Il Budda che abbiamo portato dall'India resta immobile al suo posto. Il suo legno chiaro è ancora bello e il suo sguardo confortante. Di tutti i posti dell'India che ho visto mi manca solo Bodhgaya e il suo tempio tranquillo pieno di cani randagi e di monaci. I suoi scoiattoli, gli uccelli e il caos del mercato davanti all'ingresso. I buonissimi lassi di Gautama, anche nei loro bicchieri sciacquati in fretta sotto l'acqua di un rubinetto appena fuori dal chiosco. Aspettare le foglie dell'albero del Budda, così lente a cadere, per raccoglierle e portarle agli amici... La foglia che avevo preso per mia madre è qui, accanto alla statua di legno. Con lei è andata la foglia che avevo tenuto per me, la più piccola che avevo raccolto.
Ogni tanto lo accarezzo, il Budda. Forse perché è bello. Lavorato alla perfezione. Forse perché mi ricorda quel posto, tranquillo in un paese caotico al massimo. Dove abbiamo conosciuto Saswati e Shounak, mamma e figlio, accompagnati da un taciturno marito e padre. Dove ho maledetto il fatto di non poter aiutare anima viva, dove ho visto cadaveri di cani per strada e di uomini sui tetti delle auto. Dove ho dimenticato per qualche giorno la brutta sensazione che mi accompagnava dall'inizio dell'anno. Dove ho comprato birra in un negozio con le sbarre e ho bevuto la Coca più scaduta del mondo. Ma sono ancora qui.
Mi ricorda degli occhi scuri e delle mani lunghe che lavavano il pavimento con uno straccio liso, dei ranocchietti minuscoli, orde di bambini che correvano a scuola in divisa e piogge torrenziali improvvise. E risate sotto l'acqua, piedi scalzi sul pavimento bollente del tempio, camminate lungo il perimetro e anche dall'albergo al tempio. Su e giù, avanti e indietro, e il caldo...
Mi ricorda pancakes e tè al limone bollente, cene cinesi vegetariane con a fianco le mucche che riposano in silenzio. Autobus pieni di gente vestita di arancio che festeggiavano Shiva, un viaggio fino in cima a un cucuzzolo per vedere una grotta minuscola, un altro con una seggiovia che solo a pensarci mi viene male per salire ancora in cima a un monte e trovarci un vecchio mantra, coi suoi 5 caratteri incisi nella pietra.
Mi ricorda che si sopravvive a tutto. Che la sofferenza dell'anno scorso è stata grande, ma che ora mi lascia qualcosa dentro che altrimenti non sentirei. Che sono qui e non voglio smettere di scrivere, di sognare, di usare le parole che mi vengono così facili per raccontare storie.
Non mi manca molto per essere la persona che voglio essere...
Ogni tanto lo accarezzo, il Budda. Forse perché è bello. Lavorato alla perfezione. Forse perché mi ricorda quel posto, tranquillo in un paese caotico al massimo. Dove abbiamo conosciuto Saswati e Shounak, mamma e figlio, accompagnati da un taciturno marito e padre. Dove ho maledetto il fatto di non poter aiutare anima viva, dove ho visto cadaveri di cani per strada e di uomini sui tetti delle auto. Dove ho dimenticato per qualche giorno la brutta sensazione che mi accompagnava dall'inizio dell'anno. Dove ho comprato birra in un negozio con le sbarre e ho bevuto la Coca più scaduta del mondo. Ma sono ancora qui.
Mi ricorda degli occhi scuri e delle mani lunghe che lavavano il pavimento con uno straccio liso, dei ranocchietti minuscoli, orde di bambini che correvano a scuola in divisa e piogge torrenziali improvvise. E risate sotto l'acqua, piedi scalzi sul pavimento bollente del tempio, camminate lungo il perimetro e anche dall'albergo al tempio. Su e giù, avanti e indietro, e il caldo...
Mi ricorda pancakes e tè al limone bollente, cene cinesi vegetariane con a fianco le mucche che riposano in silenzio. Autobus pieni di gente vestita di arancio che festeggiavano Shiva, un viaggio fino in cima a un cucuzzolo per vedere una grotta minuscola, un altro con una seggiovia che solo a pensarci mi viene male per salire ancora in cima a un monte e trovarci un vecchio mantra, coi suoi 5 caratteri incisi nella pietra.
Mi ricorda che si sopravvive a tutto. Che la sofferenza dell'anno scorso è stata grande, ma che ora mi lascia qualcosa dentro che altrimenti non sentirei. Che sono qui e non voglio smettere di scrivere, di sognare, di usare le parole che mi vengono così facili per raccontare storie.
Non mi manca molto per essere la persona che voglio essere...
2 commenti:
<3 (che qui non verrà ma non importa, capirai comunque!)
;) che qui viene come al solito e che tu capirai altrettanto...
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