2.7.08

Chez Gupta

Il secondo fornitore a Moradabad era tale Gupta, un signore molto ricco con una bella casa solida e ben tenuta. Lui ci avrebbe ospitati per tutta la nostra permanenza nella sua cittadina.
Gupta era un signore sovrappeso, dal colorito cappuccino tipico degli indiani del nord, con una serie di tic ed il rutto facile. La casa di Gupta era davvero all'avanguardia, se consideriamo che era il 1979. L'elettricità se la faceva col letame dei maiali. Li allevava apposta. Sì, un po' puzzava, ma era una buona idea in un posto dove niente funziona a dovere.
Tutta la casa era una meraviglia. Aveva una piscina, marmo chiaro sui pavimenti, mobili ben rifiniti, personale, operai. Quasi un benefattore.

Ci aveva offerto due stanze. In una avrei dormito io con mamma e nell'altra Gianni e Shomir avrebbero trascorso le loro due notti in città.
La cena ci fu servita dalla moglie di Gupta (o dalle mogli, non si capiva bene), che dopo aver riempito i nostri piatti con prelibatezze vegetariane se ne spariva in cucina con tutte le altre donne. Sì, che in certe famiglie quando c'erano ospiti importanti le donne se ne stavano altrove e mia madre era una delle eccezioni, tollerata a tavola solo perchè era con lei che si facevano gli affari.
Gupta sedeva capotavola, decisamente accaldato. Al suo fianco Gianni e Shomir, più in là mamma ed io. La sala da pranzo era sfavillante, molto ricca. Anche Gupta brillava di gioielli.
Gianni, che in vita sua non era mai stato serio un istante, cominciò ben presto a imitare i tic del nostro ospite, provocandomi delle crisi di riso spaventose. Non riusciva a smettere ed io pure.
Mamma cercava in ogni modo di fare qualcosa, non riuscendoci nemmeno lei.
Per dimostrare di aver gradito il pasto, Gupta si esibì in una serie di rutti da competizione, cosa che è uso comune. Poi si asciugò il sudore nel tovagliolo, ci si soffiò il naso e lo rimise al suo posto sulle gambe. Con somma gioia dello schizzinoso Gianni. Aspettammo la frutta ed un'altra serie di rutti.
Mentre mamma discuteva dei suoi affari con il suo fornitore e si ocupava di cose da imprenditori, io fui accompagnata in camera e mi trovai in compagnia di un geco. Ecco, io non amavo molto l'idea di trovarmelo nel letto, quindi rimasi sveglia fino all'arrivo di mammà per poi fare un cambio stanza con Gianni e Shomir. Nella nuova stanza dormii come una pasqua.
Lo stesso non si può dire per gli uomini, visto che Shomir (che doveva esserci abituato ai gechi) si era fatto un paio di numeri per cui Gianni l'avrebbe preso in giro in eterno...
Fatto sta che al mattino, cioè all'alba, veniamo svegliati dal muezzin che richiamava la gente alla preghiera. Nessun geco nei dintorni, tutto tranquillo.
Colazione e tour della fabbrica di Gupta, i suoi articoli in ottone, gli oggetti e gli ormai usuali regali. Mai ricevuto tanti doni come in quel viaggio, il che mi faceva amare ancor di più la mia pelle chiarissima e i capelli biondi che avevo. Il suo regalo per me fu la copia di un medaglione di mia mamma, in ottone. Poi una lanterna ad olio che ancora tengo in casa senza averla mai accesa. Una cosa che sa di antico. Storta come molte cose indiane.
Si arriva al pranzo e...
Ecco, io non ne potevo più delle delizie vegetariane, della roba piccante e delle macedonie che non potevamo mangiare senza rischi per motivi igienici. Così comunicai un desiderio a mammà, che lo comunicò a Gupta, che lo comunicò a sua moglie.
Un uovo al tegamino al posto di qualsiasi altra cosa.
Si poteva fare, solo che la signora Gupta non aveva ovviamente idea di che cosa fosse un uovo al tegamino. Così, mamma ed io ci rechiamo in cucina, poi in una cucinina, poi su un terrazzo dove si poteva cuocere su di un fornellino. Ci danno una padella, al posto del burro o dell'olio c'era un grasso diverso ma efficace. Mamma chiede un uovo fresco. Gliene portano uno, prova ad aprirlo... è sodo. Riformula la richiesta. Un uovo fresco... fresco.
Ci riproviamo, dinuovo sodo. Al che, dopo il terzo uovo fresco sodo, ci sorge il dubbio che le galline di Moradabad facciano le uova direttamente sode, il che sarebbe un vantaggio per il commercio, ma non per chi delle uova vuole farne un uso differente.
Ma no, ci sbagliamo, perchè il quarto o quinto uovo è davvero fresco! Così mi posso godere una delizia europea per una volta, cucinata dalla mamma. Le signore indiane intorno a noi che ci guardano stupite mentre puccio il naan nel rosso morbido del mio uovo al tegamino.
La seconda notte non fu disturbata dal geco, che forse era al bar dei gechi a sfottere Shomir come Gianni faceva continuamente. La cena fu una ripetizione della cena precedente, con tutte le imitazioni di Gianni sempre lì lì per farsi beccare da Gupta.
Io ero felice.
Il giorno dopo tornammo in auto col nostro bell'autista, che non so dove abbia dormito quelle due notti, probabilmente in auto come fanno quasi tutti. O nel magazzino degli oggetti in ottone del nostro ospite simpatico. Lì avevo intravisto una brandina...
L'avventura dell'uovo sodo si era conclusa. Dopo Moradabad non me ne capitarono più.
Ancora oggi guardo le uova con sospetto, aspettandomi nell'aprirle di trovarle sode...

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