22.4.22

Pensieri dell'anno passato


 Questi tempi ci hanno insegnato a covare rabbia, non buoni sentimenti. Quelli li lasciamo agli arcobaleni colorati dai bambini e agli inguaribili ottimisti. Ho idea che per alcuni la chiusura non abbia che accelerato il processo, prima contenuto da un minimo di contatto sociale (non social, perché qui di leoni da tastiera che nel quotidiano mai oserebbero alzare la voce ce ne sono eccome) che fa da filtro ai nostri comportamenti. Sovrastrutture culturali che ora tendono a cedere e che, chiusi nell'Io come siamo, ci fanno sentire ancor più isolati. Chi ha fatto o sta facendo un percorso spirituale non ne è del tutto immune ma si spera più consapevole, perché una volta riconosciuto il mostro è più facile rimetterlo al suo posto.

Siamo più che mai "noi contro il mondo" ed è grave più del virus che in casa ci ha chiusi così a lungo.

Non è uguale per tutti, non può esserlo. A me ha portato pace, questa cosa, e il desiderio di avere in futuro una vita migliore che comprenda rispetto per me stessa e per gli altri, un ritmo più adatto e un senso del dovere meno presente. La voglia di smettere di rincorrere una vita che non mi aspetta e che mi pretende costantemente iper-performante, iperattiva e soprattutto consumatrice passiva di qualsivoglia prodotto. Ci hanno insegnato a essere sempre in competizione e questo non è bene, perché ci isola. Non esiste un "altro" da combattere, esiste un Io che si è fatto riempire di idee confuse sulla vita e sulla morte, sulla nostra natura. 

Non ne usciremo migliori, se continuiamo a prendercela con chiunque tranne che con i responsabili e non ammettiamo che i responsabili di ogni cosa siamo noi per primi, quando pur di non pensare cerchiamo qualcuno fuori cui delegare anche il nostro destino per poi seppellirlo se quel destino non ci piace.

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