21.8.10

“Del resto tutto in lei lottava con le distrazioni: non solo l’amore coniugale e materno, che sentiva saltuariamente, ma gli obblighi famigliari, che non sentiva affatto, e forse perfino la sofferenza fisica avevano su di lei meno forza delle distrazioni, la più potente delle quali era la sua stessa bellezza.”

“Questi però erano un mezzo, avevano uno scopo che i detestati rituali di lui bambino non avevano avuto, non per lei comunque; e di colpo Luigi, con una di quelle terribili intuizioni che chiudono per sempre l’infanzia, aveva capito, questa bellezza di cui sua madre era così accanitamente in caccia, che cos’era. La felicità, o meglio la via d’accesso alla felicità, non poteva essere altro: vi si riversavano pensieri, cure, energie egoistiche, senza sosta. Essere al centro dell’attenzione, oggetto di invidia e ammirazione … li aveva visti, lui, gli sguardi degli uomini addosso a sua madre, anche al funerale, non si poteva dimenticarli: e in quegli sguardi l’aveva bene afferrato, il senso della bellezza.”

Cesare De Marchi, La vocazione, pag 60/64

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