2.8.10

Nella notte (ma non a fari spenti)

Lui lanciò la sua Lancia Delta integrale nel buio. Era a metà strada tra il ragazzo e l'uomo, i capelli corti e scuri, gli occhi socchiusi in un sorriso che le labbra accompagnavano, ma che non era un sorriso di bocca. Tutt'altro. Quei sorrisi che partono dagli occhi, quelli di goduria pura.
Sul sedile del passeggero, la ragazza bionda non parlava. Sapendo già a cosa andava incontro si teneva appesa alla maniglia come fosse l'unica cosa solida in quell'auto. Non aveva mai amato la velocità, pur avendone subito il fascino qualche volta nella giovane vita.
Dietro, gli amici di lui ridevano sguaiati. Anche loro sapevano benissimo cosa li aspettava. Uno dei due cominciò a dare direttive come fosse un navigatore di rally. "Destra" seguito da una numero, "destra" un altro numero... "sinistra", altro numero.
Lui, alla guida, seguiva senza dubbi le direttive dell'amico. Li stava riaccompagnando a casa attraverso la collina, dopo una serata insieme. Per qualche oscuro motivo si era portato dietro anche la ragazza, che però non era stata con loro tutto il tempo. Anzi, era passato a prenderla giusto mentre li portava a casa.
Ora sfrecciavano tra una curva e l'altra in una strada non illuminata, a una velocità che forse solo a lei sembrava folle. I tre ragazzi sembravano divertirsi un mondo. Che ci faceva lì?
Smise di guardare la strada, non voleva spaventarsi di più. Voltò la testa verso il pilota e si mise a fissarlo. Non che ci fosse da imparare qualcosa di quel viso: lei lo sapeva a memoria. Solo che vederlo illuminato solo dal riverbero dei fari e dalla fievole luce del cruscotto gli conferiva un fascino nuovo. E guardarlo sorridere la rendeva felice.
Dopo la prima dozzina di curve il pilota azzardò una domanda: "Come mai non parli?", cui la ragazza appesa alla maniglia rispose con un "tento di trattenere la cena" appena sussurrato. Lui rise, inondandole gli occhi di luce.
I ragazzi dietro continuavano da soli, come se facessero parte di un film diverso. Solo il pilota li ascoltava, spostando il volante di qua o di là a seconda delle istruzioni, cambiando marcia al momento opportuno o toccando appena il freno se serviva. L'auto, bellissima, scorreva sulla strada come volasse, senza sfiorare i rami che ogni tanto sbucavano dal nulla, senza sgarrare di un millimetro il suo percorso.
"Perché mi guardi?", di nuovo il pilota alla ragazza. "Voglio ricordarmi la tua faccia, per la prossima vita... " questa volta sorridendo. Non aveva paura di morire, lei. Non quella sera e non quando c'era lui vicino.
Di colpo il bosco si trasformò in una cittadina. Erano sbucati da chissà dove praticamente a destinazione. L'incubo era quasi finito e con esso anche il sogno.
Lasciarono i ragazzi a casa loro e il viaggio di ritorno fu meno movimentato. Ma questa è un'altra storia.

2 commenti:

Fata ha detto...

Eh... diciamo che di sensazioni ne trasmette una marea!!!

PaolaClara ha detto...

Meno male...
Grassie! ;P