14.5.14

Uno

Ieri sera ho scritto un racconto.
Novemila e più battute, diciamo cinque pagine. Una storia d'amore, bizzarra come al mio solito.
Tra le cose che non faccio di solito, però, al fondo del racconto c'è una "morale". Non mi piace suggerire apertamente la morale, preferisco che ognuno legga quello che vuole - magari anche la cosa giusta, ma che ci arrivi da sé - dalle storie che scrivo. Eppure ieri le dita sono andate avanti da sole e ho scritto esattamente quello che pensavo di voler dire.
Ho scritto:


"L’amore ha sempre lo stesso volto, anche se lo cerchiamo con occhi ciechi. È solo uno il nostro destino, solo uno il passato e solo uno il futuro. Solo uno è per sempre."
Perché poi l'abbia scritto così è un mistero. Era ovviamente legato al racconto.
Ma il concetto resta. Come dire che credo nell'amore eterno. In una strana forma di amore eterno che ci porta a cercare sempre la stessa persona o un qualcosa che ce la ricordi. Anche quando non ce ne rendiamo conto, anzi soprattutto se non ce ne rendiamo conto. E non intendo lo stesso tipo di persona, proprio la stessa. Che a volte troviamo e a volte no. O, come capita nel racconto, a volte troviamo più volte. Quando per "disperazione" ne abbiamo più bisogno.
E no, non voglio legare bisogno e disperazione alla parola amore. Solo che nel racconto funziona così e l'amore ha un modo meraviglioso di "avvolgere" i protagonisti. 
Ed è il modo che credo abbia, quando è vero.

Al di là di questo, non sono passata alla seconda fase del Torneo questa volta. Non è importante, alla fine. So che quando le cose si devono muovere hanno il loro modo di farlo, quindi devo solo lavorare e aspettare che tutto funzioni naturalmente. Io credo nelle cose naturali. Quindi aspetterò. 
E continuerò a fare quello che amo. Vivere e scrivere. A lungo.


Nessun commento: