13.9.10

I've got the world on a string

Sono quei momenti, proprio quelli, che poi tornano alla mente per la sensazione che lasciano dentro. Quelli che ti fanno vedere più bello il mondo.
Primi di Luglio del 1983, età approssimativa 13 anni e 11 mesi.
La scuola era finita e gli esami con lei. Portavo i capelli biondi sulle spalle, sciolti quasi sempre se non ero a scuola. Avevo un paio di pantaloni di marca uguali a quelli delle mie migliori amiche, una canottierina verde e una maglia che si incrociava sul davanti, dello stesso colore dei pantaloni. Un paio di sandali da schiava da cui facevo fatica a separarmi.
Ero a cena con mio padre sul terrazzo della pizzeria a fianco al Castello di Moncalieri, in cima al centro storico. La nostra cena settimanale, che questa volta era stata rimandata un poco. Noi due, soli, parlavamo del più e del meno, mentre una leggera brezza estiva mi scompigliava i capelli. Stavo bene. Mi sentivo sicura, decisa e forte. Solo quella sera o quella sera in particolare.
Avevo appena deciso di diventare una ballerina. Nessuno lo sapeva, ma io sì. Nel mio cuore c'era solo quel sogno, niente altro era importante.
La mia pelle era appena dorata dai tanti pomeriggi passati all'aria aperta nel mio giardino, a correre, a sfrecciare sulla mia bici da cross e a salire sugli alberi, più in alto possibile. Con mio padre parlavo di musica, di film appena visti, di una breve vacanza fatta con la mia amica e sua sorella. Una settimana in cui, come sempre, mi ero sentita a posto nonostante tutto.
Nemmeno dieci giorni dopo mi sarei innamorata perdutamente di un paio di piedi e del loro proprietario senza avere o ritagliarmi uno straccio di possibilità, sarei scappata per la disperazione di non riuscire a passare con lui più di qualche minuto in giorni e giorni, sarei tornata a casa dove era appena morto il mio cane e avrei passato successivamente il mio primo anno buio, fatto di pomeriggi chiusa in camera, a letto, con la musica a tutto volume e la camera completamente oscurata in cui l'unica cosa visibile era l'ora rossa della radio sveglia.
Ma in quel momento, in pizzeria, con il vento tra i capelli e il profumo della collina nel naso... no.
In quel momento avevo speranze, sogni, certezze. Avevo voglia di vivere e di affrontare le mie paure. Io, timidissima e rotonda, volevo andare nella fossa dei leoni e mettermi al fianco di persone che fino ad allora avevo visto su un palco ai saggi e agli spettacoli, persone che per me stavano comunque su di un piedistallo e che non avrei forse mai raggiunto. Ma volevo far parte di quello e non di altro. Ero pronta a qualsiasi sacrificio. Ero anche sicura di farcela. Sicura che il mondo si sarebbe adeguato alla mia volontà.
Momenti, quelli, che vengono una volta o due nella vita e che restano incisi tra le pieghe del cuore per sempre. Per far sì che continui a battere.

2 commenti:

monicabionda ha detto...

quando la vita è piena di potenzialità e sei convinta di raggiungere tutto. Ogni tanto, se riuscissimo a recuperare quella sensazione, potremmo davvero 'spaccare il mondo'...

:-) baci

PaolaClara ha detto...

già... sigh... baci