5.11.22

Forse avevano ragione loro

Devo ammetterlo: è un periodo difficile per me.

Forse la stanchezza, forse l'età che avanza con i suoi primi acciacchi. Forse l'essere costantemente esposta a tutto, soprattutto alla rabbia degli altri, alle loro delusioni, alle convinzioni gridate al vento, alla necessità di dire la propria sempre e soprattutto con l'arroganza del proprio punto di vista.

Dev'essere stato a fine maggio, una domenica pomeriggio, quando ho cominciato a pensare di essere circondata da mostri. Non so spiegare esattamente quale circuito impazzito della mia mente abbia messo insieme il concetto, ma guardavo le persone intorno a me e le vedevo "brutte", vecchie e spente, con sorrisi grottesschi dipinti in volto ma ormai trasformate. Quello che si vedeva da fuori era forse - lombrosianamente - ciò che trasmettevano da dentro.


Sì, insomma. Un po' come trovarmi in un film horror, in una sorta di "the walking dead" in cui travestita da zombie attraversavo indenne la piazza gremita di morti. 

Andando avanti ho iniziato a diventare insofferente rispetto a molte di queste persone, infastidita da qualsiasi manifestazione venisse da loro, anche innocua. Mi sono sentita sempre più "sola" tra gente che non mi somiglia affatto, esclusa da qualsiasi possibilità di dialogo - non che gli altri non ci provassero, ero io che non avevo più voglia di ascoltare certi discorsi che continuo a trovare insensati, notizie assurde che un tempo avrebbero occupato pagine di giornaletti di infima categoria spacciate per notizie vere etc. - perchè come fuori sincrono rispetto alla realtà che percepiscono gli altri.

Certo, più avanti sono scoppiate liti. Poi ho chiuso rapporti, poi ho iniziato a chiudermi io e continuo a farlo. Stanca e sempre più inorridita dal livello in cui si è arrivati a esprimersi, che per me rasenta l'inciviltà. Rifiutare un dialogo se dall'altra parte non si intravede una possibilità di intesa - non di arrivare utopisticamente ad avere lo stesso punto di vista ma anche solo di parlare la stessa lingua - non è arroganza. È mero sopravvivere. Evitare di sprecare energie utili.

Il fatto è che poi continui a guardare le stesse persone e le vedi "felici", unite, realizzate, forse "vincenti". Ora, io non sono mai stata una fanatica della teoria delle persone "vincenti" o "perdenti", per me le persone sono solo persone - ognuna con i suoi pregi e difetti, carattere e storia - tutte ugualmente rispettabili finché sono rispettose del prossimo; difficile per me dare del "vincente" a qualcuno. Non credo nel successo, non nel denaro e difficilmente in status symbol. Solo che...

Anni fa stavo guardando un film - horror per cambiare - in cui un virus trasformava buona parte della popolazione in zombie (dev'essere una costante della mia vita, ormai: non più vampiri ma zombie...) mentre gli altri diventavano... Mostri. Credo fosse "28 giorni dopo", il titolo. Insomma, mi aveva colpito il fatto che le persone non infette fossero di fatto diventate peggio di quelle trasformate loro malgrado in bestie affamate prive di qualsiasi capacità di pensiero. Crudeli, sadiche e prive di compassione. A quel tempo mi chedevo se non ci fosse da augurarsi di beccarselo, il virus, per evitare di diventare dei mostri consapevoli. Perchè per me il metro di giudizio era quello: la capacità di distinguere. Maledetta consapevolezza.




Ed ecco che, complice la stanchezza e una punta di depressione che ne consegue, mi sorge la domanda: "e se avessero sempre avuto ragione loro?"

In definitiva, oggi, a cinquantatrè anni, mi trovo a chiedermi chi sono.


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