20.4.13

Voglio ucciderti in punta di piedi...

(ovvero come due riflessioni su ciò che mi piace e ciò che non mi piace mi mostrano come una persona estremamente labile)

Si riflette da giorni, su Facciabucchio, riguardo all'utilità della letteratura "di genere" per stimolare una riflessione sana ed evolutiva sulle persone. Si partiva dal thriller, al di là di una insana omogeneizzazione di temi e personaggi dovuta forse a una scarsa lungimiranza dell'editoria.
Uno dei miei primi interessi, da sempre, è stata la morte tanto che - se non ci fosse stato troppo da studiare - io avrei volentieri studiato per fare quello che in America è il medico legale o anatomopatologo. Insomma, mi sarebbe piaciuto fare autopsie. Perché il corpo umano esercita un certo fascino sulla mia mente perversa, soprattutto quanto sia fragile nonostante tutto e l'idea di poter capire che cosa uccide una persona di volta in volta mi è sempre sembrato molto più interessante che giocare con le bambole.
Che poi io abbia sostituito la passione per l'omicidio con quella per la danza, fa parte della mia duplice natura di sociopatica e aspirante divinità...
La letteratura di genere è da sempre vista come robaccia di serie B. Per carità. Certo che leggendo Platone le riflessioni sono più immediate. Però sono convinta che alcuno generi, se non tutti, parlino a una parte di noi che cerchiamo di tenere a bada. Che la si voglia chiamare inconscio o "lato oscuro", o che ne so, è quella parte di noi che ci farebbe commettere un omicidio se ce ne fosse la condizione. Quella parte di noi che magari chiamiamo "pancia".
Come ha detto un tempo Stephen King, da cui ho imparato di più sul mio modo di percepire il mondo che da chiunque altro, quando si rallenta in autostrada per un incidente, il più delle volte lo si fa per vedere il morto. Per vederlo. Per sapere che è lui e non siamo noi, per esorcizzare, per allontanarci da ciò che ci spaventa di più. Come per gli adolescenti il film dell'orrore serve per "scaricare" quella tensione aggresiva che prende a quell'età, il romanzo di genere - che sia un thriller, un erotico, un fantasy o che so io... - serve per conoscere quegli aspetti di noi stessi che temiamo, perché incontrollati. Una passione non si può contenere. O c'è o non c'è. Allo stesso modo alcune pulsioni per noi sono temibili, perché considerate non civili, non accettabili, eppure sono in noi. Quindi quale mezzo migliore di un racconto o un romanzo per spingerci un po' oltre, per comprendere meglio noi stessi?
Ecco, se io dovessi ascoltare i miei gusti letterari, sarei una ballerina serial killer innamorata di un alieno e fatta a pezzi da un elfo non prima di aver torturato il Jack Bauer della situazione mentre tentavo di sedurlo con una lap dance...
Come dice Henry Miller in "Il tropico del capricorno",  c'è solo una grande avventura, ed è al di dentro, verso l'io, e per questo non contano nè il tempo, nè lo spazio, e nemmeno i fatti.

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