24.9.10

Rabbia

" Cercò di riprendere il filo delle sue riflessioni, ma oggi non voleva riuscirgli. anche qui alla friggitrice l'inerzia che da giorni gli addolciva le notti e accorciava le mattine, che gli aveva restituito la sensazione dimenticata del benessere corporeo, lo teneva abbracciato; ma questa era un'inerzia più subdola, che voleva addormentarlo nel lavoro macchinale - rassegnarsi all'odore e agli schizzi d'olio, non pensare se non pensieri elementari, lo stretto indispensabile, sollevare e svuotare il cestello, tornare a riempirlo, aggiungere olio, non far bruciare le sottili striscioline di patata, farle soltanto dorate e croccanti, non c'era bisogno d'altro per sopravvivere, e vivere non era altro che sopravvivere, questo gli suggeriva il parlottio della friggitrice...
Esercitato così, era anche un lavoro senza fatica e senza stanchezza, la cui stessa monotonia non ne faceva avvertire sazietà. E l'avrebbe accettato anche lui come tanti, come quasi tutti, non fosse stato per la sua insofferenza verso ogni attività ripetitiva, verso il dormiveglia indolore che lo trasportava fino alla notte e al sonno. Quel cosiddetto lavoro, bestiale in se e nel suo scopo, la masticazione e la digestione, tutti i lavori che aveva fatti dalla fine della scuola in poi, quasi vent'anni ormai, tutti a loro modo bestiali nell'impedirgli di pensare, e contro tutti sentiva da dentro montare, viscerale, violenta, la ribellione."

La vocazione, Cesare De Marchi,  pag 137

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