11.6.08

Moradabad

La prima tappa del nostro viaggio lavorativo-turistico era Moradabad, cittadina a nord-est di Delhi in cui mamma aveva un paio di fornitori.
All'epoca era un gran mucchio di case con circa un milione di abitanti, non proprio benestanti. Nell'avvicinarci al paese, mamma e Shomir ci spiegano cosa sono quelle pizze fangose che stanno appiccicate alle case o impilate in improbabili muretti. Trattasi di cacca di mucca, mischiata a paglia o altro, che viene fatta essiccare appiccicata alle pareti esposte al sole della casa, per poi essere utilizzata come combustibile.
La cosa non mi stupisce, in fondo mi sembra così ovvio...
Appena arrivati facciamo sosta dai Sette Fratelli, che lavoravano l'ottone in un posto spaventoso. Una specie di grosso garage, poco illuminato, con mucchi di rottami sul pavimento e giovanissimi operai specializzati che lavoravano senza alcuna protezione. Un saldatore senza maschera che sembra mio coetaneo o poco più grande, sta lavorando un bellissimo airone di metallo. Il suo stipendio medio, all'epoca, era di quarantamila lire al mese.
I Fratelli mi guardano curiosi. Sì, perchè sono molto bionda e molto dorata. Tanto che uno di loro si offre di adottarmi, ma la cosa mi suona molto più come una proposta di acquisto... Ovvio che mamma ci ride su e declina l'offerta. Gianni, che non ha capito niente di quello che succedeva intorno a lui, era preoccupato di sporcare i suoi pantaloni bianchi.
In strada, l'autista ci aspetta tra un bufalo e una vespa.



Al giro turistico della "fabbrica" e a qualche trattativa segue un pranzo speciale. In ufficio i Fratelli ci offrono uova sode, whisky e biscotti. Per me la solita Limca con cannuccia. Tanto quanto i biscotti sono gradevoli, tipo i Morning Coffee, ma per farci una gentilezza i nostri ospiti decidono di sgusciare le uova per noi... Le mani sporche di ottone lasciano un alone nero sul bianco delle uova, che diventa quasi impossibile mettersele in bocca senza chiudere gli occhi. Io, che da brava bambina posso permettermi di fare la schizzinosa, comincio a grattare via la parte di bianco ormai grigia, per poi ingurgitare mezza per volta due uova. Poi stop. Mamma fa lo stesso, con una certa nonchalance tipica di una donna pratica. Gianni invece, essendo privo di ogni senso pratico e badando più al lato esteriore della faccenda, comincia a strofinare le mezze uova sui pantaloni bianchi facendo finta di ascoltare i discorsi che nel frattempo vanno avanti.
Alla fine del pranzo i suoi pantaloni hanno una sospetta riga grigia ed unticcia su entrambe le gambe. In più, lui non sopporta il whisky, soprattutto quello indiano che a suo dire sa di petrolio.
Una volta usciti dal loro ufficio e saliti in macchina ci facciamo un sacco di risate, perchè tutto sommato ci siamo divertiti.
A parte lo sfruttamento dei ragazzini, ovvio. Su cui, però, non voglio dire le solite cose trite e ritrite. Nel dopoguerra da noi lavoravano i ragazzini della stessa età, quando si fa fatica a mangiare non si va per il sottile. Non che sia giusto, ma non è passato tanto tempo da quando le stesse cose capitavano anche qui. Probabile che oggi, a vent'anni quasi trenta di distanza, non ci sia un numero così spropositato di bambini che lavorano. Ma non ci giurerei. E non proseguo.
A preoccuparci, allora, era l'invito a pranzo per il giorno successivo nella casa di famiglia dei Sette Fratelli, cioè nella casa delle sette famiglie dei sette fratelli. Mai visto così tanta gente in una famiglia sola. Ci sono i nonni, i sette figli con relative mogli, più un quattro figli a testa in media. Foto ricordo con una vecchia Polaroid con ognuna delle famiglie, poi con tutti i fratelli, con tutte le mogli e chi più ne ha più ne metta. Mancava la foto con tutti i vicini...
Abbiamo una tavola imbandita per noi, ma solo per noi, perchè tutti in una stanza sola non ci si sta. Con noi, appollaiati come la carogna di Luca e Paolo, buona parte dei fratelli, le cui mogli vanno avanti e indietro dalla cucina per portarci... uova sode!
Ecco, inutile dire che ancora adesso io non sono particolarmente attratta dalle uova sode...
Fortunatamente ci sono anche dei ceci, talmente piccanti da risultare quasi neri alla vista e che fanno lacrimare gli occhi perfino a Gianni che col piccante ci va d'accordo. Quindi accetto con rassegnazione la condanna all'uovo sodo. Che da una famiglia così numerosa pare anche brutto non accettare. Chissà loro quanta fatica faranno a mangiare, mentre noi abbiamo di tutto a disposizione. Questo è quello che provo a dirmi mentre trangugio le mie solite due uova. Alla quinta metà mi vien da vomitare e così vado fuori con Gianni (seguiti da una parte della famiglia) a cercare di sputare prima di far danni.
Ecco, il primo blocco di fornitori era andato. Non so come mai, ma ero preoccupata per il seguito...

3 commenti:

Anonimo ha detto...

E' a metà tra la pietà e l'auto-costrizione. Non potevi fartelo sbattuto?

Anonimo ha detto...

passo per un saluto di buona serata (incasinato, baby branz da curare)

un sorriso x Te

PaolaClara ha detto...

Oracolo, aspetta e vedrai...
Curalo bene il Baby branz! Sorrisi a gogò...