3.11.10

Il compito

In qualche modo l'avevo capito, senza sapere. Il motivo essenziale per cui sono venuta al mondo è legato al grido di solitudine di mia madre, la sua sofferenza per quello che era, per come non poteva essere e per la diffidenza che il suo essere "diversa" dalle ragazze della Torino bene della sua età provocava. Devo averla sentita, quella sua malinconia. Quella sua fragilità intrinseca che in ogni modo tentava di nascondere al mondo. Lo faceva bene, mia madre. Tanto che per anni al suo confronto mi sentivo piccola piccola e credevo che lei fosse una sorta di eroina, una donna guerriero. Ha lottato tanto, fino all'ultimo, mia madre. Con tutto e con tutti, anche solo con la malattia che non ha voluto mai chiamare col suo nome.
Tenere la sua mano fino all'ultimo era il mio compito. Carezzarla e non farla sentire sola, amarla oltre ogni difetto io abbia scoperto in lei in questi anni. Quarantun anni in cui, insieme e non insieme abbiamo vissuto milioni di vite. Adesso il mio compito è terminato. La mia solitudine, quella che in lei avevo riconosciuto, non fa male. Non lo fa da tanto tempo. Anzi, mi piace. E la sua è sicuramente lenita dalle mie carezze e dalle mie parole sussurrate tra le lacrime. Un momento cui ero preparata in parte e che mi ha dato molto. Un momento difficile, triste e sofferto. Un momento di vita.

1 commento:

Fata ha detto...

<3<3<3