25.8.14

Riflessioni sulla parola scritta, la mia

Come mi è più volte capitato di dire, su quello che sarà il futuro del leggere e dello scrivere ci sarebbe da riflettere parecchio. Quello che attualmente mi capita è di:
1) Non riesco più a leggere come un tempo. Non è questione di e-book o cartaceo, di voglia di immergermi in altri mondi o meno. La voglia c'è e il mezzo mi è abbastanza indifferente. Non sono ancora giunta a quel limite in cui il modo di leggere cambia, non seguo link, il grassetto mi infastidisce (decido io cosa mi interessa della pagina che sto leggendo), non guardo i video a metà di un post anche se l'autore mi suggerisce di guardare proprio in quel momento - anche perché se inserisci un video in un punto preciso di un testo è ovvio che tu suggerisca di vederlo subito - insomma, se leggo sto leggendo. Punto.
Il problema è che, soprattutto, niente mi coinvolge più come un tempo. Ho sviluppato un senso critico, mi dicono. Eppure no, mi piacciono sempre le solite cose, in quelle ancora trovo il mio "spazio". Cioè, se leggo "Cronache del ghiaccio e del fuoco", di qualsiasi volume si tratti, o la serie di Anita Blake della Hamilton io arrivo fino in fondo in un attimo e sono soddisfatta anche se mi rendo conto che - almeno nel caso dei vampiri - certo non sto leggendo il top. Non riesco a farci niente e nemmeno a capire bene perché, ma molto del resto mi annoia, faccio fatica a immedesimarmi, tendo a non leggere con costanza mentre una volta se mi attaccavo a un libro non ne uscivo finché non era finito. Anche Stephen King che da sempre è stato il mio cibo preferito, a volte una droga, non mi trasmette più le stesse cose (a dire il vero fin da dopo "l'acchiappasogni", che per me determina un punto di svolta nella sua scrittura/vita fondamentale).
2) Non acquisto quasi più libri. Un po' per spazio, un po' per comodità, ma molto per prezzo compro in e-book e mai sopra a un certo limite di spesa. Non sto a dire che gli e-book dovrebbero costare meno, ma meno, perché per me purtroppo in quanto lettrice e consumatrice tutto dovrebbe costare meno. Non ce la faccio. Semplice. Con 18 euro ci mangio 2 volte in pizzeria, volendo. E per guadagnarli ci lavoro minimo 2 ore e mezza. Non è poco. Certo, a fine mese ne prendo che so, 900/1000 a seconda delle volte. Ma abito, mangio, mi lavo, mi riscaldo, uso la luce e il telefono. Non è che mi avanzi chissà che e se mi avanza magari cerco di tenerli da parte o distribuirli tra vestiti, scarpe, una birra con amici, un film. Il resto me lo faccio regalare nelle occasioni "ufficiali", altrimenti ciccia.
Devo ammettere che negli anni di libri da leggere ne ho accumulati parecchi, quindi poi in effetti la necessità di avere libri nuovi è più un capriccio che effettivo bisogno. Se leggessi tutto quello che ho in casa ancora da affrontare non comprerei più un solo volume per tutti gli anni a venire, perché di tempo, anche, non ne ho abbastanza.
3) Non so se continuare a scrivere. Mi direte, ma perché? Spiego (imitando Crozza che imita Brunetta inginocchiata e con le manine a "ragno sullo specchio"): la questione non è lo scrivere in sé.
Scrivere con l'aspettativa di pubblicare. Questo non lo so. Perché... Ci sono mille motivi.
- Partiamo dal fatto che "tutti vogliamo scrivere" e che non tutti siamo in grado di farlo umanamente. Nemmeno decentemente, perché con un minimo di impegno una buona parte degli aspiranti ce la può fare a esprimere un concetto in forma leggibile. Il problema è che poi quello non basta. Bisogna avere cose interessanti da dire e, anche se per ciascuno di noi le proprie storie hanno un loro bel perché, capita spesso che per pochi altri abbiano un senso o che destino il loro interesse. Quindi non tutte le storie meritano di finire pubblicate. Ora, anche avendo una certa consapevolezza di saper più o meno gestire la lingua in modo corretto e di avere delle cose da dire che a chi le ha lette non dispiacciono, mi rendo conto che non tutto il mondo è in attesa delle mie cose - come invece potrebbero essere del prossimo capolavoro di King o Martin, o qui dei vari bestselleristi mondiali.
- Se aggiungiamo il fatto che sono in tanti quelli che piccati dal rifiuto di un editore decidono di autopubblicarsi, o di rivolgersi a EAP e pagare per qualcosa che non andrebbe pagato, che invadono il mercato con qualsiasi cosa che va a mischiarsi con le innumerevoli boiate che già gli editori pubblicano inseguendo l'illusione di vendere di più... C'è troppa roba, troppi titoli, nemmeno questione di concorrenza... proprio uno non sa più che fare. Almeno, io mi sento disorientata. Non è nemmeno più questione di editori "big" o di "self". Pare che tra i self ci siano bestsellers e che a volte i big pubblichino per motivi insondabili titoli e autori che per me sono illeggibili.
- L'editoria come la conosciamo e la lettura come l'abbiamo imparata stanno cambiando faccia e dove vanno non si sa. Non lo sanno gli addetti ai lavori, figuriamoci se lo so io. Quindi qualsiasi tipo di scelta è un azzardo. Fino a qualche anno fa l'idea di autopubblicarsi era controproducente, se uno lo faceva rischiava di non essere più preso in considerazione dagli editori "seri", poi qualcosa è cambiato e ora gli editori "seri" fanno contratti ad autori autopubblicati per ripubblicare lo stesso libro che magari ha già fatto la sua storia; fare da sé significa anche promuoversi e rompere le palle a chiunque ti conosca affinche compri e a sua volta ti aiuti a promuovere. Ora, o sei  capace a farlo buon per te. Io no. Proprio non mi riesce.
Casa editrice grande, piccola, media, agente o meno... non si capisce cosa fare. Per non parlare di generi, sottogeneri, lunghezze, ambientazioni. Le cose che un giorno vanno bene, domani non saranno più appetibili. Oggi vampiri, domani zombie, poi licantropi, poi mummie. E tu che scrivi di vampiri da vent'anni magari ti trovi a non riuscire più a pubblicare un libro perché dopo l'overdose di Twilight e la mania che ne è derivata, ora se sentono nominare i succhiasangue ti sparano col bazooka. (Non è il mio caso, l'unica cosa con vampiri è lì che langue nella sua bella cartella di windows, insieme a molto altro.) Le cose che vanno bene a uno non vanno bene a un altro. Tutto quello che scrivi deve avere assolutamente almeno una persona che ci crede e che ti dà una possibilità. Almeno una. E pubblichi. Ma dopo?
- Insomma, se proprio devo scrivere e io voglio scrivere, devo togliermi dalla mente tutto quello che non è scrittura. Quindi scrivere di nuovo per me e per i pochi soliti lettori che subiscono la mia creatività ogni volta che mi viene un'idea. Scrivere senza pensare che potrebbe piacere a questo o a quel pubblico, a questo o a quell'editore. Senza pensare a me come a una scrittrice, ma solo facendo ciò che amo. Ché, tanto, di scrittura non si vive, nemmeno un po'.

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