21.3.20

L'analisi illogica del testo 11 - La grotta e la paura

In questi giorni è come se i miei vecchi classici tornassero a titillarmi i pensieri. Così, prima di finire in cassa integrazione e chiusa in casa - dove peraltro sto benissimo da sempre - mi era già venuto in mente un racconto di King (ma devo ancora capire perché, altrimenti che analisi del piffero sarebbe?) che sto rileggendo ora.
Ora, però, al di là di tutto mi è tornata in mente una scena ben precisa de "L'Impero colpisce ancora" che ho sia in dvd che in versione libro e che mi pare faccia da specchio a una situazione che mi pare di leggere in giro di frequente.
La cosa parte da qui:
Luke faceva progressi, e lo sapeva.
Correva attraverso la giungla - con Yoda appollaiato sul collo - e scavalcava con l'agilità di un'antilope il fogliame e le radici disseminati nell'acquitrino.
Aveva incominciato finalmente a liberarsi dell'orgoglio. Si sentiva più leggero, schiuso completamente all'afflusso della Forza. Quando il minuscolo istruttore gli lanciò una barra d'argento sopra la testa, il giovane reagì fulmineamente. In un attimo, si voltò e tranciò la barra in quattro segmenti, prima che cadesse al suolo. Compiaciuto, Yoda sorrise. "Quattro questa volta! La Forza tu senti."
Ma luke non gli diede ascolto. All'improvviso aveva percepito qualcosa di pericoloso, di malefico. "C'è qualcosa che non va" disse. "Sento pericolo... morte." Si guardò intorno, cercando di scorgere ciò che irradiava quella sensazione potentissima. Si voltò e scorse un albero enorme e nodoso, con la corteccia annerita e scrostata. La base era circondata da un piccolo stagno, e le radici gigantesche formavano l'apertura d'una cavità buia e sinistra." (Donald Glut, L'Impero colpisce ancora, Mondadori P. 120)


La prova che lo aspetta è nota ai più. Entrare nella grotta e affrontare quello che vi troverà, qualsiasi cosa sia. Ed è così che la grotta, quel posto così oscuro, funziona. Un test importante, che determinerà la maturità del suo allievo, che gli chiede:
"Cosa c'è là dentro?"
"Solo ciò che tu porti con te."
 Come chiunque di noi in questi giorni. Chiusi in casa per decreto o per necessità, con tutto questo vuoto intorno che rischia di farci impazzire, siamo come Luke che entra nella grotta e affronta questo rito di passaggio. Soli, con solo quello che "ci portiamo dietro" a farci compagnia, o a proteggerci, o a distruggerci a seconda di ciò che è.
Lo stile di vita, le necessità, le priorità sia economiche che spirituali. La paura.
Del contagio, del prolungarsi delle restrizioni, dell'impatto sul lavoro di ciascuno e di quanto accadrà quando tutto sarà finito. Di non poter riavere la propria vita. Forse anche senza pensare davvero se era quella che desideravamo o se siamo stati inghiottiti dal vortice dei ritmi quotidiani tanto da dimenticare chi siamo.



E sì, mentre camminiamo nel buio della nostra grotta, il cuore in gola sembra soffocare il nostro respiro giorno dopo giorno. Perché siamo entrati con troppe cose e ora pesano, pesano troppo. Non siamo abituati a questo, non lo siamo quasi mai nel momento in cui capitano le cose.
Ed è così che se entriamo in questa grotta armati per difenderci, ci troveremo di fronte tutti i nostri demoni, tutte le incertezze di questa vita e del futuro. Ci troveremo a non dormire la notte, a indebolirci, a urlare contro quelli che stanno in strada senza pensare che hanno la stessa paura che abbiamo noi, o forse no.
Ma contro chi stiamo lottando se non contro noi stessi perché abbiamo paura che tutto quello che ora ci manca sia la nostra identità? E, una volta accesa la nostra spada laser, una volta battuto il "nemico", siamo sicuri che il volto che vedremo non sia il nostro?

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