31.3.20

Scegliere

Fin da piccola ho avuto a che fare con i miei demoni personali.
Li chiamavo "Le tre P": pigrizia, pancia e paura.

Erano, e sono in parte anche adesso, i motivi per cui non faccio quasi mai più del necessario e così mi va bene perché alla fine bisogna anche imparare ad accettarsi per quello che si è: imperfetti.
Così, anche se sembro una persona attiva e dinamica, dentro di me la spinta a non fare è quasi sempre la più forte di quella opposta. Ci vuole una grande passione per farmi muovere.

Se però penso a me negli ultimi anni, mi rendo conto che tendenzialmente le "P" sono solo più due. No, non è che abbia sconfitto del tutto il mio terzo demone. Solo che, in un mondo in cui mi arrivano da tutte le parti gli stimoli ad avere paura, io ho scelto di non volerne avere. E no, non sono una persona tanto fortunata da poterlo fare per non aver mai subito avversità; non sono incosciente e mi rendo conto che la vita è un costante rischio. Ma non ho voglia di rovinarmela perché devo avere paura che qualcosa non vada come vorrei.
La vita non va quasi mai nella direzione che vogliamo, tocca farsene una ragione. E se, consapevoli che ogni giorno potrebbe capitare qualcosa che questa vita ce la cambia, invece di guardare la cosa come un problema la vivessimo con curiosità, non sarebbe meglio?
Invece di aver paura di perdere, pensare di acquisire qualcosa. Che sia esperienza, che sia un cambiamento in positivo, che sia lo stupore di una cosa inaspettata...

Stamattina scorrevo la home di Facebook e ho trovato, nel post di una vecchia amica, un'immagine, che pubblico qui sotto con tanto di "bollino" per la fonte. Riferita alla situazione attuale, a come reagiamo di fronte a questa incognita, all'isolamento, all'idea di ammalarci o di perdere gli affetti... Mi ha fatto riflettere.
Fin da subito non ho avuto paura di ammalarmi. Lo so che essere sana e fisicamente attiva non è una garanzia e che potrebbe capitare comunque, ma non mi spaventa - e non mi spaventa l'idea di morire. Non ho avuto nemmeno particolare timore per i miei familiari, che non vedo da un mese circa e che mi mancano come è normale che sia. Non ho affrontato le restrizioni pensando alla mia libertà minata da un decreto - liberi non siamo comunque, in questa società che ci vuole prima di tutto consumatori.
Non mi sono lasciata sopraffare dallo sconforto per il lavoro che non so se e come riprenderà. Sarà che in vita mia ho già perso quasi tutto più volte e sono ancora qui a raccontarla. Non mi sono lasciata andare alla tristezza perché, diciamocelo, al di là di sporadici incontri sotto casa mentre portavo il cane e qualche video chiamata da Skype io sono chiusa qui da più o meno tre settimane sola col mio cane e il gatto.

Ho iniziato spegnendo quasi tutto. Radio, tv e social in parte. Ho ascoltato il silenzio e le sirene intorno. Ho pensato alle persone che conosco che lavorano in ospedale e nei supermercati e ho provato gratitudine e "compassione" per chi questo momento lo sta vivendo peggio di me. So che stanno facendo quello che devono fare pur avendo paura ed essendo stanchi.
Ho cercato di non fare acquisti on line se non strettamente necessari, perché d'accordo che in questo momento i negozi sono chiusi per la maggior parte, ma pure i corrieri rischiano di brutto e non mi piace l'idea di farli rischiare perché io, a casa, ho voglia di un cuscino da arredamento. Quando sarà tutto più facile per tutti, sarà il momento di pensare ad abbellire la casa, che nel frattempo ho approfittato per sistemare meglio - cosa che rimandavo da tempo. Di tutte le notizie che mi sono arrivate, ho controllato se fossero attendibili e, nel dubbio che non lo fossero non le ho condivise. Già ci vogliono spaventati e disposti a fare qualsiasi cosa pur di salvarci, se devo proprio condividere qualcosa, che almeno sia utile a migliorare.

Ho ascoltato tutte le voci. Non credo assolutamente nel complotto, credo che in parte stiano scaricando a noi il barile delle responsabilità di un'economia volta solo ai guadagni di alcuni e credo anche che non impareremo a essere responsabili nonostante tutto il disastro che saremo chiamati ad affrontare. Però credo che lasciarsi sopraffare dalle emozioni sia la cosa peggiore da fare. Non mi interessa che il numero dei morti sia più alto o più basso di una normale influenza, non è mai stato questo il punto, soprattutto vista la condizione in cui lavorano medici e infermieri (il cui contratto nazionale è fermo da chissà quanti anni eppure sono lì, per noi). Il punto è che a forza di cercare qualcuno - "altro", "forte", "deciso" o "di successo" che fosse - che gestisse per noi le cose in modo da toglierci oneri e doveri, abbiamo lasciato il nostro mondo in mano a chi ci ha mangiati vivi per anni. Il punto è che stiamo pagando ora la scelta di adeguarci al meno peggio, il punto è che abbiamo smesso di imparare e ci siamo abituati a leggere i titoli e non gli articoli, che abbiamo smesso di scegliere. Ed è questa la cosa peggiore.

Io so che non è facile e che non sarà facile affatto, ma ho scelto di non avere paura o, almeno, di non lasciarle tanto spazio nella mia vita. So che ci saranno cose cui dovrò rinunciare. So che voglio vivere questo cambiamento in modo che mi faccia crescere.


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