8.7.16

1984

Colpa della radio.
Soltanto un'ora di trasmissione e... c'era tutto di me.
Che anno, il 1984. Non solo per il libro, il romanzo di Orwell non c'entra molto con quegli anni della mia vita.
Il 1984 è l'anno in cui il sogno è iniziato. L'anno dei miei 15 anni, il primo anno di libertà. L'anno dell'inizio del disastro, l'anno del mio diventare donna, scoprirmi femmina. L'anno del gridare "io esisto" ("Hear my roar", parlando da Lannister - e ogni adolescente ha tutti i diritti di sentirsi Lannister, per il breve tempo che gli è concesso).
Cinzia cantava in playback "Pride" degli U2, struccata e pallida nella mia camera da letto, prima di andare in discoteca. Ero sua amica, ma lei era il mio mito. Prima ballerina della scuola, dotata, bella, sicura di sé. Tutto quello che avrei voluto essere io. E io facevo l'amica "brutta", cosa che in seguito qualcuno avrebbe fatto per me.
Sognavo coreografie "erotiche" sulle note di "Relax" dei Frankie Goes To Hollywood, prima. E adoravo "The reflex" e "Smalltown boy" (ancora una delle canzoni che mi fanno venire i brividi), e ogni singolo brano uscito allora.
L'anno in cui ho abbandonato la mia "vera casa" e sono diventata profuga.
L'anno in cui ho sperato di avere una chance.
Come fosse una guerra mondiale io ho sempre considerato il mio periodo "15/18" come una parte unica della mia vita. Iniziata con un sogno e finita con un incubo e il relativo crollo.
Ma il 1984...
Quello è stato l'anno della mia vita.

Poi è arrivato il 2014, ma questa è un'altra storia.

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