15.4.12

Buio

Nel buio della notte mi piaceva guardare fuori dalla finestra, nella mia camera da letto al piano di sopra.
Quando dormivo lì era difficile che avessi voglia di buio totale come invece mi capitava sotto. Dal letto accanto alla finestra vedevo il cielo che quando andava bene era cosparso di puntini luminosi e brillanti, mentre quando il tempo non era dei migliori aveva un colore cupo tra il grigio plumbeo e il blu scuro.
Guardando fuori, proprio sopra alla cima degli alberi che segnavano il confine tra la nostra terra e quella del vicino, potevo osservare la luce del faro andare e venire in circolo finché non mi addormentavo.
Il faro del parco della Rimembranza, in cima alla collina, mi teneva compagnia ogni notte insieme alla musica della radio. Allora una radio senza speakers in cui si susseguivano brani interrotti solo dall'annuncio secco di titolo e interprete. Osservavo le cime ondeggiare quando c'era vento e tentavo di indovinare l'arrivo della luce senza prendere riferimenti.
In quegli istanti il cielo diventava più chiaro, da destra verso sinistra, poi la luce svaniva e lasciava lo spazio al colore naturale della notte.
Sotto a quel faro sarei andata a ballare più volte, negli anni a venire, quando una discoteca con pista all'aperto e dondoli bianchi e gialli andava di moda. Ci andavo accompagnata, vista l'età, ma già allora non scendevo di pista un attimo. Scivolavo sicura sulle piastrelle chiare mentre quella che al tempo non era ancora mia sorella (ma lo sarebbe stata per poi non esserlo più) guardava i videoclip seduta sul bordo tondo della pista. All'interno, gli zombie di Thriller ghignavano coi loro denti marci e con gli abiti a brandelli.
Anche lì guardavo il cielo in attesa di vedere passare quella luce, confusa dai faretti della discoteca e dalle stroboscopiche in sala.
Il faro era la mia guida, allora. Finché c'era la luce ero al sicuro.
Ancora mentre rientravamo dall'ultima casa di mia madre, due anni fa, puntavo gli occhi sulla collina e cercavo il faro, certa che lì sotto ci fosse ancora quella casa in cui ero stata felice. In cui ero stata anche triste, disperata, arrabbiata, sola. Ma felice. La casa coi fantasmi, quella in cui i ricordi mi riportano sempre.
Niente come quella casa mi è rimasto incollato addosso. Niente come la sensazione di essere sola al mondo in mezzo ad alberi e cielo mi ha mai fatto sentire più in pace.
Il vento nel silenzio, la luce del faro e, davanti, tutta la città a splendere di mille lampadine colorate quasi fosse un albero di Natale perennemente montato.
Niente come il buio mi cattura lo sguardo.

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