3.9.10

Piccole delusioni di lettrice

Mi spiace constatare che nella maggior parte dei casi le persone non sono così mature da accettare una qualsivoglia critica sul loro lavoro senza accusare chi la muove di invidia, incompetenza, presunzione e chissà che altro.
Possibile che la nostra mediocrità ci stia portando a doverci uniformare giorno dopo giorno su un modello che già funziona e che non ci sia più spazio per il nuovo, per qualcosa di non sperimentato? Possibile che se a qualcuno, come a me, continua a interessare tutto ciò che non è banale, già visto, già letto, già sentito, sia io quella che non capisce niente?
Perché alla fine lo so che la disadattata sono io. Perché se faccio una critica, peraltro condivisa da altre persone, a sbagliare siamo noi. Siamo noi che riteniamo Dan Brown uno scrittore mediocre che abbiamo torto. Noi che magari leggiamo più di 20 libri l'anno che non capiamo che cosa sia un buon libro. Noi che leggiamo con amore e passione che non sappiamo leggere.
Certo, noi siamo autori/autrici incompresi. Non possiamo trovare belli dei lavori che hanno superato il nostro in una classifica.
Come a dire, solo perché "Il codice Da Vinci" ha venduto milioni di copie si può dire che sia un libro migliore de "L'angelo delle ossa"? Solo perché un libro ha successo si può dire che sia un capolavoro? Vogliamo dire: "La solitudine dei numeri primi" dovrebbe essere meglio di "Oleandro Bianco"?
A me sembra di essere sempre obbiettiva nel giudicare un lavoro altrui, come mi piacerebbe gli altri facessero con i miei. Possibile che non sia così?

5 commenti:

Grilloz ha detto...

io invece obiettivo non sono mai, in fondo il gusto e' qualcosa di soggettivo...
di sicuro nelle vendite di un libro contano mille altri fattori che nulla c'entrano con la qualita' del libro stesso...

Grilloz ha detto...

P.S. posso dire che non ho trovato cosi' geniale e' innovativo "La solitudine dei numeri primi", anzi l'ho trovato abbastanza banale e poco curato nella rappresentazione dei personaggi (giudizio assolutamente soggettivo, ovviamente)

PaolaClara ha detto...

Sì, il gusto è soggettivo, ma la banalità di una storia dovrebbe essere oggettiva. Più che mai oggi contano le altre motivazioni, la qualità del libro, della storia e di come è scritta è l'ultima preoccupazione. Motivo per cui le grandi case editrici non leggono nemmeno più gli esordienti a meno che non siano presentati da qualcuno. "La solitudine" è un libro che promette e non mantiene, non arriva a nulla, non stupisce e non cattura.

Fata ha detto...

Che poi, il mio commento su Dan Brown non era neanche tanto sui meriti o demeriti del suddetto: lui, quantomeno, ha avuto il pregio di mettere in romanzo teorie che altri esimi ricercatori hanno necessariamente relegato a saggi, arrivando a raggiungere molto più lettori.
Quello che mi metteva tristezza era vedere aspiranti autori esordienti che, invece di desiderar raccontare una storia, speravano semplicemente di aver imparato la "formula" per diventare il nuovo Dan Brown... finendo solo per fare i cloni o peggio i plagiari! Che poi si sa, una fotocopia perde, ma la fotocopia di una fotocopia...

PaolaClara ha detto...

Più che i contenuti, in Dan Brown è proprio lo stile che trovo carente. Se non avesse usato la Chiesa come ambientazione e la figura di Gesù in modo così "poco ortodosso", alla fine non avrebbe venduto una copia. Non è scritto così bene da meritare il successo che ha avuto.