23.6.22

Wendy (attenzione contiene spoiler: alla fine lei muore)

 


Scrivere la storia di Wendy è stato bello.





Lo so che per alcuni che hanno avuto il piacere di leggere "Il gioco dei vampiri" questo romanzo non è che una lunga sequela di ammucchiate magari col pregio di non essere scritto male. Ho esagerato, lo so. Era divertente e l'ho fatto, anche perché inizialmente non avevo intenzione di pubblicarlo. Che poi guai, se scrivi un erotico - o un porno - sei segnata a vita. Eppure l'ho fatto.

Ho iniziato per gioco. Volevo vedere fino a che punto potevo spingermi, fino a che punto potevo divertirmi con i miei personaggi. Li ho amati tutti, fin dal primo episodio.

Scrivere di Wendy mi ha liberata. Mi ha fatta sentire potente e senza limiti. Dopo questo penso potrò scrivere qualsiasi cosa ma non più con tutto questo sesso, non così. A parte il fatto che ho già scritto un altro romanzo in cui di sesso ce n'è parecchio ma non è come questo. Forse prima o poi lo saprete.

Non credo che lei mi somigli. Io non sono brava a portare a termine le mie missioni, prima di ogni altra cosa; inizio e vado avanti per un po' ma poi non arrivo alla fine (tranne che in alcuni casi con la scrittura, ma non la vivo tanto come missione), mi piace dare le pennellate più ampie ma mi annoio con i dettagli. Non sono e non sarei mai in grado di essere una cacciatrice.

Al di là del disegno generale, però, rileggendo "Il gioco dei vampiri" mi sono resa conto che c'era una traccia più profonda che riguarda il percorso spirituale. Alla fine è come se nel romanzo Wendy stesse facendo la sua rivoluzione personale. Certo, non si sa da dove sia arrivata e cosa facesse prima di incontrare il monaco. Il suo primo maestro in questa vita particolare. Non sappiamo perché lui abbia scelto lei e perché Wendy abbia deciso di abbandonare la sua vecchia vita per imparare a uccidere i vampiri, perché abbia scelto una setta, perché abbia accettato le regole e gli esercizi che quel tipo di vita imponeva. Non ci è dato di sapere perché lei consideri "mostri" i vampiri, né se ci sia stato un episodio particolare nella sua vita che l'abbia avvicinata a loro.

Di sicuro un percorso come il suo le è costato sacrifici e rinunce. Rischi calcolati ma pur sempre rischi.

Poi è arrivato Michael, che l'ha portata su un percorso ancora più insidioso, guidandola passo passo attraverso vere e proprie iniziazioni. Non senza dolore e non senza un profondo turbamento, cosa che accompagna qualsiasi vera transizione spirituale. Il non sapere dove si va e che cosa aspetta al fondo del percorso, il timore di non riconoscersi più, di non piacersi. Tutto ciò che Wendy fa sotto il controllo di Michael la rende diversa da ciò che si aspettava di essere, da ciò che pensava come assodato nella sua vita. Anche innamorarsi di lui e poi di un altro vampiro, Lucio, così diverso da tutti gli altri. Come se tutto fosse previsto dal suo nuovo maestro Michael. 

Per poi capire che la sua vita prima di Michael era stata un'illusione. Che quella lotta contro "il male" era una finta e che era stata una pedina in un gioco più grande di lei tra vampiri anziani. Una lotta per il potere vecchia di secoli condotta in modo magistrale dalla persona di cui più si fidava e che si era fatta mille scrupoli a "tradire". 

Per trovarsi priva di riferimenti e con la sensazione di non potersi più ritrovare perché anche Michael conduceva il suo gioco e il limite di quanto poteva imparare da lui era vicino. Aprirsi, lasciarsi andare, togliere ogni protezione per vivere davvero fino in fondo la sua vita. Wendy supera i suoi maestri, li "uccide" e rinasce. Rinasce libera, con un bagaglio che mai avrebbe pensato di poter conquistare. Libera di vivere come è la sua natura, senza più bisogno di un maestro. 

Scrivere di Wendy mi ha fatto riflettere su quanto a volte ci sia bisogno di fare esperienze magari non del tutto desiderate, di superare i propri limiti per conoscere sé stessi. Ancora una volta su quanto ciò che ci sembra normale, giusto e accettabile a volte sia l'opposto. Su quanto i nostri limiti ci trattengano dal diventare ciò che siamo. 

Ora, la questione non è il percorso di Wendy. Quello è un romanzo, una storia con cui passare qualche ora piccantina e via. La questione è che mentre scrivevo di lei e soprattutto mentre rileggevo la storia per dare il "visto si stampi" mi sono accorta di aver provato mille volte le cose che ha vissuto lei e di aver dovuto uccidere i miei maestri per andare oltre e rinascere. Mi sono resa conto di quanto stessi cambiando io e di quanto ho lasciato indietro.

Mi sono accorta che sì, forse il finale è ovvio ma che a volte le cose non possono che andare in quel modo lì. Mi sono accorta che "dopo" non si sarà più le stesse persone di prima ma persone nuove con nuove prospettive e nuovi bisogni, ma persone complete.


 

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