10.4.20

Ciò che si muove dentro, un'analisi ancor più illogica senza il testo 12

Stavo cercando una foto per l'ennesima sfida su Facebook, cosa che di solito non faccio ma che - un po' come mettermi a prendere il sole sul mio mini terrazzo - in questo periodo mi fa passare un po' del tempo immersa in cose che amo.
Stavolta riguarda i 10 film (ma contemporaneamente ne sto facendo una che si occupa di libri) che in qualche modo mi hanno toccata. La prima considerazione, cercando le foto giuste, è stata che finora i film cui ho pensato sono tutti di fantascienza e fin qui ci sta (sono "Star Wars" - il primo storico, quindi l'episodio 4 e "Blade Runner", per poi arrivare al terzo che cercavo appunto stamattina). Non ho mai avuto dubbi su cosa mi ha catturata fin dal primo sguardo.
Poi ho scelto il film che mi ha stimolata di più tra quelli della sua serie, perché tra i tre che si salvano è davvero difficile trovare quello giusto: tutti sono gran film, ognuno con caratteristiche differenti, scelte registiche particolari e spunti di riflessione diversi.


Ho sempre amato "Alien".
Forse perché ho subito il fascino del proibito (quando è uscito nelle sale io ero troppo piccola e ho invidiato i miei cugini poco più grandi di me per averlo visto al cinema mentre io l'ho sempre visto in tv), forse perché poi era un mostro bellissimo - le linee di Giger, quell'armonia particolare che richiamano, la simbologia fallica, anche - e spaventoso. L'ho amato nel film originale di Scott, claustrofobico e molto "freddo"; l'ho amato nel sequel di Cameron così macho e sudaticcio; l'ho amato nel terzo episodio di Fincher, di nuovo claustrofobico e più intimo; l'ho amato meno nel quarto capitolo più per la mancanza di estetica del "mostro" finale che per altro.

Per alcune persone, il mostro del film rappresenta il cancro, la malattia che cresce in te e che ti uccide. Io non l'ho mai visto così, mentre è più facile vederlo come il lato primitivo nascosto in noi. Quella rabbia che vien fuori dallo stomaco e che distrugge ogni cosa non gli somigli. Una specie di "Es" primordiale, l'istinto puro, il lato cacciatore e omicida della nostra personalità, quello che a volte sembra governare la gente negli ultimi anni. Lo avevo detto in un vecchio post, qui. Non ho sviluppato l'idea ma all'epoca mi sembrava convincente più della malattia.
Però per me "Alien" è un'altra cosa ancora, più profonda. L'idea di questo semi parassita che necessita di un corpo altro per crescere, per poi venirne fuori letale e velenoso mi ha da sempre fatto pensare alla maternità. Lo so che sembra strano associare una creatura tanto pericolosa a un qualcosa di simile, in molti mi hanno fatto notare che il mio istinto di maternità non è proprio così spiccato, però oggi, cercando una foto per il contest ne ho riviste molte e mi pare che il rapporto con la maternità, con la figura materna e con l'istinto protettivo che si ha nei confronti delle madri sia più che evidente in tutti i film.


Cominciamo dal modo in cui si viene infettati: cosa sono i parassiti "stringifaccia" se non delle specie di spermatozoi  che volano verso un ospite e impiantano la vita? Ci somigliano anche e il loro unico scopo è, appunto, portare a termine una fecondazione, dopodiché si staccano e muoiono. Da lì, un piccolo vermicello cresce nell'addome di un ospite, per poi uscirne in modo molto violento e spiacevole e diventare un individuo a sé. Nel terzo episodio, poi, scopriremo che a seconda dell'ospite in cui l'alieno cresce, il DNA cambia assumendo anche le caratteristiche della creatura che lo ha portato a maturazione. Però esce, nasce proprio - non come una malattia che resta nascosta il più possibile e distrugge l'organismo da dentro - e nel nascere "termina" il suo creatore.


Nel secondo film, il tema della maternità è trattato in due filoni contemporaneamente: da una parte Rilpey trova la piccola Newt e il suo istinto materno la porta a proteggere la bambina a ogni costo; dall'altra c'è la Regina Madre degli xenomorfi, che entra in conflitto con Ripley che nel salvare Newt distrugge le uova col lanciafiamme. Il suo istinto materno si scontra con quello umano fino alla fine tragica sia dell'equipaggio che della Regina stessa, in un inseguimento e in una lotta tra le due madri che ricorda quello animale.
Succede poi che Ripley, nel terzo film, si ritrovi a essere lei stessa ospite di una Madre e che per questo motivo nessuno degli xenomorfi presenti sul pianeta prigione la attacca. La scena finale del suicidio di Ripley la vede trattenere al petto la Regina neonata mentre si lancia nelle fiamme in un gesto che sicuramente al di là del trattenerla per ucciderla ha un non so che di materno in sé.




Nel quarto episodio, i cloni di Ripley hanno DNA alieno e la creatura "nuova" ha un volto quasi umano (molto quasi) e l'ultima Ripley è di fatto riconosciuta dall'ibrido come la sua vera madre (mentre l'ultima Regina Madre ormai non depone più le uova ma partorisce direttamente).
Ad alimentare l'idea, dal punto di vista estetico, c'e la forma doppiamente fallica che Giger ha dato agli xenomorfi, in cui non solo la testa può ricordare quella del sesso maschile ma anche la "lingua" dentata che scatta a penetrare la vittima.
Poi sicuramente io avrò da andare ancora dalla psicologa, ma l'analisi mi pare sensata.
A voi la palla.

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