12.2.21

Questa non è più camera mia - parte seconda

 Da quasi sette giorni il mio cane non c'è più.





Ho dedicato a lei tutto il mio spazio e il mio tempo, ultimamente, ché da dicembre è peggiorata sempre più e non potevo in cuor mio far niente di diverso. Ha lasciato una voragine nella mia vita e una scia di sofferenza - e sangue - che ancora non ho metabolizzato. Gli ultimi due anni sono stati suoi, e la mia esistenza tutta scandita dai suoi ritmi e bisogni. Ora devo ricominciare e tutto sta a me.

Qualche tempo fa - all'inizio del secondo periodo di chiusure - ho cambiato il sottotitolo del blog come accade ogni volta che io cambio; non era chiarissimo allora, o meglio c'erano frammenti di me che "galleggiavano" nell'aria, qualche certezza e qualche dubbio e alcune cose ora sono più chiare.

C'era, da quando siamo tornati a un'apparente normalità a maggio, la sensazione di essere fuori luogo.

Non più come nella mia crisi di identità "polistica" rispetto al mio essere anomala e outsider anche in un ambiente così variopinto e ricco. Non una cosa che riguarda il fisico e l'inadeguatezza vera o presunta. 

La sensazione chiara e definita di non essere "a casa".

Ora che per necessità devo riorganizzare una vita da capo, la sensazione è ancora più forte e intensa e risente non solo della stanchezza accumulata giorno dopo giorno da maggio, ma anche della rabbia che alcune situazioni mi provocano sempre più. Ci sono luoghi e "posti" in cui mi sentivo a casa che in questo momento sono distanti anni luce da me. C'è una parte di me che è sempre rimasta sotto l'involucro che ho costruito e che ho tenuto nascosta ma che so che è vera e deve respirare.

Se qualcosa è stato ogni giorno più evidente, da maggio a ora, è che io non faccio parte di un qualcosa che pensavo esistere. Non credo sia cambiato, in realtà. Ero io a percepirmi parte di esso perché "nominalmente compresa" senza capire che alcuni legami o ci sono o non ci sono - con luoghi e persone - indipendentemente dal nome sul citofono. Non è così semplice rendere l'idea. Un po' come quella chat di gruppo di cui attendevo ogni singolo messaggio perché illusa di condividere qualcosa in più di due chiacchiere. Come un gruppo o pagina Facebook che invece di crearmi stimoli come prometteva è diventata fonte di disagio privandomi pian piano di un piacere che un tempo avevo. Come la critica costante e la svalutazione passate per "insegnamento". O i regali fatti per convenienza, o per senso di colpa. Come il social stesso che ormai mi lascia con l'amaro in bocca per la cattiveria sfogata malamente come per l'eccesso di sorrisi e di presenze finto-motivazionali di venditori di illusioni. Come quei gruppi di amici che amici non sono, come quei parenti che non vedi mai ma si offendono se non li inviti al matrimonio.  

E non è che questa realtà fosse piacevole manco prima ma nell'illusione di farne parte io ho perso parte di me, ho fatto compromessi, mi sono fatta "maltrattare", ho lasciato che mi ferissero e mi spegnessero. Invece non faccio parte di un bel niente, lo spazio in questa grande casa su cui c'è scritto il mio nome è fasullo. Io sono altrove. Io non ci sono. Io ero già via. Questa non è mai stata davvero camera mia. 

Io sono altro.

Ok, quell'angolo di casa dietro al velo era già lì. Sono io che non gli ho dato luce. 

Il mio desiderio ora è solo di tornare a vivere in quello spazio perché sono stanca di essere spenta.

1 commento:

ulbrechtjaborie ha detto...
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