19.8.15

Meditabonda e inquieta as usual

L'altro giorno camminavo in via Garibaldi accanto a una libreria lunghissima e tutta vetrine.
Guardavo dentro e tutta qualla massa di libri mi ha quasi stordita. Ci passo spesso e spesso entro, cammino su e giù cercando un titolo o un suggerimento, compro. Spesso ci giro a vuoto perché con tutti quei titoli, tutte le pile di libri, tutte le pareti piene di coste da leggere... beh, a volte è troppo e io quando sono sovrastimolata tendo a chiudermi. Quindi a volte semplicemente entro e esco confusa e delusa.
Non ho mai avuto il piacere di vedere un mio libro tra quelli esposti (se non nelle librerie dove ho presentato) e probabilmente non ne vedrò mai uno.
immagini Bitstrips
Il fatto è che guardando tutti quei libri mi son chiesta "ma mi frega davvero qualcosa di essere lì tra troppa roba?", cosa che riporta alla domanda "perché scrivo?" e che non ha risposta da tempo.
Perché poi tutto sommato non ho questa urgenza di pubblicare, anche se mi piace l'idea di essere selezionata e ritenuta valida da chi ne sa più di me, altrimenti sarei sempre lì a mandare manoscritti (va beh, mail con allegato) ogni giorno a chiunque mi sembri serio. Invece no: mi informo, guardo i siti degli editori, guardo le istruzioni per l'invio e poi faccio altro. Scrivo, le idee non mancano mai; se non scrivo correggo, se non correggo mi sto inventando qualcosa di nuovo che non so quando finirò.
E in ogni caso non ho urgenza di finire tutto, né di vendere, né di presentare. Non richiedo interviste o recensioni, aspetto che qualcuno mi legga e le faccia. Quando mi scrivono per chiedermi se voglio farmi pubblicità io rispondo e poi mi dimentico di mandare il materiale. Forse non è così importante.
Eppure leggo su Facebook di altri che come me scrivono e che controllano le classifiche ogni giorno, e che scrivono a chiunque per le recensioni, che altresì non sono contenti delle recensioni negative (ovvio, ma mica si può piacere a tutti e se vai chiedendo, prima o poi a qualcuno non piaci), che si scambiano recensioni entusiastiche e che non credono che tutto questo sia un semplice teatrino e che giocare al "personaggio" riesce bene solo a chi personaggio lo è.
Pullulano i consigli su qualsiasi cosa e io non sono mai d'accordo. C'è chi si pianifica tutto, chi si documenta prima ancora di avere in mente una storia, chi ancora non ha capito la differenza tra editing e correzione bozze. Chi si improvvisa editore e chi non fa altro che spam. Chi si lamenta sempre e soltanto, chi chiede lettori che non ci sono. E chi come me non riesce nemmeno più a leggere, nauseata dal troppo che stroppia.
Non che non sapessi che la vita dello scrittore (qualsiasi cosa sia) è piena di ostacoli e lente evoluzioni; non che la via dell'arte in genere sia semplice mai. Non può esserlo. E se "oso" scrivendo qualcosa di cattivo c'è subito chi mi dice che non sono politically correct, e chi mi dice che la letteratura deve smuovere. Chi mi vuole diavolo e chi acquasanta e io semplicemente vorrei raccontare storie, senza pretese. Far divertire e pensare, portare altrove per un poco anche leggermente.
Il lavoro di editing con Natascia procede e di questo sono contenta, perché procede bene. Due terzi della prima lettura sono andati e le poche "incongruenze" riguardano 1) un edificio in mattoni nell'epoca sbagliata, 2) una "cabina telefonica" che poi è un telefono pubblico, 3) le origini di un personaggio e 4) il non avere precisato ma solo lasciate intendere delle cose che in effetti - essendo un romanzo di 320 pagine e con un numero di personaggi impossibile - era meglio "dire". Se poi calcolo che questo romanzo l'ho scritto mentre scrivevo altri 3 romanzi e un paio di racconti, senza prendere un appunto, senza sapere quando ho iniziato dove avrei finito e soprattutto avendo chiare in mentre solo due scene quando ho iniziato...
Beh, sto facendo divertire Natascia e poi non ho idea di dove mandarlo, perché prima o poi mi tocca farlo.
Ecco. Io tutte 'ste cose mica so perché le faccio, se penso al fatto di spedire mi viene già male. E ne ho uno pronto che mando a qualcuno ogni tre mesi, quando mi ricordo. E non è male, giuro. Un romanzo carino, con un protagonista detestabile che piano piano cresce e diventa se stesso. Che non piace ad alcuni lettori perché quando si ubriaca vomita e perché ha un cognome inglese. E che a volte mi fa chiedere, oltre tutto, "che diamine vogliono i lettori, solo personaggi carini, educati e sbrilluccicosi?"
Insomma, siccome son tutte domande cui non esiste una risposta e siccome il malumore già me lo son fatto venire guardando quella marea di libri di cui non ne ricordo uno (no, uno in realtà lo ricordo "vacanze da sogno", un libro di fotografie, più che altro perché leggo il titolo come Crozza quando fa Briatore)...
Voglio solo dire che a volte mi chiedo se vale la pena di scrivere con un'idea precisa che va in direzione contraria al mondo. E no, non vale la pena. Ma lo faccio lo stesso perché sono masochista e testarda. 
E perché mi piacciono le storie.

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