negare i momenti di dolore, di debolezza, di paura per dimostrare al mondo (ma sotto sotto siamo convinti che serva pure a noi avere una mente sempre concentrata su quello che vogliamo ottenere) che ce la facciamo.

É che poi diventa difficile essere sé stessi così. E che forse al mondo non importa un fico secco se ce la facciamo o meno, se esistiamo o meno. Se ci godiamo il viaggio o siamo lanciati in una folle corsa verso la morte (che alla fine è lì che andiamo, comunque) come il treno Blaine della saga della Torre Nera di King (appare in "Terre Desolate" e nel mio preferito "La Sfera del Buio"). Who cares?

Che poi è vero che ciò che non ti ammazza ti rende più forte ma chi è tanto scemo da dire "guarda, in vita mia ho preso solo mazzate e vedi come sono tosto"? Io, almeno, di tante mazzate avrei fatto volentieri senza. Sì, sono ancora qui e ho il mio bel caratterino  - ma ce l'avevo già da piccola e sono sicura che sarei stata simpatica lo stesso - e di certo non sono morta ma giuro che le mazzate qualche conseguenza la lasciano. Come le piccole sofferenze o i disagi prolungati nel tempo, le situazioni che non riusciamo ad affrontare o che fingiamo di sostenere benissimo (non importa se lo facciamo con gli altri o solo con noi stessi, alla fine tutto lavora dentro allo stesso modo), le arrabbiature e le umiliazioni. Che già ce ne sono tante di piccole cose che possono guastarci il viaggio, di quelle grosse purtroppo ce ne capitano ma ben venga il poter affermare: "sto di merda".

Quando ho iniziato la terapia ho passato le prime sedute a raccontare la mia vita alla psicologa. Lei ha preso appunti, ha aspettato che tirassi fuori gli eventi (avremmo discusso dopo di come mi faceva sentire ciascuno e degli effetti collaterali che ancora mi porto dietro a strascico) per poi dirmi: "caspita, lei ha vissuto in una vita sola il triplo delle cose che di solito vivono i miei pazienti, mi stupisco che sia anche un minimo equilibrata" (e al tempo non lo ero granché). Ecco, io ho fatto un po' da punching ball per tutta la vita e a forza di mazzate qualche neurone mi si è rintronato. Certo, non sono morta ma sono in analisi da una vita e ancora oggi mi rendo conto di quanto ogni evento abbia condizionato quelli successivi, in certi casi in modo disastroso, in altri solo un tantino bizzarri.

Non voglio fare elenchi, ognuno di noi ha passato i suoi guai ma credo che il continuare ad affrontare la vita gridando "Questa è Sparta" quando dentro siamo in grado di sopravvivere giusto a Gardaland sia dannoso per la salute. E sì, quel che non ti uccide ti fortifica, ma a furia di sanguinare muori ugualmente. Forse è meglio proteggersi il più possibile (e si può fare vivendo qui e ora e non proiettati in un qualcosa che forse non ci sarà mai o che non sarà mai più) e coltivare quel minimo di saggezza e consapevolezza per rendersi conto delle ferite che sanguinano e farsi curare in tempo.


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