7.5.14

Briciole



L'idiota alla radio dice "piccole dita appiccicose".
Normalmente una frase del genere non mi provocherebbe alcuna commozione.
Invece oggi rivedo manine, le mie, paffutelle e agitose davanti al mio naso. (sì, ho scritto "agitose" e l'ho fatto apposta)
Manine sporche di cibo; conoscendomi, qualcosa di dolce.
E, più avanti, vedo un libro aperto. Forse il mio amato "Guerre Stellari", o un Asimov, o i fumetti di Asterix. Immersa nella lettura tanto da non sentire nemmeno più l'esistenza del mondo circostante, spesso mangiavo con il libro in mano anche prima dei 10 anni.
La colazione preparata dalla nonna, che sarà pure stata una ex alcolista ma che con me ci ha saputo fare: pane, burro e zucchero.
E libri che ancora ne portano il profumo, aprendoli.
E giorni e notti a inseguire storie, dopo che la nonna e mamma me ne hanno svelato il fascino. A leggere tutto quello che trovavo per casa, senza che ci fosse un limite alla mia fame. Da "Radici" a "La laguna azzurra", da "Christiana F." a "Paul et Virginie", da "Playboy" a "Il figlio di Tarzan", da "Tex" a "Nella foresta dei gorilla giganti". Nessuno a dirmi no. Leggevo l'enciclopedia, il dizionario e le scatole dei Frosties. Le confezioni dei detersivi, le istruzioni dell'Ape del giardiniere.
E libri di magia nera, e manuali Wiccan degli albori. E troppe domande ma anche troppe risposte, troppo presto.
Poi ho smesso. Di leggere, soprattutto. Fino a venti, forse ventuno anni. Se non fosse stato per Stephen King e "Pet Sematary", e "It", forse non avrei ripreso. Troppa vita.
Troppe cose sfuggite via come i granelli di zucchero profumati di burro che ho poi trovato nei ricordi, sfogliandomi come un libro per capire chi ero diventata.
Piccole dita appiccicose.
Le briciole minuscole e infinite che ci lasciamo dietro. Quelle che un giorno ci fanno ritrovare la strada di casa, come le pagine di una buona storia, come le parole ascoltate prendendo sonno.
E la voglia di risentire quel profumo, ancora. Come una carezza.

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